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Autore: _hurricane    20/02/2011    3 recensioni
Mentre Kurt è alle prese con la sua cotta per Blaine, Finn deve affrontare l'ennesimo tradimento, quello di Rachel. Saranno proprio questi tormenti a far loro scoprire il vero significato di "fratello", e chissà... le cose si sistemeranno per entrambi?
[note in corso d'opera:
- la fic non tiene conto degli eventi successivi alla 2x09;
- lieve OOC di Finn (che preferisco definire un saggio cambiamento di rotta);
- Klaine centric, con possibili cambiamenti di rating]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Brothers

 

Il fatto che Kurt pesasse 45 chili dopo una cena abbondante aveva da sempre disilluso suo padre sulle possibilità di vederlo diventare un quarterback o un lottatore di box, e la larghezza irrisoria delle sue spalle non lo rendeva adatto nemmeno per il nuoto. Eppure, inspiegabilmente, quando tornava a casa arrabbiato per qualcosa riusciva a sbattere la porta così forte da far tremare le fondamenta, tanto da rincuorare suo padre sui suoi sogni di gloria andati in fumo, un secondo prima di preoccuparsi della causa di tanta rabbia. Quella mattina in realtà era frustrazione, mista alla voglia di prendersi a padellate in testa o di andare in giro per la città in leggins e maglia corta come punizione per essersi lasciato sfuggire quelle dannate parole. Burt Hummel, sapendo in partenza che il motivo era un ragazzo e sapendo anche di non essere ancora emotivamente preparato ad affrontare certi discorsi con suo figlio, fece un cenno a Finn, indicando Kurt che si allontanava a testa bassa verso la sua stanza. Il ragazzo, un po’ riluttante, rispose con un cenno di assenso, sapendo in cuor suo di essere in debito con l’uomo che aveva davanti, e in fondo anche con il suo nuovo “fratello”. Da quando aveva detto quella parola, aveva creato una specie di muro tra di loro, nonostante il chiarimento al matrimonio dei genitori, quando gli aveva promesso che gli avrebbe sempre guardato le spalle. In quel momento, sentendo la porta della stanza di Kurt sbattere più violentemente di quella dell’ingresso, Finn si rese finalmente conto che “guardarti le spalle” non doveva necessariamente significare picchiare chi ti minaccia o farti da scorta come se fossi il presidente degli Stati Uniti, perché ci sono colpi più duri da affrontare di granite in faccia o spinte contro gli armadietti. E lui lo sapeva bene. Per la seconda volta era stato tradito, e con la stessa persona: Puck, l’amico più muscoloso, più delinquente e più sessualmente attivo di lui. E che si trattasse di uomini o di donne, tutti prima o poi mentono, feriscono, deludono: consolare Kurt non sarebbe stato poi così difficile. Ormai erano sopravvissuti alla convivenza forzata, alla teatralità di Lady Gaga, al tentativo di Kurt di far sembrare la stanza un bazar indiano gay… si, ce l’avrebbero fatta. “Sarò tuo fratello” promise a sé stesso Finn, scendendo le scale che portavano alla camera di Kurt dopo aver recuperato un sandwich vegetariano dal frigo, consapevole del fatto che Kurt avrebbe preferito pranzare da solo.

“Vattene via”. Era la voce acuta di Kurt, resa più ovattata dal cuscino nel quale aveva affondato la sua testa. Finn ci mise un po’ a realizzarlo, visto che la stanza era per la maggior parte nella penombra e che Kurt era diventato un tutt’uno con il suo letto; inoltre si rese conto che, pur essendo passato non molto tempo dall’ultima volta che vi era entrato, l’arredamento era cambiato ancora una volta. Sempre gli stessi mobili in stile essenziale e chic, ma con un ordine diverso; in particolare, lo specchio da camerino che Kurt usava per i suoi rituali di idratazione, e che prima era alla base delle scale, ora si trovava in un angolo, accanto al letto. Al suo posto c’era una specie di piccola bacheca, come quelle della scuola usate per attaccarci i volantini con le puntine. Finn si avvicinò al muro per vedere meglio, a causa della luce fievole proveniente dalla piccola lampada sul comodino di Kurt, in fondo alla stanza. C’era la foto di un ragazzo con i capelli neri, un po’ troppo gellati (pensò con eccessivo senso critico), con una divisa uguale a quella di Kurt; una scritta realizzata con i ritagli di giornale che diceva “coraggio”; una serie di scontrini di Starbucks perfettamente allineati per data; e infine un cuoricino con al centro un nome, Blaine. In pratica, quella bacheca gli aveva appena fornito il “quadro della situazione” senza nemmeno aver avuto bisogno di parlare. Però non spiegava il perché della rabbia di Kurt, così Finn, sempre rimanendo a distanza dal letto, decise di provare: “Allora Kurt, cosa è succ-“ “Lo so che stai guardando la bacheca”. La voce di Kurt sembrava provenire da dentro una bolla, e il fatto che riuscisse ad essere così serio continuando a tenere la testa affondata nel cuscino iniziò a provocare una certa ilarità mista a tenerezza in Finn. Proprio come un vero fratello minore, Kurt in quel momento era un bambino capriccioso, che finge di non volere attenzioni soltanto per sentirsi più lusingato nel riceverle, e orgoglioso, che dice “Non c’è niente che non va” sperando con tutto il cuore che l’altra persona non ci creda. E proprio come Finn si era immaginato, lui sarebbe stato il fratello maggiore, sempre in grado di prevedere le mosse dell’altro ma mai capace di farglielo pesare. “Che ne diresti di girarti? In pratica da qui non ti vedo, e ti sento a malapena!” Finn decise di prendere Kurt per il verso dell’umorismo, visto che solitamente non riusciva a fare a meno di rispondere ad una battuta con un’altra ancora più tagliente. “Beh, accendi la luce allora”. Ancora la voce ovattata. Finn fece una piccola risata, riflettendo sul perché non ci avesse pensato prima, e una volta trovato l’interruttore eseguì. Kurt era disteso sul suo letto matrimoniale come l’uomo vitruviano, ma a pancia in giù; sembrava non avere la minima intenzione di voler cambiare posizione. “Ok, se vuoi restare così per me va bene, tanto sei tu che devi ascoltare me”. I discorsi ad effetto non preparati erano la sua specialità, perché poteva dire le cose senza pensarci troppo; al contrario, quando doveva dire qualcosa di prestabilito perdeva continuamente il filo. Questo era Finn. “So cosa stai pensando: perché dovrei confidarti i fatti miei quando tu non mi racconti nemmeno cosa succede al Glee Club? E infatti hai ragione. Ecco, io e Rachel… lei mi ha tradito. Con Puck. E io sono arrabbiato con lei, col mondo, con te perché te ne sei andato, con me stesso perché non riesco mai a far funzionare niente, né dentro questa casa né fuori.”  Kurt lentamente si girò, lasciando una voragine sul cuscino. Si mise seduto sul bordo del letto, senza alzare lo sguardo ma facendo cenno a Finn di avvicinarsi. Finn non se lo fece ripetere due volte, e avanzando concluse: “Per questo voglio far funzionare almeno una cosa. Questa cosa… Io e te. Dopo il matrimonio, quelle belle parole che ti ho detto sono rimaste solo parole, e ho capito che devo impegnarmi di più”. “Finn, non devi sentirti obbligato a-“ “Non mi sento obbligato! Come posso spiegarti…” Ecco di nuovo la faccia da cucciolo ferito, come quando si erano incontrati in cucina di notte. “Kurt, io voglio essere tuo fratello”. Kurt alzò lo sguardo, mostrando per la prima volta alla debole luce i suoi occhi, ora improvvisamente lucidi. Un minuto di silenzio. “…mi sono lasciato scappare che lo amo, e lui… sembrava così sollevato quando ho inventato una scusa. Che IDIOTA che sono”. Finn sorrise. “Dai, racconta dall’inizio”. Si sedette anche lui sul letto, e dopo avervi poggiato il piatto con il sandwich, rimase ad ascoltare Kurt come non aveva mai fatto prima.

 

   
 
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