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Autore: Shona    14/02/2011    12 recensioni
Lei era una che di pacchi se ne intendeva. E quel pacco non se lo dimenticò mai.
Buon San Valentino a tutti ♥
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una piccola OS in onore di San Valentino! Anche non fregandomene nulla, è impossibile non sentirsi contagiata da tutto questo rosa che veleggia su di noi in questa giornata! Ispirata da non so nemmeno io cosa XD Ecco a voi....


Il Pacco ~


Lei era una che di pacchi se ne intendeva. E quel pacco non se lo dimenticò mai. 
 
Fare la commessa non era mai stato il sogno della sua vita, meno che mai quello di fare l’impacchettatrice.
Ma - ehi! - ognuno si doveva arrangiare con quello che gli capitava.
Quel giorno soprattutto – quel maledetto giorno – era San Valentino.
Non la spaventava il Natale, con tutti i pacchettini rossi e oro che sfornava come una macchinetta, era San Valentino che la faceva esasperare.
“Ma gli piacerà?” “Ma il mio coccolino starebbe bene con questo maglioncino?” “E se poi ce l’ha già?”
Stress.
Era diventata un’impacchettatrice compulsiva. Impacchettava qualsiasi cosa, dal prosciutto che doveva rimettere in frigo alle scatole che doveva riporre in soffitta.
<< Susan ho finito il nastro rosso. >> Finì di arricciare l’ultimo nastro e consegnò il pacchetto alla ragazzina tutta eccitata che le fremeva davanti.
<< E allora? >> La collega fece scoppiare la chewing gum e continuò a limarsi le unghie.
<< Vedi tutte queste persone davanti al banco? >>
L’altra annuì svogliatamente continuando la sua manicure.
<< Gradirebbero far incartare i loro acquisti e, se non vuoi che usi la tua lingua lunga, vai a prendermi quello stramaledetto nastro! >> I nervi le stavano per saltare. Odiava tutto quel rosso, quei cuoricini che svolazzavano ovunque e i palloncini che continuavano a svolazzare sopra la sua testa, caricandosi di elettricità statica e le elettrizzavano i capelli che le si rizzavano sulla testa.
<< Tesoro dovresti calmarti un po’! Perché non ti fai una bella camomilla? >> Susan sbatté le sue lunghissime ciglia ricoperte di mascara.
Non poteva nemmeno dirle nulla, dato che era la nipote della proprietaria.
Sbuffò e batté un piede a terra. Il tacco scricchiolò pericolosamente facendola barcollare.
<< Odio. Odio. Odio. >> Questo era il mantra che si ripeteva ogni volta che aveva a che fare con la sua adorata collega.
Si avviò verso il magazzino, facendo lo slalom tra i clienti che continuavano a spiegazzare tutti i capi che così faticosamente lei avrebbe dovuto rimettere a posto prima di andarsene a casa.
Sculettò, per forza di cose, verso il piccolo corridoio dei camerini, puntando l’ultimo in fondo a destra che nascondeva l’entrata al magazzino.
Ovviamente tutti guardavano, ma nessuno si provava nulla. La maggior parte erano in spedizione per scegliere i proprio regali, gli altri erano li per comprare per qualcun’altro.
Pestò i piedi a terra, ad ogni passo sempre più forte. Sempre più forte finché il tacco non decise di averne abbastanza e di dissociarsi da quella tortura.
Caracollò in avanti attaccandosi alla tenda rossa che l’accompagnò dolcemente sul pavimento.
<< Porca di quella miseriaccia ladra! >> Si districò dal velluto pesante, alzando la testa per controllare in che stato era allo specchio del camerino.
Ma quello che vide, non era decisamente il suo riflesso.
Una gamba infilata in un paio di jeans, l’altra ancora nuda se non per un calzino di spugna bianco arrotolato intorno alla caviglia e poi… e poi!
Mai pacco fu più ben incartato.
Il bordo elasticizzato nascondeva la fine di una V da infarto, il tessuto nero nascondeva il regalo che ogni donna vorrebbe per quella maledetta giornata e, come se non bastasse, disegnato proprio lì stava un simpatico fiocco rosso con scritto tutto intorno, “scarta il tuo regalo”.
Quando si rese conto di aver addirittura letto quello che c’era scritto sulla carta, capì di aver guardato per troppo tempo quel regalo inatteso.
<< M-mi dispiace! >> Mya si alzò più in fretta che poté. Nel farlo si ritrovò davanti al retro del pacco.
“Maneggiare con cura” sarebbe stato l’avviso ideale per quell’opera d’arte.
Zoppicando sul suo tacco rotto tornò al banco, dove la fila si era allungata a dismisura.
<< Vado a comprarne un po’ al tabacchi di fronte! >> Non prese nemmeno una sciarpa per ripararsi dal freddo di febbraio.
Fece scorta di rocchetti di lucente nastro rosso con cuoricini e tornò in negozio, sperando ardentemente che il suo pacco se ne fosse andato, o meglio, che non l’avesse vista in faccia.
Si rifugiò nel suo mondo fatto di carta e nastri d’arricciare, impacchettando come una furia e smaltendo la fila.
Passò il resto del pomeriggio a rimettere a posto magliette e maglioni negli scaffali, ad impacchettare gli acquisti dell’ultimo minuti di un’altra ventina di persone e a cercare di non uccidersi per il dolore alla caviglia.
Ormai non sentiva più il piede, ma solo dolore. Fitte atroci che le facevano ingoiare imprecazioni su imprecazioni.
<< Che fatica oggi. Sono proprio stanca. >> Susan rischiò la vita per qualche secondo, prima di lasciarla da sola a chiudere il negozio.
Chiuse la cassa, spense le luci, inserì l’allarme e finalmente tirò giù la saracinesca.
Libera. Almeno fino alla mattina dopo.
Per la via c’erano coppie e coppiette che si scambiavano languide occhiate e baci più o meno casti.
San Valentino per lei era finito nell’esatto momento in cui aveva battuto l’ultimo scontrino.
Niente più pacchi e pacchetti con sgargianti cuori sopra.
Si strinse meglio la sciarpa al collo, liberando i capelli che erano rimasti incastrati tra i vari strati di lana.
<< Mya? >> Le prese quasi uno spavento al suono di quella voce profonda e divertita.
Si girò lentamente, come in uno di quei film horror.
Un ragazzo alto, in jeans e giacca di pelle. Ma quei jeans… Denim ultimo modello… proprio come quelli che vendevano nel suo negozio… proprio come quelli che il pacco si stava provando in quel camerino.
Non poteva essere lui. E soprattutto non poteva sapere il suo nome.
Le si avvicinò con un sorriso timido sulle labbra e una mano a scompigliarsi i ricci castani.
<< Ehm… credo che questa sia tua. >> Le allungò una mano dalla quale pendeva una fine collanina.
Sul palmo le tre lettere in finto oro brillavano alla luce dei lampioni.
Si vedeva lontano un miglio che quello scarto di bigiotteria valeva si e no cinque euro, ma lui gliel’aveva riportata lo stesso.
Avrebbe potuto lasciarla alla cassa o semplicemente per terra.
<< I-io… sì. Sì, grazie per averla raccolta. >> Forse sciarpa e piumino erano eccessivi, sentiva già abbastanza caldo per l’imbarazzo e il suo viso non era certo rosso a causa del freddo.
<< Lucas. >>
<< Come? >> Era così intenta nello sprofondare nel suo imbarazzo che non capì nemmeno cose le stesse dicendo.
<< Mi chiamo Lucas. >> Si passò ancora una volta la mano tra i capelli, lasciandola per qualche secondo di troppo sulla nuca.
<< Ah! Sì, giusto. Io Mya! >> Stupida! Lo sa già come ti chiami!
<< Ehm… cioè… piacere di cono… scerti. >> Si sarebbe data una manata in faccia da sola per l’idiozie che le uscivano di bocca.
Lucas si mise a ridere nervosamente e lei lo seguì poco dopo.
<< Scusa è che… di solito mi presento prima che una ragazza posso vedermi senza pantaloni! >> Risero per l’assurdità di come si erano conosciuti.
<< Posso… posso offrirti da bere, per scusarmi? >>
<< Non hai nulla di cui scusarti… >> Le disse con gli occhi rivolti a terra.
Era già pronta a girare i tacchi – il tacco! – e tornarsene a casa quando Lucas continuò a parlare.
<< Ma accetto volentieri l’invito! >> Le sorrise facendola arrossire ancora di più.
L’incarto di quel pacco era davvero troppo adorabile, altro che cuori e stelline.
In fondo… lei con i pacchi lavorava tutti i giorni, che male c’era se per una volta fosse stato un pacco a lavorare lei?
   
 
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