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Autore: Little Firestar84    22/02/2011    4 recensioni
Bruno Heller ha spesso deliziato i fan con dei bellissimi momenti romantici, simpatici, dolci e a volte anche tristi, fra i nostri personaggi preferiti. Ma non sempre le cose si sono concluse come noi fan avremmo voluto! Anzi è successo praticamente sempre così :)
ecco perchè ora tocca a noi scrivere quei momenti mancati! Tocca a noi scrivere cosa avremmo voluto vedere: facciamo sognare noi stesse!
è richiesta la partecipazione di tutte (se volete ovviamente!)!!
un bacione:)
Giada
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TITOLO: il nome sbagliato, al momento sbagliato
EPISODIO DI RIFERIMENTO: 3X07 (Red Hot)
AUTORE:Elina
RATING:Arancione (tendente al rosso)
PAIRING: Jisbon, of course!
CONTEGGIO PAROLE: Odiatemi pure, ma questa storiella è lunga ben 7219 parole!!!!
NOTE: libera, parecchio, re-interpretazione della mia fan-fiction, scritta in inglese su fanfiction. net, "Craving Touches"  (http://www.fanfiction.net/s/6453563/1/Craving_Touches ) sempre un "what if" sull'episodio. Quella storia è molto, ma molto più spinta, soprattutto in alcune parti. (lì il rating era M, non solo T, ma chissà perchè, se devo scrivere in italiano di scene troppo spinte, vado nel panico. credo sia perchè esiste la possibilità che certe cose vengabo lette da certi genitori e un certo fratello, cehe grazie al cielo non capiscono un acca di Inglese permettendo così alla mia morbosa fnatasia di correre libera almeno lì)


IL NOME SBAGLIATO AL MOMENTO SBAGLIATO

Le mani di Lisbon percorrono, affamate di desiderio, il petto liscio, scolpito e lievemente abbronzato dell’uomo, l’unica parte del suo corpo che per ora è stata privata del vestiario.  Si di lei, invece, rimane solo un minuscolo e quasi indecente completo intimo, pizzo verde scuro e seta nera, ed è certa che non rimarrà comunque troppo a lungo su di lei. Dopotutto, per quanto lei lo desideri, chi ha atteso maggiormente questo istante è lui, fin dal loro primo incontro.   E, infatti, senza nemmeno rendersene conto, Teresa si ritrova distesa sul letto, priva di ogni indumento, mentre mani e bocca dell’uomo compiono meraviglie su di lei. Il suo tocco la accende come non succedeva da molto tempo, la fa sentire sollevata, felice, bellissima, desiderata, e, anche un po’, amata.
Si scioglie sotto la guida dei suoi tocchi leggeri ma esperti, desiderosa che anche lui si sbarazzi dei suoi abiti. Teresa ha bisogno di questo, vuole questo. E lo vuole da lui. Sa che anche lui lo vuol. Sa anche però che lui vuole giocare un po’ con lei prima, che vuole che lei si diverta tanto quanto lui. Lui vuole che entrambi godano appieno di questa esperienza. Vuole che entrambi escano soddisfatti da quest’incontro.
Le sue mani giocano, o forse torturano i seni di Teresa, mentre la sua bocca percorre il suo corpo, in direzione di quel punto in cui lei lo desidera ardentemente. Quando però vi arriva, le mani di Teresa lo afferrano per i capelli, cercando di fargli capire in silenzio – il suo raziocinio è stato cancellato dalle mani dell’uomo ancora all’opera sul suo corpo – cosa lei desideri davvero. Lui, però, non sembra sentire ragione, e continua la sensuale e piacevole tortura con mani e labbra e lingua, senza darle ciò che lei più desidera, non le da ciò che da troppo tempo Teresa non ha più avuto.  Non vuole essere punzecchiata. Non vuole passare ore a sperimentare questa tortura, per quanto sia meravigliosa. Ora, dopo mesi di tensione sessuale repressa, vuole solo essere scopata come si deve.
“Ti supplico, adesso basta, lo sai cosa voglio Jane, adesso smettila di giocare e scopami.” Il suo cervello ha giusto il tempo di elaborare le parole che hanno lasciato la sua bocca che il suo corpo avverte il peso dell’uomo spostarsi da sopra di lei per andare a sedersi il più lontano possibile.  Lei si siede, incapace anche solo di pensare di guardarlo negli occhi, e all’improvviso si vergogna della sua nudità e deve coprirsi.
Sa che lui è sotto shock. Accidenti, lei è sotto shock, e anche leggermente dispiaciuta.
“A quanto apre ho perso il mio tocco magico.” Le dita percorrono i capelli corti mentre lui cerca di mantenere alto il morale e di essere leggero e positivo; non guarda Lisbon, però, ma il pavimento.  Cerca di non dare troppo eso alla cosa, ma deve ammettere che è la prima volta che gli capita da quando aveva poco più di vent’anni; è la seconda volta che una donna gli da, in un modo o nell’altro, il due di picche, ed entrambe le volte Teresa ha inflitto il colpo di grazia al suo ego. E dire che, nonostante si fossero trovati d’accordo sul fatto che si sarebbe trattato di una volta sola, lui sperava che la performance potesse avere parecchie repliche nell’immediato futuro, e tutti i segni facevano ben sperare. Fino a quel momento si erano divertiti entrambi, fino al momento in cui lei aveva sussurrato il nome di un altro, pregato, scongiurato un altro uomo perché la prendesse, un altro che, di certo, non era quello con lei stava per passare una notte incandescente.  “senti, non c’è nulla di cui preoccuparsi, va tutto bene; siamo entrambi adulti, e non è certo la prima volta che una donna chiama un altro mentre è con me.”
“no, non va bene per nulla!” Teresa sibila a denti stretti, infuriata non con quest’uomo che avrebbe ogni ragione, per essere tutto tranne che così gentile ma inferocita con se stessa e con Jane.  “Non va bene che io non riesca ad avere un appuntamento decente da anni perché mi devo sempre occupare di lui o che io non dorma e riesca a mangiare perché sono troppo preoccupata per Jane.”  Fa una breve pausa, poi, singhiozzando, va avanti. “ Non va bene che non riesca a fare sesso perché ogni volta che sono con un uomo, è lui che m’immagino essere con me, né che io debba continuare a torturarmi con assurde fantasie di lui che mi ama con il suo corpo e la sua anima!”
Lisbon Incrocia le braccia e piagnucola come una bambina mentre Mashburn la abbraccia in un modo tutt’altro che naturale dandole colpetti sulle spalle per rasserenarla, a disagio e non certo uso a simili gesti. Nel momento in cui Teresa, scoppiando in un pianto isterico, scappa a nascondersi in bagno, Walter capisce che per lei è lo stesso. Lo lascai a bocca aperta, senza parole, incapace di pensare coerentemente a una strategia di uscita che non comprenda solo offrirle la stanza degli ospiti come ha intenzione di fare.
Quando, la mattina dopo, Teresa lascia nuovamente il bagno, prega con tutte le sue forze che Walter sia uno di quei ricchi che passano l’intera giornata a letto in modo da poterlo evitare. E’ ancora troppo imbarazzata da quello che (non) è successa la notte prima. Lei era andata da lui. Lui le stava provocando una fiammata di piacere immenso. Lei l’ha chiamato Jane mentre lo stava facendo.  
“Buongiorno!” quando sente la sua voce, Lisbon si volta, e lo vede ancora mezzo nudo seduto sul letto, come la sera prima.  Ancora senza la camicetta, Teresa finisce di vestirsi in fretta e furia mormorando la risposta all’augurio, molto, ma molto a disagio. Guarda ovunque, ma non a lui. “Teresa, mi fa comunque piacere che la scorsa notte tu mi abbia raggiunto.” C’è qualcosa nella sua voce che non Teresa non è certa di riuscire a identificare. Nonostante come le cose siano andate tra loro, sembra che una piccola parte di Walt sia felice di essere stato in grado di aiutarla, evidenziando emozioni troppo a lungo represse. A quanto pare, a dispetto do ogni sua più rosea attesa, Walt è un brav’uomo, sotto, sotto, e lei, come suo solito, non è stata in gradi di scegliere il bravo ragazzo. Le sembra di essere tornata al liceo, quando era innamorata pazza del bastardo dal cuore di ghiaccio che poteva solo venerare da lontano.  
“Sì, lo sono anch’io.” Vorrebbe dire che è felice di aver ammesso tutti quei sentimenti ad alta voce, che ammettere di essere innamorata di Jane è solo il primo passo verso la felicità, ma non può, perché sa che non è così. Ammettere di amare Jane è solo quello, parole che all’uomo interessato non cambiano nulla. Non cambierà nulla tra lei e il suo consulente, né tra lei e Mashburn, come non aveva cambiato nulla tra lei e Bosco.  Teresa sopprime a stento una risata isterica quando capisce come il suo mentore ci avesse visto giusto. Ha sempre fatto troppo per Jane. Si è sempre esposta troppo per lui. E di certo non ne è valsa la pena. Va bene, ammettere con Walt che amo Jane mi ha fatto sentire meglio, ma questo non significa che correrò da Jane per dirgli cosa provo per lui.
“Vuoi che ordini il servizio in camera?”
“Sono in ritardo e i bastardi continueranno ad ammazzare poveri disgraziati se non faccio qualcosa.” Gli sorride di un sorriso sincero, il primo dopo tanto, troppo tempo, e nonostante il suo stomaco voglia dire di sì, il cervello le suggerisce che dopo quello che (non) c’è stato tra di loro farà meglio a eclissarsi. E poi, deve andare su una scena del crimine, dove c’è già Jane, tutto solo, e come suo solito lei è preoccupata per lui e per cosa lui potrebbe fare in sua assenza. E le manca, cosa da non poco.  
 “Credi che potrei vederti di nuovo?” le chiede con speranza e gaiezza, e Lisbon davvero non capisce perché dovrebbero riversi, visto e considerato come sono andate le cose. Le piace la sua compagnia? La vuole conquistare? Dovrebbe essere lusingata, e una parte lo è, ma non può esserlo del tutto, non quando ogni volta che chiude gli occhi, vede quel viso. Nonostante lei desideri ardentemente Walt e quello che lui le possa offrire, per quanto passeggero e privo di sentimenti, lui non è Patrick Jane. Non è pronta per qualcuno che non ha occhi azzurri, ricci biondi e non si chiama Patrick Jane. Potrebbe non esserlo mai.
“Non devi partire per l’Europa domani?”
“Mi aspettano due mesi d’incontri d’affari, nulla che non possa posporre.” Scrolla le spalle come nulla fosse, sorridendo a Lisbon che ricambia lo sguardo, seduta al suo fianco sul letto. Il suo ego non può fare a meno di sognare che lei gli si getterà addosso, spogliandosi e portando a termine quello che la notte prima era stato così bruscamente interrotto, ma sa che è solo questo, un sogno. L’ammissione della notte prima è ancora troppo fresca. Sono passate solo poche ore da quando ha detto ad alta voce di amare Patrick Jane, e non farebbe mai l’amore, e nemmeno sesso, con un altro.
“Oh, povero piccolo, come deve essere dura governare un impero multimilionario.” Gli dà un bacio sulle labbra, lento, sensuale e leggermente lussurioso. E’ il genere di bacio che normalmente serve da preliminare, ma che ora vuole solo dire che lui è un bravo uomo, decente, e che l’idiota è lei. Non è un bacio di passione o d’amore, ma di gratitudine. Certo, avrebbe potuto baciarlo sulla guancia, ma sarebbe stato come baciare suo fratello, e lei e Walt avevano fatto tutto tranne cose che lei avrebbe fatto con i suoi fratelli. E poi, Walt è stato così dolce e comprensivo che questo sia il minimo che può fare per ringraziarlo e salutarlo. “Mi ha fatto piacere rivederti, nonostante le circostanze.”
“Sono stato l’avventura di una notte per l’ispettore Callaghan, roba da non credere!” Ride, e lei fa lo stesso, nonostante l’avventura non sia avvenuta ma fosse stata nelle loro intenzioni. Walt, sconvolta dalla bellezza di quella risata argentina e dalla bellezza del suo sorriso, non può fare a meno di compatire Patrick Jane, così ossessionato dal passato e dalla vendetta da non capire la meravigliosa creatura che è davanti ai suoi occhi ogni giorno.
“Dubito di doverti chiamare un taxi, perciò non mi resta che dirti addio, Walt.” Dopo aver sentito queste parole, Walt non può fare a meno di guardarla andare via, riflettendo come quella che doveva essere una torbida notte passata tra le lenzuola si sia trasformata nell’opposto. Non lo aveva immaginato, e perciò è rimasto sorpreso. E lui adora le sorprese. E le donne non lo sorprendevano da un po’. Cosa non l’ha sorpreso è stato scoprire che Lisbon nutre profondi sentimenti per Jane. Che ci fosse un profondo legame è stato evidente dal loro primo incontro. Certo, non si aspettava che fosse quel genere di amore che fa perdere sonno, appetito e desiderio verso qualunque altro essere umano.  E per giunta, Teresa lo considera un amore del tipo peggiore, quello non corrisposto.  Riflettendo su cosa ha visto in entrambi i loro incontri, però, Walt non ne è così certo. Certo, anche Jane tiene a Lisbon, e i piccoli gesti che Patrick fa sembrerebbero indicare che tiene a lei ben più di come si dovrebbe tenere a una collega, perfino troppo per essere solamente amici.  Forse, in realtà, nemmeno loro sanno esattamente cosa c’è tra loro (o meglio, Jane non lo sa ancora). O forse lo sanno ma non sono in grado di esprimerlo a parole.
Sorride fiero di se mentre un piano si fa largo nella sua mente. L’Europa può attendere, anche perché ha persone che possono andare alla riunione per lui e prendere decisioni al suo posto. Quello che vuole fare ora è provare qualcosa di nuovo- esiste la possibilità che giocare a fare Cupido sia divertente come dare la caccia alle signore. Se dovesse funzionare, sarà il suo modo di ringraziare Lisbon e Jane per averlo tolto dai guai per ben due volte, e se Jane alla fine dovesse decidere che Lisbon non è ciò che desidera, lui potrà sempre fare da spalla consolatrice nell’attesa di divenire qualcosa di molto più intimo di un amico consolatore. Lisbon sarebbe perfetta per ogni cosa. Lisbon sarebbe perfetta come si avventura di una notte, ma sarebbe ancora più perfetta nel ruolo di quarta moglie.
Perciò, adesso, era ora di passare la palla al mentalista, giocherellando un po’ con lui e manipolandolo come lui fa con gli altri.     
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Nel momento in cui quella mattina Patrick era arrivata sulla scena del crimine e Lisbon non c’era, la paura si era impossessata del suo cuore, e aveva capito che c’era qualcosa che non andava.  Non temeva per la vita di Lisbon, la sua Teresa sa fare attenzione e proteggersi. Ciò che Patrick temeva era che qualcuno fosse riuscito a penetrare le sue barriere, abbattere i suoi muri, entrando nelle “grazie”. E quel qualcuno non poteva essere nessun altro se non Walter Mashburn.
All’inizio, aveva pensato di essersi sbagliato, che fosse impossibile. Lisbon non era il genere di donna da vendersi per un po’ di regali, per quanto costosi, non era quel genere di “prostituta” che lo è nel cuore e nella mente ma non nel corpo. Certo, Lisbon non è nemmeno una santa, o una suora votata al voto di castità, ed è libera di fare ciò che vuole con chi più le piace. Certo, la sua idea di lasciar fare a Lisbon tutto quello che vuole con chi più le aggrada è che lei lo faccia con lui, ma questo è solo un piccolo particolare.
Poi, però, quando si era convinto che, nonostante tutto, Lisbon non sarebbe mai caduta così in basso da concedersi una sveltina con Mashburn, lei era arrivata sulla scena dal crimine, una buona mezz’ora dopo di lei, inducendo come responsabile il traffico all’ora di punta a uscire da Sacramento. Peccato che fosse vestita esattamente come il giorno prima, che non avesse trucco e sembrasse essersi preparata ala veloce. Certo, questo poteva anche starci; forse semplicemente significava che la sveglia non aveva suonato e lei si era trovata a prendere la prima cosa che le era passata per le mani e a non guardare tanti fronzoli.  Peccato però che non avesse risposto al telefono di casa, ma al cellulare, quando avevano provato a raggiungerla, colti di sorpresa dal suo inaspettato ritardo. E pi c’erano due cose molto, ma molto peggiori che lo avevano portato a capire che c’era una concreta possibilità che quasi sicuramente Lisbon avesse passato una notte di passione infuocata col maledetto miliardario.
Lisbon era arrivata sulla scena del crimine molto rilassata, troppo per i suoi soliti standard mattutini e per essere in crisi di astinenza da caffè, e sembrava quasi risplendere di luce propria, quasi fosse tremendamente soddisfatta per qualcosa.  E poi, c’era un fatto ancora più terribile, un particolare che gli aveva fatto raggelare il sangue, quando era stato colpito dalla consapevolezza che sì, Lisbon era stata a letto con Mashburn.  Lui era chino sul cadavere dell’uomo, annusando l’aria come un segugio nella speranza che qualcosa lo colpisse, quando lei si era chinata al suo fianco, alzando gli occhi al cielo e tentando di far capire al poliziotto locale che sì, il suo consulente aveva modi alquanto bizzarri, ma sapeva cosa stava facendo.
In quel momento, una leggere brezza si era alzata, e lui era stato colpito in piena faccia, quasi fosse stato un pugno, dal profumo proveniente da Teresa. Lisbon non profumava di limone e cannella come suo solito. Lisbon profumava di un’eau de toilette che aveva già sentito diverse volte, e che aveva scoperto essere chiamato “Rocky Mountain”.  La stessa eau de toilette di Mashburn. Lisbon aveva addosso il profumo di Mashburn. Lisbon era coperta e inondata di quel profumo. Era quindi giunto a una logica deduzione: Lisbon aveva passato la notte aggrovigliata a Mashburn.
Per questo, appena tornato alla “base”, si era rifugiato nel suo attico, adducendo come scusa che il caso non gli stesse trasmettendo vibrazioni di alcun tipo e che non fosse cosa per lui. In realtà, aveva semplicemente desiderato sdraiarsi sul suo giaciglio di fortuna e stare il più lontano possibile da lei.  Se l’avesse avuta accanto, lo avrebbe portato ad avere continui flash del miliardario e lei occupati a trovare piacere reciproco nel più carnale dei peccati, e lui non lo poteva certo permettere. Aveva voluto chiudere gli occhi e concentrarsi su sé stesso e su di lei. I flash che voleva avere, e che aveva avuto, erano solo fantasie, probabilmente impossibili da realizzarsi visti gli ultimi sviluppi, ma lo avevano aiutato a trovare un po’ di tranquillità. Immaginare di averla tra le braccia, di passare intere nottate a portarla oltre le vette del piacere lo faceva sentire quasi come ogni altro essere umano, e gli faceva sentire Teresa più vicina, più sua.  Certo, però, dopo il primo attimo di compiacimento, quella fallace felicità che fantasticare su quella donna gli causa ogni volta, alla fine Jane non aveva potuto fare a meno di sentirsi come svuotato. Lui bramava dal desiderio di passare la vita a fare l’amore con la donna che lo aveva stregato, mentre quell’altro non perseguiva obbiettivo che fosse diverso da qualche nottata di semplice e banale sesso che poco o nulla aveva a che fare con i sentimenti.  Lui sognava un futuro con lei, e di invecchiare con Lisbon, immaginava di abbracciarla la notte, sulla spiaggia, con lacrime di gioia mentre i pallidi raggi della luna risplendevano sulle fasce d’oro ai loro anulari sinistri. Quell’altro cambiava moglie esattamente come si cambiava la camicia.
E adesso? A fine giornata, nervoso e seccato a dopo non aver concluso nulla, Jane se ne sta per tonare a casa (ovvero l’appartamento in affitto che ha a Sacramento), quando l’oggetto del suo desiderio gli da una leggera pacca sul retro del capo una volta raggiuntolo nell’atri del CBI.  Che sia seccata poco importa, lui, quando la vede, non può fare a meno di sorriderle, anche quando a rimetterci è la sua indennità fisica.
“Sai Jane, sono davvero grata per l’aiuto che ci hai dato a chiudere il caso” gli dice, sorridendo mesta, torcendo le dita delle mani quasi lo volesse uccidere. “No, aspetta, dimenticavo che noi abbiamo chiuso il caso mentre tu te ne stavi a dormire in quel tuo dannato stanzino.” Gli sibila, posizionandosi per dargli un altro colpo, ma stavolta più forte. Jane sta per chinarsi per evitarlo, quando, una volta nel parcheggio, Lisbon si ferma, la mano a mezz’aria, impietrita.
Non che lui la biasimi. E’ impietrito anche lui.
“Un paio di miei manager sono stati fermati per delle cosucce a Singapore, così ho dovuto posticipare di qualche giorno la riunione; spero non ti spiaccia se ho pensato di fare una capatina qui da te.” Lì, davanti all’ingresso del CBI, baldanzoso e tronfio e sbruffone, Walter Mashburn sorride sornione, appoggiato alla portiera di una Ferrari nuova di zecca con in mano un mazzo gigantesco di rose rosse e nebbia che porge a Lisbon.
Le mani di Jane iniziano a pungere.
“Oh, no, io, anzi, mi fa piacere, davvero, insomma, credo.” Anche un idiota capirebbe che Lisbon è in leggero imbarazzo nell’attimo in cui accetta i fiori, e questo rasserena leggermente Jane; tuttavia, l’uomo non è per nulla rasserenato nell’istante in cui, mentre la donna annusa la delicata essenza floreale del bouquet, il maledetto miliardario ne approfitta per poggiare le sue luride mani  sui fianchi della donna che è universalmente riconosciuto appartenere a Jane e Jane solo.  E lei, sorride, timida, con l’ombra di un rossore sulle sue solitamente pallide guancie.  Poco importa che, mentre lui la accarezza sussurrandole qualcosa così piano che il mentalista non riesce a sentire, lei non ricambi i soffici tocchi.
Le nocche delle mani di Jane scricchiolano come se avessero vita propria sotto il peso della tensione.
Adesso ne è certo: Lisbon e Mashburn sono stati a letto insieme, e la sua maledettissima mentre ha deciso di giocarli il dannato scherzo, trasformando le meravigliose visioni di lui e Lisbon in terribili incubi in cui la donna trova conforto e piacere tra le braccia di quell’altro.
La nausea lo assale e le sue mani prendono vita propria nel momento in cui il suo pugno destro colpisce in pieno il naso del miliardario, mandandolo fuori asse e facendolo sanguinare copiosamente.  Non si rende nemmeno conto che gli sta urlando contro la frase “Non ti azzardare mai più ad avvinarti a lei, stronzo traditore”  mentre lo colpisce. Patrick Jane, sempre composto e padrone delle sue emozioni, è come un animale in gabbia appena liberato.
Lui si massaggia la mano dolorante, probabilmente rotta o comunque estremamente sofferente. Mashburn se ne sta ancora al suolo, massaggiandosi quel che resta del naso pienamente soddisfatto e compiaciuto, nemmeno fosse stato lui a darle le botte. Lisbon passa il tempo a guardare prima l’uno e poi l’altro a bocca aperta, incapace di formulare un semplice suono che sia uno. Alla fine, si ferma davanti a Jane, guardandolo con aria assassina, e decide quale sia il destino dell’uomo: gli dà una sonora sberla sulla faccia lasciandogli l’impronta del palmo e delle cinque dita in una bollente tonalità rosso fuoco. 
E poi, afferrando Mashburn per un braccio, lo fa alzare, piuttosto gros solamente e con pochi complimenti (cosa che Jane tutto sommato apprezza) ed entra nuovamente al CBI, decisa a reperire il primo kit di pronto soccorso a portata di mano,  ma non prima di essersi voltata un’ultima volta verso il consulente, facendogli capire che gli conviene sparire dalla sua vista e ci tiene alla pelle.
Jane ha il netto presentimento che se vorrà essere perdonato da Lisbon dovrà impegnarsi parecchio.
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Lisbon sbatte la porta di casa furibonda. Sono quasi le undici, e non ha ancora cenato a causa di quell’idiota del suo consulente che ha pensato fosse dannatamente giusto prendere a pugni Mashburn spaccandogli il naso.  Che poi, a renderla furibonda, è solo la mancanza di cibo. Jane in versione maschio alfa è la cosa più sexy ed eccitante su cui lei abbia mai messo gli occhi addosso. Se avesse ascoltato l’istinto, lo avrebbe trascinato nel suo ufficio del CBI, chiuso la porta, abbassato le veneziane e dato libero sfogo a tutte quelle fantasie perverse che da anni affollano la sua mente (molte delle quali che involvono manette, bende sugli occhi e in alcuni casi anche una cella).
Però, resta il fatto che Mashburn ha il naso rotto, per la sola colpa di essere passato a salutarla. Lui è stato gentile con lei, ha tentato di rasserenarla sul fatto che presto o tardi questa “cotta” per Jane le sarebbe passata, e Jane gli ha rotto il naso.
Certo però che Jane era stato decisamente sexy mentre “difendeva il suo onore”… perfino troppo.  Jane è così sexy da essere criminale. Dovrebbe essere rinchiuso in una cella per quanto è bello. Cella, manette, eccole lì che se tornano alla riscossa, le sue torbide fantasie sessuali sul suo consulente preferito. Ok, Jane è l’unico consulente che lei abbia mai avuto, ma il punto è sempre lo stesso.
E proprio mentre sta indugiando in una delle sue torbide fantasie a occhi aperti preferita, sente che in casa c’è qualcosa di diverso, qualcosa che alle undici di sera, quando lei non ha messo piede in casa da oltre due giorni, non dovrebbe esserci. La casa profuma di cibo, e vero per giunta, non roba precotta o ordinata, ma sana, vecchia cucina casalinga.
Chissà perché ha una certa idea sull’identità dello chef misterioso.
“Dimmi Jane, voglio davvero sapere cosa stai facendo nella mia cucina alle undici di sera?”  Lo osserva esasperata, mordendosi un attimo le labbra nel momento in cui lo vede indaffarato tra forno, fornelli, padelle e piatti con indosso un grembiule da cucina. Patrick Jane ha indosso un grembiule da cucina color vinaccia. E gli sta bene, molto, molto bene. Troppo bene per essere una cosa legale.
Dannazione, ha Patrick Jane, l’uomo su cui stava fantasticando a occhi aperti, in cucina. Lui, il grande e onnipotente mentalista che tutto sa e tutto scopre, è lì nella sua cucina. E adesso la rabbia, nell’animo di Lisbon, sta lasciando spazio a un terribile ed enorme imbarazzo. Quante possibilità ci sono che lui non sappia nulla? Se lo vede, commentare con quella sua stramaledettissimamente sexy voce bassa le sue torbide ossessioni. Sente i polpastrelli di Jane scorrere sulla pelle nuda del suo avambraccio mentre lui le si avvicina e le sussurra nell’orecchio parole del genere Sai che sono onorato che tu fantastichi su di me, Lisbon? Perche, dannazione tesoro, non sai quanto a lungo io ho fantasticato si di noi.
Ok, magari questo se lo immagina solo lei a uso e consumo personale, ma a una donna è concesso di sognare a occhi aperti, no?
“Come mai quel sorrisetto e quelle belle guanciotte tutte arrossate, Lisbon?”  La voce di Jane, carica di humour, la riporta alla realtà, e al desiderio di sotterrarsi da sola due metri sotto terra.  Gli occhi le ricadono nuovamente sulla figura dell’uomo, intento a cucinare per lei, nella sua cucina, con indosso quel dannato grembiule color vinaccia che davvero gli sta troppo bene.  Se non lo stesse vedendo difficilmente ci crederebbe.
Nel momento in cui Jane si sposta da dietro il banco della cucina, Lisbon nota, per la prima volta, che la camicia dell’uomo, sotto al tessuto rosso scuro, è completamente aperta, offrendole una meravigliosa visuale su un petto a dir poco divino che non dovrebbe mai, a suo dire, essere coperto. Jane, capelli ricci leggermente arruffati e un sorriso malizioso stampato in faccia, stappa una bottiglia di rosso, offrendole un bicchiere a lei e prendendone uno per sé.  Lei lo accetta, ma non riesce a resistere alla tentazione. Deve sapere com’è, cosa si prova, e senza nessun imbarazzo, rimando all’uomo lo stesso sorriso carico di significati che lui sta dando a lei, sfiora con il polpastrello dell’indice destro il petto scultorio e abbronzato di Patrick. Poi, accade tutto come al rallentatore. Jane posa il suo bicchiere e le toglie il suo, appoggiandolo sul banco della cucina. La afferra per i fianchi, sollevandola fino a che non siede sul tavolo e lei non gli avvolge le gambe intorno alla vita. E nel giro di pochi istanti la situazione si fa molto più bollente, ed è tutto un susseguirsi di baci e carezze che di pudico e modesto hanno nulla. “Ti giuro che nulla di questo è programmato” Riesce a dirle tra un bacio e l’altro.
“Certo, e io ti credo” ride mentre lui le solletica con le labbra la pelle del collo e lei risponde stringendo ulteriormente la morsa delle dita affusolate sui ricci biondi. Ed è allora che le cose si fanno molto, ma molto più interessanti, quando finalmente quello che lei ha ufficiosamente chiamato “l’idiota demente” inizia a sbottonarle la camicetta senza mai staccare le labbra dalla pelle d’avorio. Poi, una volta che tutti i bottoni sono sbottonati, e lui dovrebbe strapparle di dosso il pezzetto di stoffa verde, si ferma, i lembi di tessuto nelle dita, la camicetta semi-aperta.
“Vuoi   un bicchiere di Merlot?” Lei non ha il coraggio di proferire parola, si ferma a guardarlo, occhi spalancati per la sorpresa. Ha davvero il coraggio di chiederle di bere del vino, adesso? Ha davvero osato smettere di fare quello che stava facendo per del maledettissimo vino? “Lisbon, ti ho chiesto se vuoi un bicchiere di Merlot; ma stai bene?”
“Cosa?” chiede lei stupida, e nuovamente sveglia. E’ piuttosto forte il disappunto quando si rende conto che è stato tutto un altro cattivissimo gioco della sua assai fervida immaginazione, e che la camicia di Jane è abbottonata, lei non è seduta al tavolo con le gambe intorno alla sua vita, non si stanno baciando e lei non è mezza nuda.
Ok, è decisamente ora di smettere di leggere tutti quei romanzetti rosa da edicola. Stanno mettendo il turbo alla sua immaginazione, e con Jane per casa, non è il caso, per nulla. Dio solo sa cosa finirà per scoprire.
“Ti ho chiesto se, mentre ti godi il delizioso bagno caldo con tante bolle e aroma di lavanda che ho preparato nell’attesa del tuo arrivo vorresti un bicchiere di Merlot” Al solo sentire il verbo “godere” dalle labbra di Jane, un’altra onda di imbarazzo la assale, e le guancie di Lisbon nuovamente si tingono di quel rossore che lui adora. Il ghigno dell’uomo però la allerta dell’arrivo imminente di una qualche battuta, molto probabilmente a doppio senso o di dubbio gusto, conoscendo l’uomo, e così, senza proferire ulteriori parole, Lisbon afferra il bicchiere di rosso e si rifugia in bagno, molto, molto mortificata. Non sopporta di non riuscire a stare cinque minuti in compagnia di Jane senza che il suo cervello (o i suoi ormoni) la tempestino di immagini a luci rosse. Non sopporta quel ghigno beffardo. Non sopporta che non c’è nessun altro che lei desideri più di lui- o meglio, che desideri lui e lui solo, per la precisione. E non sopporta che, una volta raggiunta la cima delle scale, diventi ancora più rossa quando sente lui che urla per lasciarle un ultimo messaggio. “Lisbon, ho acceso l’incenso e le candele che ti piacciono tanto, e ho preparato un lettore con dentro un CD rilassante, spero ti sarà di aiuto!” Oddio, lo conosce quel tono. Lo può vedere, il suo dannato ghigno trionfante. Se lo vede tutto tronfio perché ha capito che ha mente piena di immagini indecenti con loro due come protagonisti.
Ciò che lei non vede, già chiusa in bagno, è Jane fare una danza della vittoria tutto tronfio e soddisfatto all’idea che, nonostante Lisbon abbia passato una nottata di passione con quell’altro voglia ancora e sempre lui.   Né lo vede riflettere sul modo migliore per rendere realtà il desiderio della donna senza rischiare di finire con una pallottola in testa.
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Mezz’ora dopo Lisbon è ancora nella vasca, sommersa dalle bolle, molto, molto mortificata, quando Jane entra senza troppi preamboli o cortesie offrendole un altro bicchiere di rosso.  Quando lei non fa nulla per accettare ma non reagisce nemmeno alla sua presenza, l’uomo si siede con la schiena contro la vasca, guardando davanti a sé, il bicchiere ormai dimenticato sul pavimento.  Rimangono a lungo in un silenzio che non ha nulla di tranquillo o intimo. Come può lui dirle che non vuole che lei esca con altri uomini, che il solo pensiero che un altro possa toccarla lo fa impazzire dalla gelosia? E come può lei spiegargli con non riesce nemmeno a contemplare l’idea di uscire con altri uomini, perché ogni volta che arriva al momento clou, è il suo viso che vede? Come può dirgli che sì, lo vuole, ma non vuole solo una notte e basta, ma lo vuole anima e corpo e mente?
Senza pensare, quasi avesse vita propria, la mani di Lisbon che era pigramente spaparanzata fuori dalla vasca inizia a massaggiare i ricci biondi di Jane, tracciando linee invisibili, lenta e sensuale, sul suo scalpo. La risposta dell’uomo è un suono che assomiglia molto alle fusa di un gatto, e in men che non si dica, si muovono, e sono faccia a faccia, e lei sente le farfalle nello stomaco quando lo vede sorridere, sincero come mai prima di allora.  Lisbon elimina la distanza tra loro, facendo cadere le labbra su quelle di Jane in un lento e sensuale bacio carico di amore e non (solo) lussuria. Lacrime di gioia le percorrono il viso quando Jane mette nel bacio altrettanta passione.
Fantastico, così, adesso, non solo vuole le fantasie. No, adesso vuole lui, per davvero. Lì, e ora, nella vasca da bagno se è il caso, e al diavolo tutto il resto. Non le importa nemmeno che rovinerà quel completo gessato scuro con lui sta così bene. Così, tanto per fargli capire le sue torbide intenzioni, lo afferra per il colletto della camicia, e lo trascina verso di sé. Non ha la benché minima intenzione di dargli il tempo di allontanarsi da lei, di staccarsi dal suo corpo. Se pensa di poter anche solo contemplare la fuga, il mentalista si sbaglia di grosso. Non ha la benché minima intenzione di lasciar uscire Jane da casa sua ancora celibe, dovesse anche usare la forza per obbligarlo. E poi, è lui quello che ha iniziato tutto. Cosa crede, di poterla accendere e spegnere come con in interruttore?   “Ti voglio.” Niente preamboli, niente suppliche come con Mashburn la notte prima. Il suo è un semplice e puro ordine. Vuole che lui la faccia sua e vuole che lui la faccia sua ora.
Ma l’idiota demente scappa, terrorizzato, appiattendosi contro il muro della parete opposta, balbettando le sue cosiddette giustificazioni mentre guarda con occhi sgranati la bruna.
“Lisbon, io non credo che dovremmo; io, insomma, non posso fare quello che mi chiedi, e poi hai tu sei stata con Mashburn solo la notte scorsa, e.”
“TU NON PUOI, PERCHÉ PER UNA VOLTA IN VITA TUA NON SEI ONESTO E NON MI DICI UNA VOLTA PER TUTTE CHE NON MI VUOI, MAGARI LA SMETTERO’ FINALMENTE DI PREOCCUPARMI PER TE, E SOPRATTUTTO DI SOGNARE UN FUTURO PER NOI!” Lisbon emerge dalla vasca completamente nuda, urlandogli contro la sua furia. Non le importa nemmeno che lui la stia vedendo nuda, perché è troppo arrabbiata per farci caso.   Nemmeno fosse un uragano lascai prepotentemente la stanza, giusto per tornare un attimo dopo, sempre arrabbiata e sempre senza vestiti, sempre urlando ma stavolta puntandogli l’indice diritto nell’occhio. Non tutto il male viene per nuocere, però, capisce l’uomo. Una Lisbon senza vestiti significa che adesso non dovrà più immaginarla perché adesso sa com’è senza vestiti, ma soprattutto, una Lisbon senza vestiti significa una Lisbon senza pistola. “A PROPOSITO, NON SONO STATA CON LUI, ANCHE SE LO VOLEVO, PERCHE’ AL MOMENTO CLOU WALT HA PREFERITO FERMARSI DATO CHE LO AVEVO CHIAMATO COL TUO NOME, MENTALISTA DEL CAVOLO!”  
Così dicendo, Lisbon esce, rifugiandosi in camera sua, lasciandosi alle spalle un uomo senza parole. Jane non riesca a crede a come si è sbagliato su questo. Era stato d così istrutto dall’idea che lei avesse potuto passare la notte col miliardario, che non aveva colto nemmeno uno dei segnali. Lisbon vuole lui e non quell’altro. Lisbon vuole lui e lui solo. Lisbon non tollera l’idea di stare con qualcun altro. Oh, l’idea che tutto questa ha una connotazione tutt’altro che lussuriosa lo riempie di gioia e orgoglio. Se lei avesse voluto la passione, sarebbe stata con Mashburn. Sarebbe stata con Cho, o Bosco, o qualunque altro tizio incontrato per caso un sabato sera al bar. Ma lei vuole solo lui, lui e lui solo, quindi può significare una cosa sola.
Tutto contento e battendo la mani canticchiando, Jane bussa alla porta della camera da letto, pregustando i possibili risultati di questo suo coraggioso atto. Se tutto va come sta progettando in questo istante nella sua testa, c’è una concreta possibilità che Lisbon sia sua prima per la notte, e poi per un lungo, lungo periodo di tempo, che se dipende solo da lui durerà una vita. “Lisbon, aprimi la porta, tanti lo sai che se non lo fai io scassino la serratura!”
“VA’ AL DIAVOLO, NON HO BISOGNO CHE TU MI RIPETA CHE NON MI VUOI, SONO GIA’ STATA UMILIATA ABBASTANZA PER STASERA!”
“Devo dunque dedurre che la mia intenzione di passare la notte a fare l’amore con te non è condivisa da te, perché se è così, io allora me ne andrei!”
Tempo un nano-secondo e la porta si apre. Lui è sempre lì davanti, tronfio e sicuro di sé a braccia incrociate, lei è pallida e senza parole, e, cosa che a Jane non dispiace affatto, con indosso una sottile e terribilmente romantica camicia da notte color panna, lunga al ginocchio, morbida, senza maniche ma con spalline, stile impero; la mise è decisamente diversa dall’abbondante maglietta da calcio con cui l’ha vista una volta, ma il cambio non gli dispiace affatto.  Sembra quasi che Lisbon gli stia dicendo che questo è un aspetto di lei presente, il lato romantico e femminile, un po’ civettuolo, ma che di norma non fa vedere a nessuno.  “Jane, tu cosa, insomma, perché?”
Nonostante lei stia piangendo, Jane non può fare a meno di continuare a sorridere estasiato. Sorride quando la prende per mano. Sorride quando la abbraccia. Sorride quando la bacia, lento, dolce, sensuale, pieno d’amore. Sorride quando lei ricambia il bacio con altrettanto amore. Sorride mentre le sue mani le incorniciano il viso. Sorride quando, di nuovo, le dita affusolate di Lisbon corrono lungo i suoi ricci. Continua anche a sorridere quando capisce che adesso sono in due a piangere, e che alle lacrime della donna si sono unite le sue.  Entra in camera facendo camminare Lisbon all’indietro, senza mai interrompere il contatto delle labbra; la porta viene chiusa con un colpo del piede dell’uomo per non disturbare più di tanto l’atmosfera.  
Sono ai piedi del letto quando Jane finalmente interrompe il contatto per guardarla. I suoi sogni si stanno avverando,e quasi lui non ci crede tanto è bello. C’è poco o nulla nei loro sguardi, ma tanto amore, affetto, devozione e riverenza. Sono quasi timidi i loro sguardi, a dire il vero. Ed allora, lui non resiste. Chiude di nuovo gli occhi, e la bacia, stavolta con più ardore, e lascia che le sue mani esplorino il viso di Lisbon, il suo sorriso, le sue lacrime di felicità, come quando era rimasto temporaneamente cieco. “Ne sei sicura?”
“Sì” gli risponde baciandolo dolce ma veloce, un tocco di labbra su quelle dell’uomo. E solo quando sente la risposta Jane inizia a spogliarla, prendendosi il suo tempo, guardandola con un sentimento inaspettato. Lisbon non può fare a meno di mordersi le labbra quando si rende conto che quest’uomo, come mai nessuno prima di allora, la fa sentire una dea in terra.
“Tu non hai la mina idea di quanto tu sia bella, non è vero, Teresa?” la sua voce è un sussurro tra lacrime che non smettono di cadere copiose, sussurrata quando, finalmente, lei è di nuovo in tutto il suo splendore originale davanti a lui.   
Lei si limita a sorridere quando, di nuovo, lo afferra per il colletto della camicia, portandolo vicino a sé da potergli sussurrare nell’orecchio. “Ora, Patrick, credo sia il mio turno, perché tu hai decisamente un po’ troppa stoffa addosso.” Compie gli stessi gesti fatti dall’uomo poco prima, ma molto più lentamente, e una volta che Jane è nudo davanti a lei, Lisbon, contrariamente a quello che l’istinto dovrebbe suggerirle in una tale situazione normalmente, non riesce a staccare gli occhi di dosso da quelli di Jane, se non per lanciare veloci occhiatine al petto dell’uomo. Non smette di guardarlo negli occhi perché c’è così tanto amore che la fa sciogliere, e non riesce a smettere di lanciare fugaci occhiatine al suo petto per un semplice fatto.
“Si può sapere cosa ci trovi di così divertente?”
Lisbon ride, e non riesce a credere al fatto che è lì, nuda davanti a Jane, e sta ridendo. Gli da un altro bacio veloce, sempre col sorriso, ed il riso, sulle labbra. “Sei in forma per passare quasi tutto il tuo tempo a dormire su un divano, non me lo aspettavo, tutto qui.”
“E io non mi aspettavo che tu fossi tipo da indossare camicie da notte romantiche, ma tu indossi camice da notte romantiche, perciò direi che siamo pari.”
Sorride radiosa, e Jane ne approfitta per prenderla tra le braccia, sollevandola come una sposa che attraversa la soglia della sua nuova casa per la prima volta, per posarla sulle coperte color jeans. Le sue labbra attaccano nuovamente quelle di Lisbon,e i due, per tutto il tempo in cui fanno l’amore,  non smettono mai di baciarsi se non per recuperare ossigeno, se non per pochi, interminabili istanti in cui sentono la mancanza l’uno dell’altra quasi fossero divisi da una vita. Alla fine, il volto della donna è coperto dalle lacrime dell’uomo, ed è certa che entrambi stanno guardando l’uno all’altra con lo stesso sguardo, uno sguardo carico di amore. Col sorriso, Jane le da un ultimo bacio, una carezza a fior di labbra, e abbracciandola la copre con le spesse lenzuola. Si accoccola contro la donna, il suo petto contro la di lei schiena. 
“Se sto avendo uno dei miei soliti sogni, ti prego, non svegliarmi.” Lisbon lo sente sorridere contro la pelle del suo collo, e non può fare a meno di fare lo stesso, il sorriso di Jane, dopo tutto, è di fatto riconosciuto come contagioso.
“Se questo è uno dei tuoi soliti sogni, Mr. Jane, allora lascia che ti dica una cosa, i nostri sogni non sono per nulla diversi.” Lisbon si volta tra le braccia dell’uomo, e per l’ennesima volta gli da un veloce bacio. E’ peggio di una droga, non ne può fare a meno. “E dimmi, questo sogno, di solito, come finisce?”
Jane si sposta su un fianco, il peso del suo corpo tutto su un avambraccio mentre, con la mano libera, accarezza incessantemente i capelli scuri della compagna, guardandola con un sorriso che gli raggiunge gli occhi. Lisbon non può fare a meno di pensare che questi sia uno dei pochi sorrisi veri che gli abbia mai visto addosso da che lo conosce. Inizia a parlare, interrompendo qua e là il dialogo per darle dolcissimi e teneri baci sul viso e sulle spalle. “Di solito finisce con me che ti dico quanto sei bella, meravigliosa, incredibile, forte, caritatevole, dolce, e appassionata, di solito finisce con me che ti dico che tu mi hai fatto desiderare di continuare a vivere, ma soprattutto.” Si ferma un attimo, soppesando bene le parole, prendendo un lungo sospiro, quasi spaventato che sia troppo bello per essere vero, o che sia troppo presto per dirle quello che sta per dirle. Gli occhi azzurri di Jane non smettono per un attimo di cercare quelli verdi di Lisbon, quasi potessero trovarvi lì la risposta. “Finisce con me che ti dico che ti amo alla follia.”
Sorride radiosa come mai prima d’ora, la cosa più del mondo per lui, una visione angelica forse, se lui credesse negli angeli. Teresa gli dà un altro veloce bacio a fior di labbra prima di rispondergli. “Allora sei fortunato, perché guarda caso anche io ti amo alla follia, e dato che, nonostante tu sia un uomo incredibile e meraviglioso, sai purtroppo essere anche un idiota demente e una spina nel fianco, temo che dovrò starti intorno per molto, molto tempo a venire per evitare che tu combini troppi guai.” 
Sorridendole, soddisfatto della risposta, Jane torna a divorare le labbra della donna, stavolta con ben poco amore e molta lussuria e desiderio, con il preciso intento di mostrare alla sua donna quanto la desideri, di dimostrarle che ora che lei è sua non la lascerà mai più andare, che non si sbarazzerà mai e poi mai di lui, ma soprattutto, ha intenzione di dimostrare a Teresa Lisbon che da oggi in poi non dovrà mai più fantasticare su di lui. Le basterà chiedere perché lui farà tutto quello che lei desidera e sogna, e con molto piacere.    

   
 
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