La velocità del
ragazzo era altamente superiore a quella della giovane donna
così il Rosso
raggiunse dopo poco tempo la “ladra”;
l’afferrò per un braccio e la costrinse a
voltarsi. Guardandola negli occhi, però, non vi
trovò il terrore che si
aspettava ma solo una malcelata paura e una tanto più forte
ansia.
-Lasciami! lasciami!-
le urla della ragazza erano insistenti.
-Non prima di avere avuto
l’occasione di spiegarti, di chiederti perdono!-
Furono, queste parole,
come un potente calmante per la ragazza, riuscirono a tranquillizzarla
non
tanto per ciò che significavano quanto per il modo in cui
erano state
pronunciate; non vi era traccia dell’uomo burbero che le era
sembrato di
scorgere nella radura, ogni sensazione di rabbia sembrava sparita.
-Chi….cosa sei?-
banali parole? No, erano le uniche che sembravano adatte per la
ragazza, erano
la curiosità che si esprimeva.
- Il mio nome è Rouge,
ma credo che non sia ciò che vuoi conoscere; Sono
ciò che mi è stato fatto, se
ti basta.- Voleva così evitare ciò che, invece,
la ragazza gli chiese.
-Spiegati- lei era
dubbiosa –non esiste fatto che possa trasformare un uomo in
un mostro, cosa può
esserti successo di così terribile- Dalla faccia
dell’altro capì di aver
chiesto qualcosa di estremamente doloroso per lui.
Il ragazzo abbassò gli
occhi; aveva mai, Rouge, raccontato quella storia? no. Non era mai
stato in
grado di affrontarla, forse era questo il suo problema, la sua
debolezza.
Perché doveva rievocarla ora? Per una ragazza che neanche
conosceva? Il
silenzio tra i due era più rumoroso di qualunque altro suono
ma poi,
lentamente, la giovane donna accarezzò il viso del Rosso,
alzandogli il viso
con grazia ma ferma decisione. I loro occhi tornarono a guardarsi e a
quel
punto Rouge non resse e, piangendo, come farebbero i bambini tristi
davanti
alle loro madri, iniziò a raccontare:
- Vivevo allora-
iniziò a fatica- con mio padre, un forte contadino rimasto
vedovo, e lui era
per me una guida per il mondo. Sapeva insegnarmi come coltivare i
campi, come
riparare oggetti; come essere un uomo. La sera solevamo sederci attorno
al
camino e lui mi parlava delle esperienze, delle scelte e
dell’amore: mi
insegnava a vivere! e io vedevo quei momenti come la cosa
più bella che la vita
potesse offrirmi. Poi un giorno venne il signore del piccolo terreno
che
gestivamo con i suoi scagnozzi e litigarono perché avevamo
tardato a consegnare
il raccolto. Sembrava una solita litigata, come quelle che si sentono
al
villaggio ogni giorno, ma successivamente iniziarono a menarlo e non si
fermavano, ancora e ancora per un tempo che mi parve eterno. Lui si
difendeva a
stento e io non potevo muovermi, per la paura. Fino a che lo lasciarono
a terra
in fin di vita, il sangue che sgorgava da ogni parte. Io ero li accanto
a lui e
strisciando lo presi tra quelle che erano ancora piccole braccia. Vidi
la morte
chiamarlo a se, vidi i suoi occhi spegnersi. Può un uomo
essere ridotto in tal
modo? Schiacciato, umiliato e infine lasciato a morire, come quando si
fanno
spurgare i maiali appena sgozzati, senza che nessuno paghi per quel
gesto?
Quello che sono l’ho dovuto a quel giorno, su quel pezzo di
terra non vi è
stata solo la morte di mio padre, ma anche la nascita del mio progetto
di
vendetta-
Silenzio, per la prima
volta solo silenzio: non più rabbia, non più urla
disperate, non più ricordi in
mente. Solo una piatta calma. L’animo di Rouge era per la
prima volta libero
dal ricordo, calmo e più simile a ciò che si
può dire “sereno” di quanto fosse
mai stato. Le
ultime parole dette lo
avevano svuotato completamente di ogni sensazione.
-Rouge- la voce della
giovane era incrinata dalla pietà e dalla tristezza -a chi
altri hai raccontato
tutto ciò?-
Il Diavolo Rosso, che
in quel momento non era lo specchio del suo soprannome, si
limitò a negare
muovendo la testa, al che la ragazza si mosse verso l’altro e
lo accolse nel
suo delicato abbraccio rimanendo stretta a lui per qualche tempo, fino
all’esaurirsi del suo lacrimare. Riuscendo poi a parlare il
Rosso le domandò:
-Qual è il tuo nome?-
-Veronica-
Erano vicini, molto
più di quanto lei si fosse mai trovata con altri uomini. Il
calore che i corpi
emanavano era intenso ed entrambi sentirono per la prima volta una
sensazione
delle più dolci e provarono l’impulso,
irresistibile, di unire le proprie anime
in una sola, baciandosi.
Dagli alberi filtravano fasci di luce verde che proiettavano ombre amiche attorno ai due amanti, persi tra il sudore e il dolce desiderio di uno scambio molto più che profondo; non era un momento voluto ma era l’istinto a portare i due a consumare quel fulmine acceso, li, su un letto d’erica. La vista offuscata dalla semiluce, le orecchie perse nel rumore l’uno dell’altro, le sensazioni ammaliate dal sapore dell’altro e il tatto perso nel fremente, gioioso contatto. Solo i cuori erano sereni, seguendo ognuno il ritmo dell’altro.
- - - - - - - -*rinviene*
semplicemente oddio. Sono reduce da una full-immersion in questo capitolo che mi ha lasciato completamente privo di forze. Mi è uscito tutto di getto e forse lo avrete già notato. Prevedo ciò che avrete pensato nell'ultima parte: assolutamente irreale! In effetti lo ammetto, non sta ne in cielo ne in terra la situazione tra Veronica e Rouge ma mi piaceva l'idea (non prendetemi per pervertito però...) cercate di sopportarmi e fatemi sapere cosa ne pensate! :D
BuonCiao
_Arthur_