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Autore: crazyfred    24/02/2011    14 recensioni
Il destino può cambiare in un momento. Due anime scontrarsi e fondersi in un solo istante, senza preavviso, legate per non staccarsi mai. Non era lei quella che immaginava e quello non era il luogo che aveva in mente. Ma lui la guarderà negli occhi ... e saprà di non essere solo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you crash in clouds - capitolo 2
When you crash in the clouds



















Capitolo 2
Let's get lost







Mi lasciai guidare per il piano superiore del locale come un cieco in mezzo ad una strada affollata. Le luci soffuse, tinte di un tenue ed ammiccante rosso, che non poteva far altro che rimandare agli stimoli ed impulsi più primitivi dell’uomo, non impedivano certo di vedere; ero io, piuttosto, che mi rifiutavo di alzare lo sguardo.  
Con la mia esperienza sessuale avrei potuto certamente riscrivere il kamasutra, e persino aggiudicarmi il premio Pulitzer per aver composto una pietra miliare della letteratura contemporanea, ma mi sentivo terribilmente a disagio in quel luogo, come quei ragazzini dei primi del novecento, che venivano mandati dalle prostitute dai propri padri, affinché venissero introdotti ai piaceri della carne.  
Allo stesso modo mi sentivo spaesato, timido, come se non avessi mai visto una donna nuda davanti a me e per me. Lasciai che lo sguardo continuasse a fissare cauto il pavimento, molto simile al parquet invecchiato e marcio su cui camminavo a casa mia, lo stesso scricchiolio minaccioso ed irritante.  
La musica, dal piano di sotto, perdeva di intensità e si ovattava man mano che ci addentravamo per lo stretto e scuro corridoio. Ai lati, dove una volta c’erano delle porte, ora c’erano delle tendine antimosche, che mal celavano l’attività di quelle piccole stanzette; quantunque, anche volendo tenere all’oscuro gli occhi, le orecchie non avrebbero impiegato troppo a distinguere i mugolii ed i gemiti degli altri ospiti del privé e delle loro accompagnatrici. 
Non che mi aspettassi morigeratezza o castità da un locale simile, con chiusura all'una di notte e limite nella consumazione degli alcolici, semplicemente speravo che fosse un pregiudizio mentale, o almeno, da buon figlio della borghesia americana ipocrita e bigotta, non avvenisse alla luce del sole.  
La ragazza che era con me, Mallory il nome con cui avrei dovuto chiamarla, mi fece accomodare nell’ultima stanza in fondo, la più discreta di tutte.  
“Eccoci qui” mi disse, sospirando “mettiti pure comodo”. Forse era contenta di non aver dovuto ospitare un vecchio, magari anche ubriaco, ma dal suo tono di voce traspariva tutto il disappunto e il rimorso per quel lavoro degradante ed sporco che stava facendo.  
Benché fosse un bocconcino più che invitante, non l’avrei toccata, non sarebbe entrata nell’elenco di ragazze che erano passate nel mio letto, e di cui nemmeno ricordavo il nome. Non capivo per quale motivo mi comportassi così con lei, probabilmente in un’altra serata ma anche semplicemente con un’altra persona non mi sarei fatto tutti quegli scrupoli. Ma la sentivo vicina, molto simile a me e la spavalderia, il carattere con cui dava prova della sua forza ed indipendenza, il modo disinibito e sboccato che aveva di approcciarsi agli uomini, per lei solo tasche piene di soldi, mostravano una creatura molto più timida e ingenua  di quanto desse a vedere. Non era poi così difficile leggerla, bastava focalizzarsi sulla persona e non sulla merce che aveva da offrire. 
Mi feci largo nella stanza, completamente spoglia al di là di un paio di sedie, un tavolino basso e un vecchio camino, ricettacolo ormai solo di polvere e ragnatele. Sulla cornice del caminetto, un paio di candele consunte, che certo non aiutavano a rendere l’atmosfera accogliente, restituivano all’ambiente ancora di più la miseria che il buio avrebbe dovuto mascherare. Il pavimento, qua e là macchiato, come se vi fossero finiti spruzzi di coca cola agitata, mi ricordava come tante cicatrici il motivo per cui ero finito lì.  
Mi accomodai sopra una di quelle sedie, quella che mi sembrava essere uscita illesa dal conflitto a fuoco dei miei predecessori e non potei evitare di sentirmi uno schifo. La mia coscienza mi diceva che io ero stato il suo salvatore, ma la realtà era un’altra: da lì a nemmeno venti minuti probabilmente le sue mosse conturbanti ed il testosterone già in circolo mi avrebbero reso uguali agli altri uomini che affollavano quel locale e lei mi avrebbe visto come un cliente, senza nome né volto. Le avrei lasciato la mancia, le avrei fatto una carezza ed un sorriso compiaciuto e lasciata lì come sì fa con un giocattolo rotto. Ma, se ero davvero il paladino a cui mi atteggiavo, dovevo andarmene da lì, anche a costo di passare per impotente. 
Mentre lei accendeva le ultime candele per la stanza e una bacchetta di incenso che, avevo sentito dirle, distrattamente, era alle rose e veniva dall’Egitto (chissà se qualcuno c’era mai cascato a quel pallone), una delle ragazze del bar venne a consegnarci dello champagne di terza categoria e pretese anche 20 dollari di mancia, oltre al conto della consumazione. Meno male che mi ero premunito portandomene 200, semmai ad Aidan fosse venuto in mente di far diventare la serata quella del Tyler paga da bere a tutti. E per tutti di solito poteva significare anche a tutto il locale … 
Mandato giù un bicchiere di quello che osavano anche chiamare champagne, giusto per stordirmi e rilassare i miei nervi, Mallory mi si avvicinò con fare ammiccante, più da gattina innocente che da pantera quale fingeva di essere. Salì carponi sul piccolo tavolino che avevo davanti, miagolando, e riempì di nuovo le flute, porgendomene una, e la mandai giù senza neanche assaporare, per trattenere il meno possibile quel terribile sapore sulle papille gustative. Si alzò in piedi e si mise a ballare, oscillando lentamente i fianchi, a ritmo della canzone che aveva poco prima avviato allo stereo. Con una mossa di studiata sbadataggine si verso addosso la bevanda, anche se effettivamente non c’era molto tessuto da bagnare. “Uh … sono tutta bagnata” esclamò con falsa ingenuità, puntando l’accento sull’ambiguità della frase; “vieni ad aiutarmi” mi incitò, con fare malizioso. 
“Sto bene così” dissi più a me stesso che a lei, cercando di fissare il meno possibile quella simil minigonna in stoffa scozzese e quello che, teoricamente, avrebbe dovuto coprire. Allora, noncurante del mio rifiuto, riprese ad ancheggiare, mettendo ben in vista ciò che aveva capito essere di mio gradimento. Scese dal tavolo e mi si avvicino, in maniera sempre più provocante. 
Maledetto fratello traditore, mi ritrovai a pensare, accavallando le gambe in modo da nasconderle il problema del momento. Ma, dovevo riconoscerlo, era una vera professionista nel suo lavoro, e se avessi ceduto … cosa che probabilmente sarebbe accaduta davvero a breve … ne sarebbe valsa la pena. 
Venne di nuovo a sedersi in braccio a me, avvicinando pericolosamente le nostre intimità, la mia ancora dolorosamente compressa nei jeans e la sua, a causa del tanga, assolutamente libera di compiere danni. Le sue mani vagavano praticamente dappertutto sul mio petto ed io non sapevo dove mettere le mie così, da perfetto cretino alla sua prima volta, lasciai che fosse lei ad agire.  
“Touch me I’m cold … unable to control …” sussurrò alle mie orecchie la canzone che ci faceva da sottofondo e allora tornò a galla la verità: che non c’era partecipazione in lei, né coinvolgimento. Era lì per me, non per se stessa.  
Ero andato a letto con decine di ragazze prima di lei, e nessuna era intenzionata ad avere relazioni serie; ma nessuna, prima di allora, era stata con me per soldi. E non avevo intenzione di avere un esperienza simile. Non avevo alcuna intenzione di umiliarla anch’io. 
“Ehi … ehi” le dissi, scansandola da me e portandola a sedere sul tavolino che avevo di fronte, e che prima era stato il suo palco “cosa … cosa stavi cercando di fare?”. Era una domanda ovvia ma al momento, e nello stato in cui ero ridotto, anche l’unica che mi venisse in mente. “Volevo solo che ti divertissi un po’, sai come si dice … far felice il cliente!” trillò, con la vocina cantilenante, imitando malamente i direttori dei negozi di lusso dove, evidentemente, il cliente ha sempre ragione. Raccapricciante similitudine …  
“Ma io sto bene” risposi poco convinto, tanto che lei alzò un sopracciglio in segno di disappunto. Ero davvero un così cattivo bugiardo? “Solo” tentai la via della mezza verità “preferirei un altro tipo di divertimento”. 
Quanto potesse rivelarsi infelice quella mia frase lo capii neanche mezzo minuto dopo, quando mi ritrovai quella ragazzina … sarebbe stato già un grande miracolo se fosse stata maggiorenne … ai miei piedi, tutt’intenta a slacciare cinta e pantaloni. “Beh, effettivamente avevi ragione” mi disse “hai molto più bisogno di divertimento qui” e così dicendo passò la sua mano sulla mia patta, carezzandola quasi impercettibilmente. Ma, date le mie precarie condizioni, quel suo gesto fu ultra percepito, abbastanza da farmi letteralmente sussultare sulla sedia ed emettere un gemito strozzato. Era un diavolo che andava fermato, perché io non volevo essere come gli altri. Ma la forza di fermarla, e soprattutto la volontà, tornarono ad essere di nuovo orizzonti lontani. 
“Di mano o di bocca?” chiese, mentre opponevo resistenza al suo tentativo di togliermi pantaloni e boxer in un colpo solo. “Cosa?” chiesi, del tutto spaesato. “Sono 50 verdoni per una sega” spiegò, mimando cosa intendesse, nel caso non fosse stata già particolarmente esplicita “ e 100 per un pompino … ma solo se hai il preservativo”. A quella sua delucidazione sulle tariffe della serata non ci vidi più e la scaraventai lontano da me, cercando di essere rude il meno possibile. Ma era possibile che una ragazzina dovesse annullarsi a quel modo? 
“Mi dispiace” le dissi, alzandomi in piedi per risistemarsi e cercando di badare il meno possibile al dolore che quell’interruzione volontaria mi avrebbe provocato “ma non c’era questo nei progetti della mia serata …”  
“E allora che cazzo sei venuto a fare da me?” mi disse, offesa “a quest’ora con quel fottuto vecchio avrei già finito e me ne starei cercando un altro …” “è questo che ti interessa?” le risposi, altrettanto concitato “i soldi sono la chiave di tutto? Tieni …” le dissi, lanciandole due banconote da 50 “ ma ora, sei vuoi farmi felice, stiamo qui e parliamo un po’”. “Woah … grazie Tyler!” 
Ancora evidentemente stupita dalla mia reazione, con il solito sorriso beffardo sulle labbra piccole e carnose, si allungò sul tavolino, a gambe oscenamente divaricate, puntando i gomiti sul tavolo per tenere il busto alzato. 
“E così …” iniziai, per rompere il ghiaccio “questo non è solo uno strip club?” “Cosa cazzo ti aspettavi” mi rispose “un convento di clausura?” “No, certo che no” mi affrettai a spiegare “solo non pensavo che vi esibiste anche in altro genere di performance … quanti anni hai?” chiesi, sperando che la mia domanda non la mettesse a disagio o la insospettisse. Molto matura, ebbe la prontezza di rispondere: “Quanti ne dimostro?” “Non più di 18” risposi, in tutta franchezza. “Non si può avere meno di 21 anni per fare questo lavoro …” “E quindi quanti anni hai?” “22” “”22, eh?!” la sfidai. “è quello che dice la mia carta di identità” 
Sapevo che sarei riuscita a spuntarla, me lo dicevano tutti da bambino che avrei dovuto fare l’investigatore. “Puoi anche avere un documento che dimostra che hai 22 anni … ma questo significa che tu abbia davvero 22 anni. Ma ora la mia domanda è un’altra … da quanto tempo hai 22 anni? E per quanto ancora avrai 22 anni? Mallory è il tuo vero nome?”  
“Ma vaffanculo!” sbraitò all’improvviso, agitata probabilmente dalle troppe domande che le avevo rivolto “cazzo, dovevo immaginarlo … sei un fottutissimo poliziotto!!!” “No, non sono un poliziotto!!!” mi affrettai a chiarire, prima che potesse chiamare la sicurezza e, sinceramente, non mi andava di essere ridotto ad uno straccio dal bestione che si aggirava con fare sospetto per il locale. “E allora che cazzo erano tutte quelle domande del cazzo? Eh? Che cazzo vuoi da me?” “Tu non hai più di 18 anni, vero? Dio solo sa se sei persino maggiorenne … e lavori in un locale come questo … ma non ti fa schifo? Ho pensato che almeno per una sera potevi scampartela …” “Allora riprenditi questi cazzo di soldi e vattene fuori dai coglioni, perché mi hai fatto perdere solo tempo e soldi questa sera. E ringrazia se non chiamo Dean che è di sotto … stronzo!” Quell’ultima imprecazione la fece sparire e tornare al piano di sotto, ad altri clienti, ad altri servizi. 
Probabilmente aveva ragione: ero solo un coglione moralista che aveva tentato di lavarsi la faccia facendo l’elemosina ad una povera prostituta. Non avevo il diritto di entrare nella sua vita, e non avevo il diritto di rimproverarla come se fosse stata mia sorella. Uscendo mi ritrovai nel corridoio dove poco prima, con lei, avevo camminato mano nella mano, e mi accorsi che a quel pensiero fui sfiorato da un leggero formicolio, come quando si viene presi dalla scossa. Ma il momento di pseudo poesia fu interrotto dai suoni sgradevoli che provenivano dalle altre camere. Cercai con tutto me stesso di tenerli fuori dalla mia mente, accelerando il passo per arrivare più in fretta possibile alle scale, dove la musica diventava, gradino dopo gradino, sempre più assordante. Sceso, trovai la comitiva con cui ero entrato pronta per andare via, visto che un paio dei nostri non avevano retto alla tentazione di palpare le gentili signorine ai pali senza avere intenzione di sborsare un centesimo e il gorilla Dean si stava già accorciando le maniche per buttarli fuori. Aidan, che, dopo tanti anni di conoscenza, mi stupiva ancora per la sua resistenza agli alcolici, anche dei surrogati micidiali che servivano in quel locale, era riuscito finalmente a ricevere il suo ennesimo bel due di picche dalla ragazza del bancone, così non avremmo avuto più motivi per tornare in quel locale, ed in un paio di serate avrei ben dimenticato Mallory; ma non ero sicuro che questo fosse il suo vero nome. Mi voltai un momento, prima di uscire, e la vidi volteggiare ad uno dei pali per la lap dance. Si fermò, un istante, ed in quel attimo mi sembrò quasi che mi stesse fissando, come per dirmi addio. Provai un bruciore nel petto, una rabbia montante per non aver saputo proteggerla da quel mondo e da sé stessa. 
Nei romanzi rosa della piccola Caroline, la mia precoce sorellina, questa era la descrizione del colpo di fulmine. Possibile che mi stessi innamorando di lei? 
Mentre gli altri si dirigevano verso la metropolitana, visto che erano rimasti senza soldi per il taxi, io rimasi un po’ indietro rispetto a loro, nella speranza assurda che lei mi rincorresse e mi chiedesse di aiutarla. Ma a chi la davo a bere … avevo letto e visto troppi libri e film romantici recentemente, e speravo sempre che la vita fosse come uno di quelli. Aidan sosteneva che fossero proprio quelle stupidate a permettermi di far colpo sulle donne, quel fascino un po’ intellettuale che, insieme al filo di barba e agli occhi azzurri, mi rendeva una macchina per il sesso. Forse agli occhi degli altri ero così, ma io mi vedevo ancora come un ragazzino alla fermata dell’autobus delle opportunità che aspetta da ore di prendere la sua corsa; aspetta e aspetta, e poi si accorge che si è distratto proprio mentre passava e deve prenderla al volo. 
Mentre quel pazzo sciroccato del mio compagno mi raccontava i dettagli della sua serata e premeva per sapere i dettagli della mia, capii che la mia opportunità stava passando esattamente in quel momento e dovevo coglierla, prima che fosse troppo tardi e nel tentativo invano di afferrarla mi fossi fatto male. Forse non era amore, forse era solo la voglia di sentirsi utili per qualcuno, la possibilità di dimostrare a me stesso che ero riuscito a salvare qualcuno, cosa che con mio fratello Micheal non ero stato in grado di fare; ma di una cosa ero certo: era un anno che non mi sentivo così vivo. 
Mi liberai dalla stretta del mio amico ed iniziai a correre indietro, verso il locale.  
“Ehi, ma dove vai?” mi urlò, mentre mi allontanavo, ma ero già abbastanza lontano da lui perché potesse sentire la mia risposta “Devo andare da lei”.






NOTE FINALI


La cosa che maggiormente mi preme per questo capitolo è assicurarmi che nessuno di voi si sia sentito offeso dal linguaggio utilizzato. Purtroppo non potevo fare diversamente; capite benissimo che Mallory ha un certo linguaggio e non si fa problemi ad usarlo.
 E non sta a me cambiarlo, ne va della veridicità della storia.
Per il resto vi ringrazio dell'ampio consenso e spero davvero che possa aumentare di capitolo in capitolo.
Ora che Tyler ha preso la sua decisione bisogna vedere come reagira Mallory.
à bientot

Federica
   
 
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