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Autore: F13    13/02/2011    3 recensioni
Questa raccolta di oneshot e drabble prende le basi e spunto dal sistema divinatorio I-ching o "libro dei mutamenti".
Ogni oneshot sarà basata su uno dei sessantaquattro simboli e sui loro significato e partendo da questo andrò a disturbare i pensieri e il tempo libero di Aang e compagni.
La raccolta non ha un personaggio fisso o un paring particolare ma, nel caso, tendo a seguire il canon.
{4 - ignoranza}
"Sokka si ritrovava a chiedersi quale sensazione provassero i suoi compagni nel assaporare il dominio degli elementi"
{51 - Tuono}
"No, trai due figli del signore del fuoco, non è sicuramente Zuko a camminare sulla strada di un destino fortunato"
{36 - luce che si spegne}
"Perdersi nei suoi pensieri era una cosa che, da piccola, quando il suo ruolo era di restare in silenzio rispettosa e compita in disparte, era solita concedersi spesso "
{18 - Intrighi}
"E lui, oggi, deve potersi fidare delle parole che sua sorella ha pronunciato nei sotterranei di Ba Sing Se."
{37 - Famiglia}
"Zuko trovava gli splendidi corridoi della sua residenza, decorati con calde tonalità rosse e brillanti fregi d’orati, alteri e quasi freddi"
{58 - Raccogliere}
"il generale Iroh non mancava di sorridere tutte le volte che, pensando sia al passato che all’affacciarsi del futuro, si sentiva felice e sereno nel vivere momenti come quelli"
{12 - Chiusura}
"In quella stanza soffocante, i suoi fallimenti si accatastano fino a diventare un peso schiacciante e Aang sente il respiro mozzarglisi; c’è troppa poca aria intorno a lui e fa troppo caldo"
{9 - Animaletto Domestico}
"Appa era diventato una presenza solida e affidabile, quasi scontata, che svariate volte li aveva salvati e protetti, rivelandosi fondamentale nei momenti difficili"
{32 - Luna Crescente}
"Le lacrime, effimere ed eterne che la principessa Yue ha versato rinunciando alla fugacità della sua vita umana"
{59 - Confusione}
"Il viaggio fino alla nazione del fuoco è lungo ma forse non gli basterà per dare ascolto a tutti i pensieri che gli turbinano nella testa"
{54 - Maritare la figlia minore}
"La bambina cieca, composta e silenziosa del suo passato, era stata sublimata nell’anima di una giovane guerriera irriverente"
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Questa storia è realmente stata un parto, e come tutto ciò su cui tengo le mani troppo a lungo mi piace molto poco e solo a momenti, nelle intenzioni doveva essere qualcosa di breve e divertente su Toph e il  suo ritorno a casa e invece è mutato in un panegirico infinito e, molto probabilmente, noioso.
Nonostante questo non me la sono sentita di cancellarne ampi pezzi  perché mi sembrava che il risultato fosse tremendamente incompleto.

In sostanza la storia legata a questo esagramma è eterna e la cosa mi causa non pochi traumiT___T siete liberissime di farmi notare quanto io mi sia persa in lungaggini, ma non siate cattive nel dirmi che sono stata eccessivamente prolissa, mi voglio già abbastanza male da sola per questo ç__ç


In aggiunta:  c'è stata una santa persona che ha subito le due settimane di gestazione di questa filippica con pazienza encomiabile ripetendomi strenuamente che la storia non facesse completamente schifo e che, ulterioremente, l'ha pure betata.

 

Avvertimenti:

Post serie, più o meno 4 anni dopo

Tentativo di analisi del rapporto fra Toph e i suoi genitori

Citazioni dalla puntata “La guerriera cieca

Presenza di un nuovo personaggio totalmente irrilevante

lunghezza della storia veramente vergognosa



 


54 {Cuêi Mei} Maritare la figlia minore

 
Toph era consapevole di essere stata una bambina ben strana, ma gli adulti intorno a lei avevano sempre archiviato le storture dei suoi comportamenti come frutto della sua condizione e, forse per la sua bravura a dimostrasi adeguata, forse per la scarsa attenzione che una famiglia altolocata come la sua concede ai figli, nessuno si ero soffermato a concedere più di qualche minuto alla discendente della casata Bei fong per cercare di comprendere se in lei ci fosse qualcosa di  differente  dalla candida e fragile figura che si muoveva a passi incerti attraverso i pavimenti di legno lucido della reggia.
Durante la sua infanzia isolata non aveva mai realmente sofferto la mancanza di contatti assidui con altre bambine che giocassero con lei. In effetti, aveva avuto ben poco da condividere con le sue coetanee e non tanto per una questione di ceto od estrazione sociale. Toph era stata una pessima simulatrice di cerimonie del the: le bambole di raffinata ceramica tendevano a sfuggirle dalle mani e, soprattutto, non le riusciva di tollerare la compassione verso la sua cecità da parte di qualcuno che non sarebbe riuscito a percepire nemmeno il tremore pesante del arrivo di una carrozza, se non vi avesse rivolto lo sguardo.
Sì, era stata una fanciulla davvero anomala. Come riprova della distanza che era passata fra lei e il resto del mondo a quel tempo, c’era anche il fatto che  non aveva mai perso tempo a intrecciare fantasie a proposito di un qualsivoglia principe azzurro o a inventare favole che la vedessero protagonista di avventure straordinarie al fianco di un compagno ideale.

Toph, chiusa nella sua gabbia dorata, era diventata una bambina solitaria e estremamente realista, la quale bastava a se stessa senza il bisogno di alcun  sostegno dal mondo esterno, ben lontana dalla creatura fragile e cieca che si rifletteva negli occhi dei suoi genitori.

Aveva imparato che dare agli altri ciò che si aspettavano da lei: qualche piccolo inciampo su un gradino perfettamente percepito, oppure fingere stupore all’arrivo improvviso di un servitore della casa, di cui lei aveva contato i passi fino alla sua porta. Tutti dettagli che avevano reso  più semplice la sua vita. Se eri fragile e cieca nessuno pretendeva da te l’eccellenza e l’impeccabilità che altre figlie della nobiltà dovevano mostrare e nessuno ti dava effettivamente troppa importanza, così Toph si era presa i suoi scampoli di libertà attraverso la maschera che si era calata sul viso.

Era divenuta maestra nel mostrare di se l’immagine richiesta dall’osservatore. Giochi di specchi, attraverso i quali aveva insegnato non solo agli altri, ma anche a se stessa ad apparire  sia come l’imbattuta guerriera cieca, sia come l’inerme figlia della casata Bei fong.
Forse rammaricandosi, nei momenti in cui la sua coscienza chiedeva appello, delle menzogne che stava dicendo a quei genitori che, nonostante la loro disattenzione, lei amava profondamente, ma non sapendo rinunciare alla se stessa che scendeva nell’arena a combattere a dimostrare a sua superiorità su tutti gli altri e l’eccellenza della sua abilità unica.
Quando combatteva ed il vociare del pubblico le rombava nelle orecchie, non era  una debole e trascurabile bambina della nobiltà. In quei momenti lei era la regina del combattimento e nessuno aveva più l’ardire di sottovalutarla a causa della sua vista.
Per coloro che osavano tanto si prospettava un futuro breve, costellato di contusioni e umiliazione.

Toph, negli anni prima della sua fuga per accompagnare l’avatar nel suo viaggio, era stata una creatura scissa fra due universi, sempre se stessa ma in due realtà opposte ai lati di uno specchio. Mondi che, quando aveva provato a farli combaciare, si erano infranti nelle parole di suo padre.

“Mi hai fatto capire una cosa, ho lasciato che tu avessi fin troppa libertà, stabilisco che da oggi in poi tu sia sorvegliata ventiquattro ore al giorno”


Era stata una speranza vana quella di essere accettata, ma talmente desiderata che non era riuscita a far prevalere la rigida concretezza delle dinamiche in cui aveva sempre vissuto.
L’arrivo di quei ragazzi con cui, per la prima volta, non si era sentita completamente estranea, l’aveva confusa.
Loro avevano visto entrambi i lati dello specchio e non l’avevano trovata strana per questo.

Si era distratta e la sua nicchia di  finzione e libertà all’interno del suo mondo era crollata.

Non se ne era mai pentita, però. La libertà reale che aveva assaporato in quell’anno di viaggio, le battaglie, le novità e le emozioni che aveva provato, non le avrebbe barattate per riavere indietro il quieto vivere che si era conquistata fra mura della residenza paterna.
Certo, c’era stato il pericolo; momenti di vera paura e di difficoltà che le erano parse insormontabili, ma lei, loro, erano stati in grado di superarle, dimostrando quanta forza poteva essere celata sotto le mentite spoglie di un gruppo di ragazzini allo sbando.
Un gruppo di ragazzini che però,  alla fine di tutto, aveva vinto e posto le basi per quello che, si sperava, sarebbe divenuto un periodo di pace; loro  e non i grandi generali e gli illustri strateghi che avevano conosciuto durante quel viaggio.
Ora la guerra era finita e il tempo trascorso con i suoi amici durante i loro viaggi le aveva fatto conoscere il piacere, del tutto nuovo, di vivere una sola esistenza, senza maschere con cui nascondersi dalle persone a cui voleva bene.

Toph, in quei mesi, che si erano trasformati in anni, aveva conosciuto il piacere di imparare a vivere un’esistenza unica riunendo in se stessa tutti i riflessi che si erano dispersi nei suoi giorni infantili.

Lei era Toph; una delle dominatrici della terra più brava del mondo, colei che aveva padroneggiato il dominio del metallo, una degli eroi che aveva combattuto al fianco del Aang durante la guerra, una dei maestri dell’Avatar e, ancora prima di tutto questo, era la ragazza che rispondeva a tono alle battute di Sokka, che apostrofava sia l’attuale signore del fuoco, sia l’Avatar, con soprannomi che non avevano nulla di rispettoso e che, quando, con il resto del gruppo, affollavano le raffinate sale del Jasmine Dragon, si poteva permettere, senza subire alcuna  conseguenza, di sedere scomposta, con le braccia dietro al testa e i piedi appoggiati sul tavolo, mentre Zuko passava a distribuire loro le tazze di the, ghignando assieme a lei della perplessità degli astanti sotto lo sguardo orgoglioso e rassegnato del padrone del locale.

La bambina cieca, composta e silenziosa del suo passato, era stata sublimata nell’anima di una giovane guerriera irriverente, lasciando però dietro di sé, i piccoli pezzi aguzzi di quelle maschere e di quelle bugie che rendevano doloroso e difficile il pensiero dei suoi genitori, cospargendo pericolosi il terreno del ritorno a casa.

Ma dopo la vittoria e gli onori conquistati, era arrivato anche per lei il momento della resa dei conti. I cocci  di quello che era stato il suo rapporto artificioso con i genitori andavano raccolti  perché non potessero più ferire nessuno. Quei legami, spezzati in giorni lontani, quando la sua identità nascosta venne rivelata, dovevano essere ricuciti.

Toph amava  moltissimo ai suoi genitori, ma temeva quell’incontro più dei discorsi tenuti davanti agli immensi schieramenti di truppe della Nazione, più della convocazione al cospetto del Re della Terra e degli alti generali dell’ esercito avvenuta pochi giorni prima. Nemmeno prima di scendere in battaglia era mai stata così nervosa.
Non era la prima volta che rivedeva i genitori dopo la sua fuga.  C’èrano state occasioni ufficiali che avevano visto gli illustri coniugi Bei Fong presenziare alla corte del Re della Terra.
Gli incontri con i suoi genitori avvenuti in passato erano stati momenti estremamente difficili, ma, almeno, non si erano svolti a casa sua, dove si sentiva completamente in balia di sguardi di disapprovazione, senza poterli nemmeno ricambiare.
Quando si erano incontrati per alcune cerimonie nei palazzi di Ba Sing Se, c’era stato lo spettro dello sguardo di tutta l’aristocrazia della terra che aveva impedito a suo padre di disapprovare apertamente le scelte di Toph. Sarebbe stato troppo disdicevole dimostrare contrarietà verso alle azioni di una degli eroi della guerra, dell’Eroina del Regno della Terra.
No , suo padre era un uomo troppo controllato per lasciarsi andare nel rimproverare una figlia il cui nome risuonava come una leggenda, proprio accanto a quello dell’Avatar.
E,  in virtù di quelle apparenze che dovevano essere rispettate, le poche interazioni avute con la sua famiglia in quei tre anni e poco più erano state scarse, rigide e fermamente inserite in un registro di scambi formali, con frasi di cortesia e scarse informazioni personali. Dialoghi che avrebbero potuto perfettamente appartenere a persone estranee incontratesi casualmente fra i corridoi del palazzo reale.

Toph, nonostante il suo realismo, coltivava però la minuscola speranza che i suoi genitori, in qualche modo col tempo avessero accettato quelle sue ribellioni, vedendo quanto era stata importante e quanto era stata forte.
Una piccola briciola di speranza , minuscola e tremendamente rumorosa, che quella sera si fa disperatamente sentire mentre attendeva di rientrare nell’abbraccio delle mura di casa.

Mentre percorreva quei sentieri intrisi di ricordi, cercando di non farsi troppo male camminando sui pezzi della sua memoria, continuava a nutrire buoni propositi, misti a speranze che si stava ripetendo dal momento in cui aveva intrapreso quel viaggio.
Avrebbe cercato di essere il più possibile la figlia che i suoi genitori volevano, forse ricadendo in quella vecchia abitudine di non mostrare completamente se stessa, ma solo quelle parti che potevano entrare nello spazio che le era stato prescritto all’interno della sua casa natale.
No, non voleva mentire loro, però, se almeno si fosse contenuta, se avesse cercato di essere un po’ più cortese, un po’ più cordiale e, magari, senza scadere nella frivolezza, leggermente più femminile, lasciando qualche passo indietro il suo atteggiamento rude e marziale più consono alla caserma. Ecco allora, forse, agli occhi di suo padre e sua madre, sarebbe potuta essere più vicina all’immagine che loro avevano avuto della loro bambina, rispetto a quella Toph cresciuta in quegli anni, lontana dalla realtà dei loro palazzi di Ba Sing Se.

Soprattutto, voleva credere alle parole della madre scritte nella lettera di risposta a quella che Toph le aveva inviato. Voleva davvero credere che fossero veritiere e che il suo ritorno fosse davvero atteso con ansia da parte di entrambi i genitori. Sperava che la notizia che andava portando, rendendola intimamente orgogliosa della sua abilità, potesse essere in grado di instillare un po’ di orgoglio anche nella sua famiglia verso quella figlia così ribelle e incapace di rimanere al suo posto.

Erano questi i pensieri di Toph mentre varcava le mura di cinta della residenza di famiglia, mentre percorreva i cortili curati e percepiva la ghiaia dei vialetti di casa sotto i piedi. Un terreno talmente familiare e nostalgico, che le era sembrato di riconoscere ciottolo per ciottolo, come se lo avesse lasciato solo il giorno precedente.
Erano queste le speranze che tesseva silenziosa a proposito dei giorni successivi che avrebbe trascorso fra le mura di casa.

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Quando arriva a pochi metri dalla grande porta principale della residenza, percepisce la presenza di una sola figura, una donna che non ricorda di avere mai conosciuto prima, ferma davanti all’entrata, che la attende per presentarsi e riferirle che ha ricevuto l’incarico di accoglierla al suo arrivo e di occuparsi delle sue necessità.
La cerimoniosa domestica la scorta alla sua stanza attraverso i corridoi che le sono tremendamente familiari e, senza concedersi alcun gesto meno che necessario, la informa  che avrebbe visto il signore e la signora solo più tardi a cena e che non sarebbero venuti ad accoglierla.
Il primo istinto di Toph a quelle parole è di sentirsi irritata, di arrabbiarsi, pur di non sentirsi amareggiata dal fatto che nessuno fosse venuto ad accoglierla. Ma non sono pensieri su cui vuole permettersi di indugiare: dopotutto non è più una bambina e non sarebbe comunque corsa fra le braccia della madre vedendola sulla soglia in attesa.
 Probabilmente.
Un boccone amaro, forse, ma pretende da se stessa di non vacillare a quella piccola delusione, in realtà quasi prevista. Voleva essere salda, come fosse un combattimento, senza indietreggiare, mantenendo i suoi propositi sul suo comportamento e sul non avere colpi di testa.

Prova un moto di inquietudine quando la sua accompagnatrice si ferma esattamente davanti all’uscio di quella che, anni prima, era stata la sua stanza ed entrando, si sente mancare il respiro nel percepire la presenza di ogni oggetto ed ogni mobile esattamente nelle posizioni che occupavano nella sua memoria.

“La nostalgia di casa è una malattia subdola, non la percepisci davvero fino a quando non ti rendi conto che ovatta i sensi ed il giudizio.”

Era un pensiero di Zuko, non suo, ma Toph si chiede se l’esperienza negativa del dominatore del fuoco sia paragonabile al momento che lei sta vivendo adesso.
 
Toph cerca di percepire quanto siano ancora vividi i suoi ricordi. Rimane silenziosa mentre la domestica si ritira dopo averla informata cerimoniosamente sull’orario della cena e del fatto che più tardi sarebbe tornata ad aiutarla a prepararsi per la serata. Lasciandola sola ad affondare fra sensazioni contrastanti.

 

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Mentre si sente ormai accerchiata da un’orda di domestiche che le orbitano intorno in un delirio di passi e movimenti convulsi, è consapevole che, nonostante la sensazione di sconcerto, ci siano soltanto altre quattro ragazze nella stanza con lei e che l’intero processo sia in atto, alla realtà dei fatti, da poco più che un’ora.
 Toph inizia a sentirsi frastornata da tutte le stoffe pregiate che le stanno facendo toccare, con la pretesa che scelga il vestito per la serata, nonostante il fatto che l’estetica dell’oggetto le sarebbe rimasta  totalmente ed ovviamente oscura.
 Oltre le stoffe, gli accessori, i profumi e le mani della ragazza che le sta acconciando i capelli, probabilmente con fermagli la cui composizione avrebbe potuto rivaleggiare con le elaborate strutture architettoniche dei templi dei nomadi dell’aria, oltre a tutto questo, quello che le urta i nervi sono le sporadiche risatine sommesse che le domestiche non riescono proprio a trattenere mentre commentano l’eleganza e la bellezza dell’uno o l’altro oggetto, beandosi nell’aiutarla ad indossare tutti i complicati elementi degli abiti che le venivano proposti, nemmeno fosse stata una bambola.
All’ennesimo commento querulo e inconsistente a proposito della luminosità della seta di un vestito, Toph sente la pazienza evaporare come neve al sole e mastica la sua irritazione ripetendosi mentalmente i buoni propositi di morigeratezza e calma come fossero una preghiera, chiedendosi se sono stati quegli anni di libertà ad averla resa così insofferente verso una tortura che, seppur in forma minore, aveva imparato a subire già da bambina.
Si era, contrariamente alla sua indole, anche dovuta  arrendere dal tentare di protestare. Le donne erano state sorde a ogni suo commento sul fatto che non fosse necessario renderla così elegante, dovendosi incontrare solo con i suoi genitori, ma questa avevano liquidato ogni sua rimostranza con vaghe risposte a proposito di precise richieste della signora e sull’importanza di fare bella figura quella sera.

 
Dopo un’ulteriore mezz’ora spesa ad ultimare il perfezionamento di ogni dettaglio di quell’infinito processo che l’aveva resa più simile a un suppellettile in seta e broccato che a una persona, Toph si concede un sospiro di sollievo percorrendo i corridoi che l’avrebbero portata alla sala dove si sarebbe svolta la cena.
Lasciandosi alle spalle un inferno di risolini e preparativi superflui, a cui le pareva incredibile essere sopravvissuta, ride al pensiero di se stessa che, la  prossima volta  in cui una recluta le avesse chiesto quale fosse stata la battaglia più dura che si era trovata ad affrontare, avrebbe pensato a quattro domestiche intente a imbellettarla, più che ai pericolosi scontri con i soldati della nazione del fuoco vissuti anni prima.
Mentre si infligge il suo stesso sarcasmo, riesce quasi a ignorare la situazione che, da li a poco, avrebbe dovuto affrontare,  ritrovandosi quasi inebetita davanti alla pesante porta intarsiata che dà accesso all’anticamera della sala da pranzo. Sicuramente un domestico la stava aspettando per fare gli onori di casa in quella sera così stranamente formale.
Tenendo fede al suo coraggio, Toph spalanca le porte, forse con un po’ troppa foga, facendo sobbalzare il  maggiordomo in attesa il quale, colto alla sprovvista, probabilmente la fissa per qualche secondo per poi schiarirsi leggermente la voce prima di parlare.
“Signorina i vostri genitori e il vostro onorato ospite vi stanno attendendo prego seguitemi.” Le annuncia in tono incolore, voltandosi verso la porta successiva che dava l’accesso diretto alla sala da pranzo e impedendole di rispondere in alcun modo.
La dominatrice della terra  rimane un secondo congelata sul posto prima di affrettarsi a seguire il domestico già lontano di alcuni passi.
Cosa stava a significare “il vostro onorato ospite”?
Toph non ha realmente il tempo di esaminare questa domanda che le si è formata nella mente, perché il corridoio che rimane da percorrere è davvero troppo breve e, quando il domestico apre la porta e la annuncia formalmente ai presenti nella sala, già percepisce una presenza estranea superflua, seduta attorno al tavolo in compagnia dei genitori, annullando ogni quesito sul nascere.
Dissimula velocemente un’espressione di perplessità assoluta mentre il padre e lo sconosciuto si alzano, mentre sua madre rimane seduta ad attenderli.

I due uomini le si avvicinano di qualche passo e una zona minore della sua mente regista che il padre la sta presentando cerimoniosamente al suo ospite, ma lei è concentrata in ben altro. Le vibrazioni di quei passi le arrivano chiare e limpide; l’uomo che accompagna suo padre è giovane, non più di vent’anni, dal respiro regolare, il passo pesante ma bilanciato, perfettamente tranquillo in quell’ambiente, abbastanza alto, sicuramente più alto di lei, ma non quanto Zuko, probabilmente atletico, oserebbe dire allenato, ma non ne è certa. Si chiede se sia un dominatore e, soprattutto, cosa faccia a casa sua quel ragazzo.
Mentre questa domanda rimane in sospeso nella sua testa, Toph cerca di riportare la propria attenzione sulla noiosa prassi delle presentazioni per non risultare muta oltre che cieca e, nel concentrarsi sulla conversazione, si rende conto che l’interminabile esame a cui l’ha sottoposto è durato in realtà pochi istanti, poiché l’invitato ha preso la parola solo in quel momento.
 
“Signorina Bei Fong, sono onorato di fare la vostra conoscenza. Mi creda, speravo moltissimo di potervi, prima o poi, conoscere di persona” il tono è accattivante, le parole sembrano sincere, il suono  della sua voce limpido ed, effettivamente, leggermente emozionato, ma lei non riesce a disegnarsi nessuna risposta che giustifichi la sua presenza nella sala da pranzo assieme a suo padre e sua madre.
Toph, immersa in questi ragionamenti, tentenna nel rispondere, confusa su comportamento adottare, un’infima attesa in cui percepisce il cuore di suo padre accelerare impercettibilmente, rendendola inconsciamente sospettosa.
Toph si rimprovera acidamente per non aver ascoltato le parole del padre mentre le introduceva lo sconosciuto, probabilmente rivelandone anche il nome, di cui invece lei era all’oscuro.
“L’onore è mio. Sono lieta di conoscervi, e perdonate la mia scortesia, ma la sorpresa di trovare qui un gradito ospite mi ha lasciata senza parole” le parole vengono pronunciate lentamente racimolando quei frammenti di un galateo declinato nelle delicate parlate femminili che oramai da tempo non le appartengono più.
Conclude la sua risposta con una riverenza, attenta a non muovere troppo la testa nella paura che  la ridicola composizione che le hanno incastrato fra i capelli crolli miseramente. Si sente tremendamente impacciata con quei vestiti e quegli accessori inutili.
“Nessuna scortesia state pure tranquilla.” Se lui abbia risposto sorridendo le è oscuro, ma il suo tono leggero tranquillizza il padre e Toph lo percepisce.

Il genitore si appresta a tornare sui suoi passi verso la tavola e propone alla figlia e al ragazzo di seguirlo.
Lui però non sembra muoversi. Dopo che le si è affiancato rimane immobile, così Toph si costringe a uno sforzo di deduzione notevole per capire che, cavallerescamente, le sta tendendo il braccio per scortarla lungo i quattro pericolosissimi metri che li separano dalla tavola.
Una volta che lei gli offre la mano, il giovane riprende a parlare: “Sappiate che la vostra fama vi precede, ma non vi aveva affatto reso giustizia. Non vi immaginavo così bella.” Dispensa complimenti con scioltezza e Toph si sente impreparata sia a quella frase, che all’intrusione in quello che doveva essere il suo tentativo di fare pace con i genitori. Interdetta da questi pensieri non trova nulla da rispondere e rimane muta mentre viene scortata alla sua sedia e fatta galantemente sedere di fronte alla madre ed alla sinistra del suo accompagnatore.
 
Le portate scorrono lente, in un silenzio strano interrotto da qualche scambio di opinioni, sempre originato da uno dei suoi genitori, a proposito della qualità dell‘una o dell’altra pietanza, oppure qualche discussione di forma su argomenti vacui e inconsistenti.
Chiacchiere.
Toph odia le chiacchiere ed è più di mezz’ora che i suoi tre commensali si spendono in discussioni vuote.
Quasi percepisce le occhiate ansiose della madre nella sua direzione e, se non può essere sicura di dove stia puntando gli occhi, sicuramente percepisce il nervosismo con cui continua a picchiettare la punta del piede per terra man mano che i suoi minuti di silenzio vanno avanti.
Mentre il tempo scorre, sente nascere un accenno di perplessità anche nel tono dell’ospite misterioso. Nelle parole del padre ha infine scoperto che questi si chiama Ming Song Fei, figlio di una cara amica della madre, abitante in un’altra città. Quest‘ultima informazione viene invece estratta da un commento materno sui tempi andati e le lezioni di calligrafia che le due donne avevano condiviso.
 
Mentre può quasi intuire l’avvento della prossima sequela di opinioni sulla cottura perfetta della carne di qualche animale esotico che viene servito in quel momento, decide di aver atteso abbastanza e che, nonostante tutto, ha maturato il diritto a una piccola rimostranza.
“Madre, padre, perdonatemi, ma avrei sperato che la prima sera dopo il mio arrivo ci potessimo parlare in privato.” Le parole di Toph precipitano il clima già scricchiolante del pasto in un istante di silenzio teso.
 
“Toph, non mancare di rispetto al nostro ospite, parleremo dopo.” È stata sua madre a rispondere, abbandonando il tono leggero e conviviale delle sua frasi precedenti, mentre suo padre quasi sta trattenendo il fiato, probabilmente nell’attesa della reazione di Ming.
Quest’ultimo, fortemente imbarazzato e confuso, mette insieme qualche parola di scusa per la sua presenza inopportuna all’indirizzo della signora Bei Fong che subito si spende per rassicurarlo del suo essere un ospite graditissimo e atteso e che le sue scuse non fossero affatto necessarie.
 
Dopo quello scambio sfilano un altro paio di portate in un clima di notevole tensione condivisa da tutti i commensali prima che la situazione si sblocchi.
Prima  di quel momento, Ming, ancora particolarmente imbarazzato, cerca con tutto l’impegno possibile di risvegliare una conversazione frivola per non far precipitare tutto il tavolo in un silenzio pensante. Toph sarebbe riuscita ad ammirarne la caparbietà, non fosse che la situazione la irritava terribilmente.
I genitori quasi ignoravano il suo ritorno prediligendo il loro ospite e, soprattutto, non le avevano nemmeno lontanamente ancora posto alcuna domanda riguardo la notizia venuta ad annunciare loro, di cui aveva però parlato in toni entusiastici nella sua lettera.
No, decisamente ogni briciolo delle virtù legate alla calma e alla pazienza che poteva aver avuto in passato era andato perso irrimediabilmente.
 
È stata la voce sottilmente incerta di sua madre a dissipare i dubbi e le domande che andavano facendosi sempre più numerosi col procedere della serata.
Probabilmente la donna iniziò a parlare per arginare il nervosismo che cresceva palese nel loro ospite.
“Credo sia giunto il momento di parlare di un argomento delicato, sempre che a Ming non dispiaccia.” è voltata verso di lui mentre parla e, all’esitazione perplessa del ragazzo,  aspettando conferma soggiunge: “Io e vostra madre ne abbiamo già discusso e lei si è detta più che lieta della cosa.”
Lui, nella più completa confusione, forse solo iniziando a cogliere il senso delle parole della donna, acconsente con un cenno del capo.
 
Dopo l’introduzione della madre, forse ritenendo la cosa un suo esplicito compito, è il padre di Toph a prendere concretamente parola.
“La ragione per cui, assieme ai vostri genitori, abbiamo organizzato questo incontro è che volevamo proporvi in sposa nostra figlia.” il tono di suo padre è solenne nel pronunciare quelle poche parole, ed a Toph per un momento sembra di essere finita in una strana sconcertante realtà che non le appartiene.
Forse il silenzio dei due ragazzi dura davvero più del necessario, o forse è stato solo un istante, lei non saprebbe dirlo, ma suo padre riprende a parlare sempre rivolto al ragazzo.
“Considerate che è un grande onore potersi imparentare con la famiglia Bei Fong e oltretutto, non è cosa da tutti poter vantare come sposa una degli eroi della guerra.”
Toph, prima di arrivare a comprendere realmente il significato assurdo di quelle frasi, si rese conto che era la prima volta che sentiva suo padre definirla in quel modo, come una guerriera che aveva realmente combattuto e forse è lo sconcerto dato da questa considerazione che le impedisce di opporsi  in tempo utile alle parole paterne.
Infatti Ming dopo aver recuperato un atteggiamento notevolemnte meno confuso la precede.
“Sono profondamente onorato dalla vostra proposta signori Bei Fong. Nonostante mia madre mi abbia tenuto completamente all’oscuro di questi progetti e vostra figlia è sicuramente un ottimo partito, forse è ben più di quanto io possa aspirare…” il ragazzo lascia la frase in sospeso. Forse la sta guardando, o forse  invece rivolge lo sguardo al padre. Toph ascolta basita le sue parole e, per un istante, viene presa dal terrore che, quando lui avrebbe ripreso a parlare, i giochi si sarebbero chiusi e sarebbe  rimasta incastrata  in una situazione a cui assolutamente non aveva intenzione di acconsentire, volere dei suoi genitori o meno.
Sta per alzarsi  per protestare e contraddire apertamente suo padre, sia per quell’assurda proposta che per tutto l’insieme di avvenimenti e dettagli accaduti in giornata e negli ultimi anni, quando  sente la mano del ragazzo seduto vicino a lei trattenerla stringendole di nascosto il braccio e rischiando di attirarsi addosso tutta l’irritazione che le sta montando dentro.
Ming non le lascia comunque il tempo per una qualsivoglia ritorsione a quel gesto scortese.
“Signori Bei fong, nonostante la proposta improvvisa, io sarei davvero più che onorato di accettare la mano di vostra figlia. Purtroppo , sebbene mi rincresca dirlo, credo che sia una scelta profondamente inopportuna e credo che la signorina Bei Fong sia dello stesso avviso."Nel pronunciare  quella frase la ano di ming si allontana dal suo braccio ormai certo di non doverla più trattenere "Sarebbe inadeguato da parte mia, come Capitano delle truppe dell’esercito della terra, accettare un matrimonio con un mio superiore in comando.” Conclude, non lasciando agli astanti  il tempo di dire alcunché. Vedendo poi che nessuno sembra intenzionato a replicare, incalza “Oltretutto, il Generale di Brigata Bei Fong ha appena ottenuto una promozione in grado. Sono entusiasta di poterla conoscere e di congratularmi con lei di persona per il lieto evento.” Aggiunge con un trasporto ed un tono di voce anche fin troppo brillante per qualcuno che aveva appena rischiato la vita, fermando Toph dall’esprimere il suo disappunto.
Una Toph che nel silenzio attonito dei suoi genitori inizia a ridere. Da prima una sbuffo leggero che non era riuscita a trattenere, che andò trasformandosi lentamente in una risata fragorosa sotto lo sguardo dei suoi genitori e quello sottilmente divertito di Ming.
 
 
Era solo il giorno successivo a quella cena, ma Toph stava già raccogliendo le sue cose per intraprendere il viaggio di ritorno a Ba sing Se.
Le sfugge ancora qualche risata sommessa, o qualche ghigno che non si da la pena di nascondere al pensiero dell’assurdità degli eventi della sera precedente. Dal tentativo dei suoi genitori di accasarla, fallito  in quella maniera così imprevedibile, al fatto che lei stessa aveva miseramente fallito nel suo proposito di riportare orgogliosa la notizia della sua promozione a una così alta carica del’esercito.
Quasi apprezza che sia stato qualcun’altro a dir loro della cosa. Era stato sicuramente un annuncio più pirotecnico di qualunque frase titubante attuabile da lei.
L’aver mostrato loro più tardi, dopo la conclusione tremendamente forzata di quella cena, la missiva con tanto di sigillo reale, che elogiava la promozione dell’erede della famiglia Bei fong, uno dei più giovani generali che l’esercito della terra ricordava, mentre lei continuava ancora a essere colta da eccessi di riso, togliendo ogni solennità all’evento. Era stato un momento impagabile, nonostante il silenzio di disappunto di suo padre, che aveva cercato di ignorare, in quei quattro anni, la carriera militare della ragazza. Toph aveva colto una scintilla di indulgenza o forse di orgoglio nella voce di sua madre, quando le aveva fatto promettere di tenere sempre alto il suo onore nel portare quella carica e, soprattutto, di stare attenta.
 
Mentre percorreva a ritroso il corridoio che solo il giorno prima l’aveva riportata fra le mura della sua stanza, Toph si dice che probabilmente ci sono cose che proprio non possono essere aggiustate, e che nonostante quello che ha percepito nelle parole di sua madre, i cortili della sua casa natale avrebbero continuato a essere cosparsi di piccoli e insidiose schegge, ma la porzione di spazio  che le viene concessa in quella casa  non sarà più una nicchia adatta a lei, un ruolo falsato in cui rinchiudersi.
Non più, non ora che col tempo aveva scoperto cosa significava vivere all’esterno di quelle mura.
Ora che invece ha imparato cosa vuol dire conquistare il proprio posto con la propria forza e l’appoggio di chi le vuole bene per quella che è.

Mentre attraversa ancora una volta i cortili della sua infanzia, sentendo i morsi della nostalgia, si ricorda  una vecchia conversazione, quasi di una vita precedente, che si era svolta proprio fra quelle piante, tra lei e Aang.

“perché rimani qui dove non sei felice?”
“sono i miei genitori, in quale altro posto potrei andare?”
“potresti venire con noi”
“Voi potete andare dove volete, nessuno vi dice quello che dovete fare, è una bella vita, ma purtroppo non è la mia vita”

 
Era passato talmente tanto da quel momento, e ormai era la vita in quella casa a non essere più sua, non oggi.
Aveva abbandonato il suo posto, in quella villa, nascosta al mondo sotto lo sguardo preoccupato dei suoi genitori e nel farlo aveva trovato una realtà che poteva definire realmente sua, fatta di rumore, combattimenti, persone che la vedevano per quella che era, risate che non sarebbero state smorzate per buona creanza.
Non sapeva se le sue scelte fossero state giuste o sbagliate in passato, ma non avrebbe accettato di tornare indietro, non ora che è costretta ad adattarsi ad un ruolo che non le appartiene.
 
E sebbene percepisca la presenza di sua madre sulla soglia del grande portone mentre lei sta ormai raggiungendo le mura esterne, non sente il bisogno di tornare indietro. La strada per Ba sing Se è lunga e lei è ansiosa  di riprendere il suo posto tra le tazze fumanti del Jasmine Dragon e i noiosi addestramenti alle truppe che fanno parte della sua vita.
 


 
54 CUÊi MEI

Questo esagramma è composto dai trigrammi di Tcen (il tuono) in posizione superiore e Tc'iong (il lago ) in posizione inferiore, due simboli in forte contrasto , uno simboleggiante l'azione l'altro la calma e la quiete assoluta, ovvero l'essere capaci di agire in un momento rappresentato dall'immutabilità di Tc'iong.

Nei tempi di Cuêi Mei bisogna comportarsi con prudenza, limitarsi a desiderare solo quanto si può avere, dare a ogni fatto e a ogni persona l’importanza dovuta senza scendere a compromessi, ma anche senza inutili pretese che rimarrebbero inascoltate.

[...]

L’esagramma tratta di sapersi limitare nei desideri e nelle aspettativdoe, di saper tenere e restare al proprio posto, di non aver ambizioni eccessive , sbagliate o incompatibili con la posizione e il tempo in cui si opera di adattarsi, insomma, alle circostanze.

 
Per la serie “a volte ritornano” 500 parole ulteriori sul perché Toph abbia dovuto subire queste 8 pagine di lagne da parte mia.
chiunque sia giunto  fin qui è in realtà completamente esentato da leggere quanto segue, ricordatevi che c’è un limite al masochismo °_°


Partendo dalle doverose giustificazioni:
Inizialmente volevo semplicemente costruire una piccola commedia di incomprensioni sui genitori di Toph che cercano di accasarla e l’incompatibilità di Toph con lo sfortunato ragazzo.
probabilmente se mi fossi attenuta a questa traccia il tutto sarebbe stato più leggero e scorrevole e il risultato migliore, purtroppo non ne sono stata in grado, mi sono fatta distrarre dalle implicazioni che potevano essere legate alla lettura del esagramma ed è nata questa lungaggine, me ne scuso.

Cuêi Mei è un esagramma che parla di continenza, controllo sulle proprie emozioni e sui propri desideri, del  isaper limitare le proprie ambizioni all’interno del orizzonte che ci viene prescritto senza cercare di andare oltre.
In sostanza l’imparare a prendere il posto che ci viene indicato nella vita e adattarvisi.
Però l’esagramma dice anche di non scendere a compromessi e non sminuirsi per il desiderio altrui.

Sebbene ciò che ne è uscito sia una mostruosità di una lunghezza esagerata, il punto chiave della questione che volevo trattare era il fatto che la strada che viene prevista, il ruolo che si ha il dovere di ricoprire nel proprio futuro, può non essere affatto il proprio e non sempre per desideri che vanno oltre le proprie possibilità, ma perché la vita, le capacità e le emozioni di ogni persona possono andare tremendamente oltre quella cornice che ci viene indicata.

Paradossalmente Toph mi sembrava la più adatta ha esprimere questo concetto, una traccia che parla di rimanere al proprio posto, di comportarsi con prudenza e sapersi limitare è quasi la sua antitesi, eppure nella prima puntata in cui la incontriamo è lei stessa a cercare con tutto l’impegno di rimanere aggrappata al suo posto all’interno della sua famiglia, quando parla con Aang a proposito di seguirli nel loro viaggio dice “la vostra è una bella vita, ma non è la mia”, lei desidera avere la loro stessa libertà ma non può, o meglio, più semplicemente, non vuole abbandonare il posto che occupa.

Toph mette un limite a se stessa per poter continuare ad avere l’amore dei genitori, nasconde le sue capacita per poter essere adatta all’immagine che loro hanno di lei senza distruggere il mondo in cui vive.
Fatto che sarà inevitabile e che farà crollare completamente la sua possibilità di continuare a ricoprire quel ruolo, anche fosse rimasta a casa dopo la scoperta della sua identità segreta nulla sarebbe stato più come prima, lei non sarebbe stata più la figlia fragile cieca e bisognosa di protezione ma  qualcuno che era riuscito a fingersi diverso.

Per finire il discorso intorno a ciò che è più strettamente legato all’esagramma, il ruolo di toph quello che sembra naturale per lei è ben un altro, il personaggio che si vede per tutta la serie ha poco, pochissimo, da spartire con l’immagine di lei che cerca di mantenere nel sesto episodio, ed secondo me Toph risulta particolarmente adatta a questo esagramma sopratutto Per contrasto, lei ha trovato il suo posto infrangendo le prescrizioni consigliate da Cuêi Mei, non solo non scendendo a compromessi ma uscendo completamente fuori dalla linea che le era stata disegnata.


Per quanto riguarda invece l’ambientazione della storia in sè si posiziona qualche anno dopo la fine della serie.
Il fatto che Toph non sia tornata a casa subito dopo la fine della guerra è uno dei miei voli pindarici a proposito di dinamiche politiche e emotive. Nel mio universo mentale post serie Toph rimane a ba sing se rompendo l’anima ad Iroh e finendo più o meno consapevolmente per entrare nell’esercito della terra, da prima come consigliera del Re per la sua vicinanza con  l’avatar e in seguito come vera e propria figura militare.
In tutto questo i suoi genitori rimangono relativamente di sfondo, lei tiene immensamente a loro, nella serie si vede parecchio questa cosa, ma i rapporti sono difficili e nella mia visione di quel che segue la terza stagione lo diventano ancora di più a causa del fatto che Toph non sia tornata a casa subito dopo la guerra ma abbia continuato a vivere la sua vita discostata dalla famiglia Bei fong.

 
Per parlare più squisitamente della storia: è stata un calvario U__U non avevo mai scritto nulla di cosi lungo e Toph per me è un mostro sacro muoverla è stato complicatissimo e non credo di esserci riuscita in maniera adeguata.
Temo che la parte introduttiva sia davvero eccessivamente lunga e pesante ma sono stata realmente incapace di stringere il succo T__T
Ho cercato di rendere nella storia il modo in cui Toph percepisca le persone e anche le loro reazioni non potendo vederle ma non so quanto abbia reso questo mio tentativo, in egual modo non so quanto sia stata descritta adeguatamente la capacità di Toph di percepire dal tono della voce la sincerità delle persone, in sostanza ho parecchi dubbi sulla mia capacità di gestire Toph , attendo opinioni ç__ç
Spero anche che i toni dei dialoghi non risultino troppo formali, mi rendo conto che effettivamente nell’episodio dove si vedono i genitori di Toph i toni non sono così formali, ma mi stonava renderli più conviviali  quindi sono rimasti particolarmente ingessati e nel tono del “voi” se mi dite che suona male provvederò a modificarli °__°

IL grado militare che ho appioppato a Toph non è equivalente a un vero e proprio generale, wikipedia mi ha voluto bene mentre cercavo di racapezzarmici, purtoppo le gerarchie militari in avatar non sono esattamente chiare quindi mi sono rifatta ai gradi comuni dell'esercito, ho dato a Toph una carica parecchio alta, perhcè voleva proprio essere la causa eccezionale del suo tentativo di riallacciare i rapporti con i genitori, tornando da loro con un'onoreficenza simile,( inserire discorsi alla zuko su onore e rispetto qui grazie XD)
se si vuole poi speculare perchè ho sparato cosi in alto: è Toph, è una del gruppo del avatar, maltratta Zuko  come pochi e sopratutto : è Toph U__U

   
 
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