Non
conoscevo il perché dei miei sentimenti
nei suoi confronti. Non mi ricordavo quando avevo iniziato
ad essere
ossessionata da lui, a sognarlo di notte, a bramare le sue labbra.
Ma
l’unica
cosa che sapevo e che ne avevo un’ esasperante bisogno.
L’amavo.
Ma
almeno
quella sera, per lo meno in quell’occasione non volevo
sentire il suo nome
ronzarmi in testa, plasmando un,
sempre
più eterno, dolore nel petto.
Le
mille
luci della stanza mi offuscavano la vista,
mentre quella cantica operata distruggeva il mio udito.
Sistemai,
alla ben meglio, la mascherina con piume blu collocata su quel viso un
po’
tondo, ma magro nel quale recitava un’espressione da giovane
donna. Riccioli
castani, ornati con numerose perle, cadevano scomposti impedendomi una
visione
corretta.
L’uscio
del
corridoio, portava ad un circolare salone, affollato dalle lunghe
distinte
vesti appartenenti all’umanità. Colori ed
affreschi riflettevano a pieno
l’ornamento. In cima al salone un gran lucernario illuminava
un lucido coro,
rispecchiante il centro dai colori avorio al dorato.
Quel
posto,
illuminato di sussurri di tinte, visibile agli occhi
dell’allegria, non aveva
mai preso tanto splendore. Ma nonostante tutto sarebbe rimasto
circondato da un
aree falsa, di una luce buia che purtroppo lo caratterizzava.
Alzai
la
veste di seta cobalto, addentrandomi nella sala. Non riuscivo a
riconoscere
nessuno, numerosi volti sconosciuti comparivano nella mia mente. Volti
senza un
nome.
Mossi
la
testa prima a destra, poi a sinistra guardandomi a sinistra in cerca di
qualche
appiglio che mi salvasse da quella situazione. Non conoscevo
minimamente il
motivo, per il quale avevo preso parte a quella festa. Un insulsa
messinscena,
nella quale, io ero pienamente fuori luogo.
“Posso
avere
l’onore?”
Portai
l’attenzione verso la voce nitida
dell’interlocutore che aveva parlato.
Mi
si
presentò davanti un giovane uomo,
capelli aurei cadevano scomposti sulla fronte. Portava,
come ogni
persona in quella stanza, una maschera corvina circondante due occhi
azzurro
pallido. Mi sembravano famigliari, ma non ci dieti importanza.
Mi
fissava
sorridente, con un cipiglio issato e un braccio stesso, aspettante,
probabilmente, una mia risposta.
“Scusami
–gli stesi un riso rassicurante- ma mi sembra di
conoscerti!”
“Può
darsi!
Ma, da come so, questa sera non dovresti.” Sibillo
persuasivo. Risi divertita,
contagiando anche lui.
“Giusto!
Ti
do perfettamente ragione. E ancora possibile un ballo?”
domandai divertita,
osservandolo ghignare per poi
annuire convinto.
Mi
stese un
braccio fasciato da un camicia bianca, sul quale mi appigliai allietata
per poi
dirigermi verso la pista da ballo.
Il
tono
della cantilena suonava lento ed eterno, tanto da sembrare voler
prolungare
quella danza.
La
sottana
azzurro intenso sbuffava nell’aria lasciando intravedere la
sottoveste
perlacea.
Gli
occhi di
quello sconosciuto mi incatenavano completamente. L’avevo
già visto da qualche
parte, ma per quella dannata maschera, non riuscivo a identificarlo.
“Io
ti
conosco!” affermai convinta, osservandolo intensamente.
Mi
restituì
uno sguardo divertito, sbuffando leggermente. “Sei proprio
convinta allora! Da
cosa lo intuisci?”
Guardai
in
differenti direzioni, per poi posare l’attenzione su di lui.
“Dagli
occhi!” Dissi convinta. “Da tutto
questo… -lo indicai-… dalle tue parole, dai
tuoi atteggiamenti!” mi osservava rallegrato, come se io lo
stessi divertendo
in qualche cosa.
“Insomma
–sbuffai contrariata- mi sembri tanto una persona che
conosco!”
Non
mi
staccava gli occhi da dosso, e a ogni mia singola parola sembrava
illuminarsi.
“Davvero?
–non sembrava affatto sorpreso da come voleva far credere.- E
com’è questo tuo
amico?” ghigno soddisfatto.
Lo
guardai
interrogativa, con una punta di amarezza negli occhi. “Mi
prenderai sicuramente
per pazza ma… -una lampo improvviso mi scoppio nella mente.
Mi scostai
velocemente da lui, scuotendo la testa.- Francis !”
Lo
conoscevo. Lo conoscevo benissimo. Avevo imparato a memoria ogni
singolo tratto
di quel viso, la morbidezza di quelle labbra. Avevo sentito molteplici
volte
quel tono dolce e agro della sua voce.
Accarezzato
quei crini nelle notti di lussuria. Nutrita del suo amore, ma anche dal
quale
cercavo disperatamente di fuggire.
“Ce
ne hai
messo di tempo per capirlo!” era particolarmente allietato da
quella
situazione. Non c’era imbarazzo nell’intonazione.
Solo e semplice piacere.
“Ti
diverti
per caso? Eh.. hai detto che non venivi stasera! Che ci fai
qui?” mi portai un
riccio ribelle, sfuggito dall’acconciatura dietro
l’orecchio cercando di stare
calma.
Lo
vidi
alzare gli occhi al cielo e con fare sbrigativo riprendermi le braccia
e
rimettermele sopra le sue spalle, come se nulla non fosse successo.
“Ho
cambiato idea!”
Mi
scostai velocemente
da lui, irritata dal suo comportamento.
“Sono
stanca
del tuo atteggiamento! Per te nulla e serio!” vidi un paio di
sguardi puntati
verso me, e mi resi conto di aver alzato leggermente la voce.
Sbuffando
contrariata mi portai una mano al viso.
Ero stanca, distrutta di questo suo continuo, eterno
gioco. Un gioco nel
quale non c’erano ne vincitori ne perdenti. Solo una stupida
sciocca con un
abile illusorio.
“Calmati
adesso!... pensavo di vederti contenta.” Mi sembrò
di intuire una lieve curiosità.
Lo
guardai
sconvolta. Non capiva, non avrebbe mai capito.
“Contenta?
Mi vedi contenta forse?”
Non
rispose
abbasso lo sguardo, cominciando ad osservare quelle mattonelle in marmo
della
pavimentazione.
Non
ricevendo alcuna risposta, continuai. “Vedi? Il problema e
che tu non
capisci!... mi avevi detto che non saresti venuto! Ti ho ripetuto
centinaia di
volte che è pericoloso! Ti immagini cosa sarebbe successo se
stasera con me
c’era Cristhian?”
Mosse
un
passo per rimettersi di fronte a me e riportare i suoi occhi nei miei.
“Ma non
c’è!”
Sospirai
pesantemente. Abbassai la voce, quassi a un sussurro. “Cazzo
Allende andiamo a
letto insieme… e non sei il mio ragazzo!”
Non
mi
rispose. Lo scorsi aprire la bocca per, probabilmente dire qualcosa. Ma
la
rinchiuse subito dopo come se niente fosse.
“E
poi, se
non ricordo male, avevamo litigato stamattina… -scossi la
testa irritata- … e
tu ti presenti qui, come se niente fosse!”
Mi
allontanai da lui. “Basta! Sono stanca, me ne vado a
casa!”
Senza
aspettare la sua reazione mossi dei passi verso il portone infondo. Ma
una mano
mi agguanto il braccio, facendomi cingere nuovamente da Francis.
Mi
esaminava
inquisitorio, con sguardo accigliato. Niente sorriso sul suo viso,
stavolta era
sincero.
“Lasciami!”
La
sottana
della vesta si attorciglio intorno hai miei fianchi.
Alzai
la
gonna mantenendola con le dita, decolté laccate nere
spuntarono in vista.
Me
ne andai
adirata, ansimando fortemente.
“Ti
arrabbi
sempre per ogni cosa Elizabeth !” la voce di Francis mi giunse
ovattata all’orecchio.
Non me ne curai, tanto non avrebbe inteso.
“Fottiti.”
Il tono della mia voce suonò basso anche per il mio udito.
Mi
morsi il
labbro inferiore cercando di placare le lacrime, prima di chiudere
l’ingresso
principale in legno dietro me.