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Autore: Silver Pard    12/02/2011    3 recensioni
Un’ombra vuota. Un idolo vacuo.
Tu la chiami tortura, ma in cuor tuo sai che è giustizia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Sephiroth, Un po' tutti, Zack Fair
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII, Advent Children
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(Tartaro) (Il Geostigma)





La sicurezza e la serenità della chiesa sono la sirena di Cloud, sono la canzone irresistibile che lo chiama alla sua sorte (non sta sacrificando la sua vita, ma la vita che potrebbe avere, la persona che potrebbe essere. Le sue amicizie, la sua famiglia, il suo futuro, butta via tutto perché non è in grado di resistere alla chiamata).

Questo posto gli calza a pennello. È vicino al Pianeta, e la Mako nelle sue vene ronza, riconoscendolo. È l’unico luogo al mondo in cui chiunque può avvertire ciò che Cloud avverte dovunque: qui si può capire veramente quanto siano vicini il Pianeta, il potere e la magia che scorrono proprio sotto la superficie delle fragili vite umane.

Con gentilezza e indifferenza passa le dita sulle Materia collezionate nel corso dei viaggi, centinaia di piccole sfere; alcune sono state in formazione per un millennio, e gli viene da chiedersi quanto sia lunga l’aspettativa di vita naturale di un SOLDIER,

(—Naturale, dice Aeris. —Cosa può mai esserci di naturale nel pomparsi la linfa vitale del Pianeta nelle vene?

—Nulla, prima della loro morte, rispondo io, allontanandomi dai fiori.)

se lui possa essere considerato un SOLDIER

(Sephiroth scuote la testa, un oceano di comprensione in un gesto di diniego fuori luogo.)

e quanto dovrà aspettare prima che il suo corpo smetta di combattere contro le leggi imposte dalla natura e sconfitte dalla scienza, prima che si arrenda, e cada.

(Per sempre. Ed è vero, c’è una tale crudeltà in questa risposta che non può non essere vero. Ventidue anni e già agogna la morte come un vecchio malato che sta spirando troppo lentamente.)

Come se l’avesse sentito, gli echi di un’orribile verità che non ha il coraggio di affrontare, si alza e lascia il suo santuario per intrufolarsi nella calca di umanità che ha toccato per pochissimo tempo, con estrema violenza, solo un anno fa. E proprio come con noi, gli altri ignorano la sua presenza mentre protraggono la loro esistenza. (Non ve l’avevo detto che dovrebbe essere uno di noi?)

Un sonnambulo, ripete come un automa le azioni quotidiane dei viventi e lo sa, circondato da ammiratori innocentemente ignari che non immaginano che sia stato lui, il “Prescelto del Pianeta” che credono debba essere, a impedire al mondo di finire seguendo semplicemente la sua vendetta.

Mette un piede dopo l’altro, si costringe a muoversi senza registrarne lo sforzo, si ritrova dall’altro lato della strada prima ancora di accorgersi che c’era una strada da attraversare.

Per un momento rimane immobile come una roccia, il vento si insinua nel caos dei suoi pensieri e gli schiarisce la mente dall’inquietudine emotiva, come se si trovasse in mezzo ai fiori.

Si comporta come un automa, un sonnambulo della realtà, ma un giorno tornerà a camminare, riuscirà a fermarsi e si renderà conto di essersi talmente abituato a fingere che la finzione si sarà tramutata in realtà, esattamente com’è successo non troppo tempo fa. « Dio » bisbiglia, lievemente stupito, a un cielo sgombro.

(—Sì, dice Sephiroth, alla sua spalla. —È quel che sono.)

Ci sarebbe mai riuscito davvero? Sarebbe stato tanto difficile vivere?

(Questa è Aeris, che gli ha posato una mano sulla fronte, come una madre che controlla la febbre, annebbiandogli la mente. L’effetto è solo temporaneo – un nanosecondo di intense domande seguito dal vuoto – a che stavo pensando?)

Non è abbastanza, non è mai abbastanza. Il sangue dev’essere ripagato col sangue. Gli incubi si arresteranno solo con la morte, i fili d’acciaio stretti alla sua vita saranno tagliati solo quando sarà morto e non potrà più adempiere al dovere che qualche bastardo cosmico ha in serbo per lui, per il Guardiano del Pianeta (perché, chiediamo. Perché lui, perché noi, come si può essere così crudeli). Cloud la pensa così.

E il brutto è che probabilmente ha ragione.

(—No, mormora Sephiroth, un’iridescente ala corvina che compare per un breve secondo da infarto. Ripete continuamente la parola, quasi che a furia di negare possa diventare realtà.

Più di ogni altra cosa, lui vorrebbe vivere; non si è mai rassegnato al pensiero della propria morte, e allora disprezza quest’esistenza a cui ora è stato obbligato perché non riesce a lasciarsi andare.

Noi non possiamo permettergli di andarsene, perché Sephiroth è… una malattia, anche senza volerlo. Così si unisce a noi controvoglia, furioso per essere così vicino al mondo dei viventi senza poterne far parte, benché questo sia l’unico conforto che il Lifestream possa offrirgli.

Sephiroth ha una volontà troppo forte perché possa liberarsi di tutti i legami che lo stringono alla vita – quanto tempo passa a guardare Cloud che dorme, contando ogni respiro inspirato ed espirato, colmo di un’ira imprevedibile all’idea che questo ragazzo debba vivere e lui no – ma è troppo volubile, troppo pericoloso perché gli possa essere concesso di tornare indietro.

Non c’è via di scampo.)

Cammina. Cammina, e ascolta il Pianeta cantare sotto i suoi piedi, e può quasi crederci quando dice a se stesso che non vuole morire.



Quando passa, i bambini della strada lo osservano: un uomo pallido, in abiti scuri, i capelli che si colorano quasi di oro bianco quando il sole li illumina nel modo giusto. Sanno chi è meglio di chiunque altro. I bambini sono più vicini degli adulti al Pianeta, perché non hanno ancora imparato che dovrebbero stargli lontano.

Lo guardano dai vicoli e dalle ombre mentre il Pianeta sussurra in un linguaggio privo di parole: campione, e strife, e difensore, e salvatore.

È da Strife che corrono con messaggi dalla Fioraia che lui accetta con un sorriso solenne, prima di ricambiare con indicazioni che li condurranno da una donna gentile che darà loro da mangiare e un posto in cui dormire che per una volta abbia un tetto. Lo adorano per questo, e la loro benevolenza è più forte e duratura di quella degli adulti, forse perché la sua è una gentilezza personale. Forse perché vedono i suoi occhi.

Sanno che è tormentato da fantasmi. Lui sente sulla pelle i loro sguardi indagatori, che lo scrutano mentre scivola tra le crepe del mondo della veglia come un’ombra, mentre entra ed esce dalla percezione sensibile, tradito soltanto dal luccichio sulla punta di una spada e dal fruscio di vestiti bui come la notte.

(Nella lingua di Yuffie, c’è una parola per le creature come lui che svaniscono come le guardi, esseri sospesi tra questo mondo e il prossimo. Nella lingua di Yuffie, c’è un nome per queste ombre incorporee come le nuvole.

Ma questi sono gli orfani della ShinRa, e per definire queste creature usano solo il suo nome.)

Sanno che è tormentato da fantasmi, e i loro occhi ci evocano a ogni sua venuta. Va così – noi per un po’ siamo di Cloud, camminiamo al suo fianco, e poi gli altri pensano a noi – ci chiamano – e noi ci spostiamo, guardiamo Cloud che si allontana, poi torniamo di sua proprietà.

A Sephiroth piacciono i bambini. Alcuni di loro… alcuni di loro sono troppo vicini. Possono sentirci (sentirlo) se tendono bene le orecchie, se si concentrano.

E alcuni di loro, solo qualcuno… Lui li riesce a toccare. Le sue mani lasciano una macchia, un minuscolo granello del suo essere, della sua follia, della sua malattia, un qualcosa che il Pianeta bagnerà del proprio odio facendolo germogliare – un livido, una lesione, una violenta dichiarazione di possesso; come a dire, guarda(ricordate)mi. Guarda come accumulo forza rubandotela pezzo… per… pezzo.

Noi non possiamo controllarlo in ogni momento. È lo svantaggio di tenerlo bloccato qui.

(ricordatevi di) Per tantissime persone lui era tutto.

(Me) È una guerra, e sta dilagando. Quante persone mi darai, o Pianeta, per cercare di proteggerle?

Lo chiamano Geostigma.



Sephiroth ha paura di essere dimenticato. Anche io. Credo sia il timore di chiunque sia stato vivo.

Finché Cloud vivrà, possiamo anche scordarcelo. Ma quando lui sarà morto chi terrà Seph, chi terrà noi, nel proprio cuore? È questo che preoccupa Seph. Storie mormorate di fantasmi basteranno a proteggerlo? Le superstizioni e i miti sbiaditi saranno sufficienti a farlo rimanere reale? Sì? No?

Però…

Se causasse abbastanza danni, se allungasse abbastanza la propria ombra… riuscirebbe a sopravvivere fino alla caduta dell’umanità stessa?

Potrei riuscirci io? Lo voglio?

Mi manca la birra. Mi manca poter buttare giù con un sorso d’alcol i problemi esistenziali. (—Carpe Cerevisi! Sephiroth sogghigna. —Sciacqua via la giornataccia, cogli la birra!

—Sephiroth! si lamenta Aeris non troppo seriamente. —Non si imbastardisce una lingua come quella!)

Proviamo a fare una cosa. Morte. Morire. Morto. Ripetetelo un paio di volte. Vi ci abituerete.

(Mento, ovviamente. Nel momento in cui succede davvero, nell’istante in cui vieni sradicato da questo mondo – e il termine giusto sembra proprio essere “sradicato”, perché per quanto a lungo tu possa aver vissuto, non è mai, mai abbastanza – non ti ci abituerai mai, per quanto tu ripeta il contrario a te stesso e agli altri.)

Non abbiate paura. Non c’è nulla di cui essere spaventati.

(Di nuovo, un’altra bugia. C’è molto di cui aver paura. Ma almeno non ci morirete, hm?)

Non ho intenzione di spaventarvi (a parte qualche volta), ma dovete capire: tutte le cose finiscono. Anche Cloud.

Anche noi.

Anche voi.



A Denzel lei piace. Tifa.

In parte, è perché è gentile e armata di buone intenzioni, e non lo compatisce per la chiazza scolorita e dolorante che ha sulla fronte, nonostante sia un segno della fine che lo attende quasi come se al suo posto ci fosse registrato un certificato di morte, come se avesse il buco di un proiettile invece di un livido.

In parte, è perché ha un buon profumo: odora di pane appena tostato, di torta, e poi di quell’aroma stomachevolmente pungente e dolce dei liquori assortiti che mischia.

In parte, è perché ha le mani calde e forti che profumano di fresco e di limone (tutti i detergenti per cucina profumano di limone. Non mi credete? Controllate pure.) quando gli asciuga le lacrime di dolore, e sa che quelle mani non lo abbandoneranno mai.

Soprattutto, è perché una parte di lui, recondita e segreta, le ha già affibbiato l’etichetta di “madre”, anche se questo non lo dirà mai ad alta voce.

(Peccato. Se c’è una donna nata per essere madre è Tifa.)

Gli piace anche Cloud, quando c’è. Pensa che sia figo (è la moto. Dev’essere la moto.) anche se Tifa sembra un po’ tesa e pallida quando resta (perché certo, lei sa che prima o poi se ne andrà). Non riesce a capire come possa volersene mai andare.

Doveva essere un accordo temporaneo, e ci sono ancora giorni in cui guarda fuori dalla finestra e si chiede perché non se ne sia ancora andato, perché nessuno gli abbia detto di sloggiare, ma-

Una casa non è fatta di mattoni e mortaio. Questa è casa sua, e queste persone sono la sua famiglia. L’essenza stessa della semplicità, e magari la gente ci credesse al fatto che certe cose possono davvero essere tanto semplici.

Fino a poco tempo fa continuava a ripetersi che se ne sarebbe andato domani, che avrebbe smesso di essere un peso per una signorina tanto buona, ma è bello avere una famiglia, delle persone che tengano a lui, e gli piace molto Marlene, non vuole partire senza dirle addio e lei adesso è con suo padre.

Ché poi non è troppo ansioso di tornare in strada, senza i manicaretti di Tifa o le sue cure quando lo Stigma raggiunge i picchi peggiori, e poi domani pioverà, e stanotte Tifa preparerà una grande cena per tutta la famiglia quando tornerà da (la Candela) quel grande appuntamento a cui deve andare e di cui non gli dice niente tranne che gli ha preso una baby-sitter (come se alla sua età avesse bisogno di una baby-sitter! Non è mica un bambino), e Cloud gli ha promesso che avrebbe finito la storia di quello che è successo a Wutai con Yuffie “Miss Cacciatrice di Materia” Kisaragi, e vorrebbe tanto tanto tanto restare.

È bello. Qui si sente accettato. È più felice di quanto sia mai stato, pur sapendo che sta per morire.



Ha fatto di tutto per lasciare quella maledetta sedia a rotelle. Lo derideva, e continua a deriderlo, dicendo in una voce brutale e aspra: bello, sarai pure stato l’uomo più potente del mondo, ma per me sei solo uno storpio come un altro.

La odia, la disprezza, la aborre con ogni fibra del suo essere.

(—L’odio scaturisce dalla paura, commenta Sephiroth di gusto. —Ha paura di passare il resto della sua vita su una sedia a rotelle, Presidente?

—Forse è solo una mia impressione, mi sento bisbigliare a bassa voce ad Aeris, —Ma non ricorda anche a te un ragazzino che stacca le ali ad una mosca?)

La Sedia a Rotelle (merita le maiuscole, fidatevi) lo ha trasformato in un rottame umano, una bambola stanca e logora conservata solo per nostalgia; lo ha fatto sentire debole e solo.

(Cos’è mai successo a Dark Nation, mi chiedo?

Io adoravo Dark Nation. Sephiroth cercava di evitare che partecipassi ai meeting che coinvolgevano Rufus, che immancabilmente portava con sé Dark Nation, perché andavo sempre da Dark Nation, mi accovacciavo a terra, me lo spupazzavo fino a fargli chiudere gli occhi d’oro in preda a spasmi di gioia. Oppure, se mi ero svegliato particolarmente rompiballe, fino a farlo rotolare sulla schiena e fargli dimenare le quattro zampe in aria, implorando pietà.

« Come dici, Dark Nation » chiedevo deliziato, un occhio sul viso di Rufus che si faceva sempre più rosso. « Rufus è un coglione e merita di essere buttato in un pozzo? Ti sento, amico. »)

Ma Rufus ShinRa ha l’innata capacità di capovolgere qualsiasi situazione a suo vantaggio. Sarà pure stremato, ma cade sempre in piedi. Ha la testa di un fottuto serpente, per dirla con le parole di Reno.

Pensa a Elena, alla spumeggiante Elena con la testa tra le nuvole, che sa recitare la parte dell’esca e dell’oca alla perfezione. Elena, con una mente graffiante come una trappola sotto tutti quegli strati di ovatta ammucchiati con maestria, capace di sparare meglio di Rude se le gira bene e in grado di convincere Reno a smaltire le pratiche d’ufficio con un sottile accenno ai cicli mestruali e ai loro effetti sull’umore di una donna.

Pensa a Reno, allo svogliato, sboccato Reno, con la sua risposta angosciosamente orgasmica ai fuochi d’artificio e il suo incredibile talento nello scovare alcol pure in mezzo agli astemi; Reno, che sa pilotare cinque tipi diversi di aeroplani ed elicotteri da ubriaco, che conosce quindici modi per ammazzare un uomo usando solo un calzino, e può persuadere le persone che ha picchiato a sangue che la rissa è cominciata per colpa loro.

Pensa a Strife – troppo debole per essere un SOLDIER; l’unica persona che sia mai riuscita a fronteggiare Sephiroth in un vero combattimento e ne sia uscito vivo.

Debole, eh?

Un’altra brillante qualità del fu Presidente è l’abilità di captare le minacce dell’immediato futuro; captarle, stimarne la portata e architettare contrattacchi e la loro neutralizzazione prima ancora che chiunque altro abbia finito la pausa caffè.

Il suo fiuto per i rischi lo sta guidando verso l’odore di un pericolo quasi impercettibile, che non si manifesterà quest’anno. Forse nemmeno nel prossimo. Ma secondo Rufus, questo resta comunque il momento ideale per cominciare a lavorare.

Ha informato i suoi Turk della decisione, ed è stato premiato con l’accettazione serena degli ordini da parte di Tseng, con gli occhioni sbarrati in segno di totale innocenza di Elena che sarebbe stata un botto più convincente se solo si fosse ricordata che i veri innocenti non cercano subito una pistola, e con Reno e Rude che si sono scambiati una serie di comunicativi scatti delle spalle e contorsioni sopracciliari da bromance che non è riuscito a tradurre del tutto (anche se crede che potrebbe essere stata una cosa del genere:

Reno: sopracciglio inarcato, alzatina della spalla sinistra. Ragazzi, stavolta è partito sul serio.

Rude: rapido movimento della testa, entrambe le spalle ricacciate all’indietro con simulata indifferenza. Il capo sa quello che fa. Un cenno veloce del capo. … Ma probabilmente hai ragione.

Reno: lieve scatto della testa, Probabilmente? Un fischio basso, le sopracciglia vanno su e giù tre volte. Lo sai che ho ragione. Il capo è rincoglionito.

Dopodiché si sono susseguite delle combinazioni sempre più veloci che lo hanno seminato, e allora si è arreso e si è limitato a guardarli in cagnesco, supremamente irritato dal fatto che i suoi scagnozzi possano parlare male di lui standogli davanti e senza nemmeno dover dire una parola).

Così si lascia trasportare di nuovo alla sedia che detesta, impara a misurare accuratamente la distanza e la profondità con un occhio solo, smette di tentare di nascondere l’immonda piaga dello Stigma. Fa pratica con la pistola, si ricorda ugualmente dei nemici come degli alleati – i tasti dolenti di chi e come premerli, quali sono le persone che può sedurre, minacciare, corrompere o costringere a recitare la propria parte, che la sappiano o no.

« Non esageri col patetismo, signore » ridacchia Reno la prima volta che vede Rufus affaccendarsi con il lenzuolo per far in modo che rimanga propriamente in vista soltanto la mano marchiata, velando tutto il resto.

I suoi piani per Jenova possono aspettare un po’, fino a che il nemico, chiunque – qualsiasi cosa – esso sia, faccia la prima mossa, si tradisca. Ha un sacco di tempo su questa sedia.

Che qualcun altro accenda la miccia della bomba; può attendere l’esplosione che ne seguirà, lo storpio impotente, e quando verrà il momento giusto, si prenderà la sua vittoria.







NdT: Oddio, Dark Nation, quanto ho odiato quella palla di pelo e i suoi Barrier nelle prime partite xD
E mi spiace per Rufus, ma sarebbe stato un ricordo molto più dignitoso da morto ammazzato dalla WEAPON. Eh.
Perdonate il ritardo, ho avuto qualche contrattempo.
BROMANCE! It’s guy love, that’s all it is, guy love, he’s mine I’m his, there’s nothing gay about it in our eeeeyes! C’è pure la pagina su wikipedia (COSA? XDDD). … Non sapevo davvero come tradurre altrimenti “heterosexual lifemates” (letteralmente una cosa tipo “anime gemelle eterosessuali”, senza ironia o quasi – si parla di relazioni strettamente platoniche), e bromance è un termine relativamente conosciuto e vicino al significato originale.
Maledetta storia, mi fa provare tenerezza perfino per il sosia di Roxas e__e
Piccola pausa per introdurre il Geostigma (!!! Allora non era un pretesto idiota per emizzare Cloud!!!1!), ma il prossimo capitolo è bel-lis-si-mo. E anche lungo.
A presto :)
   
 
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