Bene bene, salve a tutti!
:)
Sono qui con la mia prima storia su Tokyo MewMew!
Inizio col dire che RyoxIchigo è il mio pairing preferito (seguito
subito dopo
da KisshuxIchigo), ma purtroppo l’ameba Aoyama è sempre in mezzo alle
scatole
XD Sarà mio sommo diletto eliminarlo il prima possibile XD Ah, tra
l’altro lui
e Ichi stanno già insieme, giusto per dare un quadro generale della
situazione!
Insomma, tutto questo per dire che la storia sarà ovviamente incentrata
sulle
MewMew, ma soprattutto sulla relazione che lega Ryo e Ichigo.
Ho messo negli avvisi anche Yuri – chiedo scusa in anticipo se a
qualcuno dà
fastidio -, ma non svelo nulla sulla coppia che prenderà quella
direzione :) Ma
se avete qualche idea, ben lieta di ascoltare le vostre supposizioni XD
Dunque, passando alla trama della storia.
Le MewMew si sono riunite da circa un mese, diciamo che gli eventi
hanno
seguito più o meno il corso di quelli del manga fino al momento del
completamento della squarda. L’unica cosa un po’ diversa, comunque, è
il motivo
della trasformazione delle cinque ragazzette in MewMew.
Nel manga all’inizio Ryo dice che è stato solo un errore, tutto causato
da un
terremoto, ma qualche volume dopo si smentisce dicendo che – sapendo di
dover
usare il dna dei Red Data Animal su delle ragazze – aveva provato
l’esperimento
prima su di lui. Insomma, una contraddizione bella e buona XD Quindi
suppongo
che ignorerò quest’errore e farò finta che Ryo abbia mentito ad Ichigo
la prima
volta, così, tanto per dare una spiegazione XD
Bene, spero di aver detto tutto!
Grazie per il tempo che perdete su questa pagina e spero che la storia
vi
piaccia :) Aggiornerò circa una volta a settimana!
Buona lettura e, se vi capita, fatemi sapere cosa ne pensate!
Tonna ;)
BY
THE WAY
1.
Ordinary
Day
“Ribbon
Strawberry Check!”
MewIchigo indirizzò la propria arma contro il chimero, che
fu spazzato
via da un raggio di luce accecante. Il gattino posseduto dall’alieno
cadde a
terra privo di sensi, e il piccolo esserino volante fluttuò lontano
dalle
MewMew, ma fu subito ripescato prontamente da Masha e inglobato.
“Anche stavolta ce l’abbiamo fatta” sospirò MewMinto passandosi il
dorso della
mano sulla fronte, e riassumendo le proprie sembianze.
Ichigo sbuffò, tornando anche lei alla normalità. “Ma se tu non hai
fatto
niente” bofonchiò rivolta all’amica, ma dandole le spalle.
Purin, Retasu e Zakuro non poterono fare a meno di ridere sotto i
baffi,
rendendosi conto che era in arrivo un’altra sfuriata da parte della
mora.
“Come sarebbe a dire che non ho fatto niente?!” esclamò irritata,
avvicinandosi
a Ichigo e piazzandosi davanti a lei. “Ho fatto molto più di quanto
abbiate
fatto voi!”
“Ma smettila!” Ichigo scosse la testa e si avvicinò alle altre ragazze,
che
fissavano la scena divertite.
Inizialmente quelle liti erano motivo di preoccupazione – tutti
sapevano che
Minto e Ichigo avevano due caratteri impulsivi – perché la paura che, a
causa
dei continui discorsi, una delle due potesse lasciare la squadra era
molto, ma
alla fine avevano capito che una cosa del genere non sarebbe mai
successa.
Esaminando bene la questione, in effetti, probabilmente l’amicizia che
legava
Minto e Ichigo era più forte del rapporto che le legava con le altre.
“Basta litigare, ragazze, dobbiamo tornare al Caffè” cercò di calmarle
Retasu,
mettendosi in mezzo.
“Retasu ha ragione, fatela finita” Purin si stiracchiò, riassumendo il
suo
aspetto umano.
“Non sembra anche a voi che ultimamente gli attacchi siano aumentati?”
chiese
poi, mentre anche le amiche tornavano umane.
“In effetti è vero” rispose Zakuro incrociando le braccia, mentre tutti
e
cinque si incamminavano verso il locale.
“E’ vero, contando il chimero di oggi nell’ultimo mese ne abbiamo
affrontati
tredici. Nove solo negli ultimi quindici giorni”
“Hai tenuto il conto, Retasu?” Ichigo scoppiò a ridere, seguita da
Purin. La
verdina arrossì leggermente, facendo spallucce.
“E’ solo che mi è capitato di pensarci ieri… Ultimamente gli alieni ci
mandano
sempre chimeri, ma non si fanno mai vedere in prima persona. Non ne
capisco il
motivo”
Zakuro e Minto annuirono, asserendo che anche loro ci avevano pensato.
“Probabilmente stanno architettando qualcosa” azzardò Purin, scrollando
le
spalle. Si stava chiedendo quando avrebbe rivisto Taruto, quel piccolo
alieni che
lei trovava tanto simpatico.
“Questa cosa non mi piace” borbottò Ichigo, calciando un sassolino. “E’
già
stato difficile affrontarli in passato, non vorrei che stiano
acquisendo più
energia… Non mi sento tranquilla”
“Ragazze” Zakuro si intromise, attirando la loro attenzione. “Anche se
gli
alieni stanno preparando chissà quale piano, non possiamo fare niente.
L’unica
cosa da fare è continuare ad affrontare i chimeri e aspettare una mossa
dei
nemici, preparate a tutto”
Tutte annuirono, silenziosamente, e ripresero a camminare verso il
caffè,
ognuna con un pensiero tutto suo nella testa.
*
“Dov’è Ichigo?” chiese
Keiichiro uscendo dalla cucina.
Teneva in mano un canovaccio con cui si stava pulendo le mani, sporche
di
farina.
“E’ andata via di corsa, a quanto pare Aoyama l’ha chiamata di nuovo”
“Ma stanno davvero insieme quei due?” chiese Minto passando lo straccio
sull’ultimo tavolo da pulire.
Il locale aveva chiuso da dieci minuti e le ragazze avevano iniziato a
fare
ordine. Era stata una giornata tranquilla, se non si contava l’attacco
degli
alieni nel primo pomeriggio. Ma cose come quella erano diventate
all’ordine del
giorno, quindi ormai non ci facevano quasi più caso. Effettivamente in
un mese
avevano combattuto davvero tanto, ma gli alieni si erano fatti vedere
si e no
quattro o cinque volte. Era una cosa strana. Ichigo aveva raccontato
che
durante le prime battaglie, Kisshu era sempre stato presente, e poi
quando
tutte si erano riunite erano comparsi anche Pai e Taruto. Non sapevano
molto di
loro, avendoli visti così poco spesso, ma avevano avuto l’impressione
che Pai
fosse il più spietato tra i tre. Taruto non faceva altro che offendere
Ichigo,
chiamandola vecchiaccia o befana, quindi non sembrava così pericoloso.
Ma lo
sguardo di disprezzo che aveva lanciato loro Pai la prima volta che le
aveva
viste, le aveva quasi paralizzate.
In quel momento si erano rese conto che dopotutto, anche gli alieni non
avevano
tutti i torti a combattere quella battaglia. Cercavano solo di
ritornare sul
loro pianeta, e fin qui andava bene. La cosa che non potevano tollerare
era la
distruzione della razza umana, e il loro compito era di difenderla.
“Ichigo ha detto di sì” rispose Retasu, spazzando per terra con la
scopa.
Zakuro finì di poggiare le sedie sui tavolini che Minto e Purin avevano
già
pulito, e si voltò verso Kei.
“Le abbiamo detto noi di andare, dopotutto per pulire bastiamo noi
quattro”
disse, incrociando le braccia.
“Veramente io non ero d’accordo” borbottò Minto avvicinandosi alla
mora. Zakuro
ridacchiò, dandole una pacca sulla testa.
“Poteva almeno salutare” nella stanza entrò Ryo, un asciugamano in
testa e
goccioline d’acqua sulla fronte. Si strofinò i capelli bagnati e poi se
lo
poggiò in spalla, guardando le ragazze.
“C’è una cosa che dobbiamo farvi vedere, venite” si diresse in cucina e
Kei lo
seguì con lo sguardo, sapendo di cosa stava parlando. Ma perché usare
quel tono
così perentorio?
“Uff, basta con queste notizie sui nemici, non facciamo altro che
combattere!”
sbottò Purin incrociando le braccia dietro la testa. Tutte seguirono
Ryo nella
cucina e si meravigliarono nel non trovare nessuna pila di fogli con
informazioni, ma una semplice torta alle fragole – probabilmente
preparata
precedentemente da Kei.
“Niente discorsi seri oggi” disse Ryo indicando il tavolo con il dolce.
“Oggi
ci si rilassa, è da tanto che non avete un minuto libero”
Le ragazze sorrisero e si sedettero con Kei e Ryo a mangiare la torta.
Poche
volte avevano visto il biondo così tranquillo. Che avesse qualcosa in
mente?
“Peccato che Ichigo non sia qui con noi…” mormorò Retasu bevendo una
tazza di
the caldo, aggiungendo anche un po’ di latte.
“Ha il suo Aoyama” rispose Minto inforchettando un pezzetto di torta.
“E’
proprio cotta, quella. Non capisco come fa, quel ragazzo è così noioso”
scrollò
le spalle, voltandosi a guardare le altre.
“Io lo trovo simpatico” disse semplicemente Purin.
“Ma se l’hai visto solo una volta!”
“Mi è simpatico perché rende felice Ichigo, tanto basta” concluse
saggiamente
la biondina, sorseggiando il the. “Ora ragazzi scusatemi, ma i miei
fratellini
mi stanno aspettando a casa. La babysitter fra poco andrà via, e papà è
di
nuovo sulle montagne…”
“Certo, tranquilla Purin, vai pure” sorrise Kei, alzandosi. Aprì il
frigorifero
e tirò fuori un piccolo vassoio con dei pasticcini. Li incartò e li
diede alla
piccola, sorridendo cordiale. “Portali a casa, dalli ai tuoi fratellini”
Purin sorrise, prendendo la busta e ringraziandolo infinitamente. Poi
salutò
gli altri e uscì dal locale, saltellando.
“Temo di dover andare anche io” Zakuro si alzò, guardando gli altri
seduti al
tavolo.
“Ci vediamo domani, ok?”
Ryo annuì. “Buonanotte Zakuro”
La mora salutò con un cenno della mano e uscì. La sua freddezza era
nota a
molti, ma ormai le sue compagne e i due ideatori del progetto Mew ci
avevano
fatto l’abitudine. La famosa Zakuro Fujiwara era sempre stata un tipo
piuttosto
solitario, ma da quando i geni del lupo grigio erano entrati in lei,
quella
condizione era diventata ancora più evidente. A volte poteva risultare
fastidioso – come quando ci avevano messo giorni interi, per convincerla ad entrare a
far parte della
squadra -, altre volte invece si era rivelato estremamente utile.
Dopotutto il
suo sangue freddo nelle battaglie era una delle cose che alla fine
garantivano
la vittoria, oltre al lavoro di squadra.
“Andiamo anche noi, Minto?” chiese Retasu, guardando la mora che era
rimasta a
fissare la porta da cui la loro compagna era uscita. Sembrò
risvegliarsi da una
sorta di trance e si voltò verso di lei, annuendo.
“Certo” accennò un saluto verso Kei e Ryo e si stiracchiò, alzandosi.
“Notte ragazzi” sorrise Retasu, più rivolta a Ryo che a Kei. Dopotutto
la sua
cotta per il biondino non era una novità, se ne erano accorti
praticamente
tutti al locale. Soprattutto da quando, un giorno, Retasu era
inciampata, Ryo l’aveva
afferrata per i fianchi per non farla cadere a terra e lei, imbarazzata
all’inverosimile,
gli aveva fatto cadere una pila di quattro piatti su un piede.
Da quel giorno Ryo aveva smesso di salvarla – per il bene del suo piede
- , ma
aveva anche capito qualcosa in più della piccola Retasu.
Le due uscirono dal
locale e Kei chiuse
a chiave, infilandosela poi in tasca.
“Vai a letto?” domandò Ryo vedendolo salire le scale. Il moro si fermò
e si
girò verso di lui, inarcando un sopracciglio.
“No, stavo pensando di andare a ballare in effetti” disse ironico,
facendo
scoppiare a ridere l’amico.
“No, intendevo” rise ancora, cristallino, “Hai finito quelle ricerche
che avevi
iniziato in laboratorio?”
“Sì” rispose l’altro, tornando indietro. “Niente di fatto. E’ chiaro
come il
sole che comunque gli alieni stanno architettando qualcosa, e il fatto
che per
sapere di cosa si tratta dobbiamo aspettare una loro mossa, mi mette
agitazione. Non ho chiuso occhio queste notti”
“Sai Kei…” Ryo si alzò dalla sedia, avvicinandosi. “Ho come
l’impressione che
le ragazze non siano consapevoli della pericolosità di questo periodo
‘tranquillo’.
Loro lo considerano normale solo perché combattono quasi ogni giorno,
ma non
penso abbiano fatto caso a quello che significa veramente”
“Non sono stupide, Ryo” lo ammonì Kei. “Secondo me ci hanno pensato
eccome. Ma
cosa fare? Parlarne non risolve nulla, secondo me lo sanno ma se lo
tengono per
loro. Hanno paura, fidati”
“E tu che ne sai?” domandò il biondo squadrandolo. Keiichiro sapeva
sempre
tutto, come diavolo faceva?
“Ormai penso di conoscerle un po’. L’unica che mi preoccupa veramente è
I-”
“MIAAAAAAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO” si voltarono di scatto entrambi,
spaventati.
Sentirono quel miagolare impazzito fuori dalla porta di ingresso, e Kei
si
avvicinò e l’aprì di nuovo, tirando fuori la chiave dalla tasca dei
pantaloni.
Una gattina nera entrò di corsa, un fiocco rosso che spiccava al collo
e la
bocca spalancata in miagolii di disperazione.
“Ichigo?” chiese Ryo prendendola in braccio, mentre la gattina si
agitava. “Sei
diventata di nuovo un gattino?” rise, avvicinandosi per farla tornare.
Lei
spalancò gli occhi e con un “MYAAAAA” lo graffiò sul naso, saltando giù
e
correndo verso Kei. Gli saltò in braccio e poggiò le proprie piccole
labbra su
quelle del ragazzo, che non aveva fatto in tempo a capire la situazione.
Ryo, imprecando per il dolore, vide davanti a sé quella gattina tornare
ad
essere la ragazza dai capelli rossi.
“RYOOOOOOOO!” si avvicinò a passo spedito verso di lui, afferrandolo
per il
colletto della maglia nera e cercando di sollevarlo – cosa difficile,
visto che
comunque era più alto di lei – e gli sbraitò in volto, ringhiando.
“Mi sono stancata di questa storiaaa! Ho dovuto piantare di nuovo in
asso
Masaya perché mi sono trasformata! Non ne posso piùùùùùù!” lo fissò con
occhi
carichi di rabbia, vedendo il graffio che gli aveva fatto poco prima
sul naso
diventare più rosso e visibile. Il biondo le afferrò le mani e se le
tolse di
dosso, sospirando.
“Mi dispiace che la salvezza del mondo sia più importante della tua
stupida
relazione” buttò lì fissandola in cagnesco. Non lo avevano infastidito
le sue
parole, Ichigo aveva ragione. Era solo colpa sua se si trovava in
quella situazione.
La cosa che gli aveva fatto saltare i nervi era che in ogni singolo
discorso della
rossa, ormai spiccava perennemente il nome di quel tizio
insignificante, e lui non
poteva sopportarlo.
“La mia storia con Masaya non è
stupida” sibilò lei, assottigliando gli occhi. “Mi sono stancata di
trasformarmi
in un gatto ogni volta che sono con lui, mi sono rotta di mentirgli e
di
scappare via senza una spiegazione!”
Kei rimase immobile sulla porta, ascoltando la discussione. Da una
parte capiva
la rabbia di Ichigo. Una ragazza avrebbe dovuto vivere la sua storia
d’amore in
santa pace, non avrebbe dovuto avere tanti segreti e problemi.
D’altra parte, però, riusciva a capire anche un po’ Ryo. Dopotutto se
solo
Ichigo avesse saputo la verità, avrebbe smesso di strillargli addosso
un
secondo sì e l’altro pure. Ma il biondo gli aveva espressamente vietato
di
farne parola con le ragazze, quindi non poteva far altro che restare a
guardare.
“Cosa vuoi da me, Ichigo?” chiese Ryo alzando la voce e facendo
sobbalzare la
ragazza. L’aveva visto in tutti i modi, preoccupato, indignato,
indifferente e
arrabbiato, ma non aveva mai alzato la voce con lei, né con le altre
ragazze.
“Cosa vuoi? Smettere di essere una MewMew? Fregartene dei tuoi poteri e
condurre la tua vita perfetta insieme a quel-”
“Si chiama Masaya” ringhiò lei, assottigliando di nuovo gli occhi. “Non
capisco
perché devi trattarlo così” gli disse, scuotendo la testa. Ryo sollevò
le
spalle.
“Non mi piace”
“Beh, ti dico un segreto, non deve piacere a te! Lui è il mio ragazzo, non il tuo!”
“Ok, allora ti rifaccio la stessa domanda” si calmò un attimo,
fissandola negli
occhi.
“Vuoi rinunciare alla tua missione? Ai tuoi poteri?”
Ichigo parve rifletterci un attimo. Provò a immaginare la propria vita
senza i
poteri, senza le sue amiche… No, di certo non voleva quello.
“No…”
“Ok, allora ti sei risposta da sola. Invece di perdete tempo, sconfiggi
gli
alieni. Vedrai che poi tornerai normale e sarai libera di vivere la tua
storia
come ti pare e piace” concluse, sospirando.
Ichigo lo fissò, sentendosi ferita da quelle parole. A quanto pare non
era
finito il periodo in cui quel ragazzo parlava alle persone come se
fossero armi
viventi. Si sentì triste. Perché Ryo faceva così solo con lei? Con le
altre era
uno zuccherino, le trattava bene e aveva mille riguardi. Verso di lei,
invece,
solo parole taglienti, sguardi freddi e occasionali dispetti.
“Perché mi hai scelto come leader delle MewMew se mi odi così tanto?”
mormorò,
gli occhi che si inumidivano.
Ryo rimase colpito da quelle parole.
“Chi ha mai detto che ti odio, scusa?” chiese alzando un sopracciglio.
Lei non
lo guardò, si limitò a fissare il pavimento con vago interesse.
“Non c’è stato bisogno di sentirmelo dire, me lo dimostri giorno”
singhiozzò,
alzando poi la testa di scatto. Ryo spalancò gli occhi rendendosi conto
che la
rossa aveva iniziato a piangere sul serio.
Kei, ancora immobile, decise di intervenire. Quella situazione stava
prendendo
una piega che non gli piaceva per niente, e Ryo non stava facendo nulla
per
cambiarla.
“Ichigo, aspetta…” si avvicinò ai due, che si voltarono a guardarlo.
Solo in quel momento parvero ricordarsi che insieme a loro c’era anche
il moro,
e Ichigo si asciugò le guance.
“Scu-scusami Kei… devo andare…” soffiò quasi senza fiato, superandolo
di scatto
e uscendo dal locale, la porta rimasta aperta.
Ryo restò con la bocca semiaperta, l’espressione sconcertata. Non
sapeva che le
sue parole avrebbero avuto un simile effetto su Ichigo. Eppure
litigavano
spesso, se ne dicevano di tutti i colori. Perché stavolta se l’era
presa tanto?
“Hai esagerato, sai?” disse Kei avvicinandosi. “Ichigo è permalosa, ma
anche
molto sensibile”
“Ma che ho detto!? Nulla di diverso dal solito, mi pare!” sbottò
l’altro
allargando le braccia, confuso.
Kei lo squadrò, poggiandosi una mano sulla fronte.
“Se non ci arrivi io non posso aiutarti. Ora vado a dormire. Tu
scusati” lo
superò e si avviò su per le scale, sparendo alla vista.
Ryo rimase qualche secondo immobile, poi si avvicinò al portone, lo
chiuse e si
voltò.
Tornò in camera sua.
Non aveva nulla di cui scusarsi. Aveva solo detto la verità, se Ichigo
avesse
sconfitto presto gli alieni sarebbe tornata normale. Perché doveva
scusarsi?
Si sdraiò a letto ancora vestito, e entro pochi secondi si addormentò.
Ryo Shirogane, quella notte, non dormì affatto bene.
*
“Oh, ciao!” Sakura
Momomiya spalancò la porta, facendo
spazio al ragazzo che si era appena presentato a casa loro.
“Come va? Tutto bene?” domandò cordiale la donna. Aveva visto quel
ragazzo
tante di quelle volte che ormai non era più imbarazzante parlare del
più e del
meno. Dopotutto conversare con il ragazzo di tua figlia, dopo un po’,
diventava
piuttosto facile.
“Tutto bene signora, la ringrazio. Ichigo è pronta? Sono passato a
prenderla”
rispose Aoyama sorridendo gioviale ed entrando in casa. Lei annuì,
indicando il
piano di sopra.
“Sta preparando la borsa, puoi raggiungerla se vuoi”
Masaya annuì e salì le scale silenziosamente per fare una sorpresa alla
sua
ragazza. Si affacciò alla porta della stanza e la trovò di spalle,
inginocchiata
davanti al comodino. Sembrava tenesse qualcosa nelle mani e che la
stesse
fissando attentamente.
Rimase a guardarla per un istante, poi si decise a bussare alla porta.
Ichigo si spaventò, cacciando un urletto si voltò di scatto e fu colta
da un
capogiro improvviso.
“Ichigo!” Masaya corse da lei e la sostenne, guardandola in viso. “Stai
bene?”
“Certo” ridacchiò lei nervosa, staccandosi e portandosi una mano al
cuore. “Mi
hai solo spaventato, da quanto sei qui?”
“Pochi secondi” ammise lui, guardando dietro di lei. “Cosa facevi
inginocchiata
davanti al comodino?”
Ichigo si sentì subito punta sul vivo e lo prese per le spalle,
conducendolo
verso la porta.
“Niente! Niente di niente, davvero! Su andiamo o faremo tardi!”
Il moro non demorse, e sfuggì alla sua presa, sorpassandola e tornando
accanto
al letto. Ichigo lo bloccò per un braccio, ma era troppo tardi.
“Cos’è questa?” chiese lui, rigirandosi tra le dita la piccola spilla
dorata
con al centro un simbolo molto simile ad un cuore.
“Oh, niente di niente!” esclamò ancora lei, prendendola in mano e
nascondendola
dietro la schiena. “Un regalo di una zia della cugina di mia madre…
Niente di
che!”
Masaya rise, dandole un piccolo buffetto sulla testa. “Ehi, cos’è tutta
questa
agitazione?” domandò, e Ichigo si tinse di rosso fino alla punta dei
capelli.
“Non-non sono agitata… è emozione… sono emozionata perché non vieni
spesso in
camera mia…” disse infine, puntando lo sguardo a terra. Si vergognava
troppo
per guardarlo, e non per quello che aveva detto. Cioè, era una cosa
vera ma non
era quello il motivo di tanta agitazione.
Sospirò. Odiava mentirgli a quel modo.
Aoyama sorrise, aprendo le braccia e stringendola dolcemente. Ichigo
ricambiò
titubante l’abbraccio, ancora la spilla stretta in mano.
“Mi piaci tanto, lo sai?” disse lui, accarezzandole la schiena.
Ichigo annuì sulla sua spalla, in punta di piedi, e guardò il cestino
della
carta accanto alla scrivania.
Senza pensarci un secondo, strinse la spilla e la lanciò lì, facendola
atterrare su un mucchio di carta di quaderno.
La fissò per un attimo, poi chiuse gli occhi, abbandonandosi a
quell’abbraccio.
“Anche tu mi piaci, Masaya…”
Fine capitolo! :)
Spero sia stato di vostro gradimento! (in caso, fatemelo sapere ;) Se
non vi è piaciuto
fatemelo sapere lo stesso °-°
Critiche costruttive accettatissime!
Alla prossima settimana!
Bacino :*