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Autore: GurenSuzuki    20/02/2011    5 recensioni
"Ehi bello, ti faccio un pezzo?" domanda il ragazzo seduto a gambe incrociate sopra una coperta lercia.
L'uomo resta fermo, immobile. Sembra un manichino.
"So farti qualsiasi cosa mi dici, amico. Dai spara." s'aggiusta la tracolla della semi-acustica sulla spalla e riposiziona le dita sulla tastiera, un sorriso affabile sulle labbra piene.
L'uomo tira un'altra boccata dalla sigaretta. Non ha intenzione di rispondere.
Il sorriso del ragazzo si eclissa.
E restano lì, a fissarsi tra la miseria della strada.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Springtime Depression
Colonna sonora: Springtime Depression by Forgotten Tomb



Un mazzo di fogli spiegazzati giace esaguemente sospinto dalla fredda brezza autunnale. Vibrano nell'aria i colori di un'estate al termine del proprio splendore, il giallo diviene grigio, il bianco si screzia di nero. La caducità del tempo s'intende nella danza disordinata di foglie morte che turbinano.
Una strada spazzata dalle intemperie, baveri dei cappotti sollevati, occhi stanchi di chi voleva ancora indugiare tra le lenzuola lambiti dai primi pallidi raggi di un sole che si stiracchia tra le sfilacciate nuvole all'orizzonte, intinte nell'oro di un'alba dai contorni frastagliati.
Dei passi strascicati sollevano la polvere di un marciapiede spoglio, calpestano con uggia la carta macchiata, le foglie ammucchiate e la sporcizia di cui si tesse la rete cittadina.
Capelli biondi e occhi cerchiati, mani che strizzano la stoffa nelle tasche della giacca come per trovare un appiglio: persino il più inconsistente può darle sostegno sufficiente per continuare a camminare. E camminare. E.

Le corde vengono pizzicate leggermente da mani esperte, ruvide e callose. Dita pallide e scarne le trattengono o le accarezzano, danzando assieme alle note sprigionate dalla cassa dello strumento. Un piattino di metallo tintinna sotto il peso di monetine, cent e spiccioli lanciati incurantemente da qualche passante. Le monete rotolano forsennatamente e poi tacciono.
"Che Dio la benedica."
Intanto la musica prosegue, lenta nella sua grigia malinconia. Il suono è grezzo.
Un uomo indossa un soprabito chiaro, l'orlo è sollevato dal fresco spirare del vento mattutino. Ha le mani affondate nelle tasche profonde, gli occhi in ombra da un capello a Borsalino e una paglia spenta alloggia tra le labbra screpolate.
Cava fuori dalla tasca un accendino e il tabacco sfrigola prima d'accendersi improvvisamente, lanciando tiepidi riverberi rossi che per solo uno sfuggevole istante illuminano il volto dell'Uomo. Apre la bocca e disperde senza rumore fili di fumo cinereo che s'arricciano nell'aria, intanto il longevo gusto asprigno gli satura il palato. E lui chiude gli occhi.
"Ehi bello, ti faccio un pezzo?" domanda il ragazzo seduto a gambe incrociate sopra una coperta lercia.
L'uomo resta fermo, immobile. Sembra un manichino.
"So farti qualsiasi cosa mi dici, amico. Dai spara." s'aggiusta la tracolla della semi-acustica sulla spalla e riposiziona le dita sulla tastiera, un sorriso affabile sulle labbra piene.
L'uomo tira un'altra boccata dalla sigaretta. Non ha intenzione di rispondere.
Il sorriso del ragazzo si eclissa.
E restano lì, a fissarsi tra la miseria della strada.

Qualche ora prima, non si sa dove.
Lei continua a camminare, l'aria inizia a scaldarsi, le persone camminano con lei.
Con lei.
No.
Lo sguardo è vacuo e spento, a guardarla ci si stupisce che stia camminando. Anzi, scivolando sulla strada. I passi che compie sembrano inanimati, quanto quelli di un burattino manovrato da fili sottili e invibisibli.
Come la maggior parte delle persone che l'attorniano.
E' tutto grigio e vacuo. Grigio e vacuo in un mattino caduco, i suoi occhi che riverberano della fioca luce che traspare dalle nuvole che ora ammassano il cielo plumbeo.
E' tutto grigio e vacuo, un pensiero nasce nella sua mente obliata, le tenebre si diradano lentamente e una nuova coscienza prende posto alla statica immobilità.
Ora è seduta su una panchina. Le assi del legno sono incise e la rugiada caduta dalle foglie che pendono sopra di essa irrora persino i più piccoli graffi sbiaditi dal tempo.
Vi passa una piccola mano dalle unghie mangiucchiate.
Una goccia le cade tra i capelli, scivola dispettosa tra i fili biondi e s'accuccia sulla clavicola sporgente.

L'uomo sè seduto lì accanto a lui, sulla coperta lisa.
Ha incrociato le gambe, la paglia ha continuato a fumare indisturbata, forse non realmente fumata, e il cappello è ancora calato sugli occhi.
Lui intanto suona, un'aria rasserenata sul volto rosso e le dita lievemente intirizzite dalla lieve brezza.
"Da dove vieni, amico?" prova a chiedergli.
Il silenzio è la sola risposta.
"Che cazzo ci fai in giro a quest'ora se non andare al lavoro, mi chiedo."
Altro silenzio, per nulla pesante.
"Certo che sei proprio strano, bello." uno sguardo lievemente basito e gli occhi che tornano a sorridere per la nuova coppia che lancia tintinnanti spiccioli nel piattino. "Che Dio vi benedica!"
Lo guarda, qualche altro istante.
"Che, mi dai una sigaretta?"
Ora le volute grigiastre che si disperdono nel vento, sono due.

Lei invece ancora cammina.
Ora però è su un grande viale pieno di persone. Non le guarda, semplicemente non le interessano. Cos'hanno da darle?
Sente le note di una canzone conosciuta e allora si volta.
Un ragazzo su una coperta sporca, una semi-acustica in braccio, un sorriso affabile sul volto, strimpella una melodia ridondante e affascinante.
Un uomo con un Borsalino calato in fronte fuma tranquillo una sigaretta, il volto semi nascosto. Le mani posate sulle ginocchia non sono ne lisce ne rugose. E' indecifrabile.
Si ferma. Socchiude gli occhi, senza realmente osservare al di là delle proprie ciglia.
E una lacrima le solca il viso bianco, prima d'eclissarsi sulle labbra sottili, sommersa dai ricordi.

Il ragazzo ha smesso di tentare di cavare qualcosa fuori dalla bocca di quel tizio.
Se ne stanno lì, in silenzio.
Lui suona, l'altro ascolta. Forse. Se non fosse per la sigaretta ottenuta non sarebbe sicuro neanche che ci senta.
Improvvisamente una voce mai sentita graffia il silenzio che si era venuto a creare, ad intrecciarsi, tra loro. L'Uomo parla.
"La conosci Springtime Depression?"

   
 
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