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Autore: Lely1441    24/02/2011    3 recensioni
Un albergo come teatro di una vicenda che di normale ha ben poco. No, non stiamo parlando di un remake di Shining, bensì di un'AU in cui Winry rincorre Ed, Ling rincorre Lan Fan e le donne... Be', le donne rincorrono Roy. Così tra maledizioni, improperi, incendi e sorprese avrete modo di scoprire cosa si cela dietro alla parola Malizia.
[America; anni '50/'60]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Ling Yao, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Winry Rockbell
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Al solito, un grazie enoooorme alla mia fantastica beta, a cui dedico il capitolo! (Senza sorpresa, ma spero vada bene comunque :) ) Ti voglio bene! ♥




Capitolo quarto ~ I nodi iniziano a venire al pettine; Chi è stato incastrato da chi, tesoro?



Un mese dopo

Il principe Ling se ne stava amabilmente spaparanzato sul suo letto, le braccia incrociate dietro la testa e le gambe accavallate l’una sull’altra, mentre un piede seguiva una melodia che solo lui poteva sentire. Lan Fan raccattò i panni sul pavimento, storcendo il naso davanti all’ennesimo vestito pulito buttato alla rinfusa con quelli sporchi. Decisamente, ordine ed igiene erano due parole assenti nel suo vocabolario.
«Ho voglia di uscire…», pigolò ad un certo punto Ling, alzandosi a sedere di scatto e guardandola con occhi imploranti.
«Non credo che sia il tempo adatto», rispose Lan Fan dubbiosa, riferendosi agli enormi nuvoloni carichi di pioggia in avvicinamento.
«Ma potremmo andare nella Hall! C’è sempre così tanta bella gente, lì!», ribatté, entusiasta. Si alzò in piedi e aprì le ante dell’enorme armadio, cominciando a tirar fuori e a gettare sul pavimento i vestiti appena riposti. Lan Fan rimase a guardarlo senza parole. Era certa che il problema di fondo non fosse il suo ruolo di “guardiana”, dato che non era mai stato cattivo con lei (certo, a volte le giocava dei tiri mancini davvero terribili, come quando si era trovata rinchiusa nello sgabuzzino per tre ore ed era stata tirata fuori proprio da Mister Bradley, che l’aveva minacciata del licenziamento con quei soliti modi gentili e inquietanti; oppure, ancora, quando aveva rinvenuto la cena rovesciata sulla moquette, solamente il giorno prima… Ci erano voluti secoli per pulire), ma doveva ammettere che a volte era veramente ingestibile.
Ling Yao era obiettivamente un attentato alla sua pazienza: con nove fratellini a cui badare, si era sempre vantata di possedere una capacità di non alterarsi pari a quella di un Buddha, ma era bastata una settimana insieme a lui per farla ricredere completamente.
«Non so…»
«Oh, ti prego! Tipregotipregotiprego!»
Lan Fan aveva sempre vantato di possedere una capacità di non alterarsi pari a quella di un Buddha ed una insensibilità ai capricci futili davvero invidiabile. Quindi nemmeno lei seppe spiegarsi cosa la spinse a lasciare la biancheria che aveva in braccio sul letto e ad acconsentire con tono rassegnato, mentre lui le diceva, entusiasta: «Grazie, sei un tesoro!»
Lan Fan aveva sempre vantato di possedere una capacità di non alterarsi pari a quella di un Buddha, una insensibilità ai capricci futili davvero invidiabile e un certo disinteresse verso i complimenti. Quindi nemmeno lei seppe spiegarsi perché diamine fosse arrossita in quel modo.
Grazie alle divinità, lui si era già girato e non era riuscito a vederla. O almeno, è questo che lei si augurava.

***

«Tra di voi c’è molta elettricità», osservò Winry, posandosi pensosamente un dito sulla bocca. Riza l’osservò e, nella luce chiara del primo pomeriggio, sembrò arrossarsi appena.
«Credo sia solo determinata dal fatto che ci conosciamo da tanto», si limitò a risponderle. L’amica stette un po’ a rimuginare: la donna le aveva fatto sapere solo che si trovava a New York per una persona particolare, ma non aveva fatto cenno ad altro. Aveva intuito che c’entrava anche Mr. Mustang dal fatto che tra quei due sembrasse esserci una calamita, un po’ come se entrambi ruotassero l’uno intorno all’altra: non avrebbe saputo spiegarsi altrimenti il fatto che si incontravano così spesso nei luoghi più disparati. Inoltre, Riza non aveva mai fatto riferimento a qualcuno da incontrare: non era forse perché l’aveva, quindi, già trovato?
Sentì improvvisamente crescere la sua curiosità.
«Scusa l’impertinenza, ma… potrei sapere cos’è successo tra voi, precisamente?»
Riza soppesò per qualche istante la domanda. Non aveva mai sentito il bisogno di raccontarlo a nessuno, tranne che alla sua migliore amica - e questo solo perché Rebecca sapeva essere molto, molto insistente quando voleva.
«Una ruggine vecchia di dieci anni… E temo anche piuttosto stupida».
Winry la fissò, e le venne naturale fare un confronto con Ed. Per quanto potesse essere arrabbiata con lui, non avrebbe permesso di lasciar trascorrere così tanti anni senza parlarsi. Aveva bisogno di imparare ad affrontare le proprie emozioni, ma non aveva intenzione di perderlo, almeno non come amico; passato un certo lasso di tempo, avrebbe sotterrato l’ascia di guerra. E, ovviamente, Ed avrebbe dovuto trovare degli ottimi metodi di persuasione per farsi perdonare.
«Non credi sia l’ora di superarla?»
Riza sorrise amaramente; non era proprio così facile come appariva.
«Ci ho provato, ma non ho trovato modo per parlargliene seriamente… Sebbene siano settimane che sono qui».
«Be’, dopotutto l’occasione basta trovarla», mormorò pensosamente Winry. Riza la guardò incuriosita: sebbene l’altra fosse più giovane, aveva presto imparato che la sua mente aveva una velocità di elaborazione impressionante e un talento naturale nel servirsene.
«Immagino di sì», le rispose, non arrischiandosi a dare una risposta che avrebbe sbilanciato una sua qualsiasi propensione: meglio rimanere in territorio neutro, almeno fino a quando non fosse stata al corrente di ciò che passava per quella testolina bionda.
«E ti piacerebbe trovarla, questa occasione?»
Riza, di nuovo, si ritrovò a tentennare: «Dipende…»
«Dipende un bel niente! Ti piacerebbe, sì o no?»
E a una domanda come quella, c’era una sola risposta da poter dare. E al diavolo gli sbilanciamenti.
«Sì».
Winry fece un sorriso raggiante che le ricordò in maniera impressionante la sua migliore amica Rebecca quando, da piccola, riusciva a farla franca se veniva scoperta a commettere qualche malanno. Di solito, poi, la cosa si ripercuoteva anche sulla povera Riza, e questo la fece pentire amaramente della sua solita sincerità. «Ci penserò io. Tu non preoccuparti, non hai assolutamente nulla da temere!»
In quel preciso istante, la donna seppe che quel monosillabo avrebbe costituito la sua rovina.

***

«Oh, la prego, deve assolutamente aiutarmi! Ed ha preso in prestito un libro importantissimo su cui devo preparare un esame fondamentale e io non ho assolutamente il coraggio di andare a chiederglielo, perché significherebbe trovarmi davanti a lui dopo che… Dopo che…»
Il poco addomesticato cuore di Roy Mustang si sentì impietosire davanti a quei suoi occhi lucidi. Winry gli era simpatica; in più, saperla in rotta con il suo pupillo lo faceva automaticamente simpatizzare con lei. E, diciamocelo, in fondo non era la carogna che voleva far credere di essere.
«Con piacere, Miss. Ma temo dovrò aspettare che faccia ritorno, è uscito per delle commissioni poco fa, dubito rientri prima di un paio d’ore».
Winry maledì mentalmente la celeberrima, inflessibile e per questo pessima puntualità del ragazzo, e decise di mentire platealmente: «Oh, ma ne è proprio sicuro?», mormorò, perplessa. «L’ho visto rientrare appena giusto un quarto d’ora fa, mentre si augurava a voce alta di farsi una sana dormita prima che un certo scioperato di sua conoscenza non decidesse di tornare a rompergli le uova nel paniere… Oh!», e qui sgranò gli occhi. «Ma forse ho parlato a sproposito!»
L’espressione dell’uomo si fece parecchio fosca. Eppure, Edward sapeva quanto fossero importanti quelle commissioni! Come si era permesso di dormire invece di lavorare? Non lo pagava certo per scaldare la sedia!
«Lei è assolutamente certa di ciò che mi sta dicendo? Me lo può giurare?», chiese, decidendo di dare un’ultima possibilità a quello sbarbatello che aveva accolto nel suo studio come se fosse stato un figlio (da bistrattare).
«Be’, sì…». Tanto ormai la frittata era fatta, inutile ritrattare. «Ma questo non metterà nei guai Ed, vero?», chiese ancora, con una punta di ansia. D’accordo che era arrabbiata con lui, ma non meritava di perdere il posto per qualcosa che non aveva fatto. Si diede poi della stupida, pensando che tanto Mister Mustang avrebbe scoperto presto la verità, e sarebbero stati cavoli amari per…
Oh. Per lei.
Ops.
«Non lo so, immagino dipenda da lui. E ora scusi, vado a controllare», asserì, a denti stretti, allontanandosi verso gli ascensori. Winry stranamente lo accompagnò, quasi di fretta, e l’uomo pensò che dovesse sentirsi in colpa per aver messo involontariamente nei guai l’amico. Era una cara ragazza, avrebbe fatto bene a scambiare due paroline con quel nanerottolo da strapazzo. «Non si preoccupi, non lo maltratterò. Non eccessivamente», aggiunse, sperando di tirarle su il morale. Lei lo guardò, un attimo spaesata, ma non rispose nulla. Erano arrivati. Roy chiamò l’ascensore di destra, e appena prima che le porte si aprissero lo chiamò all’improvviso, facendolo voltare verso di lei:
«Signor Mustang! La ringrazio infinitamente per il suo prezioso aiuto!»
Detto ciò, si sporse sulle punte e gli baciò una guancia, prima di spingerlo affatto delicatamente dentro alla cabina, girato ancora verso di lei, che ora sorrideva entusiasta e lo salutava con una mano. Le porte si richiusero e l’ascensore partì, mentre l’uomo si chiedeva perché diavolo la ragazza avesse urlato quella frase a voce tanto alta. Si voltò finalmente verso l’interno e rimase di stucco, mentre contemporaneamente il vano produceva un rumore sordo e si fermava, con delle vibrazioni che lo schiacciarono contro la donna che era lì dentro insieme a lui.
«Roy, potresti toglierti? Non sei mai stato un peso-piuma…»
Non poteva essere vero, non poteva.
Era l’inferno. Era morto e ora era all’inferno, giusto?
«Scusa, Riza. Giuro di non averlo fatto apposta, però».
A Riza venne quasi da ridere. Certo che lui non l’aveva fatto apposta. Era stata lei. O meglio, era stata quel piccolo uragano di Winry. Non rispose, aspettando che cucinasse nel suo brodo; lo vide sbuffare, alzare lo sguardo al cielo (o meglio, al tetto della cabina), appoggiarsi con le spalle allo specchio lucido, corrugare la fronte in cerca di qualsiasi modo che lo facesse fuggire da quella situazione al più presto… Ma finalmente cedette. Roy sospirò, e rilassò le braccia lungo i fianchi, in segno di resa. «Come siamo… Come siamo arrivati a questo punto?», domandò lui, guardandosi le mani. In tanti anni, lei non aveva mai confessato di aver udito quella conversazione tra lui e suo padre; in un istante, l’intima familiarità che aveva con quel ragazzo era sembrata liquefarsi, e si era trovata davanti ad un muro - Roy - con cui temeva di parlare. In più, lui se ne era andato prima che lei riuscisse a capire di essere totalmente e incondizionatamente furibonda con quell’idiota. (*) Una volta passato il primo momento di confusione, avrebbe solamente voluto prenderlo da parte per chiedergli di spiegarsi, il perché avesse fatto finta per anni di esserle amico, quando la giudicava solo una stupida ragazzina. Solamente, era troppo piccola per poter prendere un treno e andarsene in giro come voleva, soprattutto senza il consenso del padre… E passati i primi due anni, l’ira aveva soffocato qualsiasi desiderio di riappacificazione. Era arrivata lì con l’intento di vendicarsi, ma aveva ben presto scoperto che lei non era portata per questo. Forse, la ferita faceva ancora troppo male per riuscire a comportarsi come se non gliene importasse nulla…
«Perché sei fuggito, quando mi hai visto?»
Roy sospirò, passandosi una mano nei capelli. «Non lo so. Non lo so tuttora, ma è l’unica cosa che provo quando ti vedo. Non è colpa tua, davvero, però…»
Riza rimase impassibile, come sempre, mentre sentiva la voce smorzarsi in un sussurro. Si mise seduta nell’angolo opposto, voltando il capo e chiudendo gli occhi, decidendo che non ne voleva davvero più sapere. Doveva ammettere con una certa vergogna che una certa parte della sua razionalità si era sempre rifiutata di poter credere di essere stata ingannata così tanto, e quindi aveva sperato che Roy l’avesse fatto per il suo bene. Era pronta a dimenticare tutto, l’umiliazione, la rabbia, il rancore, se lui avesse accennato ad un motivo simile per giustificare il suo comportamento… Così non era stato, e lei decise di arrendersi, finalmente. Rimasero in silenzio per ore, finché quelli dell’assistenza tecnica non si risolvettero a liberarli, sotto l’ordine della padrona di casa, alquanto arrabbiata con sua nipote. Prima di uscire, però, Riza fece un’ultima domanda:
«Quindi è vero ciò che dicesti a mio padre, tanti anni fa, per non sposarmi?»
Ma era una questione più che altro fatta a sé stessa, nello stesso istante in cui varcò la porta. Roy Mustang non riuscì a replicare, troppo sorpreso per fare alcunché.

***

Riza non aveva mai avuto la cattiva abitudine di origliare, sul serio, ma la salute di suo padre in quel momento la stava preoccupando. Non le voleva dire nulla per non farla impensierire, ma così, paradossalmente, otteneva l’effetto contrario. Aveva dovuto chiamare Roy per farlo parlare con lui, ma il perché era oscuro ad ognuno dei due giovani. Ma quello che il padre stava dicendo al suo allievo era ancora più sorprendente e doloroso di quello che si aspettava.
«Roy, voglio che tu ti prenda cura di Riza. Devo sottopormi a questa nuova cura, e sarò sincero con te: una volta uscito da questa casa, non sono sicuro di tornarvi».
Il ragazzo deglutì, non sapendo cosa dire. «Sono certo che si rimetterà, Maestro, e-»
«Basta con questi patetici tentativi di farmi forza. So benissimo a cosa vado incontro. L’unica cosa che mi interessa è: ti prenderai cura di mia figlia?»
Roy si passò nervosamente una mano tra i capelli scuri. Era amico di Riza, lo avrebbe fatto senza difficoltà, ma odiava parlare di un argomento del genere. La morte lo spaventava. «Signore, io…»
«Sarò più chiaro con te. Con prenderti cura intendo offrirle una casa, un futuro sereno e felice. Un uomo che le stia accanto nei momenti più difficili». Prese fiato prima di terminare, terribilmente serio: «Voglio che vi sposiate».
A Roy sembrò che un macigno cadesse dall’alto direttamente sulla sua testa. Stava scherzando, vero? Aveva appena vent’anni, Riza sedici! Era una follia!
«Non credo sia il caso, signore», provò a dire, ma un’occhiata dell’altro lo gelò.
«Sarò ancora più chiaro. Queste sono le mie predisposizioni prima di morire, se non intendi accettarle non ti considererò più un mio allievo. Sai cosa significa questo, vero?»
La mascella si irrigidì, mentre malediceva mentalmente quell’improvvisa pazzia che sembrava aver colpito il vecchio. Riza gli piaceva, certo, ma non poteva farle una proposta del genere quando l’altra andava ancora a scuola, era semplicemente ridicolo! E poi, cosa avrebbe pensato lei? Il padre la stava usando come ricatto, la stava trattando come un oggetto. Senza contare che quel discorso gli aveva dato davvero ai nervi. «Cosa mi rispondi?»
«Credo lo possa immaginare, signore», replicò, a denti stretti. Incredibile come fosse riuscito a cacciarsi nei guai non facendo assolutamente nulla. L’insegnante si sciolse in un sorriso, dandogli un’affettuosa pacca sul braccio.
«Sapevo avresti fatto la scelta giusta».
«Sicuramente, ma non è quella che immagina Lei».
Il sorriso si congelò all’istante. «Stai rifiutando quest’offerta, ragazzo?»
Roy chinò il capo, con un lieve sorriso denigratorio sulle labbra. «Non sono interessato a sposare stupide ragazzine viziate, signore. Le faccio i miei migliori auguri di pronta guarigione. E ora mi perdoni, ma vado a preparare le valigie».
Uscì dalla stanza nel silenzio più totale; un’espressione seria e preoccupata prese il posto di quella serena con cui aveva lasciato il mentore. Sapeva benissimo che Riza era tutt’altro che una stupida ragazzina viziata, ma preferiva lasciar intendere che, a lui, lei non interessasse minimamente, perché così il vecchio avrebbe insistito di meno. Ora che l’aveva offeso nel suo amor proprio, difficilmente sarebbe tornato all’attacco. O almeno, così sperava.
Si diresse mestamente nella sua camera, con l’umore a terra, ignorando tuttavia che la vera tragedia si stava svolgendo alle sue spalle: Riza, che si era nascosta dietro ad una tenda quando l’aveva sentito aprire la porta, si stava domandando disorientata che razza di ragazzo avesse dimorato sotto il suo stesso tetto per tutti quegli anni.




(*) Riferimento esplicito a Twilight. Mi sono divertita a cambiare la frase =W=

Un po’ di ritardo, eh?
Mi è semplicemente saltata la scaletta della trama, e dato che il capitolo cinque è già scritto, il quattro è stato piuttosto problematico.
Sono un disastro, lo so ._.
Comunque eccolo qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando ♥ Risponderò ai commenti precedenti al più presto!
   
 
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