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Autore: secretdiary    20/02/2011    4 recensioni
Alto Medioevo.
Questa è la storia di Charlotte, una strega.
Una vera strega.
Una giovane donna orgogliosa, sicura di sé.
Ella dovrà collaborare con l'amico di un vescovo, la sua nemesi, per salvare il suo villaggio e vendicare sua madre.
Spero vi piaccia!
Recensite, grazie!
Questa storia ha vinto un contest organizzato dal kill me softly first and official - la nuova saga dark italiana di Chiara Stivala
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola annotazione prima di iniziare:
Cari lettori, innanzitutto vi ringrazio per aver aperto questa storia e per aver scelto di spendere un po' del vostro tempo per leggerla.
Vi rubo solo un paio di righe prima di lasciarvi al racconto: è finalmente uscito il mio primo romanzo.
Ora, finalmente, sono un'autrice pubblicata.
Se amate le storie fantasy, nel campo destinato al mio profilo, trovate tutte le informazioni relative al romanzo.

Grazie per l'attenzione ;)
Buona lettura!!
Bisous *-*

«Quella è una strega! È posseduta dal Demonio!» così la moglie di Eugene Bovery aveva detto nel segreto del confessionale a padre Donhovan.

Il prelato aveva congiunto le mani e pregato per la sua anima.

Era bastata una semplice accusa per convincere tutti gli abitanti di Lizard che Charlotte fosse una veneratrice del Male.

Poche ore dopo i cavalieri del duca irruppero nella casa della figlia della normanna e del bandito, accusandola di stregoneria.

Charlotte non oppose resistenza.

Dopotutto la signora Bovery non aveva tutti i torti: era una strega.

L'unico errore stava nel fatto che Charlotte non adorava il Diavolo; non era nemmeno cristiana.

Charlotte credeva nella natura, negli spiriti, nella vita. Era la fede che sua madre, normanna, pagana, le aveva tramandato.

La giovane dalla pelle nivea dei vichinghi e i castani capelli dei britannici si trovò incatenata nelle segrete del monastero di Lizard.

Sarebbe dovuta essere rinchiusa in prigione, ma le guardie avevano paura di lei, così ritennero più sicuro circondarla di sacralità, in modo tale da impedirle di sfruttare appieno i suoi malefici poteri.

Charlotte sogghignò mentre le catene attorno alle caviglie stridettero.

sciocchi britannici” pensò altezzosamente.

Sebbene suo padre fosse inglese, ella si sentiva totalmente normanna.

August McGregor, colui che aveva contribuito a donarle la vita, era un brigante della peggior specie.

Non lavorava, e non provava alcuna ambizione, alcun desiderio di trovarsi un impiego.

Semplicemente prendeva dagli altri ciò di cui aveva bisogno. Era un ladro, un truffatore.

La vita familiare gli stava stretta, tanto che decise di abbandonare madre e figlia per rifugiarsi nelle foreste del nord, al confine con la Scozia.

Charlotte venne cresciuta solo da Briselde, la madre che si privava del cibo pur di soddisfare la figlia, il suo dono più grande.

La fredda goccia di giada sfiorò la scollatura, sostenuta dal corpetto.

Il ciondolo messole al collo dai soldati a contatto con la pelle della strega divenne talmente gelido che la ustionò. Quella piccola gemma era l'unica ragione per la quale Charlotte non era ancora fuggita.

La giada aveva la straordinaria capacità di contenere la magia, di proteggere gli umani dagli incantesimi.

Charlotte McGregor sapeva bene le torture alle quali l'abate e il duca l'avrebbero sottoposta, ma non le temeva.

Sebbene fosse sporca, ferita nel corpo, il suo sguardo era altero, distaccato, il suo spirito reso forte da una consapevolezza di sé che andava al di là dell'umana comprensione.

Abiura.

Ecco cosa volevano i rappresentanti dei due poteri, temporale e spirituale, di Lizard.

Charlotte non avrebbe mai ceduto: era stato il primo insegnamento di sua madre.

L'orgoglio bruciava nel suo spirito come un incendio indomabile.

La strega non si sarebbe sottomessa agli umani, a costo di perdere la vita.

La sciocca procedura dell'Inquisizione era inflessibile: se la strega non abiurava, nemmeno sotto tortura, si procedeva con le Prove, ossia terribili mezzi per provare la vera natura dell'accusata.

Se la candidata moriva durante queste Prove, ciò significava che era una strega, punita dall'Onnipotente; se di contro ella sopravviveva, la sua natura era certamente malvagia poiché il Demonio l'aveva salvata.

In ogni caso, era condannata.

Charlotte comunque era convinta che si sarebbe salvata; e se si fosse sbagliata, avrebbe accettato il suo destino, sicura che alla fine del suo percorso sarebbe tornata alla natura.

Sua madre non sarebbe andata a salvarla, lo sapeva bene. Non si sarebbe mai intromessa.

Strisce rosse si erano formate attorno ai polsi e alle caviglie; le sue estremità, dopo essersi gonfiate, stavano diventando di un insano viola.

Erano passati ormai quattro giorni dalla sua cattura, e la strega iniziava a domandarsi per quale ragione le torture non fossero cominciate.

Un novizio scortato da due armigeri le portava quotidianamente un piatto di brodo con una crosta di pane di grano duro, il che significava che, almeno per il momento, il duca e l'abate la volevano viva.

La sua curiosità venne soddisfatta durante quella stessa giornata; al crepuscolo il monaco addetto alla cura della dispensa di erbe, le comunicò che tra quattro mesi sarebbe stata attesa la visita del vescovo del ducato. Il suo processo sarebbe stato dunque un omaggio all'ecclesiasta il quale si sarebbe occupato del suo caso in persona.

«Quale onore» commentò ironica Charlotte. La sua affermazione venne premiata con uno schiaffo che le ruppe il labbro inferiore. Avvertendo il sapore del sangue in bocca, la strega rise, divertita dell'impazienza, dell'insofferenza del monaco.

 

Un urlo nella notte svegliò gli abitanti di Lizard.

Le donne si affacciarono dalle finestre, mentre gli uomini, armati di torce, si gettarono in strada in soccorso della sventurata urlatrice.

Seguirono le grida di dolore sino alla baracca del guardaboschi; l'ultima del villaggio, la prima accanto alla foresta.

La moglie di Tom Hamgley era inginocchiata in un lago di sangue, accanto al corpo senza vita del marito.

Gli uomini illuminarono la piccola abitazione di legno, dotata di una sola stanza che fungeva da cucina e da camera da letto.

Il corpo di Tom era stato decapitato, e la sua testa pareva introvabile.

«Quale forza del Male è in grado di ciò?» chiese il mastro carpentiere. La donna tra le lacrime scosse il capo; non ne aveva idea. La sua cecità le aveva impedito di identificare l'aggressore.

«Sentivo dei suoni animaleschi, ma non saprei dire se fosse un lupo o un orso».

«O una creatura blasfema» aggiunse il carpentiere segnandosi.

 

L'autunno cedette il passo all'inverno con le sue gelate e tormente di neve che gettavano in ginocchio la popolazione della Cornovaglia, e di tutta la Bretagna.

Il gelo però non era riuscito ad interrompere la tragica sequenza di morti che colpiva Lizard.

Nessuno veniva risparmiato: donne, bambini, anziani, chiunque poteva venire colpito dalla Creatura, così veniva chiamata dagli abitanti del luogo.

Chi l'aveva incontrata non era sopravvissuto per raccontarlo, così nessuno aveva idea di che aspetto avesse.

Ciò che era certo era che non poteva trattarsi della strega giacché ella era ancora prigioniera del monastero.

La Creatura attaccava di notte e se prima si limitava a uccidere gli sventurati incontrati per strada, ora si addentrava nella città, scardinando porte, invadendo le abitazioni. Si trovavano sempre corpi senza teste. L'ultima vittima della Creatura era Briselde; la normanna aveva provato a cercarla, per ucciderla, ma aveva incontrato il fallimento.

Il seguito del vescovo del ducato anticipò il prelato, così da organizzare il suo arrivo. L'ecclesiasta quindi raggiunse il convento di Lizard in tarda mattinata. L'uomo era in compagnia di Ruben Ferrers, un cavaliere nonché intellettuale di Londra.

«Vostra Eccellenza, siamo lieti che abbiate accettato la modesta ospitalità del nostro convento» disse l'abate utilizzando forse troppa enfasi per i gusti dell'uomo che commentò con un semplice cenno del capo.

«Venendo qui ho udito parlare di una Creatura che vi terrorizza. È essa realtà o leggenda?» si volle informare il vescovo mentre veniva scortato nella sua stanza. L'abate con espressione truce fu costretto ad informare l'uomo e Ruben del maleficio che aveva colpito quella landa.

«Vorrei indagare, se possibile. Un tale mostro non può che rivelarsi utile per la stesura del mio manuale di magia» si intromise il cavaliere, ottenendo l'approvazione del vescovo che aveva perfettamente intuito il tono scettico dell'amico.

«Siamo a vostra disposizione, mio Signore. Magari potrete cominciare le vostre ricerche interrogando la strega che abita le nostre segrete -rispose l'abate- attendevamo voi, Eccellenza, per il processo».

gretti bifolchi, ancora credono che la magia sia manifestazione del Male” pensò il vescovo celando le sue riflessioni con un accenno di sorriso.

«Domani provvederò a parlare con quell'empia donna, ma oggi sono stanco».

 

«Chi siete voi?» domandò Charlotte alzando il capo per vedere chi fosse il suo ospite. I quattro mesi di prigionia avevano oscurato il suo aspetto turgido ed altero, senza tuttavia mutarlo. Il cavaliere fissò la strega attraverso le grate della cella.

«Ruben Ferrers, cavaliere di Londra. Voi?».

«La strega» rispose la giovane con un ghigno. Ruben accennò un sorriso divertito mentre apriva la prigione, così da parlarle a viso aperto. Gli occhi verde smeraldo dell'uomo indugiarono sulla gemma di giada mentre raccontava della Creatura.

«Credete che l'abbia evocata io? Sbagliate: non so' di cosa stiate parlando» rispose Charlotte. Ruben Ferrers si prese qualche istante per decretare se le parole della giovane fossero veritiere o meno.

«Siete una vera strega?».

«Volete una prova?» ribatté ella con un'altra domanda. La bocca del cavaliere si increspò in un sorriso sghembo.

«Fatemi vedere di cosa siete capace, strega» la provocò.

Charlotte diede in una lieve risata, puntellandosi con le mani sulla parete di pietra per rimettersi in piedi.

«Toglietemi il ciondolo!» ordinò con voce suadente; Ruben tese la mano davanti a sé, sfiorando il collo della strega prima di impugnare la goccia di giada. Con uno strattone ruppe la catenina, e Charlotte fu libera di avvalersi della sua magia.

«Non avete paura che scappi?».

«No, perché voi mi aiuterete a scoprire chi si cela dietro la Creatura» replicò l'uomo sicuro di sé.

La strega inarcò un sopracciglio, avvicinandosi di un altro passo al cavaliere, sfruttando lo spazio consentitole dalle catene.

«Perché questo essere ha ucciso vostra madre».

Charlotte si appoggiò alla parete per sostenersi; non poteva credere che Briselde fosse stata uccisa da un mostro qualunque. Sua madre era un'ottima strega, sempre allerta, sempre attenta a non farsi scoprire.

La giovane fissò negli occhi il cavaliere.

«Vi aiuterò» sentenziò.

 

Prima di liberare Charlotte McGregor, Ruben doveva parlarne con il vescovo, suo amico di lunga data.

«Siete sicuro che quella strega vi possa essere d'aiuto?» domandò il prelato incrociando le mani sotto al mento.

«Assolutamente. È buona, lo vedo dal suo sguardo; oltretutto ha perduto la madre».

Il vescovo annuì con espressione pensierosa.

«La farò liberare, affinché metta la sua maledizione al vostro servizio, ma se dovesse fuggire, vi riterrò direttamente responsabile. Sapete che sono del vostro stesso parere riguardo la Magia, ma ho un ruolo da mantenere, che mi impone di perseguire le streghe, siano esse buone o malvagie».

 

Charlotte si sistemò maggiormente il mantello sul capo: fresca neve stava cominciando a fioccare dal cielo. La strega si strinse alla schiena del cavaliere che guidava l'andaluso nero messo a disposizione dal monastero.

«Non sapete riscaldarvi con i vostri poteri?» la canzonò l'uomo.

«Tacete! Non parlate di cose che non conoscete: usare la Magia comporta un prezzo da pagare in energia. Non conoscendo la Creatura, non posso permettermi di farmi trovare stanca. A meno che non desiderate che vi butti a terra, lasciandovi come esca così che io possa fuggire».

«Sapete dar voce ai vostri pensieri nonostante siate solo un'orfana. Chi vi ha istruita?» domandò l'uomo incuriosito da quella giovane donna determinata e forte. Prima che potesse parlare, egli le fece cenno di zittirsi: erano in prossimità del calare del sole e si erano addentrati nella foresta, così da poter trovare la tana della Creatura. Sfortunatamente la ricerca per il momento non aveva prodotto alcun risultato.

«Accampiamoci qui, aspettiamo che si faccia viva».

 

Il cavaliere e la strega si svegliarono improvvisamente nello stesso istante: l'udito del primo e l'istinto della seconda avevano avvertito qualcosa.

Ruben portò la mano alla spada che riposava alla sua sinistra; Charlotte invece fissava il piccolo fuoco che avevano acceso per cacciare i piccoli predatori notturni. L'attacco fu fulmineo: sei Creature si avventarono sui due che immediatamente balzarono in piedi. Charlotte li fissò attentamente: parevano uomini sebbene vestissero con pelli di orso e i loro denti, i loro artigli fossero animaleschi.

Gli occhi gialli delle Creature fissavano eccitati le due prede, e dalle loro gole nascevano ringhi gutturali.

Il rumore della lama sfoderata da Ruben diede inizio all'attacco; le Creature si scagliarono contro i due. Il cavaliere sollevò la spada, facendola cadere come una ghigliottina sul collo del mostro a lui più vicino. Charlotte allungò una mano verso il focolare, evocando il potere dell'Elemento che immediatamente apparve sul suo palmo aperto. La strega successivamente ordinò al globo di fuoco di colpire l'essere che la minacciava. Gli altri quattro mostri, comprendendo che il loro vantaggio numerico non significava nulla per il cavaliere e la strega, batterono in ritirata, dimenticandosi di portare con loro i corpi dei caduti. Charlotte si voltò verso Ruben, per pochi attimi, prima di sparire correndo attraverso la foresta.

«No!» esclamò Ruben, provando ad inseguire la strega, ma ormai ella era scomparsa.

è fuggita” pensò con insofferenza. Non avrebbe dovuto fidarsi di lei. Imprecando e maledicendo la strega, il cavaliere tornò a dormire.

 

La mattina dopo dell'acqua gelida svegliò Ruben. Sfoderando la spada il cavaliere aprì gli occhi.

«Che diamine...».

«Ben svegliato, cavaliere -affermò Charlotte sporgendosi su di lui- li ho seguiti, ho visto la loro tana. Andiamo?».

«Ben fatto, strega» commentò a mezza voce il cavaliere spegnendo il fuoco con un piede.

 

Ruben Ferrers liberò il cavallo dalle briglie, a pochi metri dall'ingresso della caverna sotterranea che Charlotte gli aveva indicato come tana delle Creature.

«So' di che mostri si tratta -annunciò la strega impedendo all'uomo di entrare nella grotta- sono la progenie di una zingara che è stata maledetta da una strega perché le aveva ucciso il figlio per sfamarsi. Sono uomini, con caratteristiche animalesche, condannati a nutrirsi di teste umane per sopravvivere. È il loro culto. Mia madre aveva affrontato la zingara anni or sono, avendo la meglio. Non credeva che avesse procreato».

Ruben le mise una mano sulla spalla.

«Ci penseremo noi a portare a termine il lavoro di tua madre; li stermineremo tutti».

 

Diverse torce illuminavano la caverna, indicando la via ai due giovani.

Silenziosi e pronti ad un'imboscata il cavaliere e la strega raggiunsero il centro della grotta. Restando nascosti videro dieci Creature riposare su un letto di crani. Erano equamente divisi in maschi e femmine. Una di esse mostrava i segni della gravidanza. A bocca aperta si riposava, e una lingua smisuratamente lunga uscì dalle labbra per inumidirsele.

Ruben guardò Charlotte ed annuì: era il momento di agire.

Lentamente i due si avvicinarono alle Creature; l'uomo levò in aria la spada, mentre la strega evocò nuovamente il fuoco. Ad un cenno del cavaliere di Londra, si scatenò la vendetta degli umani.

Le Creature vennero sterminate, senza che si accorgessero di cosa stesse accadendo.

Luridi di sangue Ruben e Charlotte tornarono alla luce del sole, alla foresta.

«Erano gli unici» commentò la strega ripulendo con una mano il volto del cavaliere.

«Sì, non ce n'erano altri» mormorò.

Nuovamente gli occhi dei due si incontrarono. Ruben Ferrers sapeva che avrebbe dovuto riportare la strega al convento, affinché venisse accusata di stregoneria e arsa sul rogo. A nulla sarebbe servito dichiarare che senza di lei le Creature avrebbero continuato a tormentare Lizard. Il cavaliere strinse i polsi della strega, impedendole di levargli il sangue immondo dei mostri dal viso.

«Voi siete morta nel tentativo di salvarmi la vita» annunciò con espressione risoluta.

Charlotte abbassò le sopracciglia in espressione confusa. Pochi attimi dopo, quando comprese il significato di quelle parole, si distese in un sorriso.

«Grazie» mormorò.

Lentamente Ruben allentò la presa dagli esili polsi della normanna.

Entrambi chinarono lentamente il capo; quando Ruben lo rialzò, si trovò solo tra la fitta vegetazione di Lizard.

Non l'avrebbe più rivista, e quella consapevolezza gli lasciava un lieve senso di tristezza.
 

*-*-*-*-*-*
 

Spazio dell'autrice:
Spero che vi piaccia!
Era diverso tempo che avevo in mente una storia ambientata in questo periodo, che parla di una donna forte e sicura di sé.
Risponderò alle vostre recensioni! ;)

Alla prossima! ;)
Bisous *-*

   
 
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