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Autore: Piccola Ketty    22/02/2011    2 recensioni
Autoscuola.
Un istruttore bellissimo, dieci anni più grande della sua allieva.
Kate e Mirko.
Una storia strana, un gioco di sguardi che porterà tutti e due in un vortice chiamato amore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I breathe your moments








9.
 
“Che cosa hai fatto?!”, la voce di Melanie rimbombava per tutto il mio palazzo, mentre stavamo salendo le scale.
“Tu, tu..io non ci credo. Hai avuto il coraggio di mandare tutto a quel paese?”, ripeté sillabando ogni parola.
Mi voltai verso di lei, prima di infilare la chiave nella serratura della porta, “hai ragione, ho mandato tutto a puttane, e l’ho fatto perché non voglio che lui si senta legato a me, inutilmente..”.
“Ah, e quindi gli hai anche detto delle notti che passi a piangere, perché l’hai sognato?”, provai a parlare, ma mi fermò con una mano, “e anche di tutte le volte in cui, quando lo nomini, sorridi come un’ebete? Oppure, non so, gli hai detto di quanto in realtà tieni a lui? Ma che sei troppo stupida, per dirglielo?”.
Quando si arrabbiava, diventava una furia.
“Hai ragione Mel, hai ragione!”, la bloccai, prima di sentire un’altra scarica di parole.
“Ho ragione? Sai solo dire questo? Cioè, tu mi dici che ho ragione, e basta?”, aveva puntato i piedi per terra, fissandomi con le braccia incrociate.
“Scusami, dovevo fargli pensare che ci fosse una possibilità?”.
“Eh?!”.
La fissai.
“C’era eccome una possibilità, ma hai mandato tutto all’aria per colpa della tua impulsività. Io mi arrabbio, perché ti ho vista soffrire per tanti ragazzi, ma lui è diverso, con lui eri diversa..”, abbassò lo sguardo, insieme alla voce.
Mi avvicinai, appoggiandole le mani sulle spalle.
“Lo so, e per questo te ne sono grata. Perché senza di te, ora non riuscirei nemmeno a camminare dal dolore. Ma non potevo tenerlo legato a me, illudendolo..io non sono sicura di niente in questo periodo”, scossi la testa, “quindi è molto meglio così, per entrambi, fidati..”.
L’abbracciai, stringendola forte, “io non voglio che tu stia male..”, la voce che tremava.
“Non sto male, giuro”, incrociai le dita in aria, “parola di scout”.
Abbozzò un sorriso, restando però sulla difensiva, “dovresti però fare un po’ di chiarezza nelle tue idee. Perché tesoro, tu pensi a lui sempre! Quindi, se lo allontani, farai solo il vostro male..”.
“Tutta questa saggezza, racchiusa dentro questo corpo di donna”, le accarezzai i capelli, guardandola con amore.
“Mi prometti che ci penserai?”, mi chiese poi con gli occhi dolci.
“Va bene. Ora, però, basta pensare a lui. Divertiamoci”.
Passammo il pomeriggio insieme, evitando di pensare a qualunque cosa potesse vietarci di divertirci.
 
Dovevo dare la teoria, era passato più di un mese da quando mi ero iscritta, e il programma era finito da due settimane ormai. Oltretutto, Marzia mi aveva già detto di prenotarlo, visto che non sbagliavo quasi più nessuna domanda. Fare l’esame significava iniziare le guide, quindi venire in autoscuola in orari impossibili, e quindi non beccarlo mai.
Ero davvero stupida. Gli avevo detto che non doveva più aspettarmi, ed io stessa speravo che non mi avesse ascoltata. Sospirai, ed entrai nella scuola guida, con l’intento di prenotare l’esame e di fare qualche simulazione.
“Ciao”, salutai con poca enfasi.
Non era un bel periodo, e la lontananza da “non posso nominare il suo nome” era devastante. Ogni volta volevo cercarlo, sapere come stava, sapere se come me, soffriva.
Forse, però, dicendogli quelle cose, ero riuscita a fare almeno il suo bene. Il mio, non di certo.
“Come mai così poca vita? Si vede che non frequenti più la nostra scuola. Prima eri più solare”, Fiamma parlò senza guardarmi, fingendo di interessarsi ad altro. Come se non sapessi che intendeva parlare di lui. Era palese.
Sospirai amareggiata. Era vero, da quando era successo il casino con Mirko ero diversa.
Uscivo, certo, ma non mi sentivo più solare e piena di vita. Era come se mi si fosse spento un interruttore dentro, e soltanto Mirko avrebbe saputo come fare per riattivarlo.
“Già, ma il lavoro, la casa, sai..non è facile”, solite scuse che usavo ormai da un mese.
“Sicuro tesoro”, alzò lo sguardo, sorridendomi, “vuoi prenotare l’esame allora?”, chiese tranquilla.
Mi tremavano le gambe all’idea, in fondo, era pur sempre un esame, che costava non poco.
Ma era nel mio carattere agitarmi per qualunque cosa, quindi, non ci diedi peso.
“Si”, mi avvicinai al bancone, dondolando un piede sulla punta.
“Bene, bene..guardiamo eh”.
Prese a sfogliare l’agendina che conteneva le date di tutti gli esami.
“Oh guarda chi c’è!”, Marzia uscì dal bagno sorridendomi allegramente.
Tutti felici.
“Verrai vero alla festa del cinquantesimo anniversario della scuola?”, domandò interessata.
“Non lo so”, storsi la bocca, pensando agli impegni di quel sabato.
“Dai, è da tanto che organizziamo”, fece gli occhi dolci, sbattendoli.
“Mmmh, ma..ci saranno proprio tutti”, guardai un po’ ovunque, tranne che i suoi occhi.
“Si, tutti. Ma tu non ti preoccupare”, la guardai, “penso davvero che lui stia meglio ora, e vederti, magari, lo rende solo più felice. No?”, scrollò le spalle.
“Forse..”, non ne ero convinta, assolutamente. Loro nemmeno sapevano cosa era successo tra di noi, quindi non potevano sapere quanto male facevo invece a me stessa.
“Allora tesoro, l’esame lo possiamo prenotare tra due settimane, va bene per te?”, Fiamma lasciò cadere il discorso che avevamo iniziato, e la ringraziai mentalmente.
“Si, si va benissimo”, le sorrisi, annuendole.
Quanto mi mancava Mirko? Tanto, troppo.
Riuscivo a pensare soltanto a quello ormai, a lui, e basta. Sospirai, prima di prendere la mia borsa, ed avviarmi verso l’uscita.
Ripensare al passato non era salutare, ma non riuscivo nemmeno a vedere un futuro senza di lui.
Mi aveva lasciato qualcosa dentro, qualcosa di forte.
Sentii una risata per la strada, e la prima cosa a cui pensai fu lui, ma alzando il viso non incontrai quei fantastici occhi azzurri. Non era lui il ragazzo a cui apparteneva la risata.
 
Se c’era una cosa che proprio non riuscivo a farmi entrare in testa, era il motore. Il componente più importante della macchina, era l’unico che non riuscivo a comprendere. Potevo anche studiarlo a memoria, che tanto il giorno dopo ero punto a capo. Erano quasi dieci minuti, che leggevo la stessa riga. E nemmeno quella riuscivo a capire.
Avevo deciso, alla fine, di andare alla festa con Melanie. Anche se ci fosse stato, non ero sola.
Mio cugino non poteva venire, anche perché non lavorando più lì, si era trovato un altro lavoro che lo faceva stare fuori città per tutta la settimana. Oltre tutto, a breve avrei dovuto iniziare a fare qualche guida, altrimenti non sarei andata oltre alla teoria.
Scesi alla fermata, davanti alla scuola guida, in attesa di Melanie. Misi nella borsa il libro, rinunciandoci, guardandomi intorno. La scuola era aperta, e dentro si potevano notare già parecchie persone. Odiavo la confusione, ma avrei fatto uno strappo alla regola.
Faceva già freschino, era quasi la metà di novembre, e di certo non si stava benissimo fuori senza giacca.
Mel non era ancora arrivata, ma ero io ad essere in netto anticipo. Ero nervosa, e sapevo anche il perché.
Lo avrei rivisto, e una piccola parte di me, sapeva che ci sarebbe rimasta male, se lo avesse visto felice anche senza di me. Ero egoista. Gli avevo detto io, esplicitamente di lasciarmi stare e di rifarsi una vita, eppure lo volevo ancora con me.
Mi voltai verso l’entrata, osservando le persone che stavano entrando. C’era una donna, che stava ridendo in maniera inumana, tanto che riuscivo a sentirla anche dal punto in cui mi trovavo. Al suo fianco, notai un uomo, e quando lo riconobbi sentii il sangue gelarsi nelle vene.
Rimasi immobile a fissare la scena, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Lui posò una mano sulla schiena di lei, per invitarla ad entrare dentro la suola guida. Un gesto normale, che chiunque poteva fare, ma fatto da lui, mi scatenò una tempesta dentro, inumidendomi gli occhi. Sospirai, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni dentro le tasche dalla giacca.
Dovevo smetterla di comportarmi così, io lo avevo allontanato ed io dovevo comportarmi da persona coerente.
“Ehi”, mi voltai verso una Mel accaldata.
“Hai corso?”, le domandai sorridendole.
“Si, perché non sono riuscita a scendere a questa fermata. Troppi energumeni sull’autobus..”, alzò gli occhi al cielo. Potevo capirla benissimo.
“Andiamo?”.
“Hai fretta?”, mi domandò sorpresa.
In effetti il mio tono non ammetteva repliche, ma era uscito da solo, senza il mio controllo.
“No, no..”, alzai le spalle, iniziando a camminare.
Mi seguì in silenzio, attraversando la strada.
“Mamma mia quanta gente. Ci saranno pure dei nonni”, entrò per prima, tenendomi la porta.
“Grazie”, le sorrisi, guardando all’interno, facendo un cenno con il capo alle ragazze.
“Allora sei venuta”, dissero quasi in coro, avvicinandosi.
“Già”, indicai la mia amica, “non è un problema, vero?”.
“Certo che no, è già un viso noto”, risero.
“Ottimo”, avevo già adocchiato una sedia libera.
“Non ci pensare nemmeno cara”, Melanie mi prese a braccetto, parlando tra i denti, “ora tu farai un giretto in mezzo alla gente, non ti andrai a sedere nel primo posto che trovi”.
Mi voltai preoccupata, “da quando leggi nel pensiero?”.
“Con te, sempre..”, un sorriso a trentadue denti le incorniciò le labbra.
Annuii poco convinta, seguendola nel suo tour personale. Scoprimmo di avere alcuni amici lì dentro, eppure non li avevo mai visti. Ci perdemmo in chiacchiere relative alla scuola, al lavoro, al tempo libero, ma tant’è che ancora non lo avevo visto. C’era troppa gente, per poterlo scrutare tra i visi.
“Ehi, guarda là”, Mel mi diede una gomitata, facendomi guardare alla mia sinistra.
Mirko stava uscendo da una stanza con altre persone, tra cui la donna di prima, sorridente ed allegro.
Era bellissimo. Dovevo avere dei cuoricini al posto degli occhi, perché Mel si fece una bella risata.
“Smettila di fissarlo così, sei davvero terribile”, bevve un sorso di bibita dal suo bicchiere, fissandomi, “prima fai tutto quello che hai fatto, poi ti comporti così. Sii coerente Kate!”, mi voltai verso di lei.
“Vai da lui e digli che hai sbagliato no? Che le chiacchiere della gente ti hanno resa insicura”, strabuzzai gli occhi, “è così, fidati. Tu avevi paura che la gente..anzi, hai, paura che loro ti possano giudicare. Non temi che parlino di lui, ma di te..”.
“Quindi se vuoi essere felice, smettila di pensare al giudizio degli altri”.
Rimasi impietrita, con la bocca spalancata. Abbassai lo sguardo, sentendo le parole di Mel pesarmi come macigni.
Che avesse ragione? Ero tanto immatura da non aver capito che il problema veniva direttamente da me, e non dall’esterno? Se davvero era così, ero stata una stupida.
Non solo avevo perso la mia occasione, ma lo avevo messo su un piatto d’argento a quella donna che ancora sorrideva con lui. Se permesso, era anche peggio di Monica.
“Vado a prendere da bere, vuoi qualcosa?”, mi voltai verso di lei, con aria triste.
“No, no..tranquilla”, mi sorrise, accarezzandomi una spalla, “stai serena..”.
Una parola. Facile a dirsi.
Mi feci spazio tra la gente, chiedendo continuamente permesso. Quando raggiunsi il tavolo, mi versai un po’ di coca cola, sentendo la gola secca. Lo stomaco stava facendo di testa sua da quando lo avevo rivisto.
Le farfalle erano tornate in vita, e svolazzavano di qua e di la liberamente.
“Kate?”, mi voltai, rischiando di rimanere strozzata con il sorso di coca cola che stavo ingoiando.
Dì il suo nome, avanti, dillo.
“M..Mirko, ciao”, boccheggiai, cercando di non morire soffocata.
“Scusa, non volevo spaventarti”, sempre con il sorriso sulle labbra.
“No, tranquillo. Stavo bevendo..”, cercai di sorridere, ballando da un piede all’altro, “hai solo rischiato di farmi soffocare”, tossii un po’, cercando di schiarire la voce.
“Scusa”, sorrise sghembo, ed io mi sciolsi completamente, “uh già che ti vedo”, si, infatti non sono qui per te, no, “voglio presentarti una mia cara amica”.
Spalancai gli occhi, sentendo il sangue fluire velocemente nelle guance.
“Doria, vieni qui per favore?”, alzò una mano, indicandoci.
“Ehm, ma tranquillo, io sono con un’amica. Anzi..l’ho lasciata sola..”, guardai nella direzione nella quale doveva, teoricamente, trovarsi Mel.
“Due secondi, giuro..”, mi guardò intensamente negli occhi, ed io, come potevo dire di no?
Annuii soltanto, restando in attesa incrociando le braccia al petto.
“Allora, stai bene?”, mi domandò serio.
“Si, si..tu?”, iniziai a giocare con il bicchiere, mordendone i contorni.
“Certo”, tossicchiò, “Si..”.
Lo guardai torva, evitando di approfondire.
Stupida, che domande fai?
“Dimmi tutto caro”, la donna che avevo visto prima si avvicinò a Mirko, abbracciandolo.
Se avessi avuto il dono di sparare fulmini, a quest’ora la mano di Doria non c’era più.
Sorrisi nel modo più falso possibile ed immaginabile.
“Ti voglio presentare una ragazza che ha frequentato il mio corso”, una ragazza, una semplice ragazza.
Un pugno nello stomaco mi avrebbe fatto meno male.
“Kate, lei è Doria, una mia ex collega, Doria, lei è Kate”, ci sorrise, guardandoci alternativamente.
“Piacere”, mi porse la mano, che strinsi per educazione, continuando a sorridere. Ma dentro piangevo.
Mi stavo struggendo di dolore, ma cercai di non darlo a vedere.
“Sai Doria, è una ragazza molto intelligente, ci credi che è riuscita a seguire i miei corsi senza nemmeno addormentarsi?”, risero entrambi, ma io non ci trovai niente di divertente.
“Allora sei stata fortunata..sai, ai tempi, il caro e vecchio Mirko, non era così bravo”, strinse l’abbraccio, ed il pugno ritornò più violento, “le ragazze arrivavano soltanto per vederlo..non per seguire la sua lezione”.
Stava forse dicendo che io andavo a scuola guida solo per vedere Mirko? Che poi fosse vero, erano dettagli.
“Non è vero”, si finse offeso, ed io iniziai a sentirmi davvero di troppo.
“Oh, si..e meno male, che ai tempi ancora le colleghe non ti avevano inquadrato..”.
La guardai stupefatta. Al posto della bocca si posizionò una O enorme, ed iniziai a sbattere gli occhi, sempre cercando di non farmi notare.
“Già, meno male..”, lo vidi imbarazzarsi, e passarsi una mano tra i capelli.
“Poi, sono arrivata io, a rovinare i sogni delle ragazzine in piena tempesta ormonale..”, si voltò verso di me, guardandomi in modo ambiguo, “peccato che tu abbia scelto la persona sbagliata..”.
“Doria, dai..”, abbassò lo sguardo, “direi che è ora di andare”, era nervoso, e glie lo potevo leggere in ogni ruga apparsa sul suo viso perfetto.
Guardami, ti prego. E fammi capire che c’è ancora speranza per me.
“Sai Kate, a guardarti bene..”, alzai il viso su di lei e sulla sua elegante persona.
“Doria”, la ammonì lui, senza nemmeno farla finire.
“No, dai..non è strano? Tu”, indicandomi, “assomigli molto alla sua ex da giovane. Una storia durata anni..povero Mirko. La storia è finita da poco, ed è durata davvero tanti tempo..”, si voltò verso di lui, passandogli una mano sulla spalla.
Rimasi con il bicchiere tra le labbra, incapace di parlare.
“Doria, direi che abbiamo detto anche troppo..”, mi guardò, ma lo vidi soltanto di sfuggita, perché ormai avevo già abbassato lo sguardo.
“Vado un secondo dagli altri Mirko, vieni con me?”.
“Arrivo, devo dire a Kate due date dell’esame”.
“Ok, non farmi aspettare”, avevo un sacco di insulti per lei, davvero tanti.
All’improvviso però, i rumori dentro la stanza, cessarono di esistere. C’era solo silenzio.
Le orecchie fischiavano, e le parole di quella donna continuavano a rimbombare nella mia mente, lasciandomi sconvolta. Potevo sentire la vena sulla tempia pulsare al ritmo del mio cuore, che correva all’impazzata.
“Kate”, sentii la mano di Mirko posarsi sul mio braccio.
Sbattei le palpebre, controllandomi.
“Si?”, alzai la testa, guardandolo.
“Stai bene? Doria parla sempre troppo, è un suo brutto vizio, non volevo che ti turbasse..tu e..”.
“Non voglio sapere niente Mirko, e tanto meno devi darmi delle spiegazioni. Vado da Melanie, scusa”, evitai di guardarlo allontanandomi.
Scappare, questo era diventato il mio hobby preferito. Stavo scappando di nuovo, e sinceramente quella volta non avevo nemmeno dei rimpianti.








   
 
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