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Autore: _Fedra_    17/02/2011    2 recensioni
Qualcosa di strano sta accadendo nella vita di Cate Mantis, da una misteriosa bambina che sembra provenire direttamente da un altro mondo a un'inquietante signora bianca che afferma di conoscere molte cose su di lei. Tutto ciò l'avvicina sempre più al mondo di Narnia, una dimensione parallela nella quale ella virà la più grande avventura della sua vita, insieme a un amico decisamente inaspettato! p.s. questa fanfiction è stata tradotta in inglese sul sito Fanfiction.net con il titolo "The last passsage".
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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 Il rumore si faceva sempre più forte a ogni passo, rimbombando assordante fra gli alberi che di colpo sembravano farsi sempre meno carichi di neve, lasciando i rami sottili nudi e bagnati da una leggera brina che gocciolava lentamente sul terreno, accendendolo del suo dolce profumo. Affrettai il passo, cercando di capire la fonte di tutto quel frastuono. Sentivo che, in qualche modo, stava accadendo una cosa buona quanto straordinaria. Possibile che fosse davvero la voce di una cascata che si era appena liberata dalla sua prigione di ghiaccio? La scena che mi si parò davanti agli occhi in quel momento mi lasciò senza fiato, completamente impotente di fronte alla grandiosa potenza della Natura. Un grandissimo fiume impetuoso scorreva violentemente lungo gli argini appena riconquistati, trascinando con sé immani blocchi di ghiaccio come se fossero stati delle semplici barchette di carta, sbatacchiandoli l’uno contro l’altro fino a spaccarli in mille pezzi. Il sole, il primo sole che vedevo risplendere in quel mondo, accarezzava timidamente le onde ribelli, conferendo loro un bagliore cristallino, puro come quelle acque appena tornate alla vita. Mi fermai sulla riva, contemplando raggiante quello spettacolo grandioso, bagnando le dita nella corrente impetuosa e avvertendo sulla mia pelle tutto il suo potere, ascoltandolo in silenzi, rabbrividendo per il freddo e il rispetto che provavo nei confronti di quella che sentivo un’entità pulsante di vita che respirava ai miei piedi. In quel momento capii perché i miei antenati veneravano le divinità fluviali, prima fra tutte quella che aveva dato origine alla loro stessa città, quella città che sarebbe vissuta in eterno. Vita. Era tutta attorno a me, finalmente, bella come non l’avevo mai vista.
Un grido scosse l’aria, facendomi trasalire. Una figuretta minuta dai corti capelli castano ramati annaspava nella corrente, comparendo e sparendo malamente fra i flutti, la corrente che la trascinava via senza pietà. Il sangue smise per un attimo di scorrermi nelle vene. Come non riconoscerla?
“LUCY!”.
Dovevo aiutarla assolutamente o sarebbe affogata davanti ai miei occhi. Mi slacciai d’istinto il fodero della spada e lo protesi verso di lei.
“Afferra, Lu, afferra!” gridai più forte che potevo.
La bambina agitò le braccine verso di me, tenendosi stretta all’intercapedine di cuoio, il suo peso morto rischiò di farmi precipitare in acqua a mia volta. Mi gettai istintivamente all’indietro con tutto il mio peso, trascinandola fuori dall’acqua e ruzzolando insieme sul terreno bagnato dalla neve che si scioglieva, al sicuro.
“Tutto bene?” ansimai, gettandole il mantello sulle spalle. Possibile che quei fratelli non avevano mai la premura di mettersi qualcosa di più pesante sopra gli abiti estivi?
“Sì” rispose Lucy rabbrividendo. “Grazie”. Nonostante i capelli bagnati e la pelle bluastra per il freddo, la bambina aveva gli occhioni blu spalancati nel sorriso più radioso che si possa immaginare. “Lo sapevo!” esclamò. “Sapevo che saresti venuta, un giorno!”.
“Sì,” risposi io, abbracciandola forte, come se fosse stata una vera sorella “sì, sono qui! Perdonami se non ti ho creduta, prima! I grandi sono molto stupidi, alle volte! Ti conviene non prendere esempio da noi!”.
Lucy era sul punto di dire qualcosa, quando un’acuta voce femminile giunse alle nostre spalle. “Lucy!” stava gridando. “LUCY!”.
La bambina trasalì, scattando in piedi e correndo nella direzione dalla quale proveniva il grido. “Qualcuno ha visto la mia pelliccia?” domandò con la sua squillante vocetta innocente.
“Lu!” gridò l’alta ragazza bruna che aveva urlato, correndole incontro e abbracciandola forte.
Alle sue spalle, un ragazzone biondo stava rinfoderando una grande spada, scostandosi dalla fronte la frangia bagnata.
“Eravamo così spaventati, pensavamo che fossi annegata!” continuava a gridare la sorella, quasi sul punto di mettersi a piangere.
“E invece sono qui!” esclamo Lucy risoluta.
 “Ma dove hai preso il mantello?” domandò a quel punto la ragazza.
F u allora che tutti levarono gli occhi su di me, che me ne ero rimasta in disparte fra i cespugli.
“Ehm, salve!” li salutai timidamente.
“Chi è questa ragazza, Lu? La conosciamo?” domandò suo fratello facendosi più vicino.
“Lei è Cate Mantis” mi presentò la bambina, facendomi cenno di avvicinarmi con la testolina. “E’ quella ragazza del giardino del professor Kirke, vi ricordate? Anche lei non mi aveva creduto e ora eccola qui! Mi ha salvata poco fa!”.
Tutti mi fissarono con un misto di ammirazione e di smarrimento, facendomi arrossire fin sopra le orecchie, visibilmente a disagio; poi il ragazzo biondo si fece avanti, tendendomi la mano. “Piacere, mi chiamo Peter, il fratello di Lucy” si presentò sorridendomi gentilmente.
Gli strinsi la mano timidamente, sorridendogli a mia volta. Rimasi profondamente colpita dai suoi occhi, di un blu zaffiro proprio come quelli della sorellina, che gli conferivano uno sguardo fiero e allo stesso tempo gentile, naturale, da ragazzo della porta accanto. Il suo atteggiamento rassicurante mi fece forza, abbandonando qualsiasi senso di disagio.
“Io sono Susan, tanto piacere!” si presentò a sua volta la sorella, sorridendomi radiosa. Era una ragazza sui sedici anni di una rara bellezza proprio come i fratelli, gli occhi di ghiaccio che contrastavano con la folta chioma castana, i tratti marcatamente mediterranei sul viso pallido.
“E’ un piacere, Susan!” risposi io, stringendo la mano anche a lei.
“Bene, noto che la nostra compagnia è visibilmente accresciuta” disse una voce simpatica dalle parti delle mie ginocchia.
Abbassai lo sguardo e trasalii per la sorpresa. Una coppia di grossi castori dal pelo bruno mi stava fissando con i loro dolci occhietti neri, i nasini umidi che si muovevano appena verso di me. Castori parlanti? Ora sì che le avevo viste tutte! Eppure, anche se a rigor di logica la cosa non aveva alcun senso, in quel mondo una simile verità mi sembrava totalmente normale.
“Siete loro amici?” domandai, chinandomi verso di loro per osservarli meglio.
“Certo, cara” rispose la femmina. “Anche tu sei diretta al campo di Aslan?”.
“Sì” risposi sorridendo. “Non mi dispiacerebbe affatto fare la strada in vostra compagnia”.
“Sì, sì!” esclamò Lucy raggiante. “Ti prego, vieni con noi!”.
Mi rialzai in piedi, scompigliandole per gioco i capelli rossicci. “Certo che rimango con voi!” le risposi. “Non sai quanto sono felice di avervi incontrati!”.
“Ci conviene andare, allora” intervenne a quel punto il Castoro. “Ricordatevi che vostro fratello è ancora nelle mani della Strega Bianca e Aslan è l’unico che può fare qualcosa per lui, ormai”.
Il solo pensiero di Edmund mi colpì come una pugnalata, facendomi dimenticare la felicità che mi aveva travolta in quegli ultimi minuti.
“Andiamo, allora!” la voce allegra di Peter bloccò a metà le mie tristi congetture, facendomi ritornare il sorriso che era scomparso per pochi istanti.
Lucy emise un gridolino di gioia e mi prese per mano, mettendosi a correre fra le chiazze di verde che emergevano vista d’occhio fra la neve. Io risi e la rincorsi, creando un disordinato scompiglio nella compagnia, Peter che ci rincorreva tirandoci palle di neve mezza sciolta e Susan che si teneva leggermente in disparte, non senza nascondere il proprio divertimento.
Trascorremmo così gran parte della mattinata, scherzando e facendo i matti per diverse volte, inebriati dalla primavera che era finalmente ritornata a splendere in quel mondo maledetto, restituendogli il suo vero volto, alternandoli a momenti in cui discorrevamo animatamente, curiosi di conoscere le nostre rispettive vite.
Peter aveva diciassette anni e frequentava il college, aspettando on ansia il momento in cui avrebbe potuto coronare il suo sogno di diventare medico.
Susan, invece, preferiva studiare la letteratura e aveva un debole per il latino. Inutile dire che quando le rivelai che frequentavo una scuola in cui non si faceva nient’altro, la ragazza prese immediatamente a tempestarmi di domande, finendo poi per promettermi che sarebbe riuscita a farmi amare quelle materie che quegli ignoranti dei miei professori mi avevano reso semplicemente odiose.
Lucy, poi, si rivelò un vero e proprio vulcano. Aveva un’immaginazione incredibile, perennemente in moto, pronta a scatenarsi non appena il suo campo visivo si imbatteva in qualcosa che la colpiva particolarmente, da un piccolo fiore appena sbocciato ai primi fili d’erba che si facevano timidamente largo tra la neve. E la cosa più sorprendente era che tutta questa fantasia non appariva come i semplici vaneggiamenti di una bambina quale era, ma emanavano tutta la magia e l’innocenza che racchiudeva, senza nient’altro di superfluo a contaminare la sua semplicissima purezza. Era piccola, sì, ma straordinaria.
Di Edmund non parlammo affatto.
Lucy mi raccontò per filo e per segno di come fosse arrivata a Narnia insieme ai fratelli, passando attraverso il vecchio armadio guardaroba nella grande casa di campagna di un rinomato professore che si era offerto di ospitarli durante la guerra.
“Dunque voi venite dal mio stesso mondo, solo molti anni prima di me” osservai a un certo punto.
“A quanto pare, le cose stanno così” ripose Susan, camminando al mio fianco. “Però a rigor di logica è impossibile”.
“Dopo tutto quello che ci è successo, ancora usi la parola impossibile, sorella?” domandò Peter ridacchiando.  “Se noi siamo stati chiamati dal nostro tempo, non vedo perché Cate non debba esserlo stata dal suo. Del resto, questa è un’altra dimensione e poco importa il tuo luogo di provenienza, o no? Stiamo vivendo tutti in questo tempo, in questo luogo, proprio ora”.
Io gli sorrisi raggiante. Mi piaceva Peter, aveva tutto l’aspetto di essere un ragazzo allo stesso tempo saggio e molto simpatico. Un ragazzo d’altri tempi, pensai con una vena di gelosia.
“Quanti anni dovresti avere più di noi?” domandò Susan a quel punto.
“Non lo so dire di preciso” risposi io, che con la matematica non ci sapevo proprio fare. “Comunque, prima di venire qui, da me a Roma era il 2005”.
“Roma?” esclamò Susan, illuminandosi di colpo. “E com’è? Oh, sapessi quanto desidero vederla! Mamma e papà ci sono stati in viaggio di nozze, ma noi ragazzi mai! E’ tanto cambiata dalla guerra?”.
“E’ caotica” dissi alzando le spalle. “Meglio qui”.
Susan mi afferrò il braccio con fare complice. “Non ci credo!” esclamò senza smettere di sorridere. “Scommetto che è come per il latino: devi guardare sotto la superficie, per scoprire il tesoro che nasconde”.
“Spero tanto che tu abbia ragione” borbottai. “Io non ne sono tanto convinta…”.
Susan mi abbracciò forte, come una vera amica. “Tutto può succedere” disse dolcemente. “E quando nemmeno te lo aspetti. Parola di una razionalista rompiscatole come me!”.
 
Continuammo a seguire il corso del fiume fino a quando i signori Castoro non ci fecero cenno di svoltare verso l’entroterra, ai piedi delle montagne, dove sorgeva un’ampia vallata verde che si perdeva a vista d’occhio. La neve si era ormai completamente sciolta, lasciando il posto al trionfo selvaggio della natura appena risvegliata. L’aria era calda e mite, carica dei profumi della primavera. In poco tempo, le pellicce vennero riposte e ci ritrovammo a camminare tranquillamente in maniche di camicia. E, alla fine, arrivammo a destinazione. L’infinita distesa di tende rosse occupava l’estremità della pianura, brulicante di vita. Un’alta figura si stagliava su uno sperone di roccia, scrutando l’orizzonte. Sulle prime non capii che cos’era, sembrava un cavaliere, poi sobbalzai per la sorpresa nel constatare che in realtà il corpo dell’umano e quello del cavallo erano in realtà una cosa sola e che quello era un vero e proprio centauro. Se solo la Marchesi avesse potuto essere lì! Ci avvicinammo al campo, entrano nel cuore dell’accampamento. A ogni passo, il mio stupore aumentava, capendo che tutto quello che avevo visto fino a quel momento non era stato altro che un millesimo di tutto ciò che mi aspettava. Creature di ogni sorta si affollavano attorno a noi, scrutandoci con gli occhi carichi di curiosità. C’erano centauri, fauni, ghepardi, cavalli e molti altri animali di cui non avevo mai sentito parlare prima.
“Perché ci guardano tutti?” domandò Susan gettandosi attorno occhiate nervose.
“Forse trovano che sei buffa” rispose Lucy ridendo.
Ci fermammo infine dinanzi a una tenda più grande delle altre, proprio al margine della foresta. Peter si fermò per primo, volgendosi verso il grande centauro nero che sorvegliava l’entrata.
“Siamo qui per conferire con Aslan” disse il ragazzo sguainando la spada.
Fu una frazione di secondo. Nel campo piombò il silenzio più totale. Tutti si erano improvvisamente prostrati in segno di rispetto, come a un segnale invisibile. Ma non era a noi che si rivolgevano. Il raffinatissimo panno di porpora e oro che fungeva da porta della tenda si scostò lentamente, lasciando passare quasi senza far rumore la creatura più bella e maestosa che avessi mai visto. Aslan ci fissò con i suoi bellissimi occhi d’ambra.
“Benvenuti, figli di Adamo e figlie di Eva” ci salutò con la sua voce profonda e sorniona allo stesso tempo. “E benvenuti anche a voi, signori Castori. Noto con piacere che, nonostante i pericoli, avete affrontato lo stesso il viaggio. Ma manca qualcuno nella vostra compagnia”.
Il cuore mi si contrasse nuovamente in maniera dolorosa e lo stesso sembrò avvenire ai miei compagni: tutti evitavano accuratamente di guardarsi negli occhi.
“Lui ci ha traditi, signore” rispose Peter per tutti noi.
Un coro di voci si alzò alle nostre spalle.
“Se le cose stanno così, allora ha tradito tutti noi!” esclamò il centauro nero sguainando la spada.
“Pace, Oreius” intervenne Aslan. “Sono certo che esiste una spiegazione”.
“In verità, è mia la colpa” continuò Peter. “Sono stato troppo duro con lui”.
Io mi voltai a fissarlo, stupefatta. No, non potevo crederci, non dopo quello che era accaduto.
Susan gli mise una mano sulla spalla. “Tutti lo siamo stati” aggiunse in tono risoluto.
“Vi prego, è nostro fratello!” lo implorò Lucy.
Gli occhi di Aslan si erano fatti improvvisamente tristi. “Lo so,” disse “ma ciò rende ancora più grave il suo tradimento. Sarà più difficile di quello che crediate”.
 
“Tu credi che Aslan lo salverà?” domandai io mentre mi legavo i capelli in una coda.
“Io mi fido di lui” rispose Peter deciso.
“Ma tu vuoi che torni?” domandai velenosa.
Peter fece una smorfia, poi rispose “Sì”.
“Vedrai,” disse Lucy tirandomi per una manica del vestito che mi avevano fatto trovare nella tenda “Edmund non è così antipatico come sembra”.
“No, infatti” risposi sorridendo. “Lu, perché non vai un attimo fuori da Susan. Credo che abbia bisogno di aiuto”.
La bambina sorrise con fare innocente e annuì, precipitandosi poi fuori.
Rimanemmo da soli io e Peter.
“Suppongo che tu abbia qualcosa da dirmi” disse il ragazzo sorridendomi con il suo solito fare rassicurante.
“Sì” risposi io decisa. Almeno lui doveva sapere. “Ho conosciuto vostro fratello” dissi tutto d’un fiato. “Perdete tempo nel salvarlo. Ormai è al completo servizio della Strega Bianca”. Ecco, ora dovevo solo fare lo sforzo per digli come stavano le cose. “Lui si è finto mio amico per poi tradirmi. Ha tentato di uccidermi e ci sarebbe anche riuscito se non mi fossi salvata per puro caso. Mi dispiace tanto per voi che siete una famiglia tanto dolce, ma, davvero, solo voi tre. Lui è un mostro”.
Peter ascoltava in silenzio, una mano sul mento, limitandosi ad annuire impercettibilmente con il capo. Poi, non appena terminai il mio racconto, fece una cosa che non mi sarei mai aspettata da lui. Mi strinse forte fra le sue braccia, come nessuno aveva mia fatto prima con me, in un abbraccio che infondeva tutto il coraggio e la dolcezza che non avevo mai avuto da nessuno, quella di un vero amico e di un fratello.
“Va tutto bene” mi disse piano. “Ora è tutto finito, sei con noi e non ti accadrà più nulla di male,è una promessa”.
Io annuì piano, il volto immerso nella sua spalla, poi, lentamente, mi discostai da lui.
“Grazie” mormorai con la voce che tremava. “Ora…scusa, ma credo che ho bisogno di fare due passi. Non mi sento bene” aggiunsi imbarazzata, poi, senza starci a pensare un attimo di più, uscii dalla tenda, avviandomi a grandi passi fra le tende dell’accampamento e ancora oltre, perdendomi nella valle e infine crollando su un grande masso di pietra, da dove potevo contemplare quel panorama infinito in cui cielo e terra si toccavano all’orizzonte. Avevo il fiato mozzo e le gambe mi tremavano in maniera incontrollata. Ma non era stato l’abbraccio a sconvolgermi. Era qualcos’altro che non osavo neppure ammettere a me stessa. Qualcosa che mi faceva male al cuore e che mi bruciava dentro come un fuoco nero. Una forza misteriosa e potente che credevo di non conoscere, ma che in quel momento mi aveva completamente soggiogata. Quella stessa forza che in quel bellissimo pomeriggio di primavera mi fece versare le lacrime del mio primo amore.
 
  Buonasera, cari lettori!
So che anche questa volta vi ho fatti aspettare per un bel po', ma almeno posso discolparmi con un bel capitolone pieno di novità.

Anche se Edmund ancora non ha fatto la sua ricomparsa (ma vi assicuro che dal prossimo capitolo in poi sarà anche FIN TROPPO presente), Cate ha fatto la conoscenza degli altri Pevensie, trovando in loro proprio quegli amici che ha sempre desiderato.
Non vi nascondo che qualsiasi supposizione facciate su Peter è perfettamente azzeccata, anche se le lacrime della nostra amica non sono affatto per lui. Chi è o è stato innamorato capirà benissimo come si sente (anch'io del resto, altrimenti non potrei mai scrivere una cosa del genere).

Ringrazio ancora una volta sawadee e La_la per il loro affettuosissimo sostegno di sempre, spero che anche questo capitolo vi abbia appassionate come i precedenti!

Non mi resta che augurarvi una buon lettura, in attesa del GRANDE RITORNO!
Ciao!


 
 
 
 
 
 
 
 

   
 
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