Ero terrorizzato… totalmente terrorizzato.
Avrei dovuto essere di aiuto, il mio compito era quello, ma non riuscivo a far
altro che ascoltare la mia testa che urlava “DIO QUALCUNO AIUTI ME, NON SO CHE
FARE!”
Ero terrorizzato ma non le staccavo gli occhi di dosso, ipnotizzato dalla sua
caparbietà, dalla tenacia che forse era solo impossibilità di sottrarsi a ciò
che le stava accadendo, ma ero stregato e mi limitavo a guardarla, calcolando
ogni minimo movimento, atterrito quando si irrigidiva perché sapevo che stava
ricominciando il male.
Quando mezz’ora prima ero arrivato in reparto, prima ancora di lasciarmela
incontrare la caposala mi aveva bloccato sulla porta del corridoio e portato nel
suo ufficio: io riuscivo ad avere sonno ed essere agitato contemporaneamente, ma
erano le 5 del mattino e 5 ore di sonno un po’ agitato sapendo di averla
lasciata in clinica non erano state sufficienti al mio organismo.
“É il vostro primo figlio, vero?” mi aveva chiesto e anche se ero abituato dopo
9 mesi a quella situazione, sentirlo in quel momento mi aveva fatto cedere le
gambe e svegliare del tutto. Stava dicendomi che dovevo starle accanto ma senza
starle addosso, di non ordinarle niente ma di fare le cose con lei, che avrei
dovuto fare tutto ciò che mi chiedeva, anche allontanarmi se me lo avesse
chiesto e di fare attenzione se mi avesse afferrato nel momento delle
contrazioni perché non si sarebbe resa conto del male che avrebbe fatto a me.
Avevo pensato che il mio scricciolo di nemmeno 60 kg pancia compresa non poteva
farmi male… ma in quel momento era giunto un lamento. “Vada: a sinistra, stanza
32, sulla destra” e in un lampo ero sulla porta aperta.
“Rob…” aveva sussurrato vedendomi subito e mettendosi a piangere.
La guardavo che si riposava un paio di minuti con la fronte appoggiata al muro.
Il suo respiro era profondo, qualcosa si ricordava del corso preparto… e
onestamente l’ammiravo per ciò che stava riuscendo a fare: io ero grande e
grosso ma una cosa del genere non l’avrei né sopportata né tantomeno portata a
termine, lei invece era lì a subire quel male cercando di non urlare…
Ero terrorizzato perché non sapevo cosa aspettarmi, perché la vedevo soffrire
senza potervi porre rimedio, perché era una cosa più grande di me ma quando feci
caso al suo corpo esile, le gambe magre lasciate scoperte dalla camicia da notte
estiva a metà coscia, la pancia appoggiata al muro che la costringeva a piegare
la schiena… non resistetti e le andai vicino. Le accarezzai i capelli e lei
sospirò, irrigidendosi subito dopo: si staccò dal muro e prese a dondolare
lentamente, tenendosi la pancia e camminando lontano da me. Ne stava arrivando
un’altra…
L’avevo portata in clinica la sera prima perché aveva avuto dolori tutto il
giorno che si erano intensificati, tanto da non poter più stare coricata ma la
visita che le avevano fatto aveva dato esito negativo: tutto era ancora
tranquillo ma per precauzione l’avrebbero tenuta fino al mattino dopo per vedere
se c’erano sviluppi. E gli sviluppi c’erano stati: mentre io dormivo quelle 5
ore a casa lei non aveva chiuso mezzo occhio, perseguitata dai dolori che le
trafiggevano pancia e schiena. “É tanto magra… i fasci nervosi della schiena non
sono abituati a sopportare il peso di quella pancia e forse la bambina girandosi
si è messa in una posizione che le procura pressioni strane… non è così raro…”
mi aveva detto la ginecologa dopo averla visitata.
Camminava lentamente, era rigida: io la seguivo a breve distanza, senza fiatare.
Io forse ero più rigido di lei e sussultai quando il sospiro che le uscì dalla
gola fu accompagnato da un lamento animalesco. Ecco, il terrore cominciava a
darsi delle motivazioni… avrei resistito quando avrebbe iniziato ad urlare?
Sarei stato tanto codardo da lasciare sola il mio scricciolo mentre ce la
metteva tutta per far nascere nostra figlia? No… non era quello l’uomo che
volevo essere. Ero terrorizzato sì, ma mi sarei costretto a non scappare. A
costo di farmi dare del valium o un altro calmante, sarei stato con lei.
Si voltò con gli occhi stanchi e mi tese le braccia. Corsi subito ad
abbracciarla e come venni a contatto con la sua pancia, la sentii dura come il
marmo. Appoggiò la guancia al mio petto e le baciai la testa.
“Ti amo…” le sussurrai tra i capelli.
“Anch’io…” rantolò senza voce e sussultò immediatamente dopo. “Rob…”
La scostai delicatamente e la guardai. “Che c’è?” le chiesi ansioso.
“H-ho…”
“Cosa… cosa Kiki?” non parlava… non era il momento di non parlare!
“Ho… b-bagnato il pavimento…” mormorò imbarazzata.
Guardai subito tra di noi, mi spostai perché la pancia non mi consentiva di
vedere e notai del liquido accanto ai suoi piedi.
Fu un’illuminazione: “Le acque?” proposi.
Sollevò gli occhi, quasi speranzosa: “Forse… la dott-“ ma non terminò, mi si
aggrappò alla maglietta ed iniziai a tremare io per lei. La tenni per la schiena
o forse io mi tenni a lei e non trattenne un urlo contro il mio petto quando la
contrazione fu al suo massimo. Come liberò il tessuto dalla sua stretta notò di
avermela strappata.
“Oddio, scusa… devi starmi lontano, ti farò male…” e cercò di fare un passo
indietro ma la trattenni.
“Hey… tu non vai da nessuna parte… o meglio, ora andiamo dalla dottoressa e le
diciamo quello che è successo…”
La feci voltare e si poggiò a me mentre la conducevo nel corridoio. “Ho sonno…
non ce la faccio più…”
“Lo so piccola mia… proviamo a chiedere se ti portano in sala operatoria?”
“No… se non ci sono problemi seri non ha senso fare il cesareo… e una mamma che
ha sonno non è un problema serio…”
“Kiki non l’hai chiesto tu di non dormire…” stavamo girando nel corridoio dove
c’era la ginecologa quando si staccò da me, andando ad appoggiarsi al muro
opposto, irrigidendosi. Mi passai una mano sul viso e le andai accanto. Aveva il
viso contratto, una smorfia di dolore evidentissima; captò la mia presenza aprì
gli occhi per guardarmi un attimo e li richiuse. Si mise a tremare ed un lamento
prese vita nella sua gola, per salire di intensità e quando inchiodato dalla mia
paura pensai che le sarebbe venuto un infarto mi si gettò addosso, urlandomi
“TIRAMI ROB, TIRAMI!”
Nello spazio di un millisecondo mi domandai cosa potesse voler dire. Cosa dovevo
tirarle? Era il primo vero momento in cui mi stava chiedendo aiuto, un aiuto
tangibile e non sapevo cosa fare. Per fortuna sollevò le braccia incrociandole
davanti al mio viso e anche se mi parve assurdo, le afferrai i polsi e le tirai
le braccia verso l’alto. Possibile che volesse proprio quello? La fronte
contratta per il male si ridistese un pochino e capii che voleva proprio quello…
l’urlo tornò ad essere un lamento che durò ancora 10 secondi e poi sospirò
appoggiandosi a me. Spostai le braccia in giù e la sostenni per le spalle.
“Andava bene così?” chiesi solamente.
“Sì… te lo chiederò ancora, sappilo…”
“Tutte le volte che vuoi…”
“Come sta questa mamma?” e sussultai alla domanda della ginecologa che
sentendola urlare era uscita dal suo studio.
“Ha perso del liquido nell’altro corridoio…” cominciai ma lei mi interruppe. “La
porti pure dentro, sarà meglio che la visiti, forse si è rotto il sacco…”
Il sacco… forse il sacco amniotico intendeva…
“State già controllando ogni quanto ha le contrazioni?”
Cascai dalle nuvole: “N-no… non sapevo di doverlo fare…”
“Stia tranquillo, non era necessario farlo, magari da adesso tenga monitorato
ogni quanto le ha. Forza Kristen, vieni sulla poltrona…” l’accompagnai nel
tragitto e mentre la sollevavo per metterla su quell’aggeggio infernale – ne
avevo avuto il terrore dal primo momento che l’avevo vista - la dottoressa notò
la mia maglia.
“Kristen cos’è… non ti piaceva la maglietta che si è messo Robert?”
Io volevo prenderla a schiaffi ma vidi Kiki ridacchiare e compresi che forse ero
troppo teso per capire cosa le poteva far bene o meno.
Le mani della ginecologa si infilarono sotto la sua camicia da notte ed io le
diedi le spalle: non mi piaceva nemmeno un po’ che venisse continuamente
toccata, era più forte di me, sapevo che era per il suo bene e quindi non dicevo
niente, ma preferivo non vedere.
Sollevò il viso e forse vide la mia tensione. Prese la mia destra e se
l’appoggiò sulla pancia: immediatamente la guardai, ricambiando il suo sguardo
stanco, assonnato ma curioso con un sorriso.
“Sì! La signorina qui ha deciso che c’è il sole giusto per uscire di casa. Oggi
si nasce, signori!” e battè le mani come a chiudere un proclama pubblico.
Vidi Kris sospirare, sapere che quel dolore non era stato vano le tirava su il
morale e istintivamente mi abbassai per baciarle la tempia. Stavo per
allontanarmi quando mi arpionò la maglia: “Tirami giù subito!”
Non esitai: anche se per il dolore non era riuscita a riunire le gambe
divaricate, gliene afferrai una per volta e la rimisi in piedi. La dottoressa si
spostò verso il muro, ben conscia del patimento di una partoriente.
“LE BRACCIA, LE BRACCIA!!!” e le afferrai i polsi per tenderle di nuovo le
braccia sopra la testa. Vidi la ginecologa dietro di lei strabuzzare gli occhi
ed incrociare le braccia al petto. L’urlo arrivò comunque e quando il male passò
mi si accasciò addosso, sfinita.
“Non ce la farò mai… non posso… mi spacca in 2…” ansimò sulla mia maglietta.
Le baciai i capelli più volte e la strinsi delicatamente.
“Dottoressa, quanto ci vorrà ancora?” chiesi angosciato.
“Dai Kristen, meno di un paio d’ore e vedrai il faccino di tua figlia…” peccato
che per non far sapere la verità a Kiki, la ginecologa aveva detto 2 ore mentre
con la mano mi aveva indicato 4… già con 2 ore la sentii singhiozzare sul mio
petto.
“Su, andate a fare un giro, stare da soli vi farà bene… Kristen lo sai che in
fondo ci sono le stanze colorate, quella azzurra, quella verde, l’arancione…
puoi usarle quando e come vuoi…”
“Sì…” sospirò spingendomi così che ci avviassimo verso il corridoio.
“Tesoro, torno un attimo a farmi spiegare come tenere il conto del tempo… arrivo
subito…”
“Dottoressa, come ancora 4 ore??”
“Robert è un parto, non è una gara di velocità… è dilatata di nemmeno 3
centimetri, deve arrivare a 10… vero che più si dilata più la cosa si velocizza
ma il corpo umano ha bisogno di determinati tempi. Quando sarà a 9 cm potrò
anche chiederle se vuole una manovra manuale per arrivare a 10 ma sarà come
piantarle un coltello nella carne… e lei accetterà, credo, non sapendo a cosa va
incontro. Detto ciò, per arrivare a 9 cm ci vuole ancora tempo. Non si può
mettere fretta a un bambino che deve nascere.”
“Porca putt-“ ma un lamento dal corridoio interruppe la mia bestemmia.
“Arrivo Kiki – come calcolo i tempi?”
“Basta che controlli quando finisce una contrazione e inizia l’altra…”
Scappai fuori e la raggiunsi: era appoggiata di nuovo con la fronte al muro.
Guardai la sua pancia e mi resi conto di quanto fosse scesa. Mi accucciai e
l’accarezzai.
“Joy, per favore, girati, fai quello che vuoi, ma non far così male alla mamma…-
sentii una mano di Kiki posarsi sulla mia testa – ti comprerò… 10 bambolotti – e
lei rise – ma che dico 10? 100! Basta che cerchi di non fare male alla mamma…”
“Sembri Edward…” e la guardai: diedi un bacio alla sua pancia poi mi
sollevai.
“Peccato che io non riesca a sentire i suoi pensieri…” sospirai tenero e
amareggiato insieme.
Mi abbassai e cercai la sua bocca: non la baciavo davvero dalla sera prima. Ci
sfiorammo le labbra e quando tentai di fargliele aprire le tenne serrate.
“Perché non vuoi?”
“Non… non mi sono… lavata i denti ancora…” mormorò guardando il pavimento.
Aggrottai la fronte incapace di capire come potesse pensare ad una cosa simile
in un momento così delicato! Visto il mio mutismo sollevò guardinga il viso e mi
fissò, un po’ colpevole. Sospirai: “Apri quella boccuccia signora Pattinson e
non farmi aspettare ancora…”
“Non sono la signora Pattinson…” si accigliò.
“Questo perché hai sempre sostenuto che nostro figlio o nostra figlia avrebbe
portato le fedi al reverendo… ed ora, caccia la lingua!” finii sorridendo e non
mi vietò di baciarla nuovamente, ma interruppe presto il contatto dandomi le
spalle e mettendosi sulle punte dei piedi, dondolando in quel modo. Si mise
stranamente a canticchiare ed io la seguii nei suoi passi lenti, ma quella nenia
ben presto si alzò di volume: si appoggiò al muro con le braccia in aria ed
urlò. Non potevo ordinarle di girarsi, se si era messa così era la posizione che
riteneva migliore in quel momento, quindi le andai dietro e le afferrai
ugualmente i polsi, tirandoglieli verso l’alto. Non ebbe nessun sollievo quindi
si girò di sua spontanea volontà ed appoggiata a me con le braccia tirate verso
l’alto, l’urlo divenne subito più tenue finchè non tacque: allentai la presa sui
polsi e mi portai le sue mani sulla schiena: me la tenni stretta, baciandole la
tempia.
“Sei brava Kiki… sei davvero brava…”
“Non ce la faccio più… uccidimi”
Accompagnai la dottoressa fuori dalla stanza verde dov’eravamo già da 2 ore e
mezza.
“Perché non le fate finire il travaglio nella vasca? Tanto deve partorire in
acqua!”
“Robert ho bisogno che Kristen sia sveglia. Purtroppo non ha dormito tutta
notte, è la situazione più antipatica, lo so, ma se le consentissi di entrare
nella vasca, l’acqua calda l’aiuterebbe col male ma la farebbe addormentare e
lei deve essere sveglia.”
Mi strofinai la faccia impotente. Eravamo a 6 cm, il doppio di prima, ma ne
mancavano altri 3 almeno…
“Dottoressa, ma ha visto che è sfinita… non ce la farà a spingere quando sarà il
momento…”
“Ce la farà, è un impulso irrefrenabile, non si può evitare di farlo…”
“Ma se non ne avesse la forza?” iniziai ad alterarmi.
“Ci saranno le ostetriche pronte a darle una mano.”
“Come??”
“Premendole sulla parte alta della pancia!”
Rimasi shockato. Quella frase non mi rassicurava nemmeno un po’ e sicuramente
significava altro male, contando quanto avevo sentito dura la sua pancia durante
quelle ore.
“Non si preoccupi per quello: le contrazioni per le spinte fanno male come
quelle per la dilatazione e il lavoro delle ostetriche lei non lo avvertirà
quasi. Ora vada da lei. Se vuole fare colazione nella sala arancione c’è un
piccolo distributore automatico, altrimenti all’ingresso del reparto c’è tutto
quello che può desiderare, sia liquido che solido. Suoni il campanello ogni
volta che ritiene necessario il mio intervento.”
Si voltò e con le mani nel camice si avviò nel corridoio. Io ero sudato e stanco
e non avevo fatto niente: non riuscivo nemmeno ad immaginare come stesse il mio
scricciolo.
Rientrai e la trovai coricata sul materassone in gel. La pancia, enorme
confronto a lei, svettava deformandole il corpo minuto.
“Non pensavo facesse così male…” bisbigliò girandosi leggermente sul fianco.
Mi venne il groppo in gola: stava passando l’inferno per colpa mia. Le
accarezzai la fronte accucciandomi accanto a lei.
“Hai chiamato a casa?” rantolò.
“No… aspettiamo la prossima poi vado a chiamare… rimani qui? Coricata?”
“Sì, provo a rimanere qui… al massimo mi fai rotolare giù…” riuscì a ridacchiare
fiaccamente.
“Kiki…” la rimproverai debolmente accarezzandole la pancia. Lei portò la destra
sulla mia sinistra.
“Non vedi l’ora di vederla eh?”
“Tesoro, a dire il vero non vedo l’ora che tu smetta di sentire del male…” e mi
strinse la mano ma arrivò la contrazione in quel momento. Mi preparai ad un
dolore forte ma inaspettatamente riuscì a liberare la mia mano e si girò
completamente sul fianco, allungando spasmodicamente tutto il corpo. L’urlo
arrivò e mi fece tremare perché era più lungo degli altri e più sofferto. Come
il male passò, ansimando mi chiese di sollevarla: “No… così non va… sto pure
bagnando ovunque, mi sento uno schifo…” e tempo 2 secondi si mise a
singhiozzare. La sollevai, me la presi in braccio e cercai di farla calmare.
“Amore, lo sanno che stai partorendo, se bagni in giro è tutto normale, è il
sacco che si svuota lentamente te l’ha detto la dottoressa… queste stanze sono
fatte apposta per donne come te. Non devi pensare ad altro che a far nascere la
nostra bambina, ok?”
La sentii annuire contro il mio collo e tirando su col naso mi ricordò di andare
a telefonare.
“Ti mando qualcuno? Lo sai che devo uscire perché qui di sotto non prende…”
“No, ma tu fai presto. Bastano 2 telefonate…”
“Sì – la rimisi a terra e la baciai – faccio prima che posso.” e scappai in
corridoio. Velocemente raggiunsi l’esterno.
“Mamma…”
“Robert! Ciao! Come stai piccolo mio? E Kristen?”
“Mamma, giusto di questo volevo parlarti e non interrompere che ho poco tempo:
siamo in ospedale, la bambina nascerà oggi, venite quando potete”
Silenzio
“Mamma?”
“ODDIOOOOOOOOOOO MA QUANDO TRA QUANTE ORE MA COME POSSIAMO ARRIVARE IN TEMPO
SPERO CHE SIA ALL’INIZIO DEL TRAVAGLIO-“
“MAMMA! Andate a prendere il primo aereo e chiamate quando arrivate. Ora devo
salutarti.” e chiusi la conversazione, non potevo perdere tempo, le contrazioni
erano ogni 5 minuti…
“Rob mi spieghi perché rompi le scatole all’alba?”
Non potei non ridere. “Buongiorno a te Jules…”
“Se see… cosa v- sussultò – la mia bambina????” ed improvvisamente
fu seria e sveglia.
“Sì, è per Kiki… è in travaglio da non so quante ore ormai, comunque non credo
che ti facciano entrare, qui solo una persona per futura mamma… vado a chiederle
se vuole vederti, poi ti faccio sapere. Se non senti niente, aspettate nella
sala d’attesa all’ingresso del reparto, vi terrò aggiornati.”
“Rob come sta?” chiese con voce tremante.
“Jules… lo sai benissimo: soffre…” ammisi impotente.
Udii un rantolo e un sospiro poi si schiarì la voce: “Ok… meno di un’ora e
siamo lì. Grazie. Dalle un bacio.”
“Non mancherò, a dopo.”
Cercai di non fare rumore e feci una corsa veloce nel corridoio, rischiando di
stamparmi contro la parete vedendo all’ultimo momento il cartello che avvertiva
del pavimento bagnato. Recuperai l’equilibrio e raggiunsi la stanza verde:
“Amore, tua m-“ ma mi bloccai, Kris non c’era. Il panico mi assalì ed il cuore
prese a battermi forte ma poi sentii un urlo che aumentava di intensità
provenire dalla stanza azzurra, 2 porte più in là. Mi precipitai e la trovai in
fondo alla stanza, in punta di piedi con le braccia sollevate verso la parte più
alta di una spalliera fissata al muro. Le fui immediatamente vicino e portai le
mani sulla sua vita per afferrarla e sollevarla, ma avrei dovuto schiacciarle la
carne che doleva quindi insicuro e impacciato l’afferrai sotto le braccia e la
spinsi finchè le sue mani non si agganciarono alla sbarra. Le avvolsi il sedere
con le braccia per evitare che tutto il peso fosse sostenuto dalle sue mani e la
sentii subito rilassarsi un po’, tanto che l’urlo si trasformò in un lamento.
“Tirami giù…” ansimò e la lasciai poggiare i piedi a terra. L’accompagnai a
sedersi sulla sedia poco distante. Si teneva la pancia e non riusciva a
rilassarsi come prima.
“Hey…” le scostai una ciocca di capelli per rimetterla dietro all’orecchio.
“Mi sono spaventato, non eri più nell’altra camera…”
“Sono caduta…” rantolò respirando forte, il viso contratto.
“C… c-come… come CADUTA?”
“SONO CADUTA, CADUTA PER TERRA, COME VUOI CHE SIA CADUTA!” e vidi la fronte
farsi nuovamente corrugata, un’altra contrazione stava arrivando ed erano
passati forse 2 minuti dalla precedente. Si erano avvicinate spaventosamente.
Si alzò e si avvicinò alla spalliera. Le domande che volevo farle avrebbero
dovuto aspettare. Feci uno scatto verso il campanello per chiamare la dottoressa
e le fui vicino. Le braccia avvolgevano la pancia in quel momento, non era
giunto l’attimo ideale per issarla sulla sbarra ma ero pronto. Si appoggiò alla
spalliera e sollevò le braccia ma in modo diverso, solo per tenersi mollemente:
piagnucolava. “Non… io non…nnn…” e sbattè il piede a terra 2 volte, con violenza
tramutando il lamento in urlo. Come sollevò le braccia verso la sbarra
l’afferrai subito e lei si aggrappò ma l’urlo non diminuì di intensità, tanto
che mi fecero male le orecchie. Per fortuna che avevo avuto tanta cognizione da
rimanere a tenerla con fermezza perché non riuscì ad avvisarmi e si sganciò o
scivolò dalla sbarra e per poco non mi cadde a terra. La adagiai sulla poltrona
di gel ed entrò la ginecologa. Mentre iniziavo a parlare vidi il ginocchio viola
e gonfio.
“È caduta… io sono andato a telefonare e lei è caduta…”
“Santo cielo Kristen!...” e la dottoressa si avvicinò immediatamente ma Kiki era
agitata, il viso stravolto dal male. Scacciò le mani della ginecologa che voleva
visitarla.
“Kristen devo visitarti… pazienza per il ginocchio ma voglio capire a che punto
sei… Robert le contrazioni?”
“Sono aumentate di tanto… erano ogni 5 minuti prima, l’ultima invece c’è stata 2
minuti dopo la penultima…” ansimavo e non riuscivo a stare fermo.
Il mio scricciolo si mise a piangere e non ce la feci, mi girai verso il muro,
piangendo a mia volta.
“Kris, lascia che ti visiti una volta durante una contrazione, sarà più facile
per me capire… non farmi segno di no… dai, sta arrivando, aiutiamoci a vicenda,
io ti tengo la tua bella pancia e tu mi permetti di visitarti… certo tesoro, la
tua bellissima pancia perché c’è dentro la tua bambina! sì brava così… no, bimba
non trattenerti, sfogati, urla pure, le nostre orecchie sono abituate… ecco…
ecco… BRAVA KRIS, URLA, URLA PURE!” e non potei non tapparmi le orecchie mentre
l’urlo acuto che riempiva la stanza mi faceva vibrare anche la gola.
“Brava Kris, mancano un paio di centimetri. Forse non ci voleva che cadessi ma
sicuramente ha accelerato le cose. Sì certo, ora Robert ti prende…” e come
sentii il mio nome mi pulii gli occhi e mi girai. Mi tendeva le braccia. La
presi subito e me la coccolai, girando per la stanza.
“Torno tra 15 minuti a vedere come va…” disse la ginecologa uscendo
“Ti fa male il ginocchio?” riuscii a chiederle mettendola a sedere. Scosse la
testa, tremando. Le braccia avvolte sulla pancia. Dondolava avanti e indietro
sulla sedia.
“Dille di tagliarmi, io non ce la faccio più…” corsi fuori in corridoio.
“DOTTORESSA! Senta, è sfinita, fatele il cesareo, vi scongiuro.”
“Robert non si può fare un cesareo a 8 cm di dilatazione!”
“Ma scusi, se fosse podalica gliel’avreste fatto!”
“Certo, prima che iniziasse il travaglio però… è un rischio fare un cesareo ora
col parto aperto 8 cm…”
“MA NON CE LA FA PIÚ! NON HA PIÚ FORZE, É PROSCIUGATA, LO CAPISCE?”
“La prego di non urlare. In questo momento a lei sembra di non farcela più ma in
realtà non sta facendo niente… deve solo sopportare il male… per cui le sembra
di non avere più energie ma non è così. Quando dovrà spingere ce la farà
tranquillamente e lei non dovrebbe stare qui con me!”
I 2 minuti di pausa erano già passati, tirai qualche bestemmia sottovoce e
rifeci la corsa al contrario, arrivando che lei era sul pavimento, con la
schiena inarcata e la pancia scoperta.
“CRISTO!” ringhiai e le andai di fronte, inginocchiandomi per controllarla.
“Kiki… cosa devo fare, cosa devo fare?”
“LA SCHIENAAAAAAAAAA!”
Cazzo, cosa vuol dire la schiena??!!! Ma
vedendo che si inarcava e si batteva la mano dietro, a livello del girovita,
improvvisai: premetti la mia destra aperta su quel punto e le bloccai la spalla
tirando all’indietro. Mi pareva osceno costringerla ad una tensione simile, ma
sembrava che fosse ciò che cercava. L’urlo arrivò comunque e fu intenso ma
quando pian piano scemò e lei riuscì a parlare, tra un respiro e l’altro rantolò
un grazie.
“Kris, ti metto sul materassino basso però, non voglio che stai sul pavimento” e
non attesi che acconsentisse, la sollevai e la misi sul materassino di gomma.
“Abbracciami un momento” sussurrò ad occhi chiusi e mi coricai all’istante per
potermela stringere addosso.
“M-mi dispiace che stai s-soffrendo così tanto…” riuscii a bisbigliare con voce
rotta.
“Shh… e scusa se ti ho risposto male prima… se capiterà ancora, sappi che non
sono io, è il ma-… vai via!” e mi scansò. Capii subito che il dolore stava
tornando alla carica, almeno per quel paio di minuti si era riposata, al
contrario di prima. Immediatamente mi misi dietro di lei e prima che il male
divenisse insopportabile mi ringhiò di usare il ginocchio. Era ancora più osceno
piantarle il ginocchio nella schiena mentre una mano le tirava indietro la
spalla e l’altra la coscia. Era DISUMANO infatti non ne ebbi la forza ma lei mi
fece cambiare idea: “TIRA MALEDIZIONEEEEE” così sentendo nuove lacrime che
scendevano dai miei occhi mi costrinsi a spingerle il ginocchio nella schiena,
come a spezzarla in 2. Era una scena orribile, non l’avrei mai dimenticata.
“Lasciami…” e allentai subito la presa, scavalcandola per guardarla in viso.
Respirando affannosamente mi fissò e corrugò la fronte: “Per-chè piangi?”
Mi asciugai subito gli occhi ma poi lo sguardo cadde sulla sua enorme pancia
scoperta e come lentamente la coprii mi venne di nuovo da piangere. Con due dita
tentai di frenare le lacrime, mentre lei mi scuoteva l’altra mano per richiamare
la mia attenzione.
“Rob!” e mi costrinsi a guardarla.
“Non devi piangere… sta per nascere nostra f-figlia…”
Tirai su col naso, ero veramente un idiota: lei aveva bisogno di me e invece mi
facevo consolare. “Lo so… lo so…” e mi pulii la faccia, cercando di chiudere i
rubinetti. Riprese a tremare debolmente e sospirò, stanca e assonnata. “Quando
sarà… passata anche questa vorrei una cosa se puoi farla ti andrebbe di
accarezzarmi la pancia?” lo disse tutto d’un fiato perché il respiro stava
facendosi corto e il male aumentava.
“Certo piccola mia…” e le balzai dietro, per ripetere il movimento col
ginocchio. Come il dolore diminuì mi distesi dietro di lei e le feci passare un
mano sotto il braccio, sul fianco per andare ad accarezzarle la pancia come mi
aveva chiesto.
“Ti amo Rob…” sussurrò tremolando.
“Anch’io ti amo Kiki...” e le baciai i capelli, continuando a coccolare la sua
pancia.
Ebbi come la sensazione che si fosse addormentata, che quella carezza potesse
lenire di poco il dolore e che la contrazione stesse ritardando, giusto per
darle un po’ di tregua.
Sentii aprire la porta e guardai immediatamente chi era entrato.
“Robert, tutto ok?”
“Sì sì… è troppo stanca per stare in piedi forse, preferisce stare qui. Mi
sembra che si sia addormentata…”
“Uhm… strano… mi faccia vedere: Kristen?”
“Lasciatemi in pace 5 minuti, vi prego…”
Una smorfia che doveva essere mezzo sorriso piegò le mie labbra ma guardai la
dottoressa, inginocchiata di fronte al mio scricciolo. “Quanto tempo è passato
dall’ultima contrazione?”
“Non lo so, ormai non tengo più il conto, son tanto ravvicinate… però adesso è
già più di qualche minuto… cosa succede dottoressa?” ed avvertii un segnale di
allarme.
“Stia calmo ma si sposti, devo visitarla…” e velocemente mi spostai.
“Kristen, svegliati…”
“Sono sveglia…”
“Allora allarga le gambe tesoro, devo visitarti…ehyyyyyyy ma qui dobbiamo
correre in vasca altrimenti la partorisci su questo materassino!”
Io caddi all’indietro e finii contro il materassone di gel, Kiki sussultò per lo
spavento e riprese immediatamente a tremare: il male si era solo preso una
pausa. La vidi roteare gli occhi, vidi il bianco senza vederne più le iridi, non
era nella posizione ideale a sopportare il male. “SI SPOSTIIIIIIII” urlai alla
ginecologa che rapidamente si infilò nell’angolo della stanza ed io girai sul
fianco il mio scricciolo puntandole il ginocchio nella schiena. L’urlo che
sgorgò nonostante tutto dalla sua gola fu lancinante .
“KRISTEN NON SPINGERE, MI RACCOMANDO, ANCHE SE TI VIENE VOGLIA DI FARLO, NON
SPINGERE! ROBERT, APPENA FINISCE, LA PRENDA CHE ANDIAMO IN VASCA...”
Sembrava non terminare più quella contrazione… io ero sudatissimo e stanco come
se avessi fatto 2 maratone consecutive. Quando però l’urlo divenne un soffio
debole, mi sollevai fulmineo e afferrai Kiki fra le braccia: anticipato dalla
ginecologa che mi tenne aperta la porta, mi avviai nel corridoio, la testa di
Kris abbandonata ansimante sulla mia spalla.
“Non ce la farò…” rantolò e solo io la udii.
“Sì che ce la farai, hai sopportato tutto questo, puoi scalare anche una
montagna per mio conto!”
“La spogli Robert, in fretta.”
Cosa?! “Come la spogli? Devo lasciarla nuda?!” e guardai esterrefatto la
ginecologa, che ricambiò lo sguardo.
“Mi scusi, ma la facciamo andare in vasca vestita????”
Non ci avevo pensato, forse credevo inconsciamente che qualcosa avrebbe potuto
tenere addosso, ma in effetti, a che pro? Solo ingombro… però a pensarla nuda,
davanti a quella gente che non conoscevo… c’erano 2 ostetriche e la ginecologa.
“Ok però i 2 infermieri che ho visto prima non devono entrare, ok?”
“Dio mio Robert, ma siamo in una clinica qui! Non usciranno foto della sua Kris
mentre partorisce, o peggio, della vostra bambina!”
“Sì, ne sono lieto, comunque quei 2 rimangono fuori” ed afferrai il bordo della
camicia da notte di Kris per levargliela in un sol colpo dalla testa.
“Hai freddo?” le chiesi vedendo la pelle d’oca sulle sue braccia. Ma mentre
scuoteva il capo ricominciò a tremare e sbuffare.
“LA METTA DENTRO, ROBERT. SUBITO!” mentre la sollevavo lanciò via le infradito e
si aggrappò ad un mio braccio. L’adagiai nella vasca e non tentai di staccarmi
quando sentii che iniziava a stringere: era giusto che sentissi un po’ di quel
male pure io. Ma il mio scricciolo non so come si rese conto di ciò che stava
accadendo e mollò la presa, stringendosi le unghie nel palmo che prese a
sanguinare. Nel caos che si creò io avvisai la ginecologa della ferita mentre
Kris urlava per il male e l’ostetrica le diceva che se voleva spingere poteva
farlo. Lontano da lei andai quasi nel panico. Tornai accanto alla vasca, dietro
di lei. Le accarezzai piano le spalle.
“Su Kristen, spingi!” ma lei scosse il capo. “No? È passata?” le chiese
l’ostetrica seduta accanto alla vasca. “Allora aspettiamo la prossima.
Ascoltami: hai sentito la voglia di spingere?” “Sì…” “Ecco benissimo… allora
quando arriva la prossima contrazione tu prendi tutta la forza che hai e spingi
ok? Come se dovessi andare in bagno…”
Il mio scricciolo annuiva tutta tremante e sapevo che non aveva freddo, l’acqua
era calda ma come l’ostetrica terminò di parlare, lateralmente la vidi chiudere
gli occhi. Ecco la stanchezza e il sonno…
“La tenga sveglia!”
“Kiki tesoro, rimani sveglia dai… manca poco…” e le baciai una spalla.
“Sono sveglia…”
Un infermiere arrivò per medicarle la mano. Andai quasi fuori di testa: “HO
DETTO CHE NON VOGLIO UOMINI QUI, PARLO ARABO PER CASO?”
“Ok ok, Eugene esci, dammi, faccio io” intervenne la ginecologa afferrando le
bende dalle mani dell’infermiere.
“Rob…” e immediatamente mi girai: l’acqua ondeggiava mossa dal tremore della mia
Kiki. Le andai di lato e le sorrisi, accucciandomi.
“Sei bravissima piccola mia…” ma lei mi guardava e sbuffava sempre più fino a
quando i lamenti dalla sua gola non presero intensità.
“Kristen spingi è il momento! Spingi più che puoi!” e aggrappata al bordo della
vasca, rosso del suo stesso sangue per la ferita ancora aperta, la vidi
diventare viola nello sforzo di spingere. Mi mancò il respiro e mi portai una
mano alla gola. Accanto a me si materializzò un’infermiera.
“Bravissima Kristen, brava davvero! Hai capito come fare ora, il male non lo
senti più perché adesso sai che quando arriva tu devi impegnarti a spingere,
vero?”
Un piccolo sorriso le comparve in viso annuendo tra il sudore e il respiro
mozzato. Non l’avevo mai vista così bella come in quel momento…
“Sta bene?” e capii che la domanda era rivolta a me. Mi voltai: “Cosa?”
L’infermiera si ripetè: “Si sente bene?”
La guardai esterrefatto: “Ma non sono io che sto partorendo, controlli lei, non
me!”
“Io sono quella che si occupa dei papà…”
Quasi mi cascarono gli occhi e stavo per rispondere ma la dottoressa mi fece
spostare per venire a fasciare la ferita. Fece in fretta perché non c’era tempo
da perdere ed infatti appena legata la benda alla bell’e meglio, Kiki ricominciò
a tremare e sbuffare come una ciminiera. Tornai ad accucciarmi accanto a lei,
senza guardare verso le sue gambe, dando le spalle all’ostetrica dall’altro lato
della vasca.
“Spingi! Spingi!” e mentre l’urlo si placava, allungai un dito a sfiorarle il
braccio.
“NON MI TOCCARE!” ringhiò ed io ci rimasi malissimo, ma subito l’ostetrica mi
rassicurò, anche se lo sapevo già: “Lo sa che non ce l’ha davvero con lei…”
Sì, lo sapevo, ma non era bello comunque sentirsi urlare addosso di non
toccarla, fatto salvo che come la contrazione terminò, lei mi guardò afflitta e
le scesero 2 lacrime dagli occhi.
“Sc-scusami…”
“Shhh…” le sussurrai accarezzandole una guancia ma il dolore si ripresentò
subito.
“Sei bravissima Kiki, sono davvero fiero di te!” ma vederla divenire viola per
lo sforzo era sempre traumatico.
“SIGNORE AIUTAMIIIIIIIIIII” gridò alla fine dell’ennesimo round, rivolta al
soffitto.
“Il Signore ti sta già aiutando Kristen – le rispose subito l’ostetrica - ti sta
regalando la tua bambina, quale dono più grande? Su forza, che tra non molto la
potrai conoscere!” e con la testa appoggiata al bordo della vasca la mia Kiki
stancamente mi sorrise.
“Robert, venga che espletiamo le formalità burocratiche…”
“Dove? Io non lascio Kiki da sola!”
“Non andiamo lontano, ci mettiamo sul tavolo lì in fondo, 3 minuti non di più…”
Kris mi guardava terrorizzata. “Amore, vado a compilare quei moduli e torno
subito. Non farla nascere senza di me, però… aspettami!” e annuì, troppo tesa
per capire che era una battuta.
Mi avvicinai velocemente alla ginecologa.
“Allora, anche se so quasi tutto ovviamente, per legge mi deve dire nome della
madre, del padre e nome della bambina.”
“Kristen Jaymes Stewart, Robert Douglas Thomas Pattinson e… Joy Renesmee Kristen
Pattinson”
“La volete chiamare come la figlia cinematografica? Ma dai!” commentò la
dottoressa scrivendo.
“Sì, era carino… mentre l’aggiunta Kristen l’ho fatta ora io… penso che il mio
scricciolo se lo meriti… di mio ha già il cognome ed ho fatto ben poco… almeno
avrà anche il suo nome da portare in giro…” e perso a venerare la mia dolce metà
anche da lontano non mi accorsi che la dottoressa tentava di richiamare la mia
attenzione.
“Sì, mi dica?” quando finalmente mi girai.
“Niente, è che se vuole andare da Kristen magari riesce a vedere sua figlia
nascere in diretta…”
“Oh si! Grazie!” e tornai velocemente accanto alla vasca mentre l’ostetrica
annunciava: “BRAVA KRISTEN, SI VEDE LA TESTA, SI VEDE LA TESTA!”
Mi sentii mancare e mi appoggiai ad un carrellino per i medicinali: subito
l’infermiera mi fu accanto e mi sorresse. Che figura da imbecille!
“Grazie… ora sto bene…” e mi lasciò andare guardinga, non sicura che stessi
verticale.
Mi avvicinai alla vasca e vidi l’altra ostetrica che teneva qualcosa sulla
pancia di Kiki e quella che c’era stata fin dall’ingresso in vasca che
controllava tra le sue gambe.
“Co.. cos’è quello?” indicai verso la pancia di Kris all’infermiera accanto a
me.
“Monitoriamo il battito della bambina…”
Iniziai ad agitarmi: “E perché? Sta bene no?”
“Certo che sta bene, lo sente chiaro e forte…” ed effettivamente diedi una forma
al rumore che il mio cervello aveva percepito ma non compreso, prodotto dal
macchinario a cui era attaccata quella sonda che si immergeva nell’acqua:
quello è il cuore di mia figlia…
“E allora perché bisogna monitorarlo??” continuai non persuaso, camminando
lentamente verso la vasca, mentre le urla di Kris riempivano la stanza.
“Perché è il momento più delicato questo: è un grande sforzo per la mamma ma
pure per il neonato e quindi è doveroso controllare che proceda sempre tutto
bene. Mi creda, è tutto per salvaguardare la salute della sua compagna e della
vostra bambina…”
Me lo aveva detto così gentilmente che mi voltai a guardarla e la ringraziai
sentitamente.
“Si sente di tornare da lei?” e come svegliatomi da un dormiveglia, azzerai la
distanza tra noi e mi misi accanto alla vasca, cercando di non intralciare il
lavoro delle ostetriche.
“Rob… Rob… - ansimò stanchissima – lo senti… il suo… cuore?” e sorrise.
Non riuscii a trattenere le lacrime a vederla così contenta nonostante stesse
passando l’inferno ed annuii. Staccò una mano tremante dal bordo della vasca e
mi sfiorò una guancia: gliela presi fra le mie e gliela baciai, trattenendola
accanto alle mie labbra. Ma un lamento riprese vita dalla sua gola e mi strappò
la sua mano dalle mie, per aggrapparsi nuovamente al bordo.
“Forza Kristen che ho fame, non ho ancora fatto colazione, facciamo nascere sta
bimba e poi ci mangiamo 2 brioches…” le comunicò l’ostetrica chiaramente per
stemperare la tensione ma Kiki non era tanto del parere: “Fanculo la
colaziooooOOOONEEEEEEEEEEEEEEE”
“SÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍ SPINGI SPINGI DAI CHE CI SIAMO!”
“NON CE LA FACCIO PIÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚÚ”
“SÍ CHE CE LA FAIIIIIIII SPINGI SPINGIIIIIIIIII!!!!!”
Ero impotente, mi sentivo inutile e colpevole. Non facevo altro che guardarla
stare male ed era ritornata la paura che se n’era andata quando avevo potuto
aiutarla fisicamente ad affrontare meglio il dolore.
Con la testa appoggiata di nuovo al bordo mi guardò ansimante: “C… canta… per
me…”
Fui shockato di quella richiesta ma immediatamente lieto che mi desse qualcosa
in cui impegnarmi, per lei… Non dovetti nemmeno pensare a cosa cantare perché
immediatamente la scelta fu scontata.
“I'll be your man” e nonostante il tremore stesse tornando, cercò di
sorridermi.
I'll understand
I'll do my best
To take good care of you
Mi si incrinò la voce a dirle quelle parole… ed afferrai l’occasione delle sue
urla per fare una pausa, così che la mia voce potesse tornare normale e lei
potesse sentirmi.
“Lo so… che ti pre… nde… rai cura… di me…” boccheggiò cercando di calmarsi dopo
l’ennesima spinta. Le accarezzai la guancia e non resistetti a darle un bacio
veloce sulle labbra.
“You'll be my queen” “Ci man…chere…bbe altro!” e mi fece ridere.
“I'll be your king” “Lo sei… già…” e dietro gli occhi stanchi mi guardò
intensamente.
“And I'll be your lover too” le sussurrai invece che cantare ad alta
voce. Ricominciò a respirare più velocemente ma tolse le mani dal bordo della
vasca e me le posò sul viso, attirandomi verso di sé.
“GLI FARAI MALE, LASCIALO ANDAREEEE!!!! ROBERT SI SPOSTI!”
Ma non avevo assolutamente intenzione di spostarmi e l’assecondai, sentendo le
sue mani bagnate ed agitate sulle mie guance. Mi baciò tremando poi mi spinse
piano indietro e con un gesto controllato riportò le mani sul bordo, dove si
abbarbicò tenacemente. La fronte corrugata a gestire il male che si rifletteva
su tutto il viso, contratto quasi deformato.
“Spingi Kristen, daiiiii, non stai spingendo perché???”
L’ostetrica la guardò un momento e come si fissarono Kris lanciò un urlo
assordante divenendo quasi blu per lo sforzo.
“SÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍ BRAVISSIMAAAAAAAAAAA É USCITA LA TESTAAAAAAAA SPINGI TESORO
SPINGIIIIIII”
Mi accorsi che non respiravo più perché nel tentativo di inghiottire la saliva
iniziai a boccheggiare. L’infermiera mi fu vicino e mi fece sedere sul
pavimento.
“ROOOOOOOOOOB” urlò Kiki non avendomi più di fianco.
“Beva! BEVA!” mi urlò l’infermiera porgendomi un bicchiere, io trangugiai senza
chiedere cosa fosse e tornai carponi verso la vasca, dandomi dell’idiota in
qualsiasi lingua conoscessi.
“Sono qui amore, ci sono!” e la paura sparì dai suoi occhi.
“Forza Kris, alla prossima falla nascere sta bambina che non ne può più di stare
metà dentro e metà fuori!” le comunicò l’ostetrica che probabilmente stava già
sostenendo la testa di mia figlia sott’acqua, ma io non avevo coraggio di
guardare, continuavo a fissare Kiki, cercando di starle accanto come voleva che
facessi.
Ricominciò a tremare immediatamente e sbuffando come una pentola a pressione si
caricò come aveva fatto prima ma non si trattenne, l’urlo partì già forte per
diventare acuto e perforante mente il viso riprendeva il colorito blu di pochi
attimi prima.
“SÍ SÍ SÍ SPINGI SPINGIIIII SÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍÍ ECCOLAAAAAAAAAAAAAAA” ed accadde tutto
in mezzo secondo: dall’acqua emersero le mani dell’ostetrica che posarono sul
petto di Kiki un corpicino raggrinzito, tremante, rosso e bagnato.
“Tienila Kristen, non farla scivolare.” avvisò l’ostetrica
e vidi le mani di Kris andare tremanti ad appoggiarsi su quel corpicino.
Io non riuscivo a staccare gli occhi da quell’immagine. Quell’affarino che si
muoveva appena era veramente mia figlia. Ed io ero incantato. E già innamorato…
“Non la vuoi toccare?” capii che mi stava dicendo Kiki e solo in quel momento la
guardai: stava piangendo ma sorrideva.
La volevo toccare? Sì, ma avevo paura…
“Ma... non ho le mani pulite… non credo sia il caso Kiki…”
L’infermiera bussò sulla mia spalla e mi tendeva delle salviettine umidificate:
“Sono disinfettanti…”
La ringraziai e dopo essermi pulito le mani fu il momento di allungare la destra
verso la mia piccolina. Mi accorsi di essere in affanno, la mano divenne subito
sudata.
“Rob, calmati… non morde lei…”
Era già tranquilla, sembrava non avesse nemmeno passato le ultime… ma che ore
erano? Non sapevo più nulla, sapevo solo che di fronte a me c’era il mio
splendido scricciolo e una new entry: nostra figlia. NOSTRA figlia. Fatta
insieme…
Raggiunsi finalmente il suo braccino che era grande come il mio pollice e toccai
la sua pelle. Sorrisi come uno scemo a sentire che era calda e morbidissima.
“Joy… quello che ti sta toccando il braccio è tuo papà… dovrai aver pazienza con
lui, è già in iperventilazione…” e ridacchiò.
“Sai come l’ho chiamata?” le dissi continuando a fissare il mio dito che
accarezzava quella pelle rossa e delicata.
“Come?! Eravamo d’accordo sul nome! Rob che caz-“
“L’ho chiamata Joy Renesmee KRISTEN Pattinson…” e mi voltai a guardarla.
La sua mano che accarezzava la schiena di Joy si bloccò e i suoi occhi uscirono
quasi dalle orbite. Aprì bocca un paio di volte ma capii che aveva il nodo in
gola perché riprese sommessamente a piangere e tolse la mano destra dal faccino
di nostra figlia per venire ad accarezzare il mio.
“Allora questa signorina non piange ancora?” ci destò l’ostetrica dal nostro
momento intimo. Effettivamente non me ne ero reso conto, Joy non stava piangendo
e sapevo che era una cosa che dovevano fare.
“MA PERCHÉ NON PIANGE?” io e Kris chiedemmo all’unisono.
“Calma calma! Non piange perché è ancora attaccata al cordone ombelicale e
respira da lì… ora vediamo di farla piangere comunque almeno i polmoni si
libereranno e potremo procedere col taglio del cordone, col bagnetto, trucco
parrucco e via sul set.”
Solo in quel momento mi rilassai e risi di gusto alla battuta, pensando
specialmente al parrucco perché Joy aveva una fitta peluria bionda che sarebbe
stata alquanto difficile da acconciare.
Come mi voltai verso Kris per condividere la serenità di quel momento, la vidi
sorridere ma anche chiudere gli occhi. Il sonno tanto agognato reclamava
giustizia, ma voleva rimanere con la nostra bambina il più possibile.
“Kristen, Robert… cominciate a disturbarla, fatela arrabbiare…”
Ci guardammo con gli occhi fuori dalle orbite. “È inutile che facciate quella
faccia, bisogna farle funzionare i polmoni, pertanto dobbiamo farla piangere. Se
volete la prendo io ma visto che ce l’avete voi lì…”
“No, ok… ma come si fa?” chiese Kris che tentava di tenere gli occhi aperti ad
ogni costo.
“Fatele il solletico, tiratele le dita, le orecchie, vedete un po’ voi… ah,
volete una foto, la prima foto di voi 3 insieme?”
“Dio, devo essere uno schifo…” mormorò Kris toccandosi i capelli.
“Smettila… sei bellissima. Sì grazie.”
“Benissimo. Allora mi metto da questa parte che la signorina ha il musino girato
verso il suo papà…”
Sorrisi a quella frase e guardai la mia bambina dolcemente adagiata sul petto di
Kris. Allungai la mano ad allacciarla con quella di lei sulla schiena di Joy,
avvicinai la testa a quella di Kris e dissi all’ostetrica di scattare.
“Che belli che siete!!! Non a caso siete attori!” decretò mentre sventolava la
polaroid che doveva asciugarsi.
“Aspetti, ne faccia un’altra, per favore…”
“Certo, metto un attimo questa sul tavolo… ok, eccomi”
“Kris…” lei si voltò a guardarmi.
“Scatti mentre la bacio…” e l’otturatore scattò mentre la mia bocca era contro
la sua.
“Ti amo…” mormorai sulle sue labbra.
“Idem…” soffiò lei.
“BELLI BELLI BELLI! Proprio! Ora ragazzi, vedete di dare una svegliata a vostra
figlia perché dobbiamo fare ancora tante cose, Kristen non può stare in vasca
tutto il giorno, non è una piscina!” e ci fece ridere, quindi guardammo Joy
cercando di capire come farla arrabbiare.
“Certo che romperle le scatole che è al mondo da 10 minuti…” sospirò Kris ed io
ridacchiai perché effettivamente aveva ragione.
La vidi prendere delicatamente un ditino minuscolo, quasi invisibile di Joy e
tirarlo verso l’alto, sollevandole il braccino.
“Fai piano…” e la mia mano era a mezz’aria, pronta ad intervenire se il braccino
fosse caduto.
“Non è di porcellana tesoro…” bisbigliò e le riabbassò la mano lasciando che si
poggiasse sulle mie dita. Delicatamente le riappoggiai il braccino sul petto di
Kris e vidi le piccole dita muoversi. Aveva unghie lunghissime!
Kris le toccò un orecchio, poi glielo tirò piano. “Toccale il naso…” ed allungai
di nuovo la mano, vedendo che l’unghia del mio indice era grande quanto tutto il
suo minuscolo nasino.
“È perfetta Kiki…” mi sgorgò senza volere dalle labbra e come toccai il naso di
Joy un profondo respiro fece entrare aria dalle narici invisibili. Tempo un
tremolio delle manine alzate e…
“UÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈ UÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈÈ” e ci mettemmo
a ridere vedendola tutta agitata, il visetto tornare rosso per lo sforzo di
urlare.
“Oh! La signorina ci fa l’onore di sentire la sua voce!” commentò l’ostetrica
mentre rientrava anche la ginecologa che non avevo visto andare via.
“Kristen come ti senti?” si avvicinò la dottoressa.
“Bene grazie…”
“Adesso che Joy piange dobbiamo staccarla da te…”
“Già…” rispose con un velo di tristezza e solo in quel momento mi resi conto del
cordone ombelicale sott’acqua che si immergeva in profondità verso le gambe di
Kris.
Arrivò l’ostetrica: “Robert, vuole tagliare lei?” e mi presentò un paio di
forbici ricurve. Per poco non svenni.
“No guardi, non mi sembra il caso…” ridacchiò Kris sbadigliando e guardandomi,
più che altro controllando che non svenissi.
“Allora si giri così non vede.” ed obbedii immediatamente, poggiando la spalla
alla vasca e non vedendo l’ostetrica.
“Kristen adesso porteremo Joy sul tavolo per la prima visita, poi le facciamo il
bagnetto. Intanto l’altra ostetrica provvederà a rimuovere la placenta, tutto il
sacco insomma, così poi ti faremo uscire dall’acqua.”
“Co-come rimuovete tutta q-quella roba?” chiese Kris dando voce anche al mio
dubbio.
“Si preme sulla pancia per farla uscire…”
Guardai Kiki che faticava a tenere gli occhi aperti e pensai che le avrebbero
fatto ancora male. Ma non sarebbe mai finita?
“Ecco qui la signorina Pattinson!” e l’ostetrica sollevò piano Joy dal corpo di
Kris che incrociò le mani sul petto non avendo più nulla da stringere. Mi voltai
e vidi che si allontanava, le urla di Joy nuovamente limpide e squillanti.
“Kristen, dammi la mano…” e la dottoressa le agganciò un braccialetto al polso.
“Cos’è?” chiesi istantaneamente.
“Quello che certifica che lei è la mamma di Joy. Ora vado a mettere questo alla
vostra bambina” e ci mostrò per un secondo un cerchietto che sarebbe andato bene
per il mio mignolo. Tornò in pochi secondi riprendendo il discorso: “Joy ne
porta uno che reca il suo nome… i suoi nomi e cognome e nome della mamma. Stessa
cosa ma opposta per il bracciale di Kristen. Così quando i bimbi escono da qui
siamo sicuri che una mamma prenda sempre il suo neonato dalla nursery o quando
torna a casa.”
Feci il giro intorno alla vasca e controllai il bracciale.
<< K. J. STEWART – mamma di JOY RENESMEE KRISTEN PATTINSON >> lessi ad alta
voce. Faticai a deglutire. Nonostante gli occhi quasi chiusi di Kris, mi fiondai
a baciarla e lei senza forze non oppose resistenza.
“Grazie, grazie, grazie…” mormorai tra un bacio a stampo e l’altro.
“Robert, dovrebbe spostarsi gentilmente, devo…” mi avvisò l’altra ostetrica ed
io la interruppi: “Oh sì certo! Scusi!” e mi spostai dietro la vasca.
“Vai via se non vuoi vedere, non deve essere un bello spettacolo…”
“Non vado da nessuna parte, sono qui e non guardo.” ma un primo gemito dalle sue
labbra mi costrinse a girarmi: l’ostetrica con le mani immerse nell’acqua stava
premendo col gomito sulla pancia molto più piatta di prima di Kris.
“Dio, non c’è altro modo?” ringhiai.
“No mi spiace… a meno che non ritenga che si debba operarla dopo che è riuscita
a non fare un cesareo per far nascere la bambina…”
Aveva ragione l’ostetrica ma sentirla ancora soffrire mi mandava in bestia.
Cercai di impiegare quel tempo mandando un sms a Jules e uno a mia sorella
Lizzie. “Joy è nata. Sta bene e pure Kris.”
“Rob… cosa fai?” ansimò e mi voltai immediatamente: era ad occhi chiusi e la
fronte era di nuovo corrugata per il male. L’ostetrica si stava ancora accanendo
sulla sua pancia.
“Ho avvisato tua mamma e mia sorella. Per avvisare gli altri ci sarà tempo. Ah,
sono già le 11 passate...”
“Di già?” mormorò.
BIP-BIP… BIP-BIP
“Tua madre sta cercando di chiamarmi… posso rispondere al cellulare?” chiesi ad
alta voce.
“Se prende… non funzionano mai qui…” comunicò l’ostetrica dietro di me.
“Ciao Jules… sì, sono vicino a lei… sì grazie – sorrisi mentre mi faceva i
complimenti – non lo so, aspetta… QUANTO PESA JOY? – 2 KG e 700 grammi! – ecco
Jules, hai sentito? È piccolina sì… ah siete lì fuori? No guarda qui nemmeno
avevamo idea di che ore fossero… sì Kris è qui dietro di me, ancora nella vasca,
le stanno… oh no aspetta, hanno finito, devo salutarti, a tra poco!” e
riagganciai vedendo che l’ostetrica stava togliendo l’acqua.
“Kristen qui c’è il suo accappatoio, ora l’aiuto ad alzarsi-“
“Hey ferme voi! Kiki ti tremano le gambe dove credi di andare?” e fui lesto a
sollevarla dalla vasca e ad individuare una sedia dove andarmi a sedere con lei
in braccio. L’ostetrica ci rincorse e le diede l’accappatoio.
“Rob, ti prego, non mi guardare, tieni gli occhi chiusi…”
Le stavo prendendo la spugna dalle mani ma mi bloccai, anche se lei sembrava non
essere del parere di lasciarmelo prendere.
“Scusa… di cosa stai parlando?”
“Ti prego, lasciami mettere l’accappatoio senza guardarmi, ti dirò io quando
aprire gli occhi…”
“Se mi spieghi perché, lo farò, ma io ti auguro che non sia per il fatto che ti
è rimasto un filo di pancia perché giuro che ti apro la testa in 2 e cerco dov’è
l’ingranaggio rotto” si mise inevitabilmente a ridere abbassando lo sguardo
sulla spugna.
“Dio sei incredibile, io non vedo altro che l’amore della mia vita tra le
braccia e tu ti preoccupi per un filo di pancia che so già combatterai
strenuamente, tornando a essere secca come un chiodo, con poco da toccare,
ahimè…”
“Vorresti che fossi più rotonda?”
“Non dico che dovresti essere in un modo o nell’altro, ma dato che ho provato
entrambi i modi io so solo che se ti tocco ora sei morbida e… non rischio di
ferirmi con qualche tuo osso che sbuca a tradimento nei momenti più
inappropriati” e ridemmo entrambi, ben sapendo che mi riferivo al suo osso
iliaco che mi si era piantato nel ventre mentre eravamo a letto insieme qualche
anno prima.
“Ok… aiutami con l’accappatoio… vorrei farmi una doccia ma non so se riesco a
stare in piedi…” sussurrò con gli occhi chiusi mentre le infilavo le braccia
nelle maniche.
“Robert se non intende riempirsi di sangue i jeans, dovrebbe infilarle
l’accappatoio sotto al sedere…” avvisò la ginecologa tornando da noi.
“Cavolo Rob, scusami, non te l’ho detto!...” e provò a scendere dalle mie gambe.
“DOVE VAI? STAI FERMA!” e la sollevai così si fece passare la spugna sotto al
sedere e la riappoggiai sulle mie cosce.
“Dov’è Joy?” chiese Kris appoggiando la testa alla mia spalla, dormicchiando.
“La stanno vestendo…”
“E come sta?”
“Benissimo! Appena ti sarai ripresa un po’ dovrai attaccarla al seno.”
La sentii annuire contro il mio collo, ormai addormentata. “E quando potrò fare
l’amore con lui?”
Mi si mozzò il respiro in gola e la ginecologa ebbe la stessa reazione, salvo
poi mettersi a ridere. “Beh, diciamo che… visto che non hai lacerazioni né
punti, in teoria… in teoria, ripeto, anche subito potresti. Poi dipende da voi:
voglio dire, c’è il sangue che potrebbe infastidirvi e poi Kristen dipende
specialmente da te, di solito una donna che ha appena partorito non vuole
nemmeno vederlo in cartolina il marito o compagno che sia, per cui boh, devi
vedere tu! Ma sicuramente a livello fisico niente te lo impedisce, se volevi
sapere questo.”
“Grazie” biascicò allacciando le mani sotto al mio braccio, abbracciandomi
lateralmente.
“Ok credo che Kristen l’abbiamo ormai persa… Robert, se la vuole portare nella
camera, così magari se riesce a svegliarla le fa fare pure la doccia… prima
attacchiamo Joy al seno, prima si innesca la produzione di latte…”
Mi alzai come un automa perché con la mente ero ancora fermo alla domanda di
Kiki su quando avremmo potuto far l’amore… ammetto che vederla nuda nella vasca
non mi aveva lasciato indifferente, ovvio, ma avevo cercato di darmi un
contegno, pensando di me le peggio cose se non riuscivo a trattenermi nemmeno
quando il mio scricciolo stava partorendo. Vero che mi mancava far l’amore con
lei, era più di un mese che non potevamo farlo nel modo più classico e fremevo
dal poterla avere sotto di me, con le sue braccia attorno alla mia schiena, ma
santo cielo, aveva appena avuto la nostra bambina, il suo corpo era stato
massacrato dall’interno e dall’esterno, come potevo dar seguito a quello che
forse non era nemmeno un suo desiderio ma un sogno a cui aveva dato voce?
Svoltai nel corridoio per arrivare alla sua stanza e: “ROBBBBB”
La famiglia Stewart al completo mi corse incontro ed io con un gesto della mano
feci intendere di non urlare: Kiki era profondamente addormentata sulla mia
spalla.
“Rob, che ha la mia bambina?” irruppe Jules scrutandola con gli occhi.
“Niente, è solo sfinita… non dormiva da ieri mattina, stanotte purtroppo l’ha
passata in bianco…”
“Povera la mia piccola…” e si portò una mano sul viso.
“Ma mia nipote dov’è?” intervenne Taylor sfregandosi le mani.
“Lasciatemi mettere a letto Kris che merita di riposare, poi vado a prendere
Joy…”
Come la coprii col lenzuolo mi trattenne per la maglia: “Non andartene…”
“Amore! Pensavo dormissi... ci sono i tuoi qui fuori, anche i tuoi fratelli,
volevano vedere Joy…”
Sospirò senza aprire gli occhi e senza lasciare la mia maglia.
“Kiki, li porto da Joy poi torno da te, promesso. Dirò loro di tornare stasera,
almeno avrai il tempo di riprenderti…” lasciò con riluttanza la mia maglia, la
baciai sulla guancia ed uscii a malincuore: anche a me serviva di riposare ed
avrei voluto stendermi accanto a lei.
Seguito dal clan Stewart ripercorsi il corridoio ed ecco la dottoressa che mi
veniva incontro con un fagottino vestito di rosa fra le braccia. Tutti mi si
fecero intorno, senza fiatare.
“Allora Robert, vogliamo prenderla in braccio o non se la sente ancora?” mi
pungolò la ginecologa.
Deglutii ed annuii, incapace di parlare: ero terrorizzato dalla paura di farla
cadere.
Le avevano messo una tutina di cotone rosa con un bavaglino bianco, aveva i
piedini liberi ed era meravigliosa.
“Mi raccomando, le sorregga la testa.” e capii che quelli dietro di me
trattenevano il respiro. Cominciai a sentire il suo peso tra le braccia mentre
me la passava e quando me l’appoggiai al petto guardandola sonnecchiare non
riuscii a trattenere una lacrima.
“G-grazie dottoressa…”
“Si figuri! Per oggi la terremo nella nursery perché Kristen è stremata, ma se
vuole domani potrà tenerla in camera con lei, nella culla… stasera fate sapere
alla mia collega come pensate di fare.”
La ringraziai e si congedò, così mi girai verso i famigliari della mia Kris.
“Ecco il mio splendore…” mormorai sollevando di poco le braccia.
Tra un coro di mugolii spiccò il commento di Taylor: “Accidenti Rob, mi hai
fatto una nipote che è identica a te?!”
Rimasi sorpreso e poi ridacchiai, cercando somiglianze che non vedevo, a me
pareva che fosse bellissima, segno che non poteva essere identica a me. Checché
ne dicessero le fans, il mio naso era qualcosa di osceno e sperai che la mia
piccolina non lo avesse ereditato. Ma proprio mentre facevo queste congetture,
agitò un po’ le manine e si svegliò, aprendo gli occhi, per la prima volta per
quanto ne sapevo. Mi fissò ed io rimasi incantato a guardarla, riuscendo a
sorriderle mentre me l’avvicinavo al viso. Probabilmente non mi vedeva, i suoi
occhi blu dovevano ancora svilupparsi completamente – questo lo avevo letto su
qualche rivista – ma non resistetti dal sussurrarle: “Ciao Joy… io sono il tuo
papà…”
Una scarica di brividi percorse la mia schiena a sentirmi dire quella frase,
mentre qualcuno sommessamente piangeva. Non me ne occupai, ero concentrato sulla
mia bimba. Mi avvicinai lentamente e le baciai il nasino, poi la guancia, poi mi
ricordai che era dal giorno prima che non mi facevo la barba, quindi mi scostai
a malincuore dal suo visino per evitare di irritarle la pelle. Mi guardava
attenta, sembrava mi vedesse davvero!
“Che ne dici se andiamo dalla tua mamma così te la presento?”
Sì, ero idiota, come ogni papà già innamorato della sua bambina.
Mi sentii mettere una mano sulla spalla, una pacca di ‘benfatto’ e sollevando
gli occhi vidi che era John. Non lo avevo sentito dire niente, ma aveva gli
occhi lucidi e tanto bastava.
Tornai a guardare Joy che era tutta concentrata a sbadigliare come un mini
ippopotamo e non potei non ridere a vedere l’interno della sua boccuccia
completamente sdentato.
“Gente, io devo portare Joy da Kris e devo tentare di svegliarla, poi vuole fare
la doccia… spero di non sembrarvi scortese nel chiedervi di tornare nel tardo
pomeriggio, così almeno lei riuscirà a riposare e riprendersi un po’…”
Vidi Jules intristirsi ma sollevò lo sguardo restituendomi un sorriso. “Hai
ragione… abbiamo visto tutti che Kiki era sfinita… io torno sicuramente nel
pomeriggio, anzi, mandami un sms quando si sveglia…”
Li salutai e stavano per avviarsi ma Cameron rimase indietro: “Posso
accarezzarla?”
“Certo!” e con cautela le toccò un piedino.
“Caspita ha il mignolo del piede che è microscopico! E l’unghia nemmeno si
vede!!!” commentò shockato.
“Sì – convenni ridacchiando – tua sorella ha fatto una bimba in miniatura!” ma
Joy non apprezzò il solletico al piede e prese ad agitarsi.
“Oddio, che le ho fatto?”
“Nulla, forse vuole solo essere lasciata in pace… dai, la porto da Kris…”
“Sì, salutamela. A stasera!” e raggiunse gli altri che si erano avviati.
Mi voltai nuovamente verso il mio miracolo che aveva chiuso gli occhi e per
evitare che si addormentasse lei come sua mamma, mi affrettai a portarla in
camera. Chiusi la porta perché non volevo scocciatori in quel momento, dovevamo
essere solo noi 3 e guardai Kiki addormentata sul fianco, esattamente come
l’avevo lasciata.
Improvvisamente Joy si mise a piangere e Kris si svegliò di colpo. “DOV’È?”
gridò subito, poi mi vide e si rilassò un pochino.
“Hey…” la salutai andandole vicino.
“Hey… cos’ha?” e la scrutò dopo essersi messa a sedere con il cuscino dietro la
schiena.
“Non ne sono sicuro, ma secondo me ha fame…” buttai lì, senza sapere veramente
se potesse essere la verità.
Kris si mise un dito in bocca come a pulirselo, poi lo avvicinò alla bocca di
Joy che immediatamente lo afferrò.
“Sì! Decisamente! Questa signorina ha fame! Sta tirando come una dannata!” e
ridemmo entrambi mentre lei si riprendeva il dito facendo piangere Joy ancora
più forte.
“Forse dovresti provare…” cominciai senza terminare la frase perché vidi che si
stava posizionando con la schiena eretta e si scostava il bavero
dell’accappatoio.
“Chissà se ho già qualcosa da darle da mangiare…” mormorò tendendomi le braccia.
Le passai Joy che si attaccò subito, posando una manina sul seno di Kris. Per un
momento desiderai con tutto me stesso di essere al posto di mia figlia.
“La invidio…” mi sfuggì ed immediatamente mi tappai la bocca, alzandomi dal
letto e dandole le spalle.
“Hey… HEY! Rob! – mi voltai – che c’è?”
“Scusa, mi è sfuggito, non volevo dirlo…”
“Ma sei suonato? Che male ci sarebbe se l’hai detto? Meglio ancora, che male c’è
se lo pensi??”
Tornai accanto al letto premendomi i pugni in fronte e sbadigliando, la
stanchezza si faceva sentire.
“Kiki non è da malati invidiare la propria figlia perché sta attaccata al seno
della madre?”
“Solo se lo fai perché vuoi il latte anche tu…”
Ponderai la sua frase e mordendomi l’interno della guancia: “Naa, il latte non
mi interessa…”
“Allora direi che la mia risposta è Wow, è ancora attratto da me! per cui
non c’è niente di malato.” e sorrise.
“Scusami, donna assurda, perché non dovrei? Mi venivano strani pensieri anche
mentre eri in vasca!... per fortuna riuscivo ad ignorarli …”
Mi guardò un po’ di sbieco poi scoppiò sonoramente a ridere, spaventando Joy che
agitò la manina fremendo tutta e staccandosi piangendo forte.
“Taci tu, lupacchiotta…” e l’aiutò a riattaccarsi, ottenendo subito il suo
silenzio.
“Tesoro, tutto ma non lupacchiotta, scusa…- ridemmo – se proprio vuoi, chiamala
vampirella…”
“Caro signor Pattinson – e sbadigliò – non cambiare discorso…io ora mi sento uno
schifo, ho i capelli appiccicosi, puzzo che faccio ribrezzo-“
“MA COSA DICI? NON È VERO!”
“Magari non è vero, ma io mi sento che devo lavarmi… comunque dicevo, lasciami
fare una doccia e poi, prima che comincino ad arrivare persone a rompere le
scatole, tu ed io ci corichiamo su questo letto e vediamo se sappiamo ancora
come si impiega il tempo…” e mi schiacciò l’occhio maliziosa.
“Non ti sto dicendo che devi per forza assecondare il mio desiderio, so che la
vista del sangue ti infastidisce, ma la voglia di tenerti abbracciato senza
paura che tu possa schiacciarmi la pancia adesso è veramente pressante, mi manca
sentire il tuo peso addosso… possiamo anche solamente dormire così, se ci
riusciamo, tanto sei stanco anche tu…”
Stavo per aprir bocca ma lei proseguì: “So cos’ha detto la dottoressa, non
dovrei volerti, ma forse non ti ha visto bene… è impossibile guardarti e non
volerti… è impossibile…” e scosse la testa, guardando Joy che ciucciava.
“Mi fai parlare?” sollevò il capo e imbarazzata annuì.
“Adesso finisci di dar da mangiare a Joy, poi ti infili nella doccia: quando
abbiamo capito che puoi farcela ti lavi mentre io porto indietro questa
signorina. Ci facciamo portare qualcosa da mangiare e poi chiudiamo la porta a
chiave… cominciamo col metterci nel letto poi qualcosa combineremo…”
“Sì, ti ripeto, a me serve di tenerti abbracciato soprattutto, quello penso che
potrai farlo no?”
“Quando ho detto ‘qualcosa combineremo’ intendevo qualcosa che di solito fa
gemere le molle del letto…” sussurrai scoprendole con un dito l’altro seno e
sentendola fremere.
“Non vedo l’ora…” rantolò guardandomi, io che fissavo le sue labbra.
Si rese conto che Joy si era staccata e dormiva quindi delicatamente la sollevò.
“Vuoi farle fare il ruttino?”
“Io?” chiesi immediatamente ansioso. “Ma non so come fare…”
“Prendi quel tovagliolo e mettitelo sulla spalla… sì così… ora la prendi, le
tieni la testa e con l’altra mano le dai colpetti molto lievi sulla schiena: se
deve rigurgitare qualcosa lo farà sul tovagliolo…”
Mi ero messo Joy col faccino sulla spalla e le davo colpetti così deboli che non
sapevo se fossero efficaci ma era talmente piccola che non avevo cuore a
darglieli più forte.
“Provo ad alzarmi… devo anche vedere se il ginocchio mi regge…”
Mi ero totalmente dimenticato del suo ginocchio offeso ma come scostò
l’accappatoio che ancora indossava lo vidi meglio, non era più gonfio ma solo
tutto viola.
“Devi farti vedere dal primo medico che passa…”
“Sì sì ma ci vuole solo un po’ di pomata, riesco a muoverlo… ok 3, 2, 1…” e si
mise in piedi giù dal letto. Ebbe subito una vertigine e si appoggiò. Le tesi la
mano che afferrò mentre tenevo solo con la sinistra Joy.
“Tieni lei, ne ha più bisogno…”
“Non ti preoccupare, è saldamente sulla mia spalla… tu piuttosto non sei salda
per niente…”
“Ahia…” mormorò bloccandosi.
“Che succede??” mi allarmai.
“Mi cola il sangue sulla gamba… devo andare in bagno… mi sa che non riuscirai a
combinare niente con me a letto, ti farà troppo schifo…” e tenendosi al letto si
spostò verso la pediera per entrare nel bagno. La seguii a ruota, continuando a
picchiettare sulla schiena di Joy e finalmente una volta in bagno la sentii fare
un ruttino sulla mia spalla.
“L’ha fatto! Kiki, ha fatto un ruttino!” esclamai come se mi avesse già chiamato
per nome.
“Bravo... fallo ancora 3 o 4 volte poi la puoi portare nella nursery… e chiamare
qualcuno che ci porti del cibo perché muoio di fame!” e rise svestendosi. Si
voltò tenendosi al muro per entrare nella doccia, poi cambiò idea e mi venne
vicino: “Girala ora, tienila normalmente… la porti nella nursery ora?”
“Sì…” rantolai cercando di concentrarmi sulle manine di Joy.
“Rob… problemi?” chiese accarezzando una manina mentre vi posava teneri baci.
“Ehm… no.”
“Rob, che succede insomma?”
“Kiki sei nuda davanti a me… un’altra volta… scusa se non riesco a far finta di
non essere eccitato…”
“Oh!... temo quindi che non sia carino fare gli zozzi con in braccio nostra
figlia…” ammise già scuotendo la testa, io che la imitavo.
“Direi proprio di no… io vado a riportarla nella nursery e recupero del cibo, tu
lavati senza cadere…”
Baciò 3 volte Joy e 3 volte me, poi decisi che era veramente il caso di uscire
da quel bagno, o i miei propositi di non toccarla sarebbero fluiti nel tubo di
scarico insieme all’acqua che scendeva nel box doccia.
“Tua mamma è un diavolo tentatore… tu signorina bada bene di non diventare come
lei, altrimenti mi toccherà chiuderti in casa fino a 20 anni!” le stavo già
facendo una ramanzina che era nata da nemmeno due ore… poveretta…
Ci misi un po’ a trovare la nursery e quando entrai un’infermiera per poco non
mi svenne davanti.
“Oddio, scusami… avevo visto la culla col nome Pattinson, ma non ci potevo
credere che fossi davvero tu! Così Kristen ha partorito qui!”
“Sì!” e le mostrai Joy.
“Che spettacolo questa bimba, ti somiglia tanto…” un’altra… vabeh, mi faceva
piacere ma ero sempre preoccupato per il naso…
“L’ha fatta mangiare?”
“Sì… era la prima volta che l’attaccava al seno… non so se abbia mangiato
qualcosa, fatto sta che poi s’è appisolata…”
“Se me la vuoi dare la pesiamo e vediamo se ha mangiato…”
Gliela passai a malincuore dopo averle dato un bacio in fronte e la vidi agitata
sulla bilancia.
“Ha mangiato 15 grammi questa bambolina…”
“È poco? È tanto?” chiesi apprensivo.
“Va bene! È nata da poche ore…” e ne sorrisi, contento. “Volevi portarla in
stanza con Kristen o preferisci lasciarla qui?”
Fui combattuto ma sapevo che Kris aveva bisogno di me, di sentirsi di nuovo
donna e non solo mamma, pertanto restai alla decisione della ginecologa. “Kris
non ha dormito tutta notte… deve riposarsi…”
Lei annuì comprensiva e portò Joy verso la culla.
“Aspetta!” e si fermò prima di entrare nella saletta dove c’erano tante culle
vicine.
“Volevo salutarla…” e le feci solletico ad un piedino, che mi allontanò subito.
Le baciai una manina: “Hey Joy, ci rivediamo tra qualche ora…fai tanti bei sogni
angioletto mio…”
Sentii l’infermiera sospirare ed alzai gli occhi: “Ehm… scusa… - era bordeaux –
non avrei mai pensato di poterti incontrare, sono una tua fan fin dai tempi di
Harry Potter…”
Mi schiarii la voce sollevandomi da mia figlia: “G-grazie… senti io e Kris non
abbiamo mangiato niente ma penso che il pranzo sia già passato… qui fuori c’è
qualche pizzeria…?”
“Sì! Ce n’è proprio una a 20 metri dal nostro cancello, uscendo a destra.”
“Oh, molto bene! Grazie 1000! Fra quanto porterete Joy da Kris?”
“Kristen deve riposare, hai detto, e visto che il latte non ce l’ha ancora, per
saziare la piccola intendo, allora daremo a Joy il biberon quando si sveglia e
la porteremo da Kris nel tardo pomeriggio, credo…”
“Perfetto… ti ringrazio tanto. Joy, fa la brava! E tu tratta bene la mia
bimba...”
“Ci mancherebbe altro!” ma le sorrisi immediatamente per mostrarle che era una
battuta e lei si appoggiò al tavolo, pertanto mi resi conto che se non volevo
che facesse cadere mia figlia, era meglio se uscivo. La salutai e di buon passo
arrivai in pizzeria. Per fare prima possibile mi feci scaldare alcuni tranci e
presi un paio di bottigliette d’acqua, fremendo, battendo il piede a terra
irrequieto per la voglia di tornare da Kris. Già mi immaginavo di potermela
stringere come non accadeva da tanti mesi ed il mio corpo reagì immediatamente.
Certo non era affatto spiacevole far l’amore con lei guardandole la schiena ma
mi mancava sentire le sue braccia attorno al corpo, le unghie conficcate nella
mia carne e le gambe che si strusciavano sui miei fianchi…
Giunsi ad un metro dalla porta chiusa della sua stanza ed un dubbio gigantesco
appannò i miei pensieri: Ma può già rimanere incinta???
Andai nel panico fissando intensamente la scatola della pizza da cui irriverente
e menefreghista saliva un profumino appetitoso, ignaro e incurante del dilemma
che si era scatenato nella mia testa.
Ponderai un po’ di possibilità: avrei potuto trovare dei preservativi in
clinica? Una smorfia piegò le mie labbra: specialmente nel reparto maternità
distribuivano profilattici come fioccasse… erano quasi le 13, avrei trovato una
farmacia aperta? Ma avrei dovuto pensarci prima, la pizza si sarebbe freddata
nel frattempo… tirarmi indietro? Non sapevo nemmeno se ne ero più in grado!...
erano 9 mesi che lei era incinta, i 3 mesi precedenti erano trascorsi a provare
di avere un bambino e prima ancora usava il cerotto anticoncezionale… come si
faceva a tirarsi indietro in un momento così bello e coinvolgente?!
Un attimo, un attimo! Lei aveva appena partorito! Quante cellule-uovo
poteva avere dentro di sé?! Ok, non ne ero sicuro, andavo solo a logica, ma in
quel momento a raffica mi passarono nella testa immagini di lei con la pancia,
lei nella vasca, Joy sulla sua pancia appena nata e gli occhi di mia figlia che
mi aveva guardato.
L’idea che potesse rimanere incinta immediatamente non mi apparve così
terribile, ovviamente a me, lei forse era di altro parere, ma avrei lasciato a
lei la scelta, io di sicuro avrei fatto altri 10 bambini con lei…
Consapevole di quel dato di fatto, un sorriso nacque sulle mie labbra e aprendo
quella porta, vederla ricambiare il mio sorriso, seppi con certezza che le avrei
dato tutto ciò che avrebbe voluto, in primis il mio amore eterno.