Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: nefert70    21/02/2011    1 recensioni
Il racconto della vita di Anna d'Este, duchessa di Guisa e di Nemours, che ha ispirato il personaggio della principessa di Cleves di M.me de La Fayette.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Anna'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Per molti mesi  dopo la morte di Giacomo rimasi ad Annecy anche se la regina madre mi sollecitava a rientrare a corte non ero ancora pronta, i miei figli più piccoli avevano bisogno della loro madre ed io avevo bisogno di averli vicini per superare questo triste momento.
Già prima della morte di Giacomo la regina madre Caterina aveva proposto la nipote Cristina di Lorena per il nostro figlio maggiore Carlo Emanuele, dopo la morte del mio sposo la regina rinnovò la proposta ma nel contempo iniziò anche una trattativa con il granduca di Toscana a cui alla fine andò la mano della fanciulla.
La delusione per me fu cocente, per Carlo Emanuele decisamente minore in quanto non desiderava sposarsi e aveva fatto di tutto per ritardare le trattative con il risultato ottenuto. Nel medesimo momento avevo cercato di ottenere qualche beneficio ecclesiastico per il mio secondogenito, la regina Caterina si era interessata per fargli ottenere   l’arcidiocesi di Auch o l’abazia di St. Evroue ma invano, altrettanto vana fu la richiesta di un cardinalato.
Come sempre il tempo rasserena gli animi e dopo quasi un anno ero di nuovo pronta a tornare a corte, lo dovevo fare per il bene dei miei figli Guisa e Nemours.
Tornata a Parigi mi sistemai nel palazzo di Nemours vicino a Saint-André des Arts, qui ritrovai l’affetto dei miei figli Guisa e delle mie nuore la duchessa di Guisa e quella di Mayenne ma soprattutto ritrovai la mia unica figlia femmina Caterina Maria anche lei vedova.
Nel febbraio 1587 ricevemmo una triste notizia, nostra nipote la regina di Scozia era stata uccisa dalla regina d’Inghilterra. Fu un momento molto drammatico, ripensai a quando giunta in Francia la trovai bambina, poi il suo matrimonio, la morte del re e la sua partenza. Povera cara non era pronta alla vita che l’attendeva.
Nel 1588 riuscii ad ottenere per Carlo Emanuele il governatorato di Lione.
All’inizio devo ammettere che non condivisi le idee e le azioni della lega cattolica a cui capo c’erano i miei figli Guisa e mi tenni a dovuta distanza fino alla giornata delle barricate, come poi fu chiamato il 12 maggio 1588.
Dopo una tregua di sette anni la crisi rinasce nel 1584, con la morte del duca d'Angiò e la designazione del protestante Enrico di Navarra come successore, Enrico era capo della casa di Borbone e della fazione ugonotta e quindi rivale della famiglia Guisa.
Il popolo francese cominciò a temere di veder salire sul trono un re protestante e quindi  mio figlio Enrico di Guisa divenne a tutti gli effetti il loro candidato cattolico.
Dopo il 1582  il re di Spagna Filippo II apporta il suo sostegno finanziario ai cattolici, e lo conferma con la firma del trattato di Joinville  il 31 dicembre 1584, dove il successore designato al trono era il cardinale Carlo di Borbone-Vendome.
La Lega pubblica la sua proclamazione il 31 marzo 1585  a Péronne, dove si dichiara di voler sottrarre il re ai favoriti, ristabilire la religione unica e obbligare il re a riunire regolarmente gli Stati generali. Le adesioni dei comandanti militari si moltiplicano.
Enrico III viene costretto a cedere davanti le esigenze della Lega e a revocare l’editto di pacificazione e a riprendere la guerra con i protestanti.
Enrico di Guisa vinse i protestanti prima a Vimory il 26 ottobre 1587 e poi il 24 novembre 1587 ad Auneau.
Dopo queste vittorie il popolo di Parigi inneggiò sempre più Enrico di Guisa facendo tremare il sovrano legittimo, re Enrico III.
Re Enrico temendo addirittura per la sua incolumità, così mi informava la regina Caterina, fece entrare in Parigi molti reggimenti della guardia Svizzera violando il privilegio che voleva Parigi mai invasa da truppe straniere. I parigini temendo per la loro incolumità il 12 maggio si sollevano contro il loro re.
Nonostante il divieto di entrare a Parigi impostogli dal re, mio figlio Enrico di Guisa era giunto in città già dal 9 maggio e il 12 era alla testa dei parigini insorti.
La giornata si concluse con numerose perdite su entrambi i fronti ma soprattutto con la fuga di re Enrico  prima a Saint Cloud, poi a Chartres, a Rouan ed infine a Blois.
L’1 luglio il re firmò con mio figlio il patto d’unione con il quale conferiva praticamente tutti i poteri al duca di Guisa, nominandolo luogotenente generale del regno e convocando gli stati generali.
La sera della vittoria, Enrico di Guisa era acclamato ed osannato come un re e, infatti, suo fratello Luigi cardinale di Guisa fece questo brindisi “Bevo alla salute del re di Francia”, brindammo tutti, eravamo tutti orgogliosi e felici e non ci rendevamo ancora conto che due re a Parigi erano troppi.
Gli stati generali erano stati aperti il 2 ottobre 1588 a Blois. Nel discorso di apertura il re rese omaggio a sua madre ma concluse con queste parole “Non sono  più disposto a transigere sull'obbedienza dei sudditi”.
L’intera corte era convenuta a Blois, compresa la regina madre che però il 15 dicembre fu colpita a una congestione polmonale che la costrinse a letto per molti giorni. Il 22 dicembre mi convocò, pensai che volesse parlarmi del lavoro degli stati generali e invece cominciò a parlarmi del re “Mia cara amica, mio figlio è stato costretto a fuggire da Parigi ma il suo cuore è sempre lì perché quella è la sua capitale. Nulla lo distoglierà da riprendersi ciò che è suo. Questo lo capite?”
In realtà non capivo a cosa si riferisse, ero felice per la situazione di forza in cui si era venuta a trovare la mia famiglia e soprattutto mio figlio e quindi non avevo analizzato la realtà dei fatti e allora la regina fu più esplicita “Il re ha convocato gli stati generali qui a Blois per un solo motivo, allontanare vostro figlio da Parigi. Qui è più vulnerabile, non c’è la città a proteggerlo. Questa notte ho fatto uno dei miei sogni e vedevo vostro figlio sciogliersi in un mare di sangue. Per l’amicizia che ci ha sempre legato salvate vostro figlio, non voglio più assistere a spargimenti di sangue. Vi prego amica mia convincetelo a partire, questa notte stessa, il più lontano da Blois”.
Ero pietrificata, la regina mi stava annunciando l‘assassinio di mio figlio per mano del suo, dovevo avvertire Enrico. Non mi inchinai, fuggii via alla ricerca di mio figlio.
Era nelle sue stanze, entrai senza bussare, senza farmi annunciare e lo abbracciai.
“Madre che succede” chiese Enrico liberandosi dal mio abbraccio.
Non usai preamboli, dissi solo “Il re vuole ucciderti, devi fuggire”. Enrico si mise a ridere io no.
“Non sottovalutarlo, è il re e vuole la tua morte” lo implorai.
“State tranquilla madre, saprò guardarmi. Mai io non fuggirò. Non sono come lui che invece è fuggito da Parigi” mi rispose Enrico e le sue parole erano senza replica, non potei far altro che tornare nelle mie stanze e pregare.
Fu quello che feci, mi inginocchiai di fronte al crocefisso e pregai “Dio, salvalo. Fa che la regina si sia sbagliata. Ti imploro non strapparmi quest’altro figlio”, ma in cuor mio sapevo che erano preghiere inutili, il destino era già stato scritto.
Il 23 dicembre 1588, mio figlio venne convocato dal re nella sua camera da letto, Enrico nonostante l’avvertimento andò solo, sicuro che il re non lo avrebbe mai colpito all’interno dei suoi appartamenti e invece, nella camera erano presenti i membri dei “quarantacinque”, la guarda personale del re. Appena entrato fu assalito  e trafitto a morte. Il re osservava compiaciuto. Poi il suo corpo fu bruciato nel camino di una sala del castello e le ceneri gettate nella Loira.
Io ero ancora nelle mie stanze quando sentii una confusione nel corridoio e aprii la porta, avevo intuito che l’avvertimento della regina si era realizzato, ma fui fermata dalle guardie, il re mi teneva agli arresti.
Mentre cercavo di spingere le guardie e ricavarmi un varco vidi le guardie del re trasportare il corpo insanguinato di mio figlio. Fu la fine, il mio dolore, la mia rabbia furono devastanti, comincia ad urlare, a colpire le guardie, a inveire contro il re “Quel tiranno, quell’assassino” urlavo senza sosta, poi svenni.
Mi ritrovai distesa sul mio letto, le mie dame mi circondavano, le vedevo tremanti, impaurite. “Non temete, ho visto e non dimenticherò. Il re si guardi da una madre a cui ha ucciso il figlio” ma capii che non era questo solo quello che temevano, era accaduto dell’altro mentre ero svenuta. “Cos’altro è accaduto?” chiesi. Le donne si guardarono, nessuna osava parlare, dovetti urlare “Parlate”. Ebbi la mia risposta, “Vostro figlio il cardinale Luigi è stato arrestato e condotto nelle segrete. Vostro figlio di Nemours è stato posto agli arresti come voi e vostro nipote il duca di Joinville.”
Ricaddi sul cuscino “E’ un folle, cosa spera di ottenere. Questa è la sua fine. Sarà meglio per lui che uccida anche me”.
Il giorno dopo le guardie mi prelevarono dalle mie stanze e mi condussero nel cortile dove ad attendermi c’era una carrozza, mio nipote, il cardinale di Borbone e il duca di Elbeuf.
Comincia a voltarmi alla ricerca dei miei figli “Dove sono i miei figli. Dov’è il cardinale e il duca di Nemours?” chiesi fra le lacrime temendo il peggio.
Una delle guardie “Il duca è fuggito questa notte” mi rispose subito ripreso dal compagno che lo intimò di tacere.
Chiesi “Il cardinale?”, ma questa volta non ottenni risposta.
Capii da sola. Era stato ucciso come suo fratello e il suo corpo aveva subito la stessa sorte. Il dolore si sommò al dolore, la rabbia alla rabbia e la vendetta cominciò a farsi strada.
Fummo trasferiti a Amboise. Gennaio trascorse nell’attesa, con l’unica notizia che la regina madre Caterina era morta il 5 di gennaio, ne fui sinceramente addolorata, eravamo state sempre molto vicine e nonostante gli ultimi  avvenimenti non avevo nulla da rimproverarle. Febbraio portò la visita del re.
Quando lo vidi giungere alla mia presenza avrei voluto saltargli al collo e strozzarlo con le mie mani, ma invece ascoltai quello che aveva da dirmi.
“Signora, mi rendo conto di aver fatto molti errori e le conseguenze sono tangibili. Il papa mi ha scomunicato. Parigi mi ha chiuso le porte e ora ho contro di me anche gli uomini più potenti e valorosi di Francia. “ cominciò il suo discorso il re.
“Cosa vi aspettavate. Pensavate che uccidendo i miei figli la Francia vi avrebbe applaudito?” risposi con una calma che sorprese persino me stessa.
“Ho compreso che l’unica salvezza è nel trattare con i vostri figli. Solo voi potete convincerli a perdonarmi e a riconoscermi come re. Se mi giurerete fedeltà il popolo di Parigi farà altrettanto. Vi rendo la libertà a condizione che parliate ai vostri figli in favore della pace” concluse il re.
Voleva che parlassi ai miei figli, bene è quello che avrei fatto “Come volete” risposi pregustando la vendetta.
Raggiunsi i miei figli, Mayenne e Nemours, a Parigi e gli comunicai le condizioni del re e alla fine dissi “Avevo promesso di dirvi tutto ciò. Ora a voi decidere il da farsi.” Poi ripresi “Ricordatevi solo chi erano i vostri padri e come hanno vissuto. Io non l’ho dimenticato”
La decisione fu presa rapidamente e fu quella che mi aspettavo, mai la famiglia Guisa avrebbe fatto la pace con l’assassino dei suoi figli.
La lega cattolica era all’interno di Parigi assediata dalle truppe regie e ugonotte che si erano alleate contro la lega cattolica.
Non fui presente alla decisione di uccidere il re ma l’1 agosto 1589 il monaco domenicano Clement fu introdotto nella camera del re e con la motivazione di dovergli fare una confidenza convinse Enrico III ad allontanare tutti i presenti. Appena il re si chinò questi lo pugnalò al basso ventre.
Il re morì alle tre del 2 agosto 1589. Apprendendo la notizia la nostra gioia fu grande che mia figlia baciò il messaggero della lieta notizia e poi insieme scendemmo nelle strade di Parigi ad annunciare la morte del tiranno.
Il nuovo re era Enrico di Navarra ma la lega cattolica non poteva riconoscere un re protestante quindi nominava re il cardinale di Borbone, zio del re di Navarra, ma in realtà il cardinale rinunciò all’incoronazione e  riconobbe la legittimità di suo nipote.
Carlo Emanuele di Nemours fu nominato governatore di Parigi, suo fratello Enrico lo sostituiva nel governatorato di Lione.
Parigi era sempre sotto assedio e morto il cardinale di Borbone nel maggio 1590 la lega era senza un candidato adatto. I possibili candidati furono: il duca di Lorena, il duca di mercuri, mio figlio Mayenne, mio figlio Nemours e per finire mio nipote il giovane duca di Guisa.
Parigi si difese e grazie agli aiuti spagnoli Enrico di Navarra non riuscì a prendere la città.
Gli anni che seguirono furono ancora carichi di sangue e dolore, mio figlio Mayenne nel gennaio 1593 convocò gli stati generai con l’intenzione di eleggere un nuovo re, ma non ebbe fortuna perché gli stati lo tradirono negoziando una tregua con Enrico di Navarra.
Il 25 luglio 1593 accade l’impensabile, Enrico di Navarra abiurava la fede calvinista.
Non c’era più motivo di continuare la guerra, le nostre motivazioni avevano trovato una conclusione, ora sul trono di Francia c’era un re cattolico, ed io ero disposta dimenticare chi erano stati i suoi alleati? Quanto sangue innocente era stato versato? Sì, per il bene della Francia ero disposta a riconoscere re Enrico di Navarra.
Enrico IV veniva consacrato il 27 febbraio 1594 nella cattedrale di Chartres.
Mio figlio di Nemours aveva abbandonato la città già da diversi mesi ed era ritornato nel suo governatorato di Lione, disobbedendo agli ordini di Mayenne.
Dopo l’incoronazione di Enrico IV i lionesi  arrestarono il loro governatore.
Nuove preoccupazioni per il mio cuore di madre. Chiesi a Mayenne di andare a Lione e liberare il fratellastro, promise ma non mantenne.
Il 22 marzo 1594 Enrico IV entrava trionfante a Parigi, una delle prime azioni fu mandare un messaggero a porgerci i suoi saluti e garantirci la sua protezione.
Due giorni dopo ricevemmo la visita del re.
Mia figlia Caterina ed io eravamo in biblioteca a leggere e ricamare quando un servitore ci annunciò la visita del re. Fummo prese alla sprovvista non mi aspettavo di vederlo nella mia casa.
Lo raggiungemmo nella grande sala, dove era stato fatto accomodare, e appena entrammo “Saluto il re di Francia a cui va tutta la mia fedeltà” dissi inchinandomi e altrettanto fece mia figlia.
Il re non ci fece neppure finire la frase che si avvicinò e ci fece rialzare abbracciandoci.
“Care cugine, sono felice di trovarvi in salute. Sono venuto a rendervi il dovuto omaggio. Conosco tutte le sofferenze che il vostro cuore ha dovuto subire e me ne dispiaccio. Per questo vi ringrazio per avermi riconosciuto come re, vi devo molto. Vi devo il mio trono. Ora però ho ancora bisogno del vostro aiuto. Dovete convincere i vostri figli a rendermi omaggio e giurarmi fedeltà, altrimenti la Francia continuerà a essere sconvolta da queste lotte fratricide. E noi questo non lo vogliamo?” questo mi disse seduto sulla poltrona di fronte a me.
“Basta sangue, maestà” gli risposi. “Vi prometto che farò tutto quello che è in mio potere per condurvi i miei figli”.
Mia figlia ed io ai primi di aprile lasciammo Parigi e andammo a Reims, dove c’era mio figlio di Mayenne.
Convincere lui, mio nipote il duca di Guisa e gli altri membri della lega lì riuniti non fu facile ma alla fine riuscimmo.
Gli ricordai anche la promessa di liberare mio figlio di Nemours ma non fu necessario il suo intervento in quanto dopo dieci mesi di prigionia Carlo Emanuele era riuscito a fuggire e ad arrivare nel Dauphine, di cui suo fratello era governatore.
Da qui con una guarnigione di soldati raggiunse Vienne dove venne attaccato da Montmorency che però non riuscì a catturarlo.
Volendo allontanarsi da Vienne la consegnò ad un governatore che purtroppo la consegnò immediatamente alle truppe regie.
Per mio figlio fu un colpo terribile, si sentì scoraggiato e questo minò ulteriormente la sua salute, che la lunga prigionia aveva rese precaria, quindi raggiunse Annecy nella speranza di ristabilirsi.
Venni avvertita della sua malattia ma non mi resi conto della gravità e continuai a rimanere a Parigi per contrattare con il re la resa di Nemours, cercavo vantaggi materiali mentre mio figlio soffriva e probabilmente desiderava solo avermi accanto.
I miei interessi materiali ancora una volta avevano la meglio sugli affetti e come accadde per il padre gli fui lontana.
Per fortuna suo fratello lo raggiunse e quando mi scrisse la gravità della situazione ne rimasi sconvolta, gli scrissi che partivo immediatamente e cosi feci, purtroppo era ormai troppo tardi, quando giunsi ad Annecy trovai solo la sua lapide accanto a quella del padre.
Oltre al dolore dovetti anche affrontare l’ira di Enrico che mi accusò, giustamente, di aver negato a suo fratello l’ultima gioia, quella di rivedermi.
Enrico era talmente arrabbiato che partì senza avvertirmi di dove sarebbe andato.
Ero disperata, mi sentivo una madre inadeguata, quanti figli avevo perso senza poterli vedere per l’ultima volta? Quante creature generate dal mio ventre erano morte? Perché dovevo sopravvivere ai miei figli? Perché?
Ancora oggi me lo chiedo, ma la risposta non l’ho trovata, tranne che ancora molto dovevo fare per la Francia.
Dopo molti mesi riuscii a sapere che Enrico, nuovo duca di Nemours era in Piemonte, io stavo contrattando la sua resa con Enrico IV e lui viveva alla corte di un nemico del re di Francia, possibile che mi odiasse così tanto?
Inviai il mio cappellano Neuchelles a Torino con l’intento di convincere Enrico a rientrare a Parigi. Il cappellano aveva conosciuto Enrico fin da bambino e quando si era parlato di un cappello cardinalizio i loro rapporti erano stati molto più frequenti, speravo nella sua intercessione.
Mio figlio non aveva intenzione di assecondarmi, lasciato il Piemonte si diresse a Ferrara da mio fratello Alfonso.
Dopo numerose lettere in cui gli chiedevo perdono e lo sollecitavo a tornare in Francia e da me, si convinse.
Per l’atto di fedeltà di Enrico avevo ottenuto dal re di Francia che le città di Gisors, Caen e Bayux fossero confermate al duca di Ferrara, per me avevo ottenuto la sovranità di Montargis e per Enrico, la conferma delle proprietà paterne.
Era il 1596 finalmente la pace tra tutti i miei figli e il re di Francia era stata siglata, potevo ritirarmi nelle mie proprietà e godermi la gioia di vedere i miei figli e nipoti onorati alla corte di Francia.
Questo era quello che pensavo e speravo e invece, prima che l’anno finisse un altro lutto mi colpì, Caterina Maria morì.
Quando fui avvertita del suo malessere era già da alcuni giorni che aveva una grande emorragia, questa volta riuscii a giungere in tempo, però il vederla morire fra le mie braccia non fu meno straziante che trovare una lapide su cui piangere.
Due anni dopo, ad ottobre, morì mio fratello Alfonso, duca di Ferrara, senza lasciare eredi diretti, gli successe Don Cesare d’Este, figlio di un figlio illegittimo di mio nonno, però il papa non accettò questa successione e Ferrara, la mia bella Ferrara passò sotto il dominio papale, nessun duca estense avrebbe mai più calpestato i meravigliosi pavimenti del palazzo ducale o passeggiato negli splendidi giardini.
Dopo neppure quattro mesi morì anche mia sorella Lucrezia, ero rimasta l’unica discendente diretta della casa ducale d’Este, l’unica sopravvissuta. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: nefert70