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Autore: ElderClaud    26/02/2011    1 recensioni
Sette pietre, sette one shot per approfondire meglio una storia già iniziata.
Sette spaccati di vita per cinque personaggi in primis, più altre "comparse" che avranno da dire la loro in tutto questo turbine di eventi.
Perchè passare dal tragico al comico, nel grande percorso della vita, è una cosa davvero sottile.
prompt 1: [Nnoitra/Rukia];
prompt 2: [Zaraki Kenpachi centric][Zaraki/OC];
Prompt 3: [Szayel & Ulquiorra][Szayel centric];
prompt 4: [Szayel/Nemu][Szayel centric];
prompt 5: [Ichigo/Tatsuki][Ichigo centric]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Nnoitra Jilga, Szayel Aporro Grantz, Zaraki Kenpachi
Note: AU, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raining Stones'
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Finalmente riesco ad aggiornare questa raccolta (e stavolta il capitolo va quasi più sul malinconico oltre che sull'introspettivo)! Che ci crediate o meno, l'ispirazione mi è giunta ascoltando “welcome to the jungle” dei Guns and Roses e da li mi sono immaginata una metropolitana piena di gente con Szayel che da quasi di matto per lo stress.
Inoltre, potreste trovare Ulquiorra più “chiacchierone” del solito ma è giustificato a livelli di trama (quando vuole Aporro è davvero insidioso). Per il resto, nella storia sono presenti dei termini portoghesi, di seguito vi mostro la traduzione (ho usato google per scrivere in portoghese, per cui affidabilità zero). Ps: la storia è collegata a “old job” che vi consiglio di leggere prima di addentrarvi in questa per non rovinarvi la sorpresa XD

“Vou fazer-lhe um pouco mal. A criança não foi filmado bem” = “farò un po' male. Il bambino non si è girato bene”
Senhores = Signori
criança = bambino
Desculpa me = Perdonatemi


3° il silenzio è il suono più forte.


Welcome to the jungle
We've got fun n' games...”

La fastidiosa vibrazione del cellulare all'interno della tasca interna del suo gilè, misto ad una vocina stridula della suoneria che accompagnava ogni scossa, portò il tutto a far sbuffare Szayel Aporro Grantz per la noia dell'ennesimo squillo ricevuto.
Estrasse dall'indumento squisitamente retrò – simile a quello di un funzionario postale del vecchio West seppur molto più elegante e costoso – il piccolo cellulare argentato, trovandosi a ringhiare sottilmente per l'ennesimo squillo a vuoto che veniva dal suo laboratorio.
Quei figli di buona donna pareva che appena trovavano un topo in laboratorio, si alzavano in piedi sulle sedie terrorizzati anziché pensare a come affrontare il problema.
Scorse rapidamente – sistemandosi la candida montatura degli occhiali sul naso – il numero di chi lo aveva imprudentemente chiamato, scorgendo però che i suoi sottoposti erano abbastanza furbi, a quanto pare, per usare il telefono aziendale in modo da non farsi beccare e massacrare da lui.
Che infami. Era già abbastanza degradante per lui dover prendere la metropolitana di primo mattino perchè – tu guarda un po' – la sua auto aveva subito un guasto improvviso da dover essere portata via con il carro attrezzi fin dal meccanico, poi se ci si mettevano anche quei dannati neo laureati raccomandati da papà allora stava a posto.
Volendo magari, avrebbe potuto chiedere a suo fratello Yylfort di dargli uno strappo sino a dove lavorava lui – Las Noches non era poi così irraggiungibile. E Aizen sama avrebbe compreso un suo ritardo – ma era la forte insofferenza che Aporro nutriva per i propri familiari a farlo desistere nel chiedere un favore simile.
L'alternativa era di prendere un taxi – ma con i suoi orari era più facile che beccasse costantemente traffico – oppure come in quel caso la sudicia metropolitana con il suo adorabile repertorio di casi umani, anche se era un mezzo veloce e non conosceva ritardi.
Guardandosi attorno con circospezione misto a diffidenza, dovette constatare come il vagone che aveva scelto per una rapida corsa fosse pieno di gentaglia di ogni tipo.
Gente di varie etnie e alcuni dalla scarsa igiene, portavano una strana cappa viziata per tutta la lunghezza della metro. Decisamente nauseabondo per lui, ben preoccupato di arrivare al lavoro con un simile olezzo.

Welcome to the jungle
We take it day by day
If you want it you're gonna bleed...”

Stavolta – per l'ennesimo squillo di un cellulare appena deposto nella tasca interna del gilè – ebbe davvero una forte scossa di nervosismo, che portò il povero Grantz ad estrarre con rabbia, stavolta deciso a rispondere a quei bastardi, un telefono che vibrava e cantava con nervosi.
Tuttavia, forse mettendoci troppo impeto teatrale nell'estrarre l'oggetto – manualità poco considerata dai restanti passeggeri troppo presi a guardare il vuoto – si ritrovò ad urtare senza farlo apposta un passeggero in piedi dietro di lui.
Il vagone non era eccessivamente affollato da non respirare ma si contavano comunque parecchie persone in piedi. Senza volerlo quindi, dette una gomitata alla scapola di un individuo non in vista, portandogli una nota di sorpresa oltre che di stress aggiuntivo.
Seccante. Decisamente molto secante per lui che aveva già i nervi a fior di pelle, determinato a tutti i costi di dirgliene quattro al barbone distratto.
Ma quando si voltò verso l'attentatore dei propri fragili filamenti nervosi, Aporro dovette abbandonare una espressione sottilmente truce per far spazio a quella inusuale della sorpresa, alla vista di un volto a lui noto in mezzo a tutta quella marmaglia. Le iridi ambrate letteralmente si sgranarono dalla sorpresa, alla vista di quello che era un suo pallido collega di lavoro.
Ulquiorra...? Ma sei davvero tu?”
una domanda forse un po' banale – a detta di entrambi – ma ampiamente giustificata dallo stress di ritrovarsi in una metropolitana lercia e da una mattinata tutt'altro che piacevole.
“Si... – disse laconico l'uomo spintonato – sono io...”
di Ulquiorra Shiffer non si sapeva molto. Era decisamente poco loquace e la sua pausa pranzo se la passava spesso – se non sempre – nel suo ufficio di contabilità.
Era uomo di fiducia di Aizen Sosuke quindi si, di lui lo scienziato poteva fidarsi sufficientemente. Se non altro se era il capo a scegliere i suoi adepti, non correva il rischio di incappare in autentiche nullità.
Aveva sentito addirittura strane voce su di lui, che lo volevano come ginecologo in un passato ormai remoto e dimenticato. Come potesse uno come lui, con quella faccia che aveva tra l'altro, essere un dottore specializzato in ginecologia, per il Grantz era un mezzo mistero ed era alla stregua di una stupida leggenda. Anche se un certo giro di fauna femminile attorno al suo tetro ufficio l'aveva comunque vista.
Deglutì quasi divertito per quell'ultimo pensiero che gli sfiorò la testa, sistemandosi gli occhiali sul naso e porgendogli una nuova domanda dettata da semplice curiosità.
“Ma dimmi un po', come mai a prendere la metropolitana pure tu? Anche a te la macchina si è rott-”
“La macchina io non ce l'ho”
a Szayel Aporro non piaceva affatto essere interrotto all'improvviso, per questo inclinò il mezzo sorrisetto di prima a mo di smorfia contrariata per la laconica – quanto secca – risposta del collega ben aggrappato al suo palo in ghisa e ben concentrato a mantenere l'equilibrio agli scossoni del vagone.
Liquidò infine il tutto con uno sbuffo annoiato, notando la scarsa attitudine del collega a interazioni umane. Non che questo fosse un male, però quel suo atteggiamento rischiava di essere piuttosto equivoco e maleducato.
“Oh via Ulquiorra... Non c'è bisogno di essere così rudi tra colleghi”
poteva anche suonare come beffarda la battuta del Grantz. Ma Ulquiorra Schiffer si trattenne per se una risposta che voleva un secco “noi non siamo colleghi” perchè – purtroppo – lo erano eccome.
Si limitò a chiudere gli occhi con profonda pazienza, notando che la reazione aveva comunque attirato lieve ilarità nell'interlocutore poco voluto.
E Aporro era desideroso di saperne di più su quell'individuo così dannatamente riservato, che era quasi naturale che gli stimolasse una certa curiosità.
Ulquiorra era un individuo che, con i suoi modi di fare quasi bruschi e un tenore di vita misterioso, aveva attirato su di sé parecchi pettegolezzi – c'è chi addirittura lo volesse coinquilino di due lesbiche e spesso spettatore dei loro giochi – ma a parte certe chiacchiere da “bar” lo scienziato doveva ammetterlo che un certo fascino lo esercitava eccome su di lui.
Oh per carità, non in quel senso specifico quanto alla sua stessa figura e impostazione. Per tale motivo ecco che si ritrovava a studiarlo attentamente da capo a piedi, guardandolo bene come era impacchettato nel suo completo da ufficio sobrio e quasi anonimo, come se avesse di fronte uno dei suoi tenti esperimenti – o cavie – deciso a entrare più in sincronia con lui e vedere di farci altre chiacchiere aggiuntive.
“Comunque, devi ammettere che su di te è stato costruito un vero e proprio mito. Insomma, trovo piuttosto affascinante la figura di te che un tempo era un prode ginecologo che ora agisce nell'ombra come-”
Scempiaggini e basta, Szayel...”
Aporro sorrise alle parole di Ulquiorra, aggiungendoci con più pacatezza la parte finale del suo discorso “Un po' come Batman... non trovi anche tu?”
Stranamente, non si scompose più di tanto per la secca interruzione del contabile ma anzi, ne trasse profondo piacere nel fare quelle insinuazioni aggiungendoci pure la metafora del supereroe che agisce con il favore delle tenebre per fare giustizia.
“Se hai finito con il darmi noia, sarebbe il caso di rispondere a quel tuo cellulare”
con sommo disprezzo dello scienziato – che ben tradì il nervoso con una smorfia di puro odio – il cellulare dentro il taschino del gilè si era messo a suonare nuovamente con la solita musichetta di rito.
Addirittura, qualcuno iniziò ad alzare la testa per l'ennesimo trillo caduto a vuoto, con tutta probabilità ormai annoiato di quella canzoncina roca e fastidiosa.
“Ehi Deejay, cambia disco!” consigliò qualcuno da stare in fondo al vagone e non in vista per sommo dispiacere di Aporro.
Se avesse avuto sotto il suo furente sguardo il ragazzino che aveva consigliato di cambiare suoneria, gli avrebbe sicuramente iniettato del cortisone negli occhi.
Niente invece, si ritrovò a sbuffare annoiato e a riporre l'oggetto nella sua tasca nascosta – non lo spegneva perchè se telefonava l'ufficio di Aizen sama era finito – e a indirizzare uno sguardo su Shiffer che ora era tornato a non guardare nessuno esattamente come prima.
Peccato di non essere riuscito a estrapolargli qualcosa di più, perchè gli sarebbe piaciuto davvero tanto fare una analisi del soggetto e vedere se si tradiva in qualche modo.

Non ci avrebbe mai sperato, ma la tanto opportunità di osservarlo meglio ci fu eccome.
Subito dopo aver riposto il noioso cellulare argentato nel taschino foderato di seta, ci furono un paio di grida attutite provenienti in volo dal vagone successivo a dove si trovavano entrambi.
Szayel inarcò un sopracciglio per tutto quel fastidioso chiasso, mentre Ulquiorra si limitò ad indirizzare le proprie iridi smeraldine verso la fonte del suono. Alcuni rumori strani – forse di tafferugli tra donne – si erano sentiti già prima che lo scienziato spintonasse il pallido collega. Ma ora i rumori erano decisamente molesti.
Tanto da attirare svariate teste di passeggeri dallo sguardo vacuo fino a quel momento, ora attenti ad osservare l'anonima porta di collegamento tra un vagone e l'altro.
“Santo cielo – brontolò un Grantz passandosi una mano tra i capelli delicati – ma che diavolo hanno da urlare? La parola civiltà non la conoscono?”
prendere la metropolitana era snervante. La gente era oltremodo maleducata e poco conscia di sapere che cos'è l'igiene personale. E poi questo, schiamazzi ad oltranza.
In definitiva, Aporro si stava seriamente pentendo di aver preso quel mezzo di spostamento che gli stava dando una grandissima noia.
Solo la presenza di Ulquiorra salvava dalla situazione, in tutti i sensi possibili.
Perchè poco dopo la domanda del giovane dottore seccato, qualcuno ebbe la magnanimità di rispondere al suo quesito. Rendendo piuttosto interessante la situazione.
“No, ecco – un tizio che si trovava vicino alla porta si voltò verso Szayel, dandogli risposta – pare che una donna stia per partorire e nessuno sappia cosa fare...”
“Uff... Ma tu guarda che situazione noiosa – roteò gli occhi seccato anche da quell'inconveniente che sapeva di grottesco, accorgendosi però solo all'ultimo che il collega al suo fianco non c'era più – eh? Ulquiorra ma dove vai?”
dire che fu un fulmine fu davvero poco, perchè tosto il collega contabile – senza minimamente tradire alcuna emozione sul volto pallido e indifferente – si affrettò a guadagnare la porta di collegamento facendosi strada in modo fluido tra la calca di gente.
Seguito a breve da un Grantz velatamente interessato a quella sua reazione strana – dire che gli era spuntato un sorrisetto soddisfatto alla vista della fuga di Schiffer era poco – varcarono quasi spalla a spalla una porta arrugginita solo per andare incontro ad un vagone ove le urla femminili di una donna in evidente stato di travaglio, si perdevano con la calca di gente simile ad un impenetrabile muro che separava i due dalla scena grottesca in atto.
A Szayel pizzicarono le narici, per quello che era l'inequivocabile odore di liquido amniotico e sangue.
“E allora dottore – fece improvvisamente lui ma con fare serio e non più mellifluo – adesso che si fa?!”
l'esperto qui a quanto pare era lo stesso Ulquiorra in persona – e ormai quelle che circolavano su di lui non erano affatto dicerie – che non stette li poi ad indugiare più di tanto, facendosi ancora largo tra la folla fino ad arrivare ad un gruppetto di tre donne di cui una, seduta su di una panca, era in evidente travaglio.
Le due – di origine ispanica a quanto pare – tentavano di consolare la più giovane asciugandole la fronte colma di sudore con dei fazzoletti, scostandole anche i capelli neri come l'ebano per darle più respiro mentre questa ormai allo stremo si limitava a pregare e a urlare – a tratti – nel tentativo di spingere via quel figlio che non ne voleva sapere di andarsene dall'utero materno.
Arrivato infine davanti alle due donne più anziane, Ulquiorra si destreggiò in un amabile spagnolo per farsi spiegare dalle due il punto della situazione.
Altra cosa che sorprese lo scienziato, fu di scoprire che il collega conoscesse lo spagnolo. Lo osservò con una punta di interesse massaggiandosi il mento nel vedere come, oltretutto, riuscisse a comunicare con calma con le due donne disperate, per poi attingere dalla propria ventiquattro ore delle salviettine umide che mai come in quel momento potevano essere utili.
Prima di usarle però, si tolse la giacca e si sollevò accuratamente le maniche della candida camicia, in gesti precisi e calcolati, di chi ben sapeva cosa fare.
“Tieni – disse infine, lanciando il pacco delle salviette a Szayel prima di chinarsi in ginocchio dinnanzi alla partoriente – evitiamo che questa spazzatura che ci circonda causi altri danni...”
“Uhm... non sapevo che conoscessi lo spagnolo” borbottò lo scienziato nel mentre che si sollevava anch'egli le maniche della camicia prima di usare le preziose salviette igieniche.
“Infatti non è spagnolo – replicò uno Schiffer ora con le mani in mezzo alle gambe di una donna quasi spaventata dall'avvento di un pallido omino – è portoghese, queste donne parlano-”
“Ok, ok... – sbuffò spazientito e di rimando, un Aporro che si apprestò ad andare vicino ad un improvvisato ginecologo – vediamo di far nascere questo bambino. Ne ho piene le scatole di tutte queste urla”
La ragazza – Aporro le avrebbe dato si e no sulla ventina d'anni e non era affatto di sgradevole aspetto – ebbe quasi l'impulso di chiudere di scatto le gambe alle dita del dottore che si infilarono dentro di lei, confortata però giusto in tempo dalle parenti che le spiegarono la situazione. Trovandosi per questo a deglutire confusa, guardando attentamente i due uomini. Obbedendo al dottore chino dinnanzi a lei.
Vou fazer-lhe um pouco mal. A criança não foi filmado bem”
le parole uscirono fluide dalla bocca di un uomo dal sorprendente sguardo freddo, togliendole ogni voglia di polemizzare limitandosi ad annuire frettolosamente.
Szayel già se lo immaginava, sarebbe stato un viaggio ancor più infernale del previsto.

[…]

“Ah... Ulquiorra, aspetta!”
allungando il passo sullo stradello piastrellato di finta pietra antica, Szayel Aporro Grantz si apprestò a raggiungere il silenzioso collega ormai prossimo ad entrare per la porta a vetro scorrevole che portava a Las Noches. Era una mattina come tante si potrebbe bellamente aggiungere – con svariato via vai di dipendenti e altre persone dalla struttura – eppure c'era innegabilmente qualcosa di diverso.
A sentirsi nominare da quella voce suadente, ad Ulquiorra partì l'istinto – poi soppresso per motivi di educazione – di allungare il passo ed entrare nella struttura farmaceutica in modo da non doversi fermare a parlare con lui.
Invece rimase fermo dov'era e si girò appena per osservare un collega di lavoro raggiungerlo smagliante e un poco malizioso.
“Grantz... Che cosa vuoi?”
laconico come sempre – quasi apatico per un occhio poco attento – il giovane uomo scrutò senza reale emozione lo scienziato appena sopraggiunto avvolto da un completo color prugna. Elegante vero, ma per il contabile era un indumento a dir poco eccentrico.
“A-ah... Non fare il finto tonto – fece Szayel aggiustandosi gli occhiali sul naso con uno sguardo quasi maligno in volto – dimentichi il nostro lavoro di squadra dell'altro ieri? Oppure hai forse la memoria corta, collega?”
“A che serve ricordarlo?” in quel mentre Schiffer si voltò verso l'entrata degli uffici a meno di tre metri da lui, quasi in procinto di riprendere la camminata.
“Beh, non saprei – Aporro iniziò a camminare lentamente di fianco al collega silenzioso, cercando di estrapolargli qualche emozione – abbiamo fatto nascere un bambino e tu sapevi cosa fare... Molto strano che un contabile sappia cosa fare!”
Concluse con una mezza risata divertita, al ricordo di due giorni fa e della ragazza in travaglio dentro a quel sudicio vagone.
In realtà, strafottenza a parte, doveva ammettere che era stata una esperienza per lui a dir poco inusuale.
Aveva certo profonda conoscenza del corpo umano, ma non possedeva la stessa esperienza sul campo di Ulquiorra nel mettere al mondo una creatura.
Non lo avrebbe ammesso davanti a nessuno ma nel momento esatto in cui avvolse il bambino allungatogli da Schiffer in una candida sciarpa – gentilmente offerta da una studentessa che aveva offerto il suo patetico aiuto – percepì chiaramente un brivido scendergli giù per la schiena.
Non era abituato a tenere in braccio un bambino – anzi, mai preso in braccio neanche uno – e tutto era successo così in fretta che nell'esatto momento in cui lo aveva accolto tra le braccia per permettere a Schiffer di tagliargli il cordone ombelicale, tutte le sue strafottenti certezze caddero giù e si sentì come perso – o inadeguato – per un gesto tra i più naturali al mondo.
Naturali per tutti meno che per lui.
Per tal motivo si affrettò a dare il marmocchio sporco di sangue ad una madre esausta ma al contempo felice, decidendo di togliersi dai piedi il prima possibile imitato senza manco farlo apposta da un Ulquiorra impassibile.
Questo comunque, non trapelò affatto nello sguardo arrogante dello scienziato, ben scrutato da un contabile che sapeva il fatto suo.
“Hm... non potrei dire la stessa cosa di te”
una battuta sibillina che in un primo momento Szayel affatto capì, buttandola brevemente sul ridere. Continuando a rigirare il coltello nella piaga
“Sono sorpreso che tu abbia deciso di cambiare mestiere, tutto qui. Anche perchè hai dimostrato di avere i nervi saldi anche in situazioni simili... Dovevi essere il più bravo nel tuo corso, dico bene?”
“Io sono il più bravo, Szayel. A differenza tua che non sai mantenere un briciolo di sangue freddo”
Ok, ora stava iniziando ad esagerare. Una simile arroganza neppure lui riusciva ad accettarla seppur da un dottore degno di nota. Pertanto, lo sguardo di Aporro si assottigliò colmo di nervosi poco trattenuta, cercando di scrutare al meglio l'impassibile maschera di un compagno di squadra poco incline a tale squadra.
“Sai... Credo di non capirti affa-”
“Che cosa hai provato a prenderlo in braccio?”
Silenzio.
Gli occhi ambrati dell'interpellato si sgranarono in un misto di shock e ira pronta ad esplodere, nell'incontrare le iridi di un freddo verde assassino di Ulquiorra che, non ricevendo la risposta che voleva – e fin troppo semplice da rispondere per lui – abbassò le palpebre per contenere pazienza e rispondergli in modo flemmatico.
“Te lo dico io, hai provato umanità. Ne sei consapevole di questo?”
Evidentemente lo scienziato non aveva prestato attenzione all'attento sguardo del ginecologo, che si era posato brevemente su di lui nell'atto di preparare il bambino per darlo finalmente alla madre. La determinazione e l'arroganza che avevano contraddistinto il Grantz durante tutta l'operazione, andò brevemente a puttane quando i suoi occhi si scontrarono con quelli grandi e dilatati del neonato.
Una mera frazione di secondo che non sfuggì ad un Ulquiorra ben attento. Ed era un momento che lo stesso giovane uomo bollava come “debolezza” in tutti i sensi.
Il silenzio è il suono più forte... Szayel”
Gli seccava dargli in qualche modo ragione, perchè era assolutamente sicuro che il suo prolungato silenzio non era una risposta alla sfacciata mezza domanda del contabile.

Senhores... senhores! Posso disturbarvi...?!”
il clima di palpabile tensione tra i due dottori, che si scrutavano attentamente negli occhi come due predatori che si studiavano l'un l'altro, venne improvvisamente interrotto da una tremolante voce di donna ormai prossima ad avvicinarsi a loro.
Come colti dalla sorpresa, entrambi gli uomini ebbero come una sorta di rimembranza nel sentire quella timida voce di donna che ad ogni lento passo si apprestava a raggiungere i due uomini pronti, forse, a percuotersi con le rispettive valigette.
Quando poi Szayel Aporro e Ulquiorra si voltarono finalmente sulla figura che stava percorrendo il vialetto semi trafficato per andare loro vicino, si ricordarono di chi fosse quella minuta figura.
Era la donna che due giorni fa non era riuscita ad aspettare la fermata della metro per partorire. Era quella, che senza l'aiuto dei due uomini avrebbe visto la propria situazione aggravarsi maggiormente.
In principio non l'avevano riconosciuta subito. Sul vagone aveva un aspetto decisamente disastrato, mentre ora decisamente più in forma e con in braccio – avvolto da un candido lenzuolino – la sua creatura tranquillamente persa nel mondo dei sogni.
“Ah, tu sei...”
“... La ragazza dell'altra volta” concluse lo scienziato al posto del lento contabile.
Passandosi una mano tra i capelli e studiando attentamente la ragazza dalla pelle ambrata che sorrideva loro timidamente.
“Si ecco... Qualcuno nel treno vi ha riconosciuto – indirizzò gli occhi neri verso un Aporro decisamente più famoso in città di un collega poco chiacchierone – e mi è stato detto dove lavoravate e... Io... Desculpa me! Volevo solo ringraziarvi per avermi aiutato”
ci fu un proverbiale silenzio alle parole di una neo mamma che non sapeva se mettersi a ridere dalla gioia oppure scappare via per aver fatto una brutta figura con gente piuttosto importante nella città in cui era appena giunta.
Quello di nome Szayel Aporro Grantz la scrutava attentamente e dall'alto in basso, mentre il dottore che l'aveva assistita con maggiore intensità si limitò ad un impercettibile segno di “si” con la testa.
Non sarei qui ad abbracciare il mio criança se non fosse stato per voi due. V-vorrei ringraziarvi se possibile...”
era una situazione un po' imbarazzante e pareva che i due uomini non avessero minimamente compreso cosa lei – la giovane donna senza nome – volesse dire con il ringraziarli.
Tuttavia ci arrivò per primo Ulquiorra – forse perchè più abituato a simili manifestazioni dato il suo precedente lavoro, a detta di una facile conclusione di Aporro – che come mosso da empatia aprì lievemente la braccia per accogliere il timido abbraccio della neo mamma, che con pargolo tenuto su con un solo braccio impiegò l'altro per cingere l'esile schiena del contabile.
Dopo un rapido bacio a fior di guancia ad un impassibile Schiffer – che ancora una volta si limitò ad annuirle in silenzio – toccò alla volta di Szayel stesso.
Al dottore quasi venne un colpo nel vedersi la ragazza davanti che – in poche frazioni di secondo – lo aveva abbracciato nell'esatto modo in cui aveva abbracciato Ulquiorra.
Un insolito tocco che lo portò in principio ad irrigidirsi per quei due corpi che premevano contro il suo – come un vago timore istintivo che quel bambolotto di carne potesse in qualche modo rompersi per il troppo stringersi addosso – che tuttavia ricambiò con una lieve goffaggine dando piccole pacche consolatorie alla schiena della giovane.
Quando infine, per sommo sollievo di Szayel, la neo mamma lo liberò per salutarli un'ultima volta andando infine a ricongiungersi alle due donne – con tutte probabilità le stesse dell'altra volta – che l'aspettavano vicino alla strada, lo scienziato deglutì appena posando un breve sguardo su un contabile che segnava un impercettibile sorriso agli angoli della bocca.
Seppur impercettibile e seppur ben nascosto, lo scienziato se ne accorse eccome sorridendo quasi maligno nel vedere la sua di debolezza.
“Ma cosa vedo mai... ? Dell'umanità sul volto di Schiffer? Oppure era una contrazione nervosa?!”
il cambiamento repentino del pallido uomo ci fu eccome, e il lieve sorriso scomparve del tutto tornando a fare spazio ad una espressione quanto meno seria.
“Scempiaggini” decretò infine quello, decidendosi finalmente di avviarsi al lavoro.
“Non mi hai ancora detto perchè hai abbandonato il tuo vecchio mestiere, caro Ulquiorra. O devo dedurre che questa è una rimembranza dolorosa per te? Eppure su quella donna hai dato il massimo...”
avrebbe volentieri voluto vedere una qualche espressione risentita sul volto impassibile del caro collega, giusto per vendicarsi di prima. Aveva osato metterlo in difficoltà e la cosa decisamente lo indisponeva.
Szayel odiava sentirsi a disagio in qualunque situazione. Ed era quella che lui definiva una grandissima debolezza.
Anche se il più delle volte, quel “disagio” era più riferibile ad una umanità quasi bandita dalla sua ragione di folle scienziato in ascesa, ed era un qualcosa che Ulquiorra conosceva dannatamente bene.
Più di quanto lo stesso Grantz potesse immaginare.
“Hai mai fatto tirocinio nel pronto soccorso d'urgenza?”
“Ma che domande! Certo che l'ho fatto! Ed è stata una situazione spiacevole sotto ogni punto di vista – Aporro rabbrividì un poco nel rimembrare il breve tirocinio fatto nell'ospedale della città, decisamente poco consono ad un uomo di scienza come lui – grandissima disorganizzazione e casi assurdi che di umano avevano ben poco e... Oh...” gli occhi ambrati gli si spalancarono quasi avvolti dalla sorpresa, nel comprendere molto lentamente la risposta alla sibillina domanda di Ulquiorra.
Ti sei risposto da solo, Szayel”
era disdicevole per il capo supremo del reparto scientifico cadere in una gaffe del genere. A non riuscire lontanamente a capire le motivazioni che avevano spinto Schiffer a mollare tutto per dedicarsi a qualcosa che decimasse i rapporti umani quasi a zero.
La caduta precoce del contabile poco chiacchierone, era stata in una umanità che non era riuscito – al tempo che fu – a tenere a bada e a non farsi condizionare.
Szayel a quel punto poteva solo immaginare che cosa fosse passato sotto gli occhi di un giovanotto con magari tanti bei propositi per il futuro, fino a spingerlo a cambiare totalmente mestiere.
A Szayel Aporro le violenze gratuite sulle donne non piacevano neanche un po'. Non erano nel suo stile onestamente parlando, e le bollava come comportamenti tipici di individui rozzi che non hanno una minima idea di come prendere l'universo femminile e comunicarci.
Per Szayel, la violenza era accettabile solo se vi era voluta complicità da parte della compagna – e per istinto il suo pensiero andò ad una Cirucci Tunderwitch attualmente a casa sua – lasciando perdere tutti gli altri scenari possibili squallidi e degradanti.
Lentamente quindi, capì ciò che il silenzioso contabile aveva sempre – sino all'ultimo momento – evitato di esternare, dandosi mentalmente dell'idiota per non esserci arrivato prima. Per non aver compreso quei suoi silenzi più forti di qualsiasi altro rumore.
Umanità infine, che uccide sul nascere ogni buon proposito e che per alcuni individui è bene abbandonare se si vuole lavorare egregiamente. Pena un fallimento epico come quello di Ulquiorra.
E Szayel di certo come lui non voleva finirci, con lo spettro di una professione abbandonata tra mille rimpianti e disgusti vari, arrivando sempre a rimpiangerla magari in modo sottile e malinconia.
Pertanto, mormorò un rammaricato “capisco” ad un collega che non aveva più nulla da aggiungere, decidendosi infine di seguirlo fin dentro le porte scorrevoli di vetro blindato e finalmente dedicarsi al suo lavoro inumano.

   
 
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