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Autore: csgiovanna    12/02/2011    2 recensioni
Il dolore per la perdita della sua famiglia potrebbe davvero aver spinto Patrick Jane a compiere un folle gesto? E' questo il dilemma che Teresa Lisbon dovrà affrontare mettendo in discussione molte delle sue certezze.
Genere: Drammatico, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarà stato Red John ad avvelenare Patrick Jane o si tratta di un tentato suicidio? Un nuovo tassello in questa intricata vicenda
Ecco il secondo capitolo di questa long-fic su The Mentalist. Spero vi piaccia! Buona lettura!

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“Tieni” - Van Pelt era tornata con una tazza di caffè bollente.
Lisbon la fissò e le rivolse un sorriso di gratitudine, prese la tazza e la tenne tra le mani. Si augurava che un po’ di quel calore le arrivasse fino al cuore e scacciasse via il gelo che l’attanagliava.
“Non si è ancora svegliato?” - chiese guardando il volto terreo di Jane.
Lisbon scosse la testa. Non si era allontanata dal suo letto nemmeno un minuto nelle ultime 4 ore. Lui era rimasto immobile, privo di sensi, il respiro lento.
“Credi che Jane...” Van Pelt non riuscì a terminare la frase.
Lisbon si incupì. Aveva passato la notte a chiedersi la stessa cosa e non era riuscita a darsi una risposta.

Se qualcuno prima di quella terribile notte le avesse detto che Jane si sarebbe tolto la vita gli avrebbe dato del folle e avrebbe riso, ma dopo aver letto il messaggio di Red John non sapeva più in cosa credere.
Messaggio di cui Jane non aveva fatto parola con nessuno, nemmeno con lei.
Perché si rifiutava di credere che avesse deciso di togliersi la vita? Infondo lei conosceva veramente Jane? Cosa sapeva di lui?

Forse, si disse, aveva conosciuto Jane ma di Patrick cosa sapeva? L’aveva intravisto nei rari momenti in cui la maschera di straffottenza ed arroganza dietro cui si nascondeva aveva vacillato e le aveva rivelato una persona molto diversa. Patrick poteva aver scelto di morire?
Se invece ripensava allo sguardo terrorizzato di Jane, alla richiesta di aiuto che aveva letto nei suoi occhi prima che perdesse i sensi, allora avrebbe dovuto rispondere a Van Pelt che “no non poteva essere vero”.
“Non lo so” - disse soltanto con un filo di voce.
Van Pelt la fissò con tenerezza - “Io non ci crederò mai. Non è da Jane”.
Lisbon annuì solo perché non aveva più la forza di ribattere. La domanda era sempre la stessa, chi era Patrick Jane?
“Porta la lettera alla scientifica. Dubito però che oltre alle impronte mie e di Jane troveranno altro...” - disse sospirando.
“Certo. Vuoi che resti io con lui?Avresti bisogno di riposare un po’.” - le suggerì la rossa.
“No. Voglio essere qui quando si sveglia”.
“Ok Boss...Ci vediamo più tardi.”
Lisbon annuì e le regalò un sorriso stanco mentre usciva dalla stanza.
Doveva avere un aspetto terribile. Sorseggiò il caffè nel tentativo di ricaricarsi un po’.
“Forza Jane” - sussurrò - “Svegliati e parla con me”.
Sospirò, doveva fare qualcosa altrimenti sarebbe impazzita.
“Rifletti Teresa - si disse - “Perché scegliere un veleno come il cianuro e morire in quel modo, tutto solo nell’ufficio del CBI? Se tu fossi Jane non sceglieresti un modo più plateale per lasciare questo mondo?”
Era ufficiale, si disse, aveva perso la ragione.
Eppure, se seguiva il suo istinto di detective e non si lasciava coinvolgere dalle emozioni, se non pensava si trattasse del suo biondo e affascinante consulente, allora tutta la questione assumeva un’altra prospettiva.
Ma se non si trattava di tentato suicidio...allora chi aveva avvelenato Jane? Red John?
No, quello non era il suo modus operandi. Red John aveva uno spiccato senso teatrale, non avrebbe mai usato il veleno e tanto meno il cianuro. Un veleno da libro giallo vecchio stile.
Mentre rifletteva su questo le sembrava di sentire la voce di Jane che seguiva passo, passo il suo ragionamento.
E poi perché avrebbe dovuto uccidere Jane? Per lui il biondo consulente era un passatempo. Quel messaggio sembrava l’ennesima provocazione piuttosto che una minaccia.
Il suo cellulare vibrò interrompendo il filo dei suoi pensieri.
“Lisbon “ si affrettò a rispondere - Oh, grazie Cho. No. Imbustate tutto e che nessuno abbia accesso alla sala mensa. Controllate i vecchi casi su cui ha lavorato Jane, se c’è qualche connessione con l’uso di veleni e se qualcuno di loro è uscito di galera. Fate una verifica anche sui suoi ex clienti e fatevi dare i video delle telecamere di sicurezza”- chiuse di scatto il cellulare.  
“Accidenti!” -sbuffò.
Cho le aveva riferito i risultati della scientifica. Nessuna traccia di cianuro nel tea e nel flacone di sonnifero.
“Jane. Ho bisogno del tuo aiuto”.
Perché non si svegliava? Erano passate più di 10 ore da quando erano arrivati al Mercy.
Gli strinse la mano, era così fredda. Subito il suo sguardo corse al monitor, ma il battito era regolare.
Sospirò, poi sfiorò con una carezza la guancia di Jane. Era arrivata al limite.
L’Hitghtower la stava guardando dall’altra parte del vetro.

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Cho chiuse il telefono e cercò con lo sguardo Rigsby.
“Non lo mangerei se fossi in te” - disse accennando al panino che Wayne stava per addentare.
Rigsby alzò un sopracciglio.
“Il veleno potrebbe essere ovunque. Il capo ha detto di non toccare nulla di quello che proviene dalla sala mensa”.
Wayne deglutì a vuoto, quindi trasferì il panino in un sacchetto di plastica e lo aggiunse alle altre prove da mandare alla scientifica.
“Questo lo segno sul conto di Jane” - sbuffò rimpiangendo già il sandwich.
“Secondo te quando lo rivedremo in giro?” - chiese poi al collega.
Cho non si scompose “Non si risveglierà prima di due giorni”
“Naaah Due giorni? Tra 8 ore farà impazzire tutto il reparto!” - aggiunse Wayne ridacchiando.
“20 dollari?” - disse Cho senza cambiare tono.
“20 dollari? Facciamo 30!” poi divenne serio.
“Credi che Jane...” - chiese lasciando la frase in sospeso.
“No.” - rispose semplicemente il cinese.
Van Pelt entrò pochi minuti dopo, l’espressione seria.
“Ho portato qualcosa da mangiare” - disse mostrando ai colleghi un sacchetto di carta.
“Grace sei la mia salvezza!” - chiocciò Wayne aprendo il sacchetto.
Van Pelt lanciò uno guardo interrogativo a Cho.
“Il capo ha ordinato di mandare tutto il cibo della mensa alla scientifica” si giustificò.
“Oh” - commentò sedendosi alla sua scrivania in mano stringeva la busta contenente il messaggio di Red John.
“Dimmi che sono le ciambelle del Yum Yum Shop”- chiese Wayne.
“Hum...No, purtroppo è ancora chiuso.” - si giustificò la rossa.
“Bah...Non importa...” - e ne addentò una - “Tutto bene?” - le chiese Rigsby notando la sua faccia scura.
Van Pelt sospirò ed iniziò a tormentarsi l’anulare. Rigsby non potè fare a meno di fissare l’anello di diamanti che O’Loughlin le aveva regalato.
“Sono in pensiero per Jane e per il capo. - sussurrò.
“Andrà tutto bene”- cercò di rassicurarla.
Grance gli sorrise grata, poi cercò di concentrarsi sul messaggio di Red Jhon.
“Credi che c’entri qualcosa?” - chiese accennando alla lettera.
“Non lo so. Red John può aver modificato così tanto il suo modus operandi?” - chiese ai colleghi.
Cho la fissò - “Non avrebbe mai usato il veleno”.
“Jane direbbe la stessa cosa. In ogni caso è l’unico indizio che abbiamo per capire cosa è successo” - sussurrò mettendosi al computer.
Cho e Rigsby annuirono.
Dovevano trovare una pista, per Jane e per tutti loro.

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Madeline Hightower la stava osservando da quanto? Si chiese Lisbon mentre usciva dalla stanza di Jane per parlarle.
“Signora...” - la salutò.
“Agente Lisbon” - rispose la donna - “Novità?”
Lisbon scosse la testa “Non ha ancora ripreso conoscenza” - sussurrò.
“Ha un aspetto orribile, dovrebbe riposare un po’”- le disse - “Ma so che non lo farà” - aveva un tono stranamente comprensivo.
Lisbon si limitò ad annuire, sul volto un sorriso imbarazzato. Era così facile da leggere?
“Di cosa si incolpa agente Lisbon?”
Già di cosa ti incolpi Teresa? Si chiese.
Lisbon sospirò e si voltò a guardare Jane.
“Io sono il loro capo. Sono il responsabile della squadra, delle loro vite... Loro si fidano di me e io di loro. Siamo una famiglia, in un certo senso. Se qualcuno è in difficoltà...Io devo saperlo! Devo accorgermene!” - disse trattenendo a stento la rabbia.
“Perché non ho visto quello che stava succedendo?”- continuò puntando gli occhi verdi in quelli della donna.
Hightower la fissò seria -“Sembra aver deciso che si tratti di tentato suicidio, vedo.”
Lisbon aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito.
“Non mi sembra sia l’unica ipotesi al vaglio. Cho mi ha detto che state seguendo anche la pista del tentato omicidio”
Teresa annuì.
“E’ solo che se la verità fosse un altra...”
“Quello che dice è giusto. Ma stiamo parlando di Patrick Jane, non lo dimentichi...Mi sembra improbabile che abbia fatto un gesto così estremo.In ogni caso sappiamo entrambe che se lo desidera quell’uomo può nasconderle qualsiasi cosa.”.
“Già”  - esclamò.
“Mi tenga informata” - e la salutò con un cenno.
“Certo”.- guardò la donna allontanarsi.
“Se lo desidera può nasconderle qualsiasi cosa” - ripetè tra sé triste. Era la verità.
Sospirò. Non era stata completamente onesta con Hightower. Quello che aveva detto era vero, ma c’era qualcosa in più.
La cosa che la tormentava non era tanto non essersi accorta della sofferenza di Jane, ma al contrario di aver intuito che qualcosa non andava in lui e non aver fatto nulla. Per paura. Paura di superare quel limite che si era autoimposta. Tenere separata la sua vita privata da quella professionale. O era paura di qualcos'altro? Scacciò immediatamente quel pensiero.
Come aveva potuto dimenticare cosa significava quella data per Jane? Come aveva potuto voltarsi dall’altra parte?
In cuor suo sapeva di aver commesso un errore. Jane si fidava di lei. Sorrise suo malgrado ricordando quando le aveva fatto fare il gioco della “caduta di fiducia”. Le aveva confidato cose che non aveva mai detto a nessuno. E lei cosa aveva fatto? Lo aveva abbandonato.
Era arrabbiata con sé stessa oltre che con Jane. Se lui aveva veramente deciso di farla finita poteva perdonarlo? E poteva perdonare sé stessa per non aver tentato di aiutarlo?
Si avvicinò al letto, gli sfiorò il viso e sorrise triste.
“Non capiterà mai più. Te lo prometto”.

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Van Pelt era seduta alla scrivania,  la busta con la lettera di Red John tra le mani. Sbuffò.
“Che c’è?” - le chiese Rigsby.
“Uhm...questa lettera” - disse dubbiosa - “c’è qualcosa che ci sfugge”.
“Tipo?”
“Non so...è come se ci fosse un codice tra Red John e Jane”.
“Qui” - disse indicando un punto del messaggio ed attirando così l’attenzione di Cho.
“Vuoi essere Tigre o Agnello Sig. Jane?” - sussurrò.
“Che significa?” - chiese Cho.
“Appunto. Sembra un riferimento ad un codice. Come se Jane dovesse capire”.
“Sei un genio!” - esclamò Wayne.
Van Pelt sorrise, poi iniziò a digitare sul computer.
“Vediamo se inserendo la frase siamo fortunati” - “Hum...No, proviamo solo con Trigre e Agnello”
“William Blake?” - lesse Cho.
Van Pelt si alzò di scatto volando verso la scrivania di Jane.
Cho e Rigsby la fissarono perplessi.
La rossa rovistò sulla scrivania del consulente, poi prese un libro, fece scorrere le pagine per capire il punto in cui Jane si era soffermato più a lungo a leggere.
“Eureka” - esclamò mostrando una pagina ai colleghi.
Se Jane l’avesse vista sarebbe stato orgoglioso di lei, si disse.
“Tigre! Tigre! Ardente e Luminosa, nella foresta della notte quale immortale mano o occhio
potè dare forma alla tua terribile simmetria?” - recitò.
“Cosa dovrebbe significare?” - chiese Wayne.
“Non ne ho idea, ma è un collegamento. Jane ha sottolineato questo verso. E Red John nel messaggio parla di una Tigre” -
“Non può essere una coincidenza?” - chiese Rigsby.
“Se ho imparato una cosa lavorando con Jane, è che le coincidenze non esistono” - disse Van Pelt.
Il telefono di Cho iniziò a vibrare.
“Cho. Si capo...” - poi rimase in silenzio per un paio di minuti.
Chiuse la conversazione e fissò in silenzio i due colleghi.
Van Pelt sentì un brivido lungo la schiena “Che succede?”.
“Jane” - disse con un filo di voce - “ è in coma”.
   
 
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