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Autore: So_So_    13/02/2011    1 recensioni
La mia vita.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era cominciato tutto per scherzo...un inutile ed infantile scherzo, troppo infantile credo! Avevano dato a lui il mio numero per gioco e lui, ignaro di tutto, mi aveva scritto. Io, davanti a tutti fingendo l'opposto, cominciavo invece ad interessarmi a quella persona che in realtà quasi non conoscevo, per due principali motivi: il primo era perchè non sono per niente una persona infantile e, anche se mi lascio trascinare da certe cavolate, percepisco tutto in modo diverso. Al contrario delle mie amiche il mio intento non era assolutamente quello di ferirlo o giocarci, ma anche se inconsciamente (e non l'avrei mai ammesso a me stessa in quel momento), ero attratta da quel ragazzo che a malapena sapevo chi era. Il secondo motivo è molto semplice: amo le cose complicate e lui era davvero un ginepraio; non sapevo venirne a capo e tuttora mi è difficile. Il suo carattere particolare, i suoi modi di fare, tutto di lui mi affascinava, ma questo lo tenevo ben nascosto, talmente nascosto che nemmeno io riuscivo a vederlo.

Quel pomeriggio ero appena uscita da scuola, ero tranquillamente seduta in autobus, quando mi è arrivato il suo primo messaggio. A lui ho mentito: sapevo benissimo chi era, sapevo benissimo che le mie compagne gli avevano dato il mio numero di nascosto, ma la cosa, invece di infastidirmi come fingevo che facesse, mi piaceva! Un semplice "Ciao!" ha dato il via ad una storia complicata. Da allora abbiamo cominciato a sentirci tutti i giorni ed io per lo più nascondevo tutto agli altri e negavo a me stessa che lui stesse cominciando ad interessarmi per la paura dei commenti altrui, delle critiche di cui avrei dovuto fregarmi altamente. Ovviamente per credere a me stessa su tutte le cazzate di cui mi riempivo la testa, dovevo anche limitare ogni mia azione, evitare di fare tutto quello che avrei voluto fare che potesse in qualche modo tradire ciò che realmente pensavo. Non lasciavo trasparire un minimo di dolcezza, di interesse e questo, lo so, lo faceva essere insicuro; come biasimarlo? Eppure non riuscivo a fare altrimenti, avevo una paura terribile di cui non riuscivo a liberarmi, di cui avrei voluto liberarmi, davvero!

Un giorno, però, abbiamo cominciato a litigare per delle cavolate, discutevamo per qualsiasi cosa e per di più, a causa forse della mia freddezza ed apparente indifferenza, lui si è stancato di cercarmi e non si è più fatto vivo per un certo periodo di tempo. Certo, mai anima viva lo ha saputo, ma a me ha fatto male, tanto male, ma non potevo ovviamente pretendere che lui leggesse i miei pensieri e capisse da solo tutto quello che facevo o i motivi per cui non concedevo un minimo di dolcezza. Il suo distacco l'ho percepito come un rifiuto, come se in quel periodo non avesse assolutamente bisogno di me, cosa che è molto probabile, e che stesse aspettando il momento giusto per usarmi di nuovo a suo piacere, tuttavia io non ho un minimo di autoconservazione, perciò aspettavo tranquillamente quel momento. Non mi mancava nemmeno così tanto all'inizio, poi, però, è bastata la parola di una mia amica che l'ha tirato in ballo in un nostro discorso e da allora il ricordo è riaffiorato, fortissimo. Se stavo da sola cinque minuti senza avere niente da fare, il pensiero vagava verso di lui, verso tutto quello che volevo e non volevo fare. Era un tormento.

Poi si è rifatto vivo, senza un motivo apparente, ed io ho deciso di sorvolare apertamente sul perchè mi avesse cercata di nuovo, per paura che appunto un motivo proprio non ci fosse. La paura di non valere niente per lui mi assaliva, ma come potevo pensare di valere per una persona che mi giuravo per me non fosse niente? Ma non era assolutamente così, magari lo fosse stato: avrei risparmiato un bel po' di sofferenze ad altre persone! Ho accettato facilmente che lui mi avesse scritto di nuovo ed è cominciato tutto daccapo, come se niente fosse mai successo. Questa volta sembrava tutto più "serio" per lui, ma io non ero ancora pronta a fargli capire niente. Dopo poco abbiamo deciso che era ora di vedersi di persona invece di nascondersi dietro ad un cellulare e durante un intervallo, a scuola, siamo scesi per vederci. Timida io, timido lui, è stato davvero imbarazzante, ma proprio per questo molto coccolo! Quasi non abbiamo spiaccicato parola.

"Scendevo le scale un po' terrorizzata: non sono abituata a vedermi con i ragazzi in questo modo, specialmente se teoricamente non dovrebbe importarmi niente di loro come dicevo agli altri su Ale. Lui era già davanti alla scuola che mi aspettava ed io, come nascondiglio/protezione/distrazione, usavo il cellulare anche se in realtà non avevo niente da guardarci. Lui si era avvicinato un po' per darmi due baci sulle guance e per dirigersi in un posto un po' meno esposto al pubblico. Dopo due o tre parole, non di più, lui mi ha abbracciata, in un abbraccio un po' imbarazzato, come eravamo entrambi."

Solo più tardi mi sono resa conto di quanto poco espansiva ero stata, per timidezza, e di come aveva potuto interpretare lui la cosa. Nonostante tutto il lavoro che avrei dovuto fare dopo per cancellarmi dalla mente tutti i pensieri che non DOVEVO fare, mi concessi un minuto, un minuto soltanto, per ammettere a me stessa che mi era piaciuto. Mi era piaciuto vederlo, mi era piaciuto quell'abbraccio. Per giorni, poi, ho lavorato per fare finta di niente e tornare all'apparente normalità. La volta successiva in cui ci siamo trovati, c'è stato qualcosa di più: un bacino, un innocente piccolo bacino, mentre lui, come al solito, si aspettava di più. Al contrario delle altre, questa volta non ero per niente d'accordo con lui: l'attesa mi era piaciuta, e anche la tranquillità. Quel piccolo bacio spontaneo, dolce, semplicissimo, senza nessuna premeditazione, mi era piaciuto tantissimo, ed è stato il ricordo più piacevole di lui, anche più di tutti quelli successivi.

Abbiamo continuato a vederci per un po', c'è stato il primo vero bacio, ci sentivamo tutti i giorni, diciamo che le cose stavano cominciando ad ingrandirsi. Io, però, non ero stata dietro agli sviluppi, anche se li avevo vissuti, e la realtà mi si è schiantata addosso prendendomi in pieno petto. Lui voleva di più, ma io? Io volevo, si, probabilmente volevo, ma non riuscivo: non riuscivo a superare i miei compagni, le critiche, nemmeno la mia paura di una cosa seria. Per tutto il tempo del nostro "non rapporto" dentro di me si sono rimescolati più sentimenti che in tutta la mia vita messa assieme, credo, ma lui di tutto questo non era al corrente, lui vedeva solo quello che gli mostravo.

Abbiamo nuovamente chiuso brutalmente tutto quello che c'era, se c'era qualcosa (da parte sua non lo posso sapere) e ho provato a ricominciare a vivere la mia vita normalmente. Ciò, però, non era possibile ovviamente, perchè le cose per me non sono mai facili...neanche a sperarci (e comunque per sperare bisognerebbe avere un pero, come direbbe il mio prof di storia dell'arte).

Lo pensavo, o meglio, lo cercavo. Avevo una smania di farmi vedere felice da lui che nemmeno avete idea. Sono stata stronza in quel periodo: volevo rimpiagesse tutto quello che mi aveva fatto...ma alla fine, cosa mi aveva fatto? Niente, era quello il punto: ero arrabbiata con lui perchè non ero riuscita a superare gli altri e a prendermi quello che volevo, perchè lui non era riuscito a farmi superare il resto, ma non era colpa sua. Nemmeno un po'. Certo, il fatto che fosse lunatico e permaloso non mi aiutava, però non aveva mai fatto niente di male, a parte irritarmi di tanto in tanto.

Ero appena scesa dalla macchina con le mie amiche, pronta a passare una serata perfetta, divertente, diversa dalle altre: FESTA STUDENTESCA!

-Ehi, guarda, c'è Alessandro!

La mia amica mi aveva appena dato di gomito, per poi mettersi a ridere, come facevano ogni volta che lo vedevano. Mi sforzai di fare un sorriso, poco interessata, ma dentro lo stomaco mi si era attorcigliato e decisi di fargliela pagare: era colpa sua se non potevo passare la serata in pace, senza che ogni pensiero, bello o brutto che fosse, si rivolgesse a lui. Per questo motivo ero arrabbiata, arrabbiata di doverci sempre pensare. Quella sera avrei fatto la stronza, oh si, l'avrei fatto!

Per tutta la sera le mie amiche fecero apposta a capitare sempre vicine a lui mentre ballavamo, perchè volevano farsi vedere, a me questa cosa semplificava tutto: gli lanciai occhiate trapassanti per tutto il tempo, che se ne sia accorto o meno non ha importanza: servì a farmi sfogare; se lui provava ad attirare la mia attenzione, volgevo la testa dall'altra parte, o lo guardavo con occhi strafottenti. Per tutta la sera feci la stronza a livelli impressionanti.

Ad un certo punto della serata mi arrivò un messaggio suo: "Puoi salutare eh". Certo, potevo, ma non ne avevo nessuna intenzione. Abbiamo litigato per messaggio durante tutta la serata: io gli rinfacciavo tutto quello di cui potevo accusarlo, di raccontare balle ad esempio (perchè lui non è che sia proprio un santo, le ha fatte anche lui le sue per farmi arrabbiare), e lui mi rinfacciava tutto il resto. Mentre ballavo, litigavo con lui e fingevo con le mie amiche, pensavo...pensavo freneticamente al perchè lui mi attraesse, pur non essendo il mio tipo fisicamente, pur avendo un carattere impossibile che cozzava con il mio di continuo. Alla fine arrivai ad una conclusione, eggià, trovai la conclusione: avevo voglia di lui. La tentazione di avvicinarmi e fregarmene degli altri era fortissima, ma non abbastanza da sopprimere la mia timidezza.

Andammo tutte in bagno per fare una pausa dalla musica altissima e dalle luci della festa, e trovammo un luogo fresco e quasi silenzioso in cui riuscii a pensare appena più lucidamente. Mentre aspettavo le altre assieme ad una mia compagna, lei mi vide pensierosa, strana.

-Ehi, che hai?

Scossi la testa: non volevo sapesse.

-Alessandro?

Mi arresi ed annuii mestamente per poi lasciarmelo scappare:

-Voglio baciarlo!

-E allora fallo!

Ci rimasi di stucco. Lei era la prima che criticava, da lei proprio non me lo aspettavo. Non aggiunsi altro, però quella sera non lo baciai, non l'ho più baciato.

Quella notte ci siamo scritti di continuo, le cose sono cambiate di minuto in minuto, si sono evolute: abbiamo chiarito, abbiamo chiacchierato, fino a far venire fuori più cose di quelle che non fossero mai uscite dal cellulare di nessuno dei due. Forse troppe. Alle tre e mezza, completamente distrutta ed incapace di formulare il più piccolo pensiero, l'ho salutato con la risposta al suo messaggio che diceva "vorrei stare con te". Gli ho risposto che ero distrutta, che avevo bisogno di un po' di tempo per pensare.

Qualche giorno dopo, avendo pensato parecchio, gli ho scritto tutto quello che credevo, tutti i motivi per cui era meglio che noi chiudessimo qualsiasi cosa ci fosse tra noi definitivamente: era un bel messaggio, vero, sincero. Due caratteri come i nostri si sarebbero solo fatti male (anche se ora non sono più così sicura di questo, perchè ero io a fare male a tutti e due principalmente, che poi anche lui ci abbia messo del suo è un'altra storia), io non sapevo cosa volevo, o se mai sarei riuscita a fregarmene degli altri, e lui era d'accordo con me. Questa volta fu una chiusura dolce, non violenta, senza litigi o incomprensione.

Non ricordo più come, poco tempo dopo, ci siamo risentiti sempre in qualità di amici (e solo ora mi rendo conto che tra noi l'amicizia è l'unica cosa inesistente), per chiacchierare un po' innocentemente. I nostri discorsi, come sempre, sono degenerati dal "come stai?" al "ho voglia di vederti", per finire in bellezza su argomenti più...scottanti? Si, scottanti.

Per un po' abbiamo continuato a sentirci così, essendo amici formalmente, ma sapendo bene che di amicizia ce n'era ben poca.

Un giorno, tuttavia, siamo arrivati al culmine: abbiamo discusso fino a litigare su di una cosa che da "amici" che eravamo, non sarebbe nemmeno dovuta saltare fuori!

Non ne faccio parola perchè è a dir poco imbarazzante. Ok, lo conoscevo, non dovevo dargli corda, su questo chi può dargli torto? Ma nessuno di noi due avrebbe mai dovuto fare quel discorso in una situazione del genere. Sono cose che succedono, se succedono succedono, se non succedono non succedono. Quali, come, quando e dove non si decidono a tavolino. Squallido. Errore di entrambi. Un secondo dopo quel litigio mi sono resa conto dell'enorme cavolata avevo fatto. Da arrivare al punto di litigare per una cosa del genere.

Da quel momento ho finalmente capito che qualsiasi tipo di chiusura tra noi era inutile, andava sempre tutto a puttane, certo, ma anche il proposito di rimanere amici, quello di essere arrabbiati, di litigare, di avere o non avere un rapporto di qualunque tipo andava a puttane. Tra noi non poteva esserci qualcosa, ma non poteva nemmeno non esserci niente!

In quel preciso istante, trenta secondi dopo quella litigata, ho dovuto fare la stronzata più grande di tutta la mia vita. Farlo stare malissimo per chiudere. Chiudere qualcosa che ci stava logorando. Non sono tutt'ora sicura di aver fatto la cosa giusta, anzi, probabilmente ho perso tutto per sempre grazie a questa cazzata. Ma se io sono masochista e volevo continuare a farmi male, non vuol dire che la stessa cosa era giusta per lui.

L'unico modo per allontanarlo definitivamente, era farlo arrabbiare, distruggere il suo orgoglio e calpestarne i resti, farlo stare malissimo per un po', in modo tale che la rabbia verso di me fosse tale da dimenticarsi di tutto, che mi odiasse tanto da non volermi vedere mai più.

Così è stato.

Gli ho sbattuto in faccia che lui non mi piaceva abbastanza e che una mia amica il giorno dopo mi avrebbe presentato un ragazzo per cui ero persa.

Percentuale di verità in questa frase? 0%.

Nessuno mi ha presentato nessun ragazzo, però è servito allo scopo. Dopo essermi fatta dire di tutto da lui, si è così arrabbiato che non mi parla più, naturalmente.

Conclusione? Lui non ha perso niente, io ho perso lui! 

  
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