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Autore: Stupid Lamb    17/02/2011    13 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie, come sempre

Grazie, come sempre. Anche a chi legge e non commenta.

 

 

Capitolo 11

 

“Davide, scendi?! Perché non vieni a prendere Bilbo?”

Il tempo si ferma quando Camila capisce che Davide è in casa. Priscilla e Simona guardano verso il corridoio, in attesa che il ragazzo scenda, e dopo un po’ li sente anche lei: i passi di qualcuno che arriva dalle scale, dal piano di sopra.

A Camila sembra di trovarsi in un’altra dimensione, in un film, in un contesto irreale.

Quando Davide mette piede nel salotto, cerca di rimanere composta e sorridente, anche se l’istinto le chiede di inventare una scusa ed andare via.

“Eccoti,” dice Simona. “Bilbo è molto agitato, perché non lo porti un po’ fuori?”

Invece di rispondere a sua madre, Davide guarda Camila.

Dirà che mi conosce? Mi saluterà come se niente fosse?

“Buonasera,” dice lui. Allunga la mano verso Camila, che l’accetta subito ma senza guardarlo negli occhi. “Sono Davide.”

“Io Camila,” dice lei velocemente. Ritira la mano e si volta nella direzione di Simona.

“Camila lavorerà qui,” dice la donna a suo figlio. “Almeno lo spero,” aggiunge ridendo.

“In casa siamo in quattro,” interviene Priscilla. “Noi tre ed il nostro patrigno, Giancarlo.”

Istintivamente, Camila si volta a guardare la foto raffigurante Davide da bambino. “Quello è mio padre,” dice lui, appoggiando i gomiti sulla spalliera della sedia di sua sorella.

Camila annuisce, sperando che il ragazzo si decida a portar fuori il cane come sua madre gli ha chiesto.

Perché è proprio questa, la casa? Perché? Posso rifiutare? No, ho bisogno di soldi. Posso accettare? No, non posso lavorare per la famiglia di Davide.

“In linea di massima siamo ordinati e puliti,” riprende Simona, “tranne quando qualcuno trasforma il pavimento del bagno in una piscina dopo aver fatto la doccia,” dice, lanciando un’occhiataccia a Davide.

Lui avvampa. “E’ accaduto solo quella volta,” dice fra i denti.

“E io stavo per rimanerci secca,” gli fa eco Priscilla.

“Senti chi parla, tu sei quella che lascia in giro palline da hockey.”

“E tu non guardi mai dove metti i piedi.”

“E tu-”

“Ok, ok, basta!” esclama Simona. “Siete impazziti? Abbiamo un’ospite, non fatemi fare brutte figure. Poi, rivolgendosi a Camila, dice: “Sono adulti, ma si comportano come bambini. Scusali.”

“Non c’è problema,” risponde lei, guardando ovunque tranne che nella direzione di Davide. “La casa è su due piani?” Da un lato vorrebbe rimanere in silenzio per non esporsi, ma è pur sempre ad un colloquio di lavoro, e il suo obiettivo è quello di ottenere informazioni sulla famiglia e sulla casa.

“Sì,” dice Priscilla. “Qui sotto abbiamo il salotto, la cucina, un bagno e lo studio. Di sopra, invece, le tre camere da letto e un altro bagno.”

Camila annuisce, guardandosi attorno.

“Ciò di cui ho bisogno,” dice Simona, “è un aiuto per mandare avanti la baracca. Qualcuno che mi aiuti a pulire le camere, che mi aiuti con il bucato. Pensi di potercela fare? La mia amica mi ha parlato benissimo di te. Dice che sei un angelo.” Le sorride, e per un attimo Camila rivede in lei lo stesso sorriso di suo figlio. Buono e generoso.

“Posso farcela,” dice Camila guardandosi le mani, “ma la mia settimana di lavoro è molto piena. Ogni quanto avrebbe bisogno di me?”

“Tutti i giorni!” esclamano le due donne insieme.

“Tutti i giorni?!

“Sì, Camila. Vedi, la casa non è molto grande, ma c’è sempre qualcosa da fare. Mio marito invita sempre i suoi amici all’ultimo momento; i due campioni, qui, sono sempre in giro e io-

“E lei va in crisi,” conclude Davide. Lo dice senza guardare Camila.

“Io non vado in crisi,” ribatte Simona, “ho semplicemente bisogno di una mano. Tutto qui.”

“Lei lavora?” chiede Camila.

“No,” risponde la donna. “Non più.”

“Io sono impegnata in ospedale,” dice Priscilla. “Due volte alla settimana ho gli allenamenti con la squadra di hockey, e ogni quindici giorni parto per le trasferte.”

Camila fa il suo lavoro da poco, ma ha imparato bene a conoscere i suoi clienti.

Esistono le donne impegnate sul lavoro, che non hanno tempo da dedicare alla casa e per questo si affidano a lei. Esistono le persone anziane, che non hanno più la forza necessaria per pulire i vetri o per stendere il bucato. Esistono le famiglie ricche, per le quali la donna delle pulizie è un must, come la pelliccia nell’armadio o l’auto di lusso in garage.

Esistono poi le donne come Simona, che non hanno un buon rapporto con la casa e che preferiscono affidare le faccende domestiche ad un estraneo. Camila le preferisce alle altre, per il semplice fatto che non fanno parecchie storie e non la trattano mai con sufficienza. La considerano un’amica, più che una dipendente, e non le stanno col fiato sul collo.

“Pensi di riuscire a venire tutti i giorni?” chiede Priscilla.

Camila ritorna al presente, e alla domanda che la signora Falco le ha appena fatto.

“Le mie giornate sono davvero molto occupate,” dice. “Non so se riuscirei a venire tutti i-”

“Ovviamente saresti assunta in piena regola,” dice Simona. “Con uno stipendio, un giorno alla settimana di riposo, un periodo di ferie retribuito; vogliamo fare le cose perbene, stavolta.”

Camila fatica a starle dietro. “Un momento. Mi sta proponendo di lavorare qui… sempre? Cioè, come donna delle pulizie… vera? Come un vero lavoro?”

Simona solleva le sopracciglia, sorpresa. “Certo, Camila. Dovremo parlarne bene con il nostro commercialista, inquadrare una forma contrattuale che possa stare bene ad entrambe, ma l’idea è questa. Perché, è un problema?”

Camila non ha mai avuto un lavoro fisso.

Sarebbe come quando lavoravo per i Bauer, in Germania. Lavorerei solo per questa famiglia, non sarei costretta ad andare di casa in casa. Magari potrei ritagliare degli spazi nel giorno libero, per fare degli extra, oppure potrei…

“Camila? A cosa pensi?”

Priscilla la riporta di nuovo alla realtà.

“Vuoi accettare?” domanda Simona.

Davide è ancora nel salotto, con le tre donne. E’ rimasto in silenzio, e Camila si chiede a cosa sta pensando. Lavorare per i Falco significherebbe un passo in avanti, certo, ma vorrebbe dire anche vederlo ogni giorno. Pulire la sua camera. Lavare i suoi vestiti.

Si sente a disagio al sol pensiero. O forse non è disagio. Forse si tratta di imbarazzo.

Prima di prendere la parola, Camila guarda lui. Davide si guarda in giro come se niente fosse. Vorrebbe quasi chiedergli se la sua presenza in casa potrebbe causargli un problema, e se è rimasto nascosto al piano di sopra per evitare di vederla.

Ma poi il telefono di casa suona, e Davide si affretta a rispondere. “Pronto? Oi, sono io… Sì. Sì. Va bene.” Guarda l’orologio. “D’accordo. Glielo dico subito. Va bene, va bene. Ciao.” Riaggancia e si gira verso sua madre. “Era Giancarlo. Ha detto che lui e i suoi amici arriveranno alle otto, invece che alle nove. Hanno finito prima di visitare non so cosa, quindi-

“Alle otto?!” esclama Simona. “Ma è così presto!” Scatta in piedi con le mani fra i capelli, guardandosi attorno come se fossero entrati i ladri. “Devo ancora preparare gli antipasti e fare una doccia! Volevo fare la piastra, volevo anche-”

“Mamma, calmati!” Priscilla regala uno sguardo imbarazzato a Camila, la quale si alza per riflesso, sentendosi all’improvviso di troppo. “Non è sempre così,” le dice. “Te lo giuro.”

“Avete molte persone a cena?”

“Solo due più del normale,” risponde Priscilla. “Ma lei odia le sorprese dell’ultimo minuto, e si agita per un nonnulla.” Finisce la frase sussurrando le ultime parole, ma sapendo che sua madre può sentirla.

“Allora sarà meglio che vi lasci continuare,” dice Camila, appoggiando la borsa sulla spalla. “Non voglio rubarvi tempo prez-

“Oh, no.” La voce di Davide non le permette di continuare.

Camila e le due donne si voltano verso il ragazzo, il quale ha gli occhi puntati in basso, verso Bilbo.

Il muso del cane è sporco di cioccolato.

“La torta!” esclama Priscilla, correndo in cucina. “Oh, no! Ha distrutto la torta! Davide, dovevi tenerlo d’occhio!”

Davide si china e solleva il cane con facilità. Camila nota che anche le zampe anteriori sono sporche. “Mamma, mi dispiace.”

“Davide, ti avevamo chiesto una sola cosa: tenere d’occhio Bilbo.” Simona sbuffa, lasciando andare le braccia lungo i fianchi in segno di resa. “Siamo in madornale ritardo,” dice con voce sfinita. “Devo ancora finire di preparare la cena, e il dolce è distrutto. Favoloso. Tremendamente favoloso.” Scuote il capo verso suo figlio.

“Mi dispiace, mamma, davvero.”

“Sì, lo so.” La donna si volta verso Camila, spettatrice silenziosa del piccolo disastro familiare. “Scusaci ancora una volta, Camila. Dovremo sembrarti una banda di pazzi.”

Camila non capisce il motivo dell’agitazione di Simona. Vorrebbe dirle ‘Si calmi, è solo una cena fra amici, il dolce si può andare a comprare in pasticceria’, ma è chiaro che per Simona si tratta di un avvenimento importante.

Per questa ragione, non esita a dire la sua. “Vuole che l’aiuti, signora? Vuole che le dia una mano con la cena?”

Simona sembra presa alla sprovvista. “Oh. Io… no, no, Camila. Ti ringrazio, ma non-”

“La torta è irrecuperabile,” dice Priscilla, arrivando dalla cucina. “E il corridoio è pieno di zampate di cioccolato,” continua, guardando a terra. “Che io dovrò pulire in fretta e furia, visto che mio fratello è un idiota.”

“Ve l’ho detto, mi dispiace!”

Se la sua voce è dispiaciuta, i suoi occhi lo sono meno. Gli occhi marroni di Davide sembrano quasi divertiti o meglio, felici.

“Camila, non posso chiederti di aiutarmi. Sei venuta solo per un colloquio, e non abbiamo ancora deciso in che modo organizzarci per il lav-

“Tu non puoi chiederglielo, ma io sì,” dice Priscilla. “Ti sei offerta di darci una mano, ho capito bene?”

“Sì,” risponde Camila. “Se posso darvi una mano lo faccio volentieri.”

“Magnifico!” esclama Priscilla. “Vieni con me,” dice, tirandola per un braccio. “Mamma, tu vai di sopra a prepararti, io e Camila finiremo la cena e penseremo ad un nuovo dolce. Davide, tu sparisci con Bilbo. Non voglio vederti fino alle otto!”

 

Camila non sa di preciso perché si è offerta di dare una mano ai Falco. In fondo questa per lei è stata una giornata faticosa, e tutto ciò che desiderava, prima di mettere piede nella loro casa, era ritornare al suo appartamento, fare una doccia, mangiare un boccone e infilarsi sotto le coperte.

Quando però è entrata in casa di Simona, è stata avvolta da un’atmosfera surreale ma piacevole, e in pochi minuti ha scoperto che queste persone le piacciono. Sono un po’ sopra le righe e di certo molto diverse da lei, ma Simona e Priscilla sono due brave donne, e Camila non ha potuto fare a meno di offrire loro un aiuto.

Poi c’è Davide. Che ha finto di non conoscerla e che le ha rivolto la parola solo quando si è presentato formalmente.

E’ arrabbiato con me, dopo la conversazione di ieri sera? Spera che non accetti il lavoro?

Davide è il motivo per cui Camila dovrebbe lasciare la casa e tornare al suo appartamento, e lei lo sa. Al tempo stesso, però, è anche uno dei motivi per cui non riesce a calmare il suo cuore, e ad inventare una scusa per andare via.

“Mio fratello è un idiota. Te ne accorgerai presto.” Priscilla prende la borsa e la giacca di Camila e le appoggia su un divanetto nel corridoio. “Ammesso che tu decida di accettare il lavoro,” riprende, guidandola in cucina. “Che dici, potresti farcela con i tuoi impegni?”

“Potrei, sì,” risponde Camila, “ma devo pensarci bene. Valutare molte cose.”

Priscilla è curiosa come Davide, ma con l’età ha imparato a modulare la voglia di sapere, per cui annuisce e sorride.

“Questo è ciò che resta del mio dolce,” dice, indicando il tavolo sul quale giace la torta al cioccolato dilaniata dalle zampe e dal musetto di Bilbo. “E lì c’è la cena,” continua, indicando i fornelli. “Quella per fortuna è salva.”

“Il profumo è molto buono,” dice Camila. “Si sente dall’ingresso.”

Priscilla scoperchia le pentole per mostrarle il contenuto. “Mia madre è molto brava, quando non si fa prendere dal panico.” Si gira verso il tavolo. “Hai qualche suggerimento per la torta? Per fare quella ho impiegato due ore, e non abbiamo molto tempo a disposizione.

Camila cerca di pensare velocemente, scorrendo nella mente tutte le ricette che ha imparato nel corso degli anni. Sa di non poter proporre il suo cavallo di battaglia, la Bolo Nega Maluca, in quanto non sarebbe mai pronta per la fine della cena, per cui accantona quell’idea e pensa ad altro.

“Nella dispensa dovrebbe esserci una torta Cameo!” La voce di Davide arriva dal bagno in cui sta pulendo Bilbo. “L’ho comprata io per prepararla con i miei amici!”

“Non sapevo che fossi diventato pasticciere!” grida Priscilla di rimando. “Occupati di Bilbo!” continua, facendo una buffa linguaccia verso la porta.

“Era solo un’idea!”

“Un’idea idiota!” Si avvicina alla porta, e da essa guarda il fratello intento a pulire nel corridoio. “Vuoi proporre a quei due snob una torta Cameo? Che diavolo ti salta in mente?!

“Allora vai in pasticceria,” dice lui.

“Non se ne parla. Dobbiamo inventarci qualcosa.”

Rimanendo accanto ai fornelli, evitando cioè di avvicinarsi alla porta (e quindi a Davide), Camila espone la sua idea. “In quel cesto sul ripiano di legno c’è molta frutta,” dice. “Potremmo preparare una crostata di frutta. Sarà certamente pronta per la fine della cena.

“Davvero?” domanda Priscilla.

“Sì. Ho soltanto bisogno di burro, uova, farina, latte, vaniglia e… gelatina.”

“Tutto qui? Puoi davvero preparare una torta di questo tipo in così poco tempo?

“Sì,” risponde l’altra, sorridendo.

“Oh, Camila. Grazie, grazie, grazie.”

E così, mezzora dopo, alle sette e trentacinque minuti, Camila infila in forno la teglia contenente la base della torta, mentre Priscilla termina la cottura della crema alla vaniglia.

“Mentre si raffredda inizio ad affettare la frutta,” dice Camila. “Tu puoi andare a prepararti, se vuoi.”

“Sicura?”

“Sì, certo. Non c’è altro da fare, vero? Il pesce ha terminato la cottura, e la base per il risotto è pronta.

Camila non è mai stata brava a cucinare il pesce, ma è stata fortunata: la cottura delle pietanze era già al punto giusto. Lei e Priscilla non hanno dovuto fare altro che aggiungere un filo d’acqua nelle pentole e terminare la cottura.

“Grazie, Camila. Sarò di ritorno in un baleno, promesso.” Si avvia nel corridoio, ma poi torna indietro. “Non ho idea di dove siano Davide e Bilbo, ma non farli avvicinare a quella torta, intesi?”

“Intesi,” risponde l’altra, con un grande sorriso sulle labbra.

 

L’atmosfera surreale continua ad avvolgerla, ma assieme ad essa c’è qualcos’altro. Passare del tempo con Priscilla non è stato difficile per lei, né imbarazzante.

A Camila la ragazza è simpatica, e sembra che anche Priscilla veda lei di buon occhio.

E’ strano. Sono qui, in casa di Davide, e ho appena trascorso mezzora con sua sorella. La stessa sorella che 17 anni fa mi ha dato un paio di scarpe, pur non sapendolo.

So che dovrei andarmene. So che questo non è il mio posto, e che è solo per puro miracolo che Davide non è qui in cucina, ma non posso fare a meno di sentirmi attratta da tutto questo.

E’ vero, sembrano una banda di pazzi, ma mi piace stare qui, con loro.

Camila affetta diligentemente i kiwi, le arance, le mele e le fragole. Controlla di tanto in tanto la cottura della base, e dopo un quarto d’ora decide che è pronta. Nella casa regna il silenzio, segno che i membri della famiglia sono occupati a prepararsi per la cena.

Sarà così, se deciderò di lavorare per loro? Mi lasceranno libera in cucina? Accidenti, l’hanno appena fatto. Ora, al nostro primo incontro. Potrei essere una delinquente. Potrei rapinarli e andare via.

“Tutto bene?”

La voce di Simona la sorprende alle spalle. Camila si volta e nota come sia cambiata in poco meno di un’ora. Indossa un paio di pantaloni di pelle marrone, che potrebbero risultare volgari alla sua età, ma che a lei donano particolarmente, visto che è alta e snella. Sui pantaloni, fino a metà coscia, scende una blusa a maniche lunghe color caramello. Ai piedi ha due ballerine, dorate come il disegno astratto che si trova sul retro della blusa. Con sé, Simona porta un buon profumo fruttato. I capelli sono lisci e legati in una coda bassa, fermata con un fermacapelli gigante.

Complimenti, signora,” dice Camila. “Sta molto bene.”

“Grazie,” risponde Simona. “Come procede qui? Priscilla mi ha detto che sei un lampo nell’impastare.

Camila le mostra la base di pasta frolla, che si sta raffreddando assieme alla crema alla vaniglia, e la frutta tagliata a piccoli pezzi.

“Bene,” dice Simona. “non resta che preparare l’antipasto. Avevo in mente di fare dei vol-au-vent al salmone, ma il tempo è poco, quindi opteremo per delle tartine al paté d’oliva. Tu che dici?”

“Può andare,” risponde Camila, meravigliandosi che la donna abbia chiesto il suo parere. In fondo sono estranee, non dovrebbe essere così… così cordiale, giusto?

Camila osserva Simona aggirarsi per la cucina con la sua blusa svolazzante, e all’improvviso ha un’altra idea. “Potrei prepararle io,” dice. “Se vuole può andare ad apparecchiare, invece di rimanere qui. E’ così ben vestita, non vorrei si sporcasse.

Simona è di nuovo presa alla sprovvista. “Camila, io… Sei molto gentile, ma non devi trattenerti oltre.” Alza gli occhi sull’orologio attaccato alla parete. “Dio, sono quasi le otto! Vorrai tornare a casa, non è così? Oh, Dio, ti abbiamo trattenuta qui fino a quest’ora!

“No, no, signora. Non è un problema.”

In teoria è un problema, ma a Camila non importa.

“Sarebbe un peccato se si sporcasse proprio adesso,” continua. “Ha detto tartine con il paté d’olive, giusto? Credo di aver visto il pane in cassetta in quel mobile lì in basso, quando Priscilla ha preso la farina. Vada pure, ci penso io.”

Mezzora dopo, la tartine e la crostata alla frutta sono pronte sul tavolo della cucina dei Falco.

“Wow. Complimenti.”

Davide entra in cucina lentamente, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni.

Camila aveva quasi dimenticato che fa anche lui parte della famiglia. O forse voleva semplicemente illudersi che non fosse a casa.

Indossa un paio di pantaloni scuri e una camicia grigia con delle righe celesti molto sottili. Il suo profumo è molto più forte di quello di Simona, e Camila ne è immediatamente colpita.

Tuttavia, nonostante desideri alzare gli occhi dalla tartina che ha in mano e osservare quelli di lui, Camila evita di cedere all’istinto e mormora unGrazie’ prima di appoggiare il triangolo di pane in cassetta sul vassoio.

Davide fa il giro del tavolo e arriva al balcone. Si ferma a pochi passi da lei. Osserva la torta.

“Posso averne una fetta?”

“Tua sorella ha detto che non devi avvicinarti alla torta,” risponde lei.

Silenzio per qualche secondo.

“Posso ripulire il pentolino in cui avete preparato la crema?”

Camila sorride, ma non alza la testa. “Va bene.”

Davide si avvicina ai fornelli e prende il pentolino. Da un cassetto prende un cucchiaino e inizia a ripulire il recipiente. Lentamente. Con attenzione. Impiegando più tempo del necessario.

Camila termina di stendere il paté sulle tartine, e prende a sistemare le fette di pane  in modo da ricreare un motivo geometrico. Anche i suoi movimenti sono lenti e attenti.

“La crema è molto buona. Complimenti.”

“Grazie. E’ stata Priscilla a prepararla.”

“Scommetto che le hai detto tu come fare. Quella che fa di solito è piena di grumi.

Camila sorride di nuovo, e ripensa a quando Priscilla le ha chiesto di versare il latte sul composto di uova, farina e zucchero al suo posto, in quanto temeva i grumi.

“Hai già deciso cosa farai? Lavorerai qui?” incalza Davide.

Camila non riesce ad alzare lo sguardo, per cui si occupa di allineare le tartine con calma.

“Non ho ancora deciso,” sussurra dopo un po’.

Si volta per andare al lavello, per sciacquare le mani che non sono sporche. Davide la segue come un’ombra, appoggiando in una delle vaschette il pentolino ormai pulito ed il cucchiaino.

“Mia madre e mia sorella sono estasiate all’idea di averti qui ogni giorno. Hanno detto che ispiri fiducia.”

Il suo tono di voce è basso, gentile.

Camila continua a tenere la testa chinata, e ringrazia in silenzio i suoi capelli gonfi che le fanno da scudo.

Sei stanca?”

“No,” dice subito. “Perché?”

“Perché hai la testa a penzoloni come se stessi per addormentarti,” dice con un sorriso. Camila la alza di scatto, in parte indispettita per le sue parole, in parte desiderosa di guardarlo mentre ride. “Così va meglio,” riprende Davide.

Sono talmente vicini che lei può sentire il suo profumo come se si trovasse sulla sua stessa pelle.

Sono talmente vicini che gli occhi marroni di Davide hanno l’effetto di un pendolo ipnotizzante.

Sei stanca, non è vero?”

“No,” ripete Camila.

“Lo dici con così tanta veemenza che la bugia è evidente,” sussurra lui. “Grazie per essere rimasta.”

Lei lo guarda di sfuggita, ma senza scostarsi. I loro fianchi si sfiorano. “Prego.”

“Accetterai di lavorare qui? Mia madre è pronta a costruirti un trono, ti avviso.

Camila sorride. “Non lo so, Davide. Devo pensarci bene.”

“E’ per me? Hai dei dubbi perché questa è casa mia? Sappi che di solito passo poco tempo in casa. La mia camera è la più pulita di tutte, me ne occupo personalmente, quindi non dovresti neppure entrarci.

“No,” dice lei. “Non è per questo.”

Vorrebbe continuare, e dirgli che si tratta di un problema di organizzazione, anche per quanto riguarda i suoi altri clienti (lavorare per i Falco a tempo pieno vorrebbe dire salutare molte delle famiglie per cui lavora adesso), ma Davide l’anticipa.

“E’ per tuo marito? Devi parlarne con lui?”

Lo chiede in maniera fredda. Quasi con strafottenza.

A Camila il suo tono non piace.

“No,” risponde secca. E non dice altro.

Davide esce dalla cucina dopo pochi secondi, senza rivolgerle più la parola.

 

***

 

“Ti prego, Camila, resta a cena con noi.”

Priscilla cerca di convincerla da dieci minuti, ma Camila ha già deciso: non rimarrà con i Falco.

Sarebbe troppo.

Gli ospiti sono arrivati da dieci minuti e si trovano in salotto con Giancarlo, il quale si è limitato a salutare Camila con una rapida stretta di mano

Priscilla e Simona sono in cucina, intente a riempire i piatti di cibo.

“Vi ringrazio,” dice Camila. “Ma non posso, davvero. Devo tornare a casa.”

Guarda l’orologio. Sono le otto e mezza. Non arriverà a casa prima delle nove. Dovrà prepararsi da mangiare, lavarsi. Non può trattenersi oltre.

“Va bene,” si arrende Simona. “Va bene.” Le va accanto, ignorando per un attimo le tartine. “Grazie per tutto quello che hai fatto per noi questa sera, Camila. Ci hai salvate, davvero.”

Priscilla annuisce e sorride.

“Non ho fatto nulla di speciale, davvero,” dice, indossando la sua giacca. “Grazie a voi per avermi lasciato la vostra cucina, e per avermi dato fiducia.”

“Fiducia meritata,” dice Priscilla. “Le tartine sono eccezionali, e scommetto che anche la torta sarà buonissima.”

“Grazie, Priscilla.” Camila la guarda con un’intensità all’apparenza immotivata, ma dentro di sé il suo grazie è molto profondo.

Grazie per le tue scarpe, vorrebbe dirle. Grazie per aver deciso che non ne avevi più bisogno.

“Quando possiamo risentirci?” chiede Simona. “Per discutere meglio del lavoro, del contratto.”

“Va bene domani? Voglio dormirci su e pensare bene a tutto il da farsi,” dice Camila. “Non so se ne ha già parlato con la signora Ballotta, ma io vivo dall’altra parte di Roma, quindi fra le altre cose dovrò considerare anche il trasporto.”

“Hai un’auto?” chiede Priscilla.

“No. Uso i mezzi pubblici.”

“Sono sicura che troveremo il modo di metterci d’accordo,” replica Simona. “Ci tengo molto, Camila. Davvero.” E nel dirlo, tira fuori dalla tasca una piccola bustina bianca e gliela porge. “Questo è un piccolo pensiero per il tempo che ci hai dedicato questa sera.”

“Oh, no. Non posso, signora. No.”

“Ti prego, Camila. Voglio che ci sia equilibrio nel nostro rapporto, e se non prendi questa busta mi sentirò per sempre irriconoscente per quello che hai fatto.

“E’ vero,” dice Priscilla. “Hai preparato tutto questo in meno di un’ora. Devi accettare qualcosa. Prendi la busta, Camila. Davvero.”

“In questo modo ci sarà equilibrio,” riprende Simona. “E potremo parlare del lavoro come si deve.”

Camila accetta la busta bianca ringraziando le due donne, la infila in borsa senza aprirla; non vuole che pensino che sia una persona attaccata al denaro, e non vuole neppure fare la figura della poveretta che conta immediatamente i soldi guadagnati.

“Grazie,” dice ad entrambe. “Adesso vado. Buona serata. Buona cena.”

“Come tornerai a casa?” chiede Priscilla mentre le fa strada nel corridoio. “Prenderai i mezzi?”

“Sì.”

“Oh. Stai attenta, mi raccomando. Ci sentiamo domani, d’accordo?”

“D’accordo. Grazie ancora, Priscilla.”

“Grazie a te, Camila.”

La ragazza le sorride fino a quando chiude la porta. Il pezzo di legno rossastro che la separa dai Falco e dalla sensazione di famiglia che le hanno trasmesso per poche ore diventa rapidamente suo nemico, per cui gira in fretta i tacchi e scende le scale.

Non posso non accettare. Si tratta di una buona famiglia. Lavorare in un posto solo, invece che impazzire per la città, sarebbe fantastico… ma posso davvero farlo? E’ la casa di Davide. Ha detto che non c’è mai, e che non dovrei pulire la sua camera, è vero.. ma è pur sempre casa sua.

Accidenti. Perché mi faccio tutti questi problemi? Si tratta di un lavoro, e devo considerarlo come tale. Non posso farmi condizionare da Carovigno, né dalle due sere nel giardino sotto casa. Né dal suo approccio nei miei riguardi. Devo pensare a me stessa, alle mie priorità. Ho bisogno di un lavoro che mi permetta di guadagnare bene, e Simona Falco ha bisogno di una persona come me.

Davide? Il suo sorriso? Il suo profumo e i suoi occhi ipnotizzanti? Non mi interessano. Non devono interessarmi.

Camila si ritrova davanti al portone alla fine del suo monologo interiore. Si chiude nella giacca e si prepara ad arrivare alla fermata dell’autobus a piedi, ma una voce la ferma.

E’ la voce di Davide. Fermo accanto ad un’aiuola, ha con sé Bilbo, legato al guinzaglio.

“Bilbo mi ha chiesto di riaccompagnarti a casa. Andiamo.”

---

 

 

Durante la scrittura mi sono resa conto che questo capitolo stava venendo molto lungo. Ho deciso, quindi, di spezzarlo a metà. Il seguito arriverà la prossima settimana. Resistete.

 

   
 
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