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Autore: Tonna    04/03/2011    5 recensioni
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. The Best Damn Thing

 

“Quella cretina…” Ryo buttò il cellulare sul ripiano della cucina, digrignando i denti.
Kei, senza smettere di impastare l’intruglio che gli impiastrava le mani, si voltò  a guardarlo.
Quello era il giorno libero delle ragazze, il Caffè era chiuso e non c’erano stati attacchi nemici. Quella sera, dunque, aveva pensato di preparare un dolce da servire alle ragazze il giorno dopo.
“Che succede?”
“Niente…” borbottò Ryo, parlottando fra sé e sé. Kei riuscì solo a cogliere solo parole del tipo “ragazzina viziata” e “che diavolo ha in mente”, perciò decise di intervenire. Quando Ryo iniziava a parlare da solo, la cosa poteva davvero sfociare nel ridicolo.
“Se stai parlando di Ichigo, ti ascolto, dimmi pure”
“Non risponde al telefono!” sbottò lui, quasi indignato. Keiichiro smise di impastare e si voltò di nuovo a guardarlo con un lento movimento della testa.
“…Come, scusa?” chiese, non capendo.
“L’ho chiamata tre volte, ma non risponde”
“E perché l’hai chiamata?” domandò inquisitorio l’altro, gettandogli un’occhiata che fece capire a Ryo che sapeva più di quanto volesse far credere.
“Perché deve poter essere sempre rintracciabile, nel caso di un emergenza!”
“Ma ora non c’è nessuna emergenza. Quindi ripeto, perché l’hai chiamata?”
“Affari miei” rispose brusco, prendendo il cellulare e mettendolo in tasca. Fece un paio di respiri profondi, poi con un tono umile si decise finalmente a rispondere alla domanda.
“Volevo scusarmi…”
“Ottima idea” asserì il bruno sorridendo in sua direzione, continuando a impastare. “Ma chiamarla cretina non mi pare un buon punto di partenza, sai?”
“Tanto non mi può sentire” rispose il biondo indispettito, ma guardandosi comunque circospetto attorno. Da una tipa come Ichigo ci si sarebbe potuto aspettare di tutto, anche che sbucasse da un momento all’altro e gli urlasse contro.
“Beh, in ogni caso sai dove abita” fece spallucce Keiichiro, senza guardarlo. “Io finisco questa torta e mi butto a letto, sono veramente distrutto”
Ryo annuì all’amico, capendo come doveva sentirsi. Aveva passato giorni e giorni incollato al computer alla ricerca di qualche traccia aliena, ma alla fine non era riuscito a trovare niente. Quei maledetti si erano dissolti nel nulla, e la paura di un improvviso attacco da chissà dove si stava facendo giorno dopo giorno sempre più reale.
“Tu non sei stanco?” domandò Kei versando l’impasto in una teglia e mettendolo in forno.
Ryo si poggiò al bancone di schiena, le braccia conserte.
“Non molto”
“Eppure anche tu passi parecchio tempo giù in laboratorio” continuò l’amico, girandosi a guardarlo.
Ryo annuì. “Sì, ma io ho anche i geni di un Red Data Animal dentro di me. Sono un po’ più forte delle altre persone”
Kei ridacchiò tra sé e sé, poggiandosi una mano sulla bocca mentre squadrava l’amico da capo a piedi.
“Che c’è?” chiese Ryo sul chi vive, fissandolo storto.
“Niente, ti immaginavo con uno dei costumi delle ragazze. Saresti molto attraente, Ryo” rise l’altro, davvero divertito.
Il biondo arrossì un po’ per l’imbarazzo, poi si portò una mano sulla fronte.
“Tu continua a ridere, io esco a fare un giro”
Non gli diede neanche il tempo di rispondere. Lo vide uscire fuori dal locale quasi di corsa, e poi richiudersi la porta alle spalle con un tonfo sordo.
Keiichiro pensò di sapere dove stava andando

 

*

 

“Dovrebbe tornare fra pochi minuti, puoi aspettarla in camera sua” rispose cordialmente la donna in piedi davanti a lui.
Ryo si ritrovò a pensare, guardandola, che somigliava molto alla figlia. Capelli rossi, viso allegro e luminoso, occhi grandi e vispi.
Annuì con la testa sorridendo, ed entrò, guardandosi intorno.
Era stato un paio di volte in quella casa, o meglio, fuori da quella casa. Aveva riaccompagnato Ichigo qualche volta ma non si era mai spinto oltre la soglia di casa, quindi per lui quello era un luogo tutto nuovo.
“Scusi l’ora” disse Ryo rendendosi conto che un’improvvisata alle nove di sera non era una cosa molto carina, ma Sakura scosse la testa, dicendogli di non preoccuparsi. Ichigo era uscita con Aoyama-kun e sarebbe tornata a momenti, e attualmente suo marito non era in casa, impegnato in una riunione di lavoro.
“Allora, la sua camera è in cima alle scale, in fondo a sinistra” gli spiegò la signora, facendo dei gesti della mano. “Accomodati pure” sorrise di nuovo e Ryo la ringraziò, salendo le scale mentre lei tornava in cucina a finire le faccende.
Il biondi si guardò intorno, notando la semplicità della casa. Aveva le pareti chiare, sul lilla, e qualche mobiletto al lato. Ma i quadri appesi ai muri attirarono la sua attenzione più di tutto il resto. Erano tempestati di foto di Ichigo – da sola, con entrambi i genitori o con uno solo di loro -, e ve ne erano alcune di quando era più piccola.
Ryo si avvicinò a una in particolare, in cui una Ichigo in miniatura teneva in mano un cappello di paglia e lo stringeva al petto, gli occhioni ricolmi di lacrime e l’espressione imbronciata.
Capì subito perché quella foto fosse stata esposta nonostante la piccola non sorridesse: anche quella sua espressione trasmetteva amore, era adorabile e davvero bellissima da guardare.
Riprese a camminare per il corridoio e arrivò in fondo, vedendo la porta che gli aveva indicato la signora. Era chiusa.
Abbassò la maniglia e aprì piano, per poi avere una visuale completa della camera della rossa.
Pareti rosa, letto con piumone con le fragole, scrivania con sopra libri e – ovviamente – portapenne con disegnate sopra delle fragole, un armadio con sopra qualche adesivo di fragole.
Poi vide una cassettiera con sopra parecchie cornici.
Si avvicinò incuriosito, vedendo che anche alcune di quelle rappresentavano delle piccole fragole. Non poté fare a meno di ridere. Il nome Ichigo era proprio azzeccatissimo per lei, non c’era nulla da obiettare.
Si fermò ad osservare le persone nelle foto che ricambiavano il suo sguardo. Ne trovò una con le ragazze, scattata al Caffè. Indossavano tutte la divisa e tutte sorridevano, abbracciate.
Sorrise vedendo quel gruppo così affiatato, e per un attimo si sentì orgoglioso del fatto che fosse stato lui a farle incontrare. Si spostò di lato e trovo un paio di foto con i suoi genitori e una da sola.
Si meravigliò di non vedere nessuna foto di Aoyama in giro.
Si guardò intorno circospetto, notando solo in quel momento il comodino seminascosto dietro lo zaino che probabilmente Ichigo usava per andare a scuola.
Ed eccola lì, accanto l’abatjour, una cornice rossa che esponeva la coppietta. Ichigo davanti e Aoyama dietro di lei che l’abbracciava, sorridendo con calore.
Ryo si avvicinò sbuffando, e prese la foto in mano.
Ma che aveva di tanto speciale quel damerino?
Cercò di capirlo, guardandolo attentamente.
Beh, non si poteva negare che fosse un bel ragazzo. Non come lui, ovviamente, ma non era da buttare via.
E poi percepì, dal modo in cui teneva Ichigo, che quel ragazzo teneva davvero tanto a lei.
Desiderò di trovarsi al suo posto in quella foto, e sbuffò, riponendola di nuovo dove l’aveva presa.
Il suo sguardo cadde di lato, verso il cestino della carta.
Non ci fece caso, era solo un cestino, ma qualcosa di dorato aveva attirato la sua attenzione.
Si chinò e raccolse quella che constatò essere la spilla di Ichigo.

*

“Sono tornata, mamma!” Ichigo entrò in cucina, stiracchiandosi e sciogliendo subito i codini che le tenevano i capelli alti sulle spalle. Si sentiva piuttosto stanca, aveva passato tutta la giornata in giro con Masaya, prima all’acquario, poi al parco.
“Bentornata tesoro” rispose la signora, poggiando il canovaccio sopra la spalla.
“C’è una visita per te”
La rossa inarcò un sopracciglio. Chi poteva farle visita a quell’ora?
“Shirogane-kun ti aspetta in camera tua, l’ho fatto accomodare lì”
Ichigo per un attimo perse un battito, poi spalancò gli occhi e corse di sopra.
Entrò in camera come una furia, trovando Ryo seduto sul letto, le braccia incrociate.
“Ehi” la salutò liberando una mano e sollevandola.
Ichigo parve calmarsi. A quanto pare Ryo non aveva notato nulla. Restava comunque un interrogativo. Che diavolo ci faceva lì?
“Ciao” rispose senza troppi giri di parole. Era ancora arrabbiata per l’altra volta, e per un attimo si chiese se il biondo fosse andato lì per scusarsi. Decise di chiederglielo.
“Che ci fai qui?”
“Ero passato per dirti una cosa” lui si alzò e si avvicinò, sollevando una mano ad altezza petto. “Ma prima devi spiegarmi questa” la aprì e mostrò la spilla dorata a Ichigo, che roteò gli occhi.
Perfetto. Da quando Shirogane aveva il vizio di controllare nella spazzatura altrui?
“Cos’è questa storia, Ichigo?” chiese freddo, fissandola con occhi di ghiaccio. Sperava vivamente che tutte le cose che gli erano venute in mente dopo che aveva trovato la spilla, fossero solo frutto della sua fantasia. Ma dopo il litigio che avevano avuto l’altra volta, non sapeva più cosa pensare.
“Cosa ci faceva questa nel cestino?”
“Mi è caduta l’altro giorno” rispose vaga lei, senza guardarlo negli occhi. Allungò una mano per riprenderla, ma Ryo la sollevò e la tenne fuori dalla sua portata, gli occhi improvvisamente infuocati.
L’altro giorno?!” sbottò, e Ichigo si rese conto di essersi tradita da sola. “Quindi mi stai dicendo che per alcuni giorni tu sei uscita senza spilla?!”
Ichigo incassò la testa fra le spalle. Non sapeva cosa rispondere. Probabilmente, comunque, avrebbe fatto meglio a tenere per sé il fatto che ce l’aveva gettata lei volontariamente, nel secchio.
“I-io…” cercò una giustificazione plausibile, ma non le venne nulla di accettabile in mente.
“Cristo santo Ichigo, perché non ti decidi a crescere una buona volta?” le disse lui, sprezzante. Le gettò la spilla contro il petto e lei l’afferrò prima che cadesse, guardandolo con occhi spalancati.
“Che vorresti dire?” chiese. “Parla chiaro, Shirogane”
Ryo rimase di stucco, sentendosi chiamare per cognome, ma non lo diede a vedere. Stavolta la rossa aveva proprio esagerato.
“Sto dicendo che tu sai benissimo la situazione che stiamo affrontando ora! I nemici attaccano ma non si fanno vedere, e questo vuol dire che stanno architettando qualcosa e che possono attaccare da un momento all’altro! E tu cosa fai? Esci senza la tua spilla!
“E’ stato un errore, d’accordo?! L’ho solo dimenticata, non vedo perché devi farne una tragedia!” ribatté lei superandolo e poggiando la spilla sulla scrivania. Evitò accuratamente il suo sguardo, si sentiva accusata e la cosa non le piaceva affatto.
“Questa è una cosa seria” l’afferrò per il braccio e la costrinse a voltarsi, stringendo un po’ la presa. “Non è uno scherzo, stiamo parlando del futuro della terra”
“Basta con questa storia, mi sono rotta” sbuffò lei, cercando di divincolarsi.
Ryo stavolta spalancò gli occhi senza premurarsi di non farsi vedere, e Ichigo rimase interdetta. Non aveva mai visto Ryo con quell’espressione così sconvolta. Forse aveva esagerato.
“Ti sei rotta di cosa?” chiese, titubante. Poi tornò con la mente al discorso che avevano avuto al Caffè due giorni prima, e si ricordò di una cosa.
“Non avrai veramente preso in considerazione l’idea di mollare tutto per Aoyama?!”
“Mi vuoi lasciare?” chiese lei sviando il discorso e tirando il braccio per liberarsi, ma lui strinse la presa.
“Rispondi!”
“Voglio solo che la smetti di trattarmi così! Sono una persona normale prima ancora che una MewMew, ho bisogno di vivere la mia vita!” sbottò lei all’improvviso, e sentì la presa del biondo allentarsi. Si liberò e si massaggiò il braccio che le doleva, e lo fissò negli occhi, stavolta.
“Ryo, senti… non sto dicendo che non voglio più combattere, ma mi serve una pausa. Sono stanca”
Il biondo si limitò a fissarla senza rispondere, sembrava che non stesse neanche respirando. Era immobile, e stava elaborando quello che la rossa le aveva appena detto.
Non capiva proprio quel ragionamento. Eppure anche le altre ragazze erano stanche, facevano le stesse identiche cose di Ichigo eppure lei era l’unica a lamentarsi.
Quando aveva dato il via al progetto, l’aveva scelta come leader perché aveva trovato in lei una persona sì imbranata e a volte sciocca, ma soprattutto testarda e coraggiosa, e buona d’animo.
Possibile che avesse preso un abbaglio?
Non riuscì a trovare una risposta, perciò senza dire nulla si voltò e uscì dalla camera, poi da casa Momomiya.
Era confuso.
Che fine aveva fatto la Ichigo che conosceva lui?

*

“Kei, dov’è Ryo?” Purin saltellò verso il bruno dopo aver servito due fette di torta al tavolo accanto all’entrata.
Il caffè era stracolmo, e le ragazze correvano a destra e sinistra per cercare di servire tutti nel miglior modo possibile.
“In camera sua, perché?” rispose Keiichiro porgendo a Retasu tre cioccolate calde da servire.
“E’ malato?” chiese la verdina mentre si allontanava per servire i clienti. Tornò da lui e attese una risposta, che non tardò ad arrivare.
“Non che io sappia. Come mai tutte queste domande?”
Ichigo continuò a spazzare a terra accanto alla porta del bagno – Retasu cinque minuti prima vi aveva fatto cadere una crostata -, lo sguardo fisso a terra ma le orecchie ben tese per ascoltare quella conversazione.
In effetti si era chiesta anche lei che fine avesse fatto Ryo. Dopo che avevano “parlato” a casa sua, non si era più fatto vedere, e ormai erano passati quasi quattro giorni. Non voleva ammetterlo, ma un po’ gli dispiaceva. Non avevano mai avuto un rapporto profondo, ma gli piaceva la sua compagnia quando non si comportava da ragazzino viziato e antipatico.
“Sono quattro giorni che non lo vediamo” buttò lì Minto, avendo ascoltato anche lei la conversazione. Kei si ritrovò a sorridere dentro se stesso pensando che a quanto pareva, nonostante non lo dessero a vedere così spesso, tutte le ragazze erano affezionate a Ryo. Anche Zakuro lo era di sicuro, anche se non era intervenuta nella conversazione. Aveva l’impressione che quella ragazza sapesse molto più di quanto voleva far credere, per questo non faceva domande. Non ne aveva bisogno, sapeva sempre tutto.
“Veramente l’abbiamo visto lunedì, ricordi?” l’ammonì Zakuro, che decise di intervenire, a dispetto delle convinzioni di Kei. “E’ sceso nel locale ed è rimasto ad osservarci per un po’”
“E’ vero!” Purin batté un pungo sulla mano aperta, ricordandosi che sì, in effetti era proprio così.
Retasu sollevò un sopracciglio. “E perché io non me ne sono accorta?” chiese lei, cercando di ricordare quel particolare, ma proprio non rammentava di aver visto Ryo il lunedì passato.
“Eri a fare una consegna, ricordi?” rispose Minto, e Ichigo strinse le mani sulla scopa senza farsi vedere.
Il lunedì era il suo giorno libero, quindi era normale che non l’avesse visto. Ma possibile che la stesse evitando?
Continuò a spazzare tenendo la testa bassa e riflettendo. Probabilmente sì, la stava evitando. L’aveva vista l’evidente delusione nei suoi  occhi, quando gli aveva detto quelle parole.
Ma non poteva farci nulla, era stanca sul serio di quella situazione, e la cosa principale era che odiava il dover continuamente mentire a Masaya, odiava avere quei piccoli segreti quando lui era così dannatamente sincero con lei.
Le faceva male mentirgli guardandolo negli occhi, e l’aveva fatto così tante volte che aveva iniziato a disprezzare perfino se stessa.
Per un po’ si era anche detta che avrebbe dovuto prendersela con Ryo, dato che era stato lui a coinvolgerla nel progetto, ma alla fine aveva deciso di cancellare quel pensiero. Nonostante i problemi che comportava, le piaceva essere una MewMew.
Sollevò la testa e fissò la porta che conduceva al piano di sopra, indecisa sul da farsi. Doveva parlare con Ryo, questo era innegabile, ma effettivamente non sapeva cosa dirgli. Scusarsi, forse? O spiegargli perché gli aveva detto quelle cose?
Non lo sapeva, ma qualcosa doveva fare.
Poggiò la scopa al muro e si pulì le mani sul grembiule, camminando diretta verso quella porta.
Si bloccò con la mano sulla maniglia, voltandosi. Kei l’aveva richiamata.
“Dove vai?”
“Un attimo di sopra” rispose lei vaga, senza far capire le sue vere intenzioni. Kei la fissò serio e scosse la testa, indicando con un cenno della mano il provvidenziale gruppetto di clienti appena entrato nel locale.
“Non ora, sono arrivati nuovi clienti. Devi occuparti di loro”
Ichigo sospirò, guardando i nuovi arrivati.
“Ok, vado…” si allontanò dalla porta con un po’ di rammarico e si dedicò al suo lavoro senza però metterci tutto l’impegno che era solita usare.
Kei la osservò mentre si allontanava, poi si voltò e tornò in cucina a preparare qualche altra pietanza.
Per fortuna l’aveva vista mentre si avvicinava alla porta e l’aveva bloccata. Aveva saputo del litigio con Ryo, e da quello che aveva potuto vedere, il suo amico era proprio distrutto. L’amico gli aveva raccontato tutto per filo e per segno senza una minima espressione sul volto, e Kei si era sentito male nel vederlo così. Probabilmente Ryo doveva essersi sentito un completo fallimento quando Ichigo gli aveva detto quelle cose. Lui aveva preparato il progetto, e lui ne aveva scelto i componenti. Era difficile accettare l’idea di aver sbagliato completamente ad aver affidato la gestione della squadra a Ichigo.
Nonostante quello che Ryo gli aveva detto e l’impressione che gli aveva dato, comunque, Kei non la pensava come lui. Ichigo sapeva il fatto suo, e forse quel periodo era solo un po’ strano per lei a causa della svolta che aveva preso la sua storia con Aoyama-kun.
L’aveva vista trasformarsi e combattere, e Kei poteva giurare di aver visto un lampo di orgoglio negli occhi di Ichigo ogni qual volta sconfiggeva i nemici. Quell’espressione sul suo volto era di soddisfazione, non di stanchezza.
Quindi probabilmente era solo un periodo, anche se Ryo non la vedeva così.
Comunque, aveva dovuto bloccarla. Ryo non voleva vederla, per questo non era mai sceso nei giorni in cui lei era presente al Caffè. Forse rimuginava ancora su quanto gli aveva detto, o forse semplicemente non aveva voglia di uscire dalla sua camera.
Fatto stava che il suo amico stava male per quella ragazza che gli piaceva – sì, l’aveva capito anche se lui non l’aveva mai ammesso apertamente – e che doveva fare qualcosa per aiutarlo.
Si era accorto fin da subito dell’interesse che Ryo provava per Ichigo. Le prese in giro, gli scherzi, le discussioni… Neanche in America Ryo si era mai comportato così con qualcuno, e questo gli aveva dato parecchio da pensare. Poi si era accorto dello sguardo freddo con cui la guardava ogni volta che lei parlava di Aoyama o si presentava con lui, e aveva finalmente capito.
Era anche per quel motivo che Ryo si sentiva così giù in quel periodo. Normalmente si sarebbe limitato ad arrabbiarsi e a tenere il muso per qualche giorno, ma sapere che la Ichigo che gli piaceva così tanto aveva detto quelle cose, l’aveva fatto chiudere in se stesso. Non tanto per quello che aveva detto, ma perché era stata lei a dirlo.
Si affacciò dalla porta della cucina e la vide prendere le ordinazioni, un sorriso forzato in volto.
Sospirò.
Sperò che quel periodo, in ogni caso, sarebbe passato presto.

*

Una volta finito il loro turno di pulizia al Caffè, Ichigo uscì con Retasu dal Caffè salutando Keiichiro e dandogli la buonanotte.
Erano le otto di sera, e per tutto il tempo Ichigo non era riuscita a togliersi Ryo dalla testa. Doveva parlargli, voleva parlargli ma Kei gliel’aveva impedito. Evidentemente sapeva tutto, altrimenti non le avrebbe vietato di andare di sopra.
“Va tutto bene, Ichigo?” chiese Retasu voltandosi a guardarla. Avevano percorso metà strada verso casa – abitavano piuttosto vicine, loro due -, ma la rossa non aveva aperto bocca da quando erano uscite dal locale.
“Sì” rispose velocemente lei, risvegliandosi dai propri pensieri. “In realtà… ho dimenticato una cosa al Caffè” buttò lì, frugando nella sua mente alla ricerca di qualcosa nel caso l’amica le avesse chiesto cosa avesse dimenticato.
“Se vuoi ti accompagno…”
“No grazie” sorrise lei forzatamente. Doveva parlare con Ryo, Retasu in tutto questo non era prevista. La ringraziò e la salutò con un cenno della mano e un sorriso un po’ più sincero, per poi voltarsi e correre in direzione del Caffè che avevano appena lasciato.
Arrivò in pochi minuti, e si diresse subito sulla porta sul retro. Keiichiro la lasciava aperta, lo sapeva.
Entrò silenziosamente e se la richiuse alle spalle, muovendosi nel corridoio accanto alla cucina tastando il muro. Non vedeva nulla, era tutto spento, ma non voleva accendere le luci per paura che Keiichiro la trovasse. L’avrebbe di certo mandata via, e lei non voleva.
Trovò la porta che conduceva al piano di sopra e salì le scale. Vide all’inizio del corridoio del primo piano la camera di Kei – non ci era mai entrata, ma l’aveva visto uscire da lì qualche volta e aveva supposto che quella fosse proprio la sua stanza -, la sorpassò e si diresse alla seconda porta dalla parte opposta del corridoio.
Non sentiva nulla, forse Ryo dormiva. O forse lui e Kei erano usciti, era strano che non cenassero nemmeno.
Alzò una mano, il cuore che le martellava nel petto. Quel buio e quel silenzio innaturale la facevano sentire agitata, senza contare che di lì a poco avrebbe probabilmente parlato con Ryo.
Bussò lievemente con il pugno e poi distese la mano lungo il fianco, attendendo.
Qualche secondo dopo, la porta si aprì piano, e il viso di Ryo fece capolino, i capelli spettinati. Che stesse davvero dormendo?
“Ichigo?” chiese lui sorpreso, corrugando le sopracciglia.
“Ti disturbo?”
“Il locale ha chiuso un quarto d’ora fa, che ci fai ancora qui?” chiese senza rispondere alla domanda posta dalla rossa.
Lei annuì, afferrandosi nervosa una ciocca di capelli e attorcinandosela intorno alle dita.
“Lo so… Io… volevo parlarti” rispose un po’ titubante, vedendo che comunque lui non aveva ancora aperto la porta per farla entrare in camera. Forse non aveva voglia di vederla.
“Mi è bastato quello che mi hai detto l’altra volta” rispose lui distaccato, fissandola. Ichigo si sentì trafiggere da quegli occhi di ghiaccio, e continuò a giocare con i capelli, sempre più nervosa.
“Per favore, ascoltami”
Ryo sospirò e uscì dalla stanza senza aprire troppo la porta, e se la chiuse alle spalle.
“Cosa c’è?”
Ichigo si meravigliò di trovarlo in accappatoio. Forse non dormiva, magari era appena uscito dalla doccia.
Staccò gli occhi dal nodo dell’accappatoio un po’ allentato e lo fissò negli occhi, arrossendo un po’.
“Come mai non sei sceso al locale questi giorni…?” chiese, sperando che lui le rispondesse sinceramente.
“Non ne avevo voglia” rispose lui, scrollando le spalle.
“Quindi l’impressione che ho avuto è sbagliata, giusto? Non mi stai evitando”
Ryo inarcò un sopracciglio. “Perché dovrei?”
“Per quello che ti ho detto l’altro giorno!” rispose lei alzando un po’ la voce, girandosi poi a guardare la porta di Kei. Sperò non l’avesse sentita.
“Kei non c’è. E’ uscito con un’amica” le disse il biondo leggendole nel pensiero.
“Ora, vuoi dirmi il motivo esatto per cui sei qui?” chiese sgarbato, poggiandosi alla porta e incrociando le braccia.
Ichigo sospirò. “Non mi piace che le cose tra noi siano così… Siamo amici, non dovresti evitarmi”
Ryo arricciò le labbra in un espressione concentrata, alzando gli occhi al cielo. L’unica luce che li illuminava era quella della luna, e Ryo dovette ammettere che stare così con Ichigo non era niente male. Si strinse la cinta dell’accappatoio, e tornò a incrociare le braccia, la stessa espressione.
“Ti evito perché non mi è piaciuto quello che mi hai detto l’altra volta” rispose freddo. “Se non vuoi più essere una MewMew basta dirlo, senza troppi giri di parole. Così sarai libera di stare con il tuo Aoyama quanto ti pare e piace”
“Ma che c’entra questo?!” sbottò lei, spalancando gli occhi. “Sono venuta qui per scusarmi, perché non dovevo dirti quelle cose! E’ vero, odio mentire a Masaya ma non avrei dovuto scaricare tutto su di te, sono stata ingiusta…” concluse sussurrando e chinando la testa.
Ryo rimase interdetto. Quando l’aveva vista davanti alla propria camera, di certo non si era aspettato che fosse andata lì per fargli le sue scuse.
“Dici sul serio?” chiese, e lei annuì ancora con la testa bassa.
Ryo fissò quei capelli rossi legati in due codini, e scosse la testa.
Allungò una mano e la poggiò sotto il mento della ragazza, facendole alzare il capo. La guardò negli occhi.
“Va bene, ho capito” accennò un piccolo sorriso, lasciandola andare.
Ichigo arrossì leggermente, il sorriso di Ryo era veramente bello.
“Non mangi?” cambiò discorso all’improvviso lei, ricordandosi com’era conciato. “E’ ora di cena, se ti va possiamo an-”
“Shirogane?”
Ichigo fu costretta a lasciare in sospeso la frase, dato che la porta alle spalle di Ryo si era appena aperta.
E la voce che aveva appena chiamato il suo amico di certo non era quella di Kei, né di nessun altro ragazzo.
Era una voce femminile.
Rimase impietrita mentre Ryo si voltava e l’ospite faceva la sua comparsa, anche lei in accappatoio, ma semiaperto che mostrava le sue belle forme.
Ichigo si ritrovò a fissarla da capo a piedi.
Era alta, molto più alta di lei – più o meno come Ryo -, aveva ricci capelli rossi, folti e decisamente molto sensuali. Le gambe erano lunghe e snelle, la pelle chiara e il viso luminoso e bello. Non era giapponese, si vedeva. Non aveva gli occhi a mandorla, ma grandi e azzurri. Di certo era una straniera.
Ichigo sbatté le palpebre, rimanendo interdetta.
Chi diavolo era quella?
“Arrivo, torna a letto” rispose lui velocemente senza guardare Ichigo negli occhi. “E copriti”
La rossa abbassò lo sguardo e notò che non si era proprio coperta per bene, e sistemò l’accappatoio in modo da nascondere tutto quello che c’era sotto. Annuì e tornò nella stanza, chiudendo la porta.
Ichigo, ancora a bocca aperta, guardò Ryo.
“Chi è quella?” domandò, mentre il suo cervello lavorava. Lo sapeva eccome chi era. Non ci voleva un genio per capire che Ryo e quella ragazza avevano appena combinato qualcosa. L’aveva capito da quando l’aveva vista presentarsi in accappatoio.
“Nessuno” rispose lui, scrollando le spalle.
“Hai… hai un accappatoio in più per la ragazza di turno?” chiese titubante Ichigo, e Ryo si sentì punto sul vivo.
“Non sono affare tuoi” disse duro, stringendo la mascella.
“Ma…” cercò di intervenire lei, ma lui la interruppe.
“Niente ‘ma’, Ichigo, quello che combino sono affari miei e basta”
“Ok, ho capito!!” rispose, stringendo i pugni. “Me ne vado, scusa se ho interrotto il tuo tête-à-tête” concluse acida, voltandosi per andare via. Voleva scappare da quella situazione, si sentiva imbarazzata e infastidita allo stesso tempo. Imbarazzata per quello che aveva visto, e infastidita perché odiava i ragazzi che si comportavano in quel modo, i tipici ragazzi da una notte e via. Per non parlare di quella sciacquetta.
Si bloccò a metà corridoio perché Ryo l’aveva afferrata per il braccio dopo aver percorso pochi passi.
“Aspetta”
“No che non aspetto, hai detto che non sono affari miei, quindi me ne vado!” sbraitò lei cercando di liberarsi dalla sua presa.
Ryo ci pensò un attimo, poi strinse la presa e la costrinse a voltarsi.
“Ti dà fastidio?” chiese all’improvviso, mettendosi alla prova. Si maledì il secondo dopo averlo detto, vedendo l’espressione di Ichigo mutare completamente. Dall’infastidito, passò allo sconvolto.
“Cos’è che dovrebbe darmi fastidio?” chiese, gli occhi spalancati.
“Che io abbia fatto s-”
Ichigo non gli diede il tempo di finire, non voleva sentire quella parola.
“Sono problemi tuoi quello che combini con quella, a me non importa!”
“Sembra tutto il contrario”
Ichigo si sentì punta sul vivo, e fece un paio di respiri profondi.
“Considero poco serie le persone che fanno sesso una notte con una sconosciuta, tutto qui” disse seria, fissandolo.
Ryo ghignò, divertito.
“Certo, meglio quell’idiota di Aoyama che non ti sfiora neanche per sbaglio” buttò lì, senza pensarci.
Ichigo spalancò gli occhi, alzò una mano e la schiantò contro la guancia del biondo, che piegò la testa di lato ma non disse nulla.
Aveva sbagliato, non doveva nominare Aoyama, non c’entrava nulla in quel discorso.
“Sei solo un deficiente” disse Ichigo con disprezzo, voltandosi e sparendo lungo il corridoio.
Ryo si posò una mano sulla guancia rossa e pensò che sì, forse aveva esagerato, ma non gli importava. Aveva parlato trasportato dalla gelosia.
E comunque era vero che Aoyama era un’idiota, aveva una ragazza così perfetta e preferiva passare il suo tempo a raccogliere rifiuti.
Che fosse gay?
Sospirò, si voltò e tornò in camera per dimenticare la discussione appena avuta.

 

 

 

 

 




Bene bene *-*
Qualche svolta c’è stata, non interessante ma c’è stata u.u
Se fossi stata al posto di Ichigo avrei cacciato quella e mi sarei fiondata nel letto a posto suo, ma vabbè XD
Ci vuole tempo per queste cose, farli mettere insieme al secondo capitolo non sarebbe divertente u.u
Vi ringrazio tanto per i commenti al capitolo precedente! E mi raccomando, fatemi sapere anche com’è questo ;)
grazie per aver letto!

Tonna

  
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