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Autore: Ruri    26/02/2011    2 recensioni
Non c'è poi tanta differenza fra i vicoli malfamati di una città e gli spazi oscuri dell'Inferno: entrambi i luoghi possono ardere di fiamma imperitura. L'unica cosa realmente diversa sono le stelle: nel cielo del Meikai sono solo centootto, che brillano di una luce malefica e crudele. Questa è la storia di uno di loro e delle fiamme che porta con sé.
{Spectre-Centric; Nuovo Personaggio}
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V

 

 

Il giovane cadde in ginocchio. Il dolore causato dall’impatto con il pavimento gli avrebbe, poche ore prima, strappato almeno una smorfia. Ora invece scompariva senza essere neanche realmente avvertito, completamente surclassato da un dolore molto più grande.

Soheil represse un gemito mentre una mano gli afferrava i capelli, strattonandogli indietro la testa con un gesto secco. Si ritrovò a fissare il soffitto con l’unico occhio che ancora poteva vedere qualcosa accecato da una luce bianca e fastidiosa. Attorno a lui non c’erano che ombre incombenti.

“Fra poco ti metterai a piangere ragazzo?” ghignò una.

“Cane, assaggia la punizione per la tua strafottenza ora!”

Majid.

Lo riconobbe dalla voce. Erano i suoi pugni ad averlo accolto in quella stanza, riducendolo in quel modo. Soheil sorrise, con le labbra spaccate e i denti sporchi di sangue.

E gli sputò in faccia un grumo di sangue e saliva.

“Piccolo figlio di puttana.”

Il sorriso di Soheil scomparve sostituito da una smorfia di dolore mentre il pugno gli affondava nello stomaco. Non fece in tempo ad assimilarlo che qualcosa lo colpiva al volto, scagliandolo riverso sul pavimento a sputare sangue e un molare.

“Quando avremo finito con te, Soheil, la perdita della mano destra non ti sembrerà più qualcosa di così tremendo. Anzi, l’affronterai con gioia. E ti assicuro che sarà la cosa meno dolorosa che ti capiterà fra queste mura.”

Il ragazzo non aveva il minimo dubbio al riguardo.

 

Non si può dire stesse realmente camminando: veniva piuttosto trasportato con malagrazia da due guardie, strascicando i piedi sul pavimento lurido della prigione.

Anche ci fosse stato qualcosa d’interessante da vedere, e non c’era, Soheil difficilmente sarebbe riuscito a vederla e soprattutto a ricordarla; era fin troppo impegnato a stabilire se fosse presente in tutto il suo corpo almeno un centimetro di pelle che non ululasse dal dolore.

Voleva scappare. Uscire di lì il prima possibile.

Alzò appena la testa mentre una combinazione di odori raccapriccianti gli arrivava al naso tumefatto: un tanfo che sapeva di disperazione e di paura.

L’odore metallico del sangue che sentiva anche in bocca, escrementi, sudore, aria rimescolata in decine di polmoni diversi ma sempre quella: schifosa e stantia.

Mugolò qualcosa mentre le guardie lo trasportavano, completamente privo di forze. 

Non voglio non voglio non voglio. Piuttosto ammazzatemi ma non rinchiudetemi bastardi. No. Non la gabbia. Non la gabbia! No!

“Sta buono se non ne vuoi ancora, cane.”

Soheil si agitava invano. Anche nel pieno delle sue forze difficilmente sarebbe riuscito a liberarsi dalla presa di quei due energumeni. E malgrado sapesse di non poter fuggire, continuava a dimenarsi incurante del dolore. Non era in una gabbia di ferro, non ancora, ma la gabbia di carne che lo tratteneva non era poi molto diversa: lo disgustava.

“Sta’ fermo!” 

Uno dei due gli afferrò il braccio destro, torcendoglielo dietro la schiena fino a lussargli la spalla. Soheil gridò e cominciò a singhiozzare, senza riuscire a fermare le lacrime.

Vi ammazzo vi ammazzo vi ammazzerò tutti quanti. Tutti!

La guardia sogghignò divertita e cominciò ad armeggiare con un mazzo di chiavi. La porta si aprì con un cigolio sinistro e Soheil si ritrovò gettato nel buio, con la spalla ridotta ad un piccolo sole pulsante di dolore.

“Buona permanenza, ragazzino.”

La porta si chiuse con un tonfo e Soheil rimase a fissare il buio con gli occhi sgranati, cercando almeno una fonte di luce. Anche una sola.

Risate si allontanavano alle sue spalle e dopo circa dieci minuti era totalmente solo. Solo e in gabbia.

Cominciò ad urlare.

 

Appoggiò la fronte contro il freddo metallo della porta, cercando di riprendere fiato. Rantolò portandosi una mano alla gola, sentendosi nuovamente i polmoni andare in fiamme.

Aveva continuato a gridare fino a ridursi la voce ad un roco bisbiglio, graffiando senza alcun risultato la parete metallica tanto da riuscire a strapparsi le unghie. E alla fine non gli era rimasta né la voce né la forza per fare qualcosa di diverso dal rimanere immobile ad ascoltare il proprio cuore battere in maniera irregolare.

Tu-tum Tu-Tum Tu-Tum… Tu-tum.

Soheil si rannicchiò contro la porta, rassegnato. 

Chiudere gli occhi era solo un inutile palliativo, percepiva chiaramente le mura che si stringevano addosso a lui, incombenti. Il tanfo del sudore si univa a quello del sangue e del vomito, anche se non riusciva a ricordare esattamente quando aveva vomitato.

Sofferenza e paura si mescolavano nel suo animo senza che Soheil potesse in alcun modo controllarle. 

Chiuse gli occhi, pronto ad abbandonarsi ad un sonno forzato che non gli avrebbe dato alcun ristoro. 

Impazzirò.

Fu l’ultimo pensiero cosciente che ebbe.

Salvami, demonio. Salvami.


 

Welcome to Hell

 

***

 

Le cose cominciano a farsi pesanti, me ne rendo conto. Resistete! Soheil resiste! *C*

 

Meiou Hades: Ma figurati se mi offendo, anzi XD una critica non può che far bene. L'azione continuerà ad esserci e il risveglio si fa ad ogni passetto più vicino, non temere! Spero che questo capitolo tu lo gradisca di più, poi se ti va d'indicarmi esattamente in cosa ti ha lasciato freddo il precedente io son solo che contenta ^_^ Buona lettura! Spero :P


   
 
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