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Autore: Shini Chan    20/02/2011    2 recensioni
One-shot dedicata alla coppia Edward-Bella. Tutti sappiamo cosa succede a Bella, quando Edward la lascia, in New Moon. Sappiamo che piange, urla, strepita e si lascia confortare dal suo amico Jacob. Ma sappiamo cosa succede invece a Edward? Ecco come l'ho immaginato io durante il suo periodo di assenza da Forks.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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“La fuga di Edward.”
Erano trascorsi due mesi da quando avevo abbandonato Bella nel bosco con la sola promessa che non sarei più sgattaiolato nella sua vita. Due mesi, per una creatura eterna come me, non avrebbero dovuto significare molto. Che cosa sono sessanta giorni per un vampiro, a suo modo affascinante e attraente come potevo esserlo io? Nulla. Non dovrebbero essere che un arco di tempo talmente breve, da poterselo scordare. Ma perché allora, a confronto con i miei cento e passa anni, mi erano sembrati infinitamente lunghi? Perché i giorni, le ore, i secondi, scanditi dall’orologio a pendolo del salotto, parevano durare più a lungo del dovuto?
Forse la risposta era riposta nel passato. Nella scelta razionale, ma al contempo irrazionale, che avevo preso davanti agli occhi nocciola della ragazza che amavo. In quelle frasi che erano state più dure e fredde del mio corpo, più taglienti dei miei canini e più dolorose di un mio probabile morso.
Ero stato uno stupido idiota a credere che quella sarebbe stata la cosa giusta da fare, la scelta giusta da prendere. Come avevo potuto pensare che io, Edward Masen Cullen, avrei potuto proseguire la mia tormentata esistenza senza di lei, la mia unica ragione di vita, la luce delle mie tenebre, il cuore che non possiedo più: Isabella Marie Swan? Anche in quel momento mi sembrava un pensiero assurdo. Eppure l’avevo fatto, l’avevo abbandonata. Avevo lasciato che vivesse la sua vita umana.
Ma le conseguenze, per me, erano state brutali. Bella era la mia donna, pur fragile e goffa che fosse. Era quel barlume di speranza che avevo desiderato sin dal primo giorno in cui avevo aperto, per la prima volta, i miei occhi rossi da vampiro. E, come un incosciente, me l’ero lasciata sfuggire. Ciò che mi faceva più male, però, era sapere che ero stato io a fare tutto questo. A provocare tutto questo dolore ad entrambi. Era stata la mia bocca a parlare, la mia mente ad elaborare il tutto e il mio corpo ad agire.
Se solo non l’avessi portata a fare quella passeggiata...
Ma, in fondo, una cosa positiva c’era: avrebbe vissuto. Sarebbe cresciuta, si sarebbe sposata, avrebbe avuto dei figli e sarebbe invecchiata. E, cosa più importante, sarebbe potuta andare dove io non sarei mai stato ammesso: in paradiso.
La sua anima era ancora pura ed innocente, ero riuscito a lasciarla prima di dannarla per sempre, senza rimedio.
E ora, da egoista quale ero, pretendevo di poter tornare indietro nel tempo e non dirle quelle frasi tanto sbagliate, tanto dolorose, tanto ingiuste.
Non sarei mai riuscito a scordare i suoi occhi colmi di lacrime mentre le dicevo che non la volevo, che lei non era abbastanza per me, che sarei partito senza di lei. Non avrei mai potuto scordare le sue suppliche, i suoi innumerevoli “per favore, non andare”.
Imbecille.
Sono stato soltanto un imbecille.
E ora non potevo nemmeno sapere in quali condizioni fosse, chi frequentasse, cosa facesse. Non avrei più potuto vedere il sangue scaldarle le guance quando sarebbe arrossita. Non avrei più potuto afferrarla per i fianchi quando sarebbe inciampata.
Se avessi potuto esprimere un desiderio in quel momento, avrei chiesto solo una cosa: poter piangere. Poter liberare il mio dolore con delle salate, innocenti lacrime umane. Non avrei chiesto di far tornare indietro Bella, sarebbe stato un gesto egoista nei confronti di lei. Ma delle semplici lacrime mi sarebbero bastate. Almeno avrei potuto mostrare a tutti, quanto forte e viscerale fosse il mio dolore. Quanto la mancanza di quella che prima pensavo fosse solo una svampita umana fosse struggente.
Strinsi i pugni e li portai alle tempie, picchiettandoli sulla fronte.
«Edward...» appena sentii la voce di Alice, mi irrigidii.
Spostai lo sguardo nei suoi occhi ambrati e mi alzai dalla sedia «Che cosa ci fai qui? Avevo chiesto di lasciarmi solo.»
Si fece più vicina e sfiorò con le punta delle dita il contorno dei miei occhi.
«Sono lividi e le iridi color pece... –mi rivolse uno sguardo d’accusa- non puoi ridurti così. Non dopo la scelta che hai fatto.»
Scansai le sue mani e le diedi le spalle «Non credo siano affari tuoi, inoltre... Non hai risposto alla domanda.»
I suoi tacchi ticchettarono sul parquet fino a quando non si mise di nuovo di fronte a me «Edward, sei mio fratello, quindi questi sono anche affari miei. Soprattutto se stai progettando di lasciarti morire di fame!» sbottò puntandomi un dito contro il petto.
«E vuoi sapere perché sono qui? Bene, ti accontento: perché ho paura. Sono terrorizzata da questo tuo comportamento passivo.» stringeva le labbra, cercando di mostrarsi più forte di quanto fosse.
Fissai il suo viso candido e lo notai quasi sciupato. Alice non era mai stata quel tipo di ragazza che riusciva a controllare situazioni come quella che stavamo passando. Lei era più fragile di quanto lei stessa credesse, e io lo sapevo bene. Mi bastava leggere nei suoi pensieri. E poi, la conoscevo da tanto tempo: avevo imparato a capirla.
«Che... Che ti è successo, Alice?» domandai carezzandole il volto.
Lei si lasciò cullare dalla mia mano e socchiuse gli occhi «Te l’ho detto: mi stai angosciando. E sono sotto stress.»
Infastidito da quelle parole, ritrassi la mano e andai a sedermi sul divano, appoggiando gli avambracci sulle ginocchia.
Fare del male a me stesso, avrebbe potuto essere giusto. Ma che anche lei soffrisse era fuori discussione. Avevo causato fin troppi problemi a tutti con i miei capricci, non volevo allungare la lista.
Lei mi seguì e mi si sistemò accanto.
«Ti prego, Edward, vai a caccia. Non lasciarti andare. Combatti. In fondo sarebbe ingiusto nei suoi confronti: le hai fatto promettere che non doveva mettersi in pericolo. Cosa penserebbe Bella se...»
«Basta! –la interruppi- non parlare più! Non pronunciare quel nome!»
«Edward non puoi andare avanti così!» replicò Alice prendendomi il viso fra le mani.
Mi lasciai prendere da qualche fremito –Erano due mesi che una donna non mi toccava.
«L-Lasciami stare. Vattene. So quello che devo fare.»
Lei mi guardò sconfortata «Perché non provi a vederti con Brittany? Mi sembrava andaste d’accordo.»
Disgustato, mi allontanai dal divano «Alice non mi interessano altre vampire! Anzi... Non mi interessano proprio le vampire!» le gridai contro, strabuzzando gli occhi.
Come poteva anche solo pensare che avrei sostituito la mia donna con qualcun’altra? Davvero non capiva il dolore che mi attanagliava? Non poteva essere vero. Alice non mi avrebbe mai spinto ad andare con altre donne solo perché non avevo intenzione di lottare contro questa inutile vita.
Sapeva benissimo come la pensavo su Brittany. Sapeva che la consideravo una cara amica, una delle poche che era  riuscita a donarmi calore durante quei mesi di gelo. Ma il suo non era altro che un calore amichevole, quasi fraterno. Non era comparabile a quello che mi lasciava Bella dopo che mi sfiorava anche solo con lo sguardo. Bella riusciva a far battere questo mio cuore pietrificato dalla dannazione. Brittany... era una vampira dai capelli ricci e corvini con un gran bel sorriso e una smisurata forza di volontà che avrebbe indotto chiunque a sentirsi bene di fianco a lei.
Era a suo modo carina e sensuale, ma nulla di più. Io non potevo amarla.
Il mio amore, e Alice avrebbe dovuto saperlo bene, era sempre stato Bella.
Lei lasciò cadere le braccia lungo i fianchi «Forse ho sbagliato a venire. Carlisle aveva ragione: avrei dovuto lasciarti da solo a riflettere ancora un po’. Ma sono passati due mesi e credevo che avrei potuto aiutarti... Ovviamente mi sbagliavo...»
I suoi occhi dorati fissavano un punto impreciso del pavimento, la sua voce era spenta.
Edward fai qualcosa. È Alice, è tua sorella.
Fece per girarsi, ma le afferrai un polso «Alice, io...»
Lei strattonò il braccio «No, Edward, hai ragione. Scusa.» e riprese il corridoio che dava alla porta d’entrata.
Non lasciarla andare via così. Lei è venuta per te. Ha fatto tutti questi chilometri per vedere come stavi tu.
Dando retta a quella vocina spuntata da chissà dove, sfruttai la mia veloce corsa felina e mi parai davanti all’ingresso per impedire ad Alice di uscire «Alice, aspetta.» mormorai «Non andare...»
Si mordicchiò un labbro, senza guardarmi in faccia. Una ciocca dei suoi neri capelli sbarazzini le era finita tra le labbra. Gliela spostai e la presi il volto tra le mani. Ancora teneva lo sguardo basso.
«Alice, guardami. –obbedì e il suo sguardo di oro liquido mi investì- mi dispiace. Io... non avrei dovuto reagire così.»
Lei mi mostrò un lieve sorriso «Andrai a cercare qualcosa per nutrirti?»
Rimasi in silenzio, concentrato solamente sui suoi occhi.
Non potevo. Non volevo vivere senza Bella al mio fianco. Non volevo avere la possibilità di tornare a Forks e vederla nelle braccia di un altro. Soprattutto se quell’altro fosse stato quello schifoso lupo dal pelo rossastro. Certo, sapevo che per lei era una scelta più sana, ma vederla avvinghiata a Jacob Black era troppo anche per un vampiro freddo e privo d’emozioni come me. Che poi non sapevo nemmeno se i vampiri erano davvero privi d’emozioni. Negli ultimi tempi avevo potuto constatare che era il contrario, che una volta nati a nuova vita, i vampiri provano sentimenti due volte più intensi di quelli umani.
Per cui, se avessi visto Jacob Black strisciare le sue mani su Bella, la mia reazione sarebbe stata pericolosa. E, se mi fossi lasciato prendere da quella possibile ira, avrei arrecato a Bella ulteriore dolore, perché Jacob Black non ne sarebbe uscito illeso... o addirittura vivo.
No. Decisamente no.
Non potevo vivere con la consapevolezza che Bella sarebbe appartenuta ad un altro. Perché io l’amavo.
L’amavo con tutto me stesso e la mia vita era in funzione della sua.
«Allora?» Alice mi stava ancora fissando, in attesa della mia risposta.
Spostai le mie mani dal suo volto e guardai fuori dalla finestrella che dava sul balcone. Fuori c’era solo la luna a tenerci compagnia. Solo lei.
«Alice... Il fatto che mi dispiaccia non significa che...»
«Ho capito.» mi interruppe. Nei suoi occhi non c’era traccia d’odio o rabbia. Sembrava ancora serena.
Corrugai la fronte e la fissai confuso «Non sei arrabbiata con me?»
Scosse la testa «Edward, ho capito. Non so dove sei stato in questi due minuti con la testa, ma nei tuoi occhi c’è ancora una luce. La stessa che avevi quando ci hai presentato Bella per la prima volta. Ciò significa che non hai perso le speranze.»
«A dire il vero io...»
«Edward. –la sua voce ferma non ammetteva repliche- ti conosco e, anche se adesso pensi che ogni speranza è vana, io ripongo la fiducia nel destino. Ce la puoi fare. Puoi tornare a sorridere. Quindi aspetterò, non ti forzerò a fare ciò che non vorrai.»
Infilai le mani nelle tasche dei pantaloni e guardai per terra «Lo sai che senza di lei io...»
Mi premette un dito sulla bocca «Shhh... Stai tranquillo.»
Scattai con lo sguardo su di lei, allibito «Che cosa...?»
«Ho dato una sbirciatina nel futuro. Lei ci sarà. La vedo lontana, sfocata, ma c’è.»
Sbarrai gli occhi. Che cosa stava farneticando?
«Alice, mi vuoi spiegare che diamine stai dicendo?»
Lei mi fece estrarre le mani dalle tasche e le strinse nelle sue con un gran sorriso.
«Edward, te l’ho detto: l’ho vista. Ora, mentre eri via con la testa, l’ho vista. E... Aveva gli occhi dorati
 
FINE.
  
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