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Autore: Cheonefer86    20/02/2011    1 recensioni
Come ogni anno, a San Valentino, Severus si rifugiava nell’illusione di alcuni momenti per poter essere felice anche solo pochi istanti.
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Richiuse la porta alle sue spalle, lasciandosi cadere a terra, stremato da tutto quell’afflusso di pensieri

Nota: storia che partecipa alla Sfida n°10 “Severus a San Valentino” del Magie Sinister Forum (http://magiesinister.forumcommunity.net/)

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.

I personaggi originali e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 

 

 

 

Illusione

 

 

Quello era sempre stato un giorno del tutto particolare per lui, c’era ancora un freddo pungente che arrivava fino alle ossa, ma un sole splendente riusciva a scaldare debolmente quella porzione di Scozia.

Severus camminava a passo veloce lungo il sentiero che conduceva al Castello, guardava furtivo gli studenti intorno a se e ogni tanto una smorfia di disgusto gli piegava le labbra, quando alcune coppie si scambiavano pacchetti su pacchetti o gruppi di ragazzine idiote urlavano al passaggio del ragazzo di turno.

Il mantello fluttuava leggiadro seguendo la sua andatura, ogni tanto, quando cambiava leggermente direzione, si avvinghiava alle gambe come un serpente sulla preda.

La sua camminata era decisa e fiera, e la sua espressione non tradiva nessun cedimento, ma i suoi occhi mostravano chiaramente che qualcosa si stava agitando dentro di lui, qualcosa che solo in quel giorno rinasceva nella sua mente e lo faceva cedere ai ricordi e al dolore.

Arrivò al portone principale e lo spalancò quasi con rabbia, non poteva permettersi alcun cedimento. Salì le scale a gran velocità, mentre gli studenti si spostavano, impauriti dalle occhiatacce che riservava loro il professore.

Fuori da un’aula c’erano alcune studentesse che stavano parlando tra di loro raccontandosi cosa avrebbero fatto quel pomeriggio.

- Mi ha chiesto di uscire! Ci avreste mai creduto? – urlò una di loro alle amiche che la guardavano sorridenti, poi si accorsero della presenza di Piton e il sorriso scomparve mentre il professore si limitò ad inarcare un sopracciglio, ma qualcosa ormai si era insinuata nella sua mente.

A quel pensiero il suo sguardo parve illuminarsi, si morse un labbro per ricacciarlo, ma non ci riuscì, ormai si era impossessato della sua mente.

Il ricordo di quel giorno di tanti anni fa gli si fece chiaro nella mente producendogli una forte morsa allo stomaco.

Il ricordo di quando Lily era corsa verso di lui con quel suo sorriso che sapeva quietare la più furiosa delle tempeste, quei suoi bellissimi capelli rossi che fluttuavano nell’aria formando volute che nemmeno in natura vi erano di così perfette.

“Mi ha chiesto di uscire, Sev!” gli aveva detto quel giorno e il suo cuore si era fermato per qualche istante e il respiro si era bloccato di colpo.

 

Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma in cuor mio avevo sperato che lei si sarebbe resa conto che Potter fosse solo un idiota.

Ma lei era innamorata, e quando si è innamorati, non c’è difetto che tenga perché si trasforma in una speciale unicità che emerge prepotente.

Ed io non avrei mai potuto contrastare il suo amore, me ne ero reso conto da tempo ormai.

Ero rassegnato ad un’esistenza di solitudine.

Se nemmeno lei che conosceva ogni cosa di me, mi aveva voluto, nessuna lo avrebbe mai fatto.

L’Amore non mi appartiene.

 

Odiava quel giorno più d’ogni altro, sembrava che tutto e tutti si fossero uniti per fargli perdere il controllo.

E ci stavano riuscendo.

Tutta quella momentanea felicità nell’aria lo rendeva nervoso, e quand’era in quello stato non riusciva a controllarsi perfettamente e tutti quei ricordi e pensieri di certo non aiutavano.

“Severus, divertiti anche tu per una buona volta.” gli aveva detto il vecchio Preside e lui per tutta risposta era uscito dal suo ufficio sbattendo la porta.

Divertirsi? Come avrebbe mai potuto divertirsi in un giorno in cui nell’aria sembrava esserci soltanto amore, quando lui non lo aveva da tanto tempo… non lo aveva mai avuto.

Vedere coppie che amoreggiavano non era per niente di aiuto, persino Hagrid con Madame Maxime si scambiavano sguardi languidi, e questo lo faceva sentire ancora più furioso, una certa invidia gli stava salendo, sentiva un brivido attraversargli la schiena.

Era impensabile che lui provasse simili sensazioni quando aveva cercato tutta la vita di reprimere ogni emozione. Era davvero assurdo che un qualunque giorno dell’anno facesse crollare il muro che si era costruito attorno così bene.

 

Che ne sapevano quegli stolti di cosa era l’amore, stupidi ragazzini interessati solo alle cose materiali!

Ma chi ero io per giudicare queste persone? Io ero lo stolto che non riusciva a farsi una ragione che il suo amore non c’era più, dissipato come una goccia d’acqua dolce in un salato oceano sconfinato.

Com’era difficile guardarla e non poterla toccare, vedere un sorriso sulle sue labbra che non era mai mio.

Sentire il suo profumo nell’aria e non poter sfiorare la sua pelle ad occhi chiusi.

Ad occhi chiusi mi beavo della sua figura, immaginandola mentre si avvicinava per baciarmi, mentre le sue dita toccavano il mio viso.

La osservavo mentre camminava per i corridoi e il mio cuore piangeva perché non potevo abbracciarla.

Ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi, la mia anima sanguinava al solo pensiero che quegli sguardi che riservava a lui non mi sarebbero mai appartenuti.

 

Era esausto, tutte quelle immagini che gli si manifestavano davanti agli occhi, gli stavano mozzando il fiato, le gambe stavano quasi per cedere sotto il peso di quelle insopportabili visioni.

Stupido giorno dell’anno che gli stava facendo perdere il controllo.

Non aveva mai capito quell’insensata festa Babbana, in cui tutti si scoprivano innamorati e per questo si facevano stupidi regali. Che senso aveva tutto quel consumismo ipocrita che era fatto solamente per vendere finti sentimenti, a quelli veri non sarebbe bastato un giorno l’anno, ma serviva tutta una vita.

Forse la sua era solo invidia perché era sempre rimasto a guardare gli amori degli altri che nascevano e si sviluppavano.

Uno soffio rassegnato gli uscì dalle labbra, doveva assolutamente isolarsi, stare in solitudine senza più vedere tutto quello, magari la sua mente avrebbe smesso di mostrargli quei ricordi dolorosi.

Ormai viveva d’apparenza, e la sua stava venendo meno.

 

La volevo.

Volevo sentire il suo corpo sotto il mio, il suo respiro sulla mia pelle, avere i suoi capelli tra le dita e assaporarne il dolce profumo.

Il suo sorriso era un candido bagliore nelle mie cupe giornate, mi bastava vederla per essere felice, mi bastava sentire la sua voce per avvertire la pace avvolgermi lo spirito.

Quante volte avevo sognato di fare l’amore con lei e mi ero svegliato sentendomi sporco. Mi vergognavo di quello, ma non potevo farci nulla, non avevo la forza di resistere.

Avevo provato a non dormire, ma non era servito a nulla, la vedevo sempre nuda nei miei pensieri, avevo provato a torturare la mia mente, ma continuava ad apparire nei miei sogni.

Non avrei mai potuto averla e così mi accontentavo delle fantasie.

 

Tutti quei pensieri lo stavano distruggendo e la strada che lo separava dalla sua destinazione era diventata infinita, più affrettava il passo e più si allungava sotto i suoi piedi.

Non mancava molto, ma la pietra che lastricava i corridoi spariva in un punto lontanissimo, credeva di avere le allucinazioni. Scosse la testa per un istante come per togliersi un velo che non gli permetteva di vedere bene, ma il pavimento continuava a sparire all’orizzonte.

Richiuse gli occhi con rabbia e con altrettanta furia li riaprì sperando che la vista fosse tornata normale, ma non fu così. Aumentò di molto l’andatura e quando scorse la meta tanto agognata vi si gettò con impeto facendo sbattere la porta sul muro.

Si chiuse la porta alle spalle, lasciandosi cadere a terra, stremato da tutto quell’afflusso di pensieri. Tutto quel vortice di emozioni era stato più doloroso e sfiancante di una Cruciatus.

Quei ricordi erano stati così nitidi che accennò appena un sorriso mentre alcune lacrime sfuggivano al suo controllo.

 

 

La stanza era avvolta nell’oscurità più totale, nessun uomo avrebbe potuto camminare in quel buio senza cadere a terra o senza andare contro un muro, ma non Severus. Lui conosceva ogni centimetro di quell’ambiente, ogni anno tornava lì e nessun anfratto aveva segreti per lui. Si muoveva come se stesse su un prato in piena luce.

Avanzò verso il centro, strattonò il pesante drappo nero e, formulato un incantesimo, si lasciò trasportare dalle immagini che gli si mostravano davanti, le stesse ogni anno.

 

***

 

Nella stanza tutto era buio, c’era silenzio, rotto per qualche istante da alcuni movimenti della persona che gli era accanto.

Sorrise appena nel vederla dormire tranquilla.

Fuori la neve continuava a scendere, fiocchi candidi e puri cadevano lenti, danzavano come piume sospinte da una leggere brezza, quella che ti dava brividi freddi sotto un rovente sole d’estate.

Gli stessi brividi che gli passavano al ricordo di ciò che aveva vissuto.

Era tutto bianco fuori.

Come il vestito che aveva indossato.

Il vestito che non riusciva a guardare senza che una lacrima gli sfuggisse.

Gli sembrava troppo irreale quello che aveva passato: loro due insieme per sempre.

Vedeva lei nel letto e l’abito ancora appeso all’armadio: piangeva.

Piangeva lacrime d’amore.

Piangeva per il ricordo felice.

 

La primavera era arrivata ormai da tempo e l’aria si era riempita di quei colori e profumi tipici della stagione.

Una coppia di uccellini cantava felice sul ramo di un albero, erano così vicini che sembrava quasi si baciassero, facevano tenerezza nel loro cinguettare d’affetto.

L’uomo pensò ad una coppia di giovani amanti e sorrise.

Un sorriso dolce il suo.

Era bella in quel suo abito bianco, così elegante e così a suo agio, quei suoi capelli rossi appena disordinati di notti insonni e agitate, notti abbracciati e mai stanchi l’uno dell’altra.

L’aveva guardata con quel suo sguardo colmo di amore e di passione, ma aveva abbassato gli occhi appena in tempo per non far vedere una lacrima che stava scendendo lenta: una lacrima d’affetto.

Lui invece indossava un abito Babbano da cerimonia, era la prima volta che ne indossava uno ed era terribilmente impacciato, fissava una cravatta senza sapere bene cosa farne, voleva essere perfetto, quel giorno doveva essere perfetto, e niente e nessuno gli avrebbe rovinato i piani, tanto meno uno stupido pezzo di stoffa.

Ormai mancava pochissimo e avrebbe finalmente coronato il suo sogno d’amore, il sogno al quale aveva smesso di credere da tempo perché in cuor suo era convinto che lei amasse il suo rivale Grifondoro, che lui fosse solamente un amico.

Invece le era corsa incontro quasi arrabbiata perché lui non si era ancora dichiarato, aveva aspettato a lungo, ma lui niente, ostinato nella sua certezza che lei non lo amasse, non le aveva detto nulla.

Così una sera gli aveva confessato il suo amore, in modo duro ma dolce, e il suo cuore si era improvvisamente fermato. Era rimasto immobile a fissarla, senza fiato, il corpo che si era fatto all'improvviso pesante e si era dovuto appoggiare alla parete per non cadere a terra.

Adesso era lì, davanti ad uno specchio a sistemarsi la cravatta, si sentiva ridicolo, ma era talmente felice che tutto il mondo sarebbe rimasto fuori, esistevano soltanto loro due.

Avrebbe voluto vederla in quel suo abito bianco che le faceva risaltare i suoi meravigliosi occhi verdi, avrebbe voluto baciarla in quell’istante, ma una stupida tradizione Babbana gli impediva di vedere la sposa prima della cerimonia.

Ormai era arrivata l’ora di andare in chiesa e Severus si sentiva sempre più agitato, aveva combattuto Maghi Oscuri, commesso le peggiori atrocità, ma tremava di fronte all’idea di dover dividere la vita con una donna, con la sua Lily.

Sarebbe stato in grado di proteggerla?

Sarebbe riuscito a darle la vita che meritava?

Era inutile farsi quelle domande, lei era sua ormai, e lo sarebbe stata per sempre.

 

Era lì, immobile sull’altare ad attendere la sua sposa, c’erano pochi invitati, pochissimi, solamente i testimoni, ma loro non avevano bisogno di nessuno, il loro amore avrebbe colmato qualsiasi cosa.

Una dolce melodia di violini si diffuse per la navata della chiesa, seguita dal dolce suono di una chitarra che donava un senso di quiete alla chiesa.

Sentiva dei passi accennati venire da lontano, stava per arrivare sulle note di una chitarra, stava percorrendo la strada che la separava da lui.

Vide il suo sorriso splendente e il suono dei violini si fece più alto, ad accompagnare la dolcezza di quel viso che solo lui avrebbe baciato.

 

So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters

Camminava lentamente verso l’altare, il suo sguardo fisso agli occhi di Severus che sembrava la stesse vedendo per la prima volta, aveva un bustino bianco che le fasciava i seni e quasi invidiava quel coprispalle di seta che le toccava la morbida pelle, la gonna le ricadeva fino ai piedi facendo risaltare i fianchi sinuosi della donna. Avrebbe voluto correre verso di lei e abbracciarla, ma era troppo teso anche solo per muovere un muscolo, così rimase bloccato a guardarla.

 

Never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words I don't just say
And nothing else matters

I violini continuavano a suonare e una voce accompagnava i passi della sposa. Le corde vibravano e i lembi del vestito di Lily sembravano danzare sulle note di quella musica, era una visione bellissima per Severus.

Il bouquet s’intonava perfettamente a lei, gli steli verdi come i suoi meravigliosi occhi e il rosso delle rose andava a completare la sfumatura dei suoi capelli che ondeggiavano appena, mossi da un alito di vento proveniente dal portone della chiesa.

Era tutto perfetto, loro due, la musica, non serviva nient’altro, non servivano parole perché quello che c’era nei loro sguardi raccontava di interi mondi nascosti.

 

Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters

Non c’era nulla in quella piccola chiesetta, solamente un uomo e una donna che si sarebbero giurati amore eterno, nessun dolore nei loro cuori, nessuna lacrima sui loro visi, non sarebbero stati mai soli perché si sarebbero completati a vicenda.

Ormai era quasi arrivata a fianco di Severus che l’attendeva con il cuore in gola che batteva furiosamente, le labbra si erano fatte secche, il viso non tradiva nessuna emozione, ma gli occhi emanavano una luce del tutto particolare, una luce molto più intensa di quando l’aveva vista per la prima volta da dietro un cespuglio. Allora era solo un bambino coperto di stracci, adesso era un uomo, un uomo con un triste passato alle spalle, ma grazie a lei avrebbe vissuto un felice futuro colmo d’amore.

Tese la mano per aiutarla a salire un gradino mentre ammirava il suo dolce sorriso.

 

♫(Never care for what they say
Never care for games they play
) [1]

Never care for what they do
Never care for what they know
But I know

In quanti si erano opposti a quel matrimonio, in molti avevano cercato di farle cambiare idea, ma a lei non interessava quello che dicevano o pensavano gli altri, lei amava Severus e quella era la sua unica certezza.

Il suono di archi si stava facendo sempre più forte mentre i due sposi pronunciavano il loro davanti al sacerdote, la chitarra accompagnava i loro sguardi mentre si giuravano amore eterno.

Quando i loro volti erano vicinissimi tutte le parole insensate che gli erano state rivolte, svanirono all’istante dalle loro menti.

So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters

La baciò con impeto sentendola finalmente sua, mentre il cuore batteva forte al ritmo di una batteria che echeggiava nella chiesa, sembrava volerlo spingere a non fermarsi mai.

Non avrebbe voluto fermarsi mai.

Averla tra le braccia era il più bel regalo che potesse ricevere, le sue labbra erano un dolce miele da mettere su un cuore amaro, i suoi occhi erano stati una scossa che lo aveva risvegliato da un torpore che era durato troppo a lungo.

La amava.

La amava e nient’altro aveva importanza.

 

 Never care for what they do
Never care for what they know
But I know
[2]

Uscirono dalla chiesa felici, mano nella mano, sotto un caldo sole di primavera che rendeva i capelli rossi di Lily ancora più luminosi. Lei corse verso un prato poco lontano e Severus rimase immobile a guardarla mentre si allontanava, una splendente stella bianca in un manto verde smeraldo, come i suoi occhi.

 

***

 

Rimise il drappo nero al suo posto e tutto svanì.

Dell’amore e della passione rimase soltanto l’illusione, l’illusione di un desiderio di eterni momenti di felicità che mai avrebbe vissuto.

 

 

Quello specchio era la sua droga e la sua maledizione, il suo appuntamento annuale al quale non poteva mancare, non poteva farne a meno, quelle immagini lo avrebbero reso felice per un tempo troppo inconsistente, mentre il dolore che avrebbe provato dopo sarebbe rimasto per sempre a ricordargli che nella sua vita non c’era spazio per la gioia e per l’amore. Era la vita che si era scelto e doveva tenersela cercando di andare avanti nel migliore dei modi, cercando di espiare le sue colpe e i suoi errori.

Tutti gli anni si sentiva un macigno sul cuore che solo l’andare in quella stanza riusciva a disintegrare, ma si sentiva sporco, sentiva di insudiciare la memoria di Lily, la sua amata Lily che non sarebbe mai stata sua, soltanto nell’illusione di finte immagini.

 

Perché? Perché ogni anno dovevo tornare qui a torturarmi?

Perché?

Mi causava nient’altro che dolore rivedere quelle immagini, eppure mi facevano felice per qualche istante, qualche minuto ad osservare quella che sarebbe potuta essere la mia vita.

Come sei idiota, Severus, nasconderti dietro una finzione per sfuggire dalla misera realtà. Sei un codardo, Severus, un codardo che cerca una mera felicità in uno specchio invece di farsi una ragione che lei non sarebbe mai potuta essere tua.

 

In fondo lo sapeva di essere un codardo, non riusciva ad accettare che lui non era fatto per amare, non si meritava di essere amato, ma ogni anno qualcosa lo richiamava in quella stanza, davanti a quello specchio per bearsi di una vita che non gli sarebbe mai appartenuta.

Si accontentava di quello, ma ogni anno ne soffriva piangendo nel silenzio dell’oscurità che lo avvolgeva nuovamente ogni volta che usciva da quella stanza.

Un’oscurità che diveniva luce ogni San Valentino.

Un fuoco fasullo, immobile, fatto solo di colori, ma che non riscaldava.

E il cuore di Severus non aveva bisogno di essere illuminato, ma di essere riscaldato.

Piangeva, le lacrime gli rigavano il pallido volto, teso e scavato più che mai, mentre i singhiozzi rompevano il silenzio di quella stanza, non c’erano violini ma gemiti, non c’era la melodia di una chitarra, ma lo stridente lamento di un’anima ferita, il suo cuore non andava al ritmo di una batteria, ma si era nuovamente relegato nel suono del silenzio e nel dolore.

 

Uscì da lì e tornò a vivere nell’illusione e nella sua triste vita di sempre.

 



[1] Queste due righe della canzone appartengono alla seconda parte del brano, ma siccome è uguale alla prima parte tranne che per quelle due righe in più, ho lasciato solo la prima inserendo quei due versi.

[2]Nothing Else Matter” dei Metallica, ascoltatela perché è bellissima ;)

   
 
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