Quinta Classificata: Ancora un attimo di Jakefan
-Grammatica: 10 punti
-Stile: 10 punti
-Sviluppo della trama: 10 punti
-Originalità: 9.5 punti
-Caratterizzazione personaggi: 9.5 punti
-Gradimento personale: 9.5 punti
La tua FF mi è piaciuta particolarmente. Il modo di parlare di Carlisle esprime una quieta tristezza, in cui si può cogliere quasi la rassegnazione. Sei stata davvero bravissima.
+ 3 punti extra per l'utilizzo dei prompt facoltativi
Per un totale di 61.5 punti.
E' anche la storia vincitrice del premio Romanticismo.
Per quanto riguarda me, rido di me stessa perché anche quando partecipo a un concorso di Crack Pairing mi viene fuori una Bella/Jacob....
Il banner è stato realizzato da Vivien L, artista di parole ed immagini
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Non ha più niente.
Viene
qui quasi ogni sera, da qualche anno a questa parte, ogni volta che
può. Suo marito ha imparato a lasciarla in pace almeno per
questo
paio d'ore che si prende per sé, tutti i giorni, di solito
dopo il
calar del sole.
Non
so se questo posto abbia ai suoi occhi un significato particolare, ma
non penso: anzi, credo proprio che l'abbia scelto per la sua
neutralità. Perché qui non è accaduto
proprio nulla, e non le
ricorda un bel niente, il che è un bel vantaggio se quasi
tutti i
ricordi sono legati a uno strazio ancora troppo recente. E' solo un
bel posto nella foresta: uno piccolo spiazzo circolare, come ce ne
sono tanti. Sufficientemente largo, però, per vedere una
fetta di
cielo oltre le cime dei pini.
Lei
si sdraia al centro della piccola radura e rimane immobile a guardare
in su. La cosa più strana è che lo fa anche
quando piove, o c'è la
nebbia, o semplicemente le nuvole nascondono luna e stelle, e non ci
sarebbe proprio niente da guardare se non il colore opaco e plumbeo
del cielo di Forks.
Viene
qui da quando è rimasta sola. Poco importa se in casa siamo
in otto
in tutto, compresi lei e suo marito. Viene qui da quando è
rimasta
sola.
E'
cominciato tutto quando sua figlia si è sposata e se ne
è andata.
Già da tempo si vedevano poco, i rapporti si erano diradati.
Di
fatto, la ragazza già viveva fuori casa col suo compagno, ma
lei,
sua madre, sembrava trovare sollievo nel fatto che qui c'erano la
sua cameretta, i suoi abiti, i suoi giochi bizzarri di bimba
cresciuta troppo in fretta. I pochi ricordi di un'infanzia troppo
breve.
Qui tornava sempre, la piccola, almeno una volta al mese, e con lei tornava il suo compagno. Quando si sono sposati e si è trasferita definitivamente, hanno portato via tutto. Quando la sua bambina e il suo uomo... Il suo uomo. L'uomo della figlia, voglio dire. Quando hanno caricato in macchina l'ultimo scatolone, e l'auto è sparita dietro la curva in fondo al viale, sono certo che a lei si è spezzato il cuore.
Sono rimasti sempre in buoni rapporti. Quando era ancora in tempo, non credo abbia mai provato a pensare davvero a come sarebbe stato vederlo andare via sul serio. Ho capito dopo, quando lui ha cominciato a frequentare assiduamente la nostra casa, che erano talmente vicini, così uno nell'altra, che lei non era in grado di immaginarne l'assenza: la sua mente semplicemente non la concepiva.
Credo di essere stato l'unico a comprendere quello che è accaduto, il giorno in cui lui e Nessie se ne sono andati per iniziare davvero la loro nuova vita insieme. Come se avessi udito realmente il rumore sordo di una pietra che esplodeva in mille pezzi nel suo petto.
Stasera
non è ancora arrivata. L'ho vista uscire e dopo poco mi sono
allontanato con una scusa. L'ho recuperata, poi l'ho persa di nuovo
nella foresta.
Per
lei in questo luogo non è mai accaduto nulla. Per me,
è il luogo
dove ogni sera sono sul punto di rivelarle tutto.
E'
stata decisamente molto brava a mistificare per anni -fino a
sdoganarlo come normale e legittimo- il legame sovrannaturale che
ha... che aveva, dovrei dire, con l'uomo destinato da sempre a sua
figlia.
Quando
lei era ancora umana mi è accaduto di vederli insieme. Ho
bene
impresso nella memoria come la guardava il giovane lupo. Ricordo come
era evidente che sarebbe morto volentieri per lei, al tempo della
battaglia contro i neonati. Ricordo perfettamente di chi si
preoccupava invece che di se stesso, mentre lo straziavo spezzandogli
le ossa per curargli le ferite, dopo il combattimento. Sono quasi
certo che avrebbe continuato ad amarla anche dopo,
dopo che
lei fosse diventata una di noi. Immagino che lei lo sapesse,
più o
meno consciamente, e che in fondo, senza mai ammetterlo a se stessa,
contasse proprio su questo: che se fosse dipeso solo da lui, non lo
avrebbe mai perduto davvero.
Nessuno
avrebbe mai potuto immaginare il modo in cui la magia li avrebbe
colpiti ancora. Nel momento in cui lei ha deciso di diventare
immortale, ha tracciato nei cieli un percorso, una catena di eventi,
che li avrebbe separati per sempre. Non ha mai compreso in quale modo
definitivo stava scrivendo la parola fine.
Fin da
quei tempi, comunque, ho invidiato il pronipote di Ephraim. Lo
invidiavo molto più di quanto invidiassi mio figlio.
Perché lui era
ancora umano, ed esisteva una possibilità, per quanto
remota, che
lei lo scegliesse.
Esisteva
a quel tempo una possibilità che sarebbe stato lui ad amarla
in un
corpo caldo e vivo; e io gli ho invidiato atrocemente questa
possibilità.
In
questi anni lo ha sempre avuto vicino, in qualche modo.
E'
stato bizzarro, qualche volta imbarazzante, vedere la piccola con
loro due. Imbarazzante e un po' doloroso, per me, constatare che i
riferimenti della bimba erano la madre, come è ovvio che
sia, e
l'uomo donatole dalla magia. Benché la bambina amasse molto
suo
padre, erano loro due ad esserle veramente necessari, ed è
stato
imbarazzante per tutti percepire l'intimità creata tra loro
dall'amore comune per la piccola mezzosangue.
Non
che escludessero intenzionalmente mio figlio, questo no. Ma loro due
e la bambina, insieme, ridevano. Mio figlio non
riusciva a
farlo. Non l'ho mai sentito ridere con sua moglie e sua figlia
così
naturalmente, così serenamente come faceva ogni giorno
l'altro, il
suo vecchio rivale.
Esiste
uno sguardo speciale, io lo so, l'ho visto mille volte nelle mie
pazienti al reparto maternità: è lo sguardo che
le donne riservano
all'uomo amato quando tiene tra le braccia la loro creatura.
Forse
qualche volta era velato di rimpianto, qualche altra era acceso dalla
gelosia, ma era proprio quello lo sguardo che lei aveva quando
metteva la figlioletta tra le braccia del suo migliore amico. Io lo
so, l'ho riconosciuto. Era come una bimba che gioca con le bambole.
Giocava a mamma e papà col suo migliore amico,
così come tanto
tempo prima avevano fatto insieme le torte di fango.
La
piccola è cresciuta straordinariamente in fretta, e lei ha
perso
tutto.
Se ne
sono andati per vivere la loro vita, e li ha persi entrambi.
La
sua pelle sembra brillare sotto la luna. E' sempre stata
bianchissima, anche quando era umana. Noi brilliamo sotto il sole,
quando è alto, lei invece brilla sempre. Pare sempre avvolta
di luce
lunare, e stasera sembra fondersi con la notte resa chiara dalla luna
piena.
Indossa
una leggera sottoveste di seta bianca, traslucida sotto la luce
spettrale della mezzanotte. Dopo la gravidanza i suoi fianchi sono
rimasti un po' più rotondi, il seno un po' più
pieno. La veste li
copre ma non li nasconde.
E'
stato sconvolgente, questa notte, seguire il loro bagliore nella
foresta, vederli ondeggiare tra gli alberi assieme alla pioggia dei
suoi capelli, divenuti corvini e lucidi dopo la trasformazione.
Non
so cosa voglia dire bramare il suo sangue. Ma il desiderio, stanotte,
mi sta comunque uccidendo.
E'
cresciuta, è maturata. Sebbene il suo aspetto sia quello di
una
diciottenne, non c'è alcun dubbio che sia invecchiata. Non
è mai
stata né stupida né superficiale, e il tempo non
è passato invano,
per lei. E' intelligente. E' sempre stata dolce. Sono certo che, se
ha sbagliato, lo ha fatto per mancanza di fiducia in se stessa. Era
solo una ragazzina insicura, costretta troppo presto ad una scelta
più grande di lei.
Ha
capito che, anche se esistiamo noi, le favole non esistono: noi non
siamo favole, siamo sopravvissuti. Ha imparato a sue spese che
è
molto più improbabile l'amore eterno che l'esistenza di
creature
come noi. Specialmente se non si sa ridere insieme, specialmente se
tutto viene preso troppo sul serio, senza ironia e leggerezza. Mio
figlio non è mai stato capace di ridere davvero di se
stesso. Oh, lo
fa di tanto in tanto. Ma solo perché fa parte del ruolo, fa
parte
della sua perfezione.
Di
nuovo mi colpisce questo: che con l'altro, con l'amico, lei rideva.
Non so come e quanto lo facesse da umana, ma qui, in questa casa,
l'ho vista mille volte rovesciare indietro il collo candido e ridere
come solo gli immortali sanno fare. Ho visto gli occhi del lupo
posarsi ancora sulla curva del collo e del seno, mentre l'aria
fremeva per la risata di lei.
Questa
casa è molto più silenziosa, ora.
In un
certo senso, ogni cosa è andata al suo posto. Anche lei sta
ricomponendo i pezzi della sua vita, adesso che le è rimasto
soltanto il vuoto.
Mi
chiedo se abbia mai avuto il coraggio di dire a se stessa la
verità,
di essere esplicita guardandosi allo specchio. Spero che lo faccia:
la verità rende liberi. Quando vedrà chiaramente,
forse sarà
libera. Quando accetterà il suo vuoto, allora
sarà libera. E quando
sarà libera, forse... Non ho nemmeno il coraggio di pensarlo.
Non so
da quando la amo. O meglio, credo che vederla ed amarla siano stati
un'unica presa di coscienza, un unico e potente atto della mia mente
prodigiosa di vampiro.
Sapevo
del suo ritorno in città, ma l'ho vista solo dopo qualche
settimana,
in ospedale, il giorno che mio figlio l'ha salvata da quell'incidente
davanti a scuola. Credo che tutto sia cominciato quel giorno.
Grazie
al mio lavoro, tra quelli della mia razza io sono quello più
vicino
all'umanità. In ospedale vedo gli esseri umani nascere,
soffrire,
morire, piangere o ridere, commuoversi e spaventarsi. Li conosco,
vibro con loro: io li sento vivere. Per questo,
sono certo che
da subito l'ho amata come ama un uomo. Il vampiro, ha dovuto tacere.
La mia
piccola. La mia dolcissima, letale Isabella.
Come
potevo sperare di salvarmi? Lei è nata per essere amata e
protetta.
E' fragile oltre ogni dire, fragile perché niente riesce a
salvarla
da se stessa. E' forte come l'acciaio, perché non le importa
niente
di se stessa. Nata per me, perché io, Carlisle Cullen, sono
nato per
proteggere, curare e salvare.
Lei è
il vaso, io sono l'acqua che dentro vi prende forma. Lei è
la
melodia, io sono le note. Che si sia innamorata di mio figlio,
è
irrilevante. Che mio figlio l'abbia scelta, è irrilevante.
Che io
abbia una compagna affettuosa, è irrilevante. E' una bambina
letale,
Bella Swan, la fragile assassina della mia pace. Io sono la dolcezza,
lei è il mio dolce veleno.
Perso nei miei ricordi, ho smarrito la sua traccia. Ora la sto attendendo tra gli alberi. Mi chiedo perché non sia ancora qui... Aspettare lei mette alla prova la mia disperata pazienza di vampiro centenario.
L'ho
seguita tutte le notti, e non mi importa più se qualcuno se
ne è
accorto.
Ho
lottato per anni con i miei pensieri, per non essere sorpreso da mio
figlio. Ho lottato per anni contro il mio desiderio, per non essere
sorpreso dalla donna che è mia moglie da così
tanto tempo, che mi
pare sia così da sempre. La donna che ha capito, e mi tiene
incatenato lasciandomi andare, fingendo di non vedere,
perché sa che
non riuscirei mai a imporle di lasciarmi libero. La donna che,
conoscendomi, conosce anche l'entità del mio dolore,
dell'incantesimo di cui sono vittima, e cerca di lasciare che io mi
curi permettendomi di avvelenarmi fino in fondo.
La
passione è un mistero che comprendono solo gli iniziati.
Solo chi ci
è passato sa cosa significhi il bisogno accecante del corpo
dell'altro, che si risveglia come la febbre, improvviso e letale.
Non ho
mai voluto il suo sangue, non ho mai provato il desiderio intenso di
mio figlio per le vene pulsanti nel suo collo bianco. Molto
più
folle e rovente era il desiderio di aprirle le gambe e leccarla
dolcemente, ed a lungo, per berla ed ubriacarmi del suo odore.
Quando
tutto questo è stato perduto per sempre, ho odiato mio
figlio.
Perché nella mia vita l'odore più amato
è tornato ad essere quello
del sangue.
Ha girato il viso nella mia direzione. Dio, quanto è bella. La mia Bella.
Stanotte
troverò il coraggio. Mi mostrerò e
verrò da te, piccola. Mi illudo
che ora che non hai più nulla tu possa almeno vedermi.
Mi
avvicinerò a te, lentamente, con cautela; mi
siederò al tuo fianco,
ti parlerò. Ti racconterò la lunga storia del mio
desiderio,
ti dirò tutta la verità.
Ti
offrirò il mio corpo immortale e tutto me stesso; ti
offrirò il mio
petto, per un bacio o per un morso
di rabbia. Ti
permetterò di fare di me quello che vorrai.
Tu mi
caccerai, sputerai il tuo veleno su di me, ma non posso lasciar
scorrere un'altra eternità per averti.
Un
attimo. Ancora un attimo, e lo farò.