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Autore: chae    21/02/2011    2 recensioni
Andrea, undici anni, si prende una bella cotta per Anna, di diciassette. E dopo la prima delusione cerca di dimenticarla... ma cosa succederà quando la incontra, sei anni dopo, bella come la ricordava? Leggete e fatemi sapere...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sihNon ne poteva più di sentir parlare di Londra i suoi compagni. Da quando erano tornati non facevano altro che raccontare tutto quello che avevano fatto in gita, mind the gap please e così via. Gli rodeva il fatto di non essere potuto andare, lui che amava tanto viaggiare.
A volte, quando loro parlavano, si metteva le cuffie e ascoltava musica, ma gli tornavano alla mente troppe cose, e allora poggiava la testa sul banco finché il professore non lo rimproverava. Che brutta sensazione sentir parlare di cose che si desiderano… è per questo che Alberto non gli parlava mai di Anna. La gita mancata, e Anna, gli pesavano in due modi diversi. Cercava di non pensare a nulla, a quei quattro giorni che aveva passato solo in classe con alcuni compagni, desiderando di essere in posti diversi contemporaneamente. Non sopportava più le frasi “Ora che siamo tornati è tutto come prima…” e così via, gli dava fastidio che non pensassero a chi invece non era partito per nulla.
L’unica sua consolazione era Emma, la sua migliore amica.
Si erano conosciuti in prima superiore, quando aveva messo piede in un’aula sconosciuta di una scuola sconosciuta, piena zeppa di persone sconosciute. Non aveva idea di dove sedersi, finché non la vide. Aveva i capelli lunghi e biondi, illuminati dai raggi del sole che facevano capolino dalla finestra aperta alle sue spalle, un bel paio di occhi castani, e gli sorrideva, complice perché nella stessa situazione di insicurezza. Si era accorta subito di lui, e gli aveva fatto cenno di sedersi accanto a lei, come se il posto fosse sempre stato suo. Lui si era avvicinato e lei si era presentata, senza togliergli gli occhi di dosso. Emmanuela, con due emme, così aveva detto. Andrea aveva sorriso, notando con piacere che non aveva nulla di Anna, poi si era presentato a sua volta.
Giorno per giorno si erano avvicinati talmente tanto che era difficile credere fossero solo amici. Ma Andrea aveva una voragine dentro che gli impediva di varcare una marcatissima linea sulla sabbia che lui stesso aveva tracciato. Emma non aveva mai indagato a fondo, forse per paura di tendere le braccia e toccare qualcosa di proibito, e lui era contento di questo.
Lei era diventata la sua estensione, l’anima sempre presente al suo fianco.
Andrea aveva un rapporto diverso con Alberto, l’altro suo migliore amico. Lo vedeva più distaccato, occupato della sua vita, come era giusto che fosse. Emma amava bearsi della presenza di Andrea, tanto che non voleva partire a Londra, per non lasciarlo solo. Lui le aveva dato un bacio sulla guancia e le aveva sorriso. Così Emma l’aveva chiamato tutte le sere da Londra, ma non gli aveva parlato della città o di quello che facevano, perché lo conosceva come se stessa e sapeva che gli dava fastidio.
Andrea era felice di sentire la voce della sua amica, sempre così presente. Ogni tanto si era ritrovato a pensare a lei, che si era appena tagliata i capelli corti, che usava sempre vestitini colorati, anche per andare a scuola. Era molto bella, e non erano poche le persone che vedendoli camminare fianco a fianco, o a mano presa ammutolivano.
Andrea si era sempre chiesto perché non avesse mai un ragazzo. Sapeva molte cose di Emma, ma non aveva idea che la sua migliore amica fosse innamorata di lui dalla prima volta che l’aveva visto varcare la soglia della classe. Lo sapevano tutti tranne Andrea, cieco di fronte alle cose palesi; Alberto aveva cercato di farglielo capire milioni di volte…
E ora che Emma era tornata tutto era tornato normale, ma nell’aria si respiravano milioni di particelle di euforia. Lei agiva come se non fossero mai partiti in gita, e sopratutto come se lui non avesse una ragazza. Emma non parlava mai di Clara, benché si conoscessero. Andrea faceva finta di nulla e non ne parlava nemmeno lui, la abbracciava come se non potesse farne a meno, le chiedeva scusa senza sapere neanche perché.

“Odio vederti così triste, Andre.”
Andrea sorrise ad Emma e le prese la mano. Fecero pochi passi ancora del tragitto che avevano in comune.
Emma si fermò, di fronte a casa sua. Guardò l’amico che avrebbe voluto fosse qualcosa di più, bello e triste. “Non sarei dovuta partire…”
“Non dire cazzate, dai. Mi sei mancata, ora sei tornata e non puoi farmi da mamma. Adesso vattene” le disse scherzando. Emma rise e gli diede un bacio sulla guancia, poi aprì la porta. Gli lanciò un ultimo sguardo intenso e si dileguò, pensando a tutte le parole talmente desiderose di uscire dalle sue labbra che si erano incastrate tra di loro nella gola.
Andrea riprese a camminare, infilandosi le cuffie nelle orecchie, ascoltando ‘Till we die. Guardò i suoi piedi che lanciavano lontano le pietroline della strada. Sollevò gli occhi, attratto da qualcosa che non esisteva. Gli sembrò di vedere una figura ferma di fronte a lui, che lo fissava immobile. Lui fece finta di nulla, perché sapeva che guardare quello spettro della sua infanzia non gli avrebbe fatto bene, anzi, avrebbe tolto i punti a quella ferita che ogni giorno lui provava a medicare, ma milioni di pensieri si insinuavano tra le grinze della pelle per farlo sanguinare. Che senso ha essere cresciuti se certe cose rimangono immutate?
Ma Anna era lì davvero. Stava ferma di fronte a lui, come l’ultimo giorno che avevano parlato. Guardava in sua direzione, senza riconoscerlo.
Andrea rimase immobile, senza nemmeno più sentire la musica nelle orecchie, solo il sordo pulsare del sangue che dopo anni ha ripreso a circolare. Dopo sei anni che il cuore è rimasto fermo.
Vederla lì, vicina, e contemporaneamente irraggiungibile gli fanno rimettere i piedi per terra. Il suo cervello cominciò a lavorare frenetico, più di quanto Andrea credeva possibile. Sente di odiarla per tutto quello che gli aveva fatto passare, per tutto quello che lui stesso si era provocato, per un pensiero malato di lei, un idea di un bambino, irrealizzabile, così astratta, utopica.
Anna sembrava aspettare qualcuno che non arrivava. E lui per quanto l’aveva aspettata con la consapevolezza che non l’avrebbe mai raggiunto? E la colpa di tutto questo era solo sua, di Anna, che l’aveva baciato e era scappata, in maniera indiretta gli aveva insinuato in testa mille pensieri su di lei, consapevole di fargli del male…

Anna guardò l’orologio. Gaia era in ritardo di dieci minuti, e conoscendo l’amica ciò significava che non sarebbe venuta. Probabilmente ronfava come un ghiro sul divano. Si voltò per prendere da sola la strada di casa, quando qualcosa catturò la sua attenzione. O meglio, qualcuno.     
Un ragazzo veniva verso di lei, e quando lui le fu più vicino lo riconobbe con un colpo d’occhio. Andrea, il bambino di undici anni, con lo sguardo timido, il sorriso dolce… dove era finito? Erano rimasti solo gli occhi, verdi, bellissimi come li ricordava. Tutto il resto, completamente diverso. Era diventato più alto di lei, con le spalle larghe e il petto ampio; i capelli lunghi, il viso da adulto. Anna lo trovò bellissimo, e senza neanche pensarci gli sorrise, senza sapere la tempesta che lo sconvolgeva dentro.

Un sorriso, semplice. Il più bello del mondo. Andrea si fermò istintivamente, perché gli sembrava la cosa più naturale da fare. I pensieri negativi contro di lei evaporarono senza lasciare traccia, come neve al sole. Lei era lì e solo questo contava.
Si fermarono l’uno davanti all’altra, senza parlare. Poi Anna lo abbracciò con la stessa naturalezza con cui gli aveva sorriso.
“Andrea! Che bello vederti…”
Andrea la strinse forte, respirando i suoi capelli. Aveva un profumo buono, lo stesso che ricordava. In sei anni non era cambiata quasi per nulla. La vedeva più bassa, ma forse, anzi sicuramente, era lui più alto. Fisicamente era ancora perfetta, ma le sue forme erano più morbide, più da donna e non da ragazzina. Era, se possibile, ancora più bella.
“Ciao, Anna.”
Le uniche cose che riuscì a dire.
Le uniche cose che non avrebbe voluto dire.
Anna lo guardò, continuando a sorridergli. “Ma dove vai?”
“Torno a casa da scuola.”
Tra loro due Andrea aveva alzato un muro. Ogni mattone era un giorno che aveva passato pensando a lei, idealizzandola in ogni dettaglio. E ora che l’aveva davanti non aveva idea di come comportarsi, cosa dire…
Passare sei anni a desiderare una ragazza e quando la si ha di fronte dimenticare come si respira.
Anna cominciò a camminare, e Andrea la seguì, sulla sua scia. Cominciò a parlargli di tutto quello che aveva fatto in cinque anni di università, come se fosse stata zitta da secoli, aspettando solo lui. Andrea si ritrovò solare, tranquillo, desideroso delle sue labbra ma ancora più di starle accanto. Il muro cominciò a sgretolarsi, e Andrea abbatté a mani nude ogni centimetro della parete. Anna rise e scherzò con lui come se fossero amici da sempre, non come se gli avesse spezzato il cuore.
Andrea le raccontò qualcosa della sua vita da diciottenne che sta per diplomarsi, che ha paura della vita, quel poco che riesce a dire di sé. Lui così riservato…
Il tempo si prende gioco degli uomini che confidano in lui, perché Anna arrivò al posto dove stava conducendo Andrea, ovvero casa sua.
Anna afferrò la maniglia del cancello, ma aspettò ad andarsene. Fissò Andrea per pochi secondi, intensamente, pensando a cose che lui non avrebbe potuto indovinare. Lo ringraziò con gli occhi, e lo salutò con un bacio sulla guancia, leggero.
Andrea guardò la ragazza dei suoi sogni sparire dietro un portone di legno. Scosse la testa, come se si fosse risvegliato da un sogno. Fece retrofront e percorse il più velocemente possibile la strada di casa. Si ritrovò a pensare, quasi come se fosse ancora un undicenne, che essere cresciuti è bellissimo.




 










Spero vi stia piacendo... la VERA storia sta per cominciare... =) Chae
   
 
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