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Autore: Walnut    27/02/2011    3 recensioni
"Finitem Incantatem"
E mentre Mulciber si smaterializzava da quel luogo, un urlo disperato risuonò nella casa e nella campagna, e tutt'attorno sembrò che l'odore del sangue si fosse fatto più forte.
Quella notte erano morte quattro persone.
Mulciber era tra loro.

Storia vincitrice del premio "Miglior Caratterizzazione" all'Horror Halloween Fest" indetto da AliH e PurpleMarry sul forum di Efp.
[ Mulciber - Altro personaggio ]
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'ultimo segreto

<< E' stato lui a ucciderlo, non io. >>
Era come se nell'aria ci fosse un continuo e persistente grido. Sottile, metallico, strozzato; un grido di morte.
All'inizio nessuno lo udiva, era quasi impossibile sentirlo tra le altre urla dei prigionieri, ma poi, durante la notte, durante le ore più buie, qualcosa iniziava a vibrare nell'aria.
Prima piano, poi sempre più forte. Fino a quando non ti perforava le orecchie, non ti arrivava al cervello e ti attaccava come un virus.
Da lì in poi iniziavi a urlare anche tu. Urlavi per tanti motivi, ma il principale era sempre quello. Soffocare quel dannato grido di morte.
Impossibile. Eri distratto dagli altri, così ti ritrovavi a piangere e contorcerti nel pavimento come un verme. Poi i Dissennatori arrivavano, e tu, terrorizzato e immobile negli angoli più bui della cella, ti lasciavi prendere.
Per tutti era così, quei pochi che non erano impazziti non lo davano a vedere. Anche loro erano impazziti. 
E questa era una verità assoluta, ogni prigioniero condivideva qualcosa con gli altri.
Il segreto aleggiava sopra tutti e nessuno ne voleva parlare.
<< E' stato lui a ucciderlo, non io, lo giuro! >>
La casa era stata messa a soqquadro per non dare nell'occhio.
Le finestre erano rotte e opache, rovinate dal tempo, le porte erano scardinate e l'erbaccia spuntava dal terreno con violenza, quasi come se quel tappeto verde fosse fatto di aghi pungenti. L'edera aveva avvolto la casa in un morbido abbraccio mortale.
Da dentro non proveniva alcuna luce, nessun rumore, nessun fiato.
La casa sembrava realmente disabitata.
Mulciber attraversò velocemente il piccolo giardino, fino ad arrivare al porticato cigolante e polveroso. Lì le assi di legno erano state brutalmente tolte dal terreno e buttate via, rivelando così altra erbaccia gialla.
L'uomo impugnò la bacchetta e sussurrò alla porta un incantesimo, ed essa si aprì all'istante, rivelando l'interno della casa.
Mulciber venne travolto dall'oscurità dell'abitazione, e quasi si sentì frastornato. Ogni angolo della casa era ricoperto da strati di ragnatele bianche, sottili e brillanti alla luce della bacchetta. Un nero marcio grattava sulla vernice color panna dei muri - la muffa aveva attaccato ogni singola parete -  e un odore stagnante di qualcosa che era andato a male respirava nella casa. I pipistrelli, neri come la notte, lo guardavano da dietro le loro ali, scrutandolo da capo a piedi.
Eppure il mago continuava a sorridere e a camminare imperterrito verso il piano superiore, salendo velocemente le scale e sbirciando in ogni singola stanza, fino a ritrovarsi davanti all'ultima, che presentava una porta bianca immacolata.
Il suo ghigno sembrò illuminare l'oscurità.
Rinnovò la presa sulla bacchetta e avanzò fino alla fine del corridoio, trattenendosi dal ridere sguaiatamente.
Questa caccia all'uomo era fin troppo divertente, ma per i suoi gusti era durata anche troppo, ed era ora di chiuderla.
Con un potente calcio buttò giù la porta, che cadde a terra con un tonfo e che sollevò una gran quantità di polvere dal pavimento, e avvertì un gridolino provenire da un angolo della stanza.
Si voltò velocemente, puntando i suoi occhi scuri verso la voce.
Scoppiò in una grossa risata che rimbombò nelle pareti, nelle stanze, nella casa come un boato.
Tana.
Mulciber deglutì faticosamente e si sedette.
La sedia cigolò pericolosamente sotto il suo peso, ma non crollò.
La scarsa luce che c'era nella stanza, però, bruciava gli occhi dell'uomo, ormai abituato al più totale buio delle celle.
Era la quarta volta che tornava lì in quella settimana. Ed era la quarta volta che lo stesso grassoccio uomo, con calma, si sedeva di fronte a lui, sistemandosi gli occhiali e schiarendosi la voce prima di parlare.
Sapeva cosa gli avrebbero chiesto, ma rimase zitto. Si sarebbe divertito a risentire di nuovo quella frase che ormai gli ponevano ogni volta.
“Dai forza, muoviti palla di lardo!”
L'uomo alzò finalmente gli occhi su di lui, scrutandolo minuziosamente.
“Tre... “ si trattenne dal ridere “due... uno... “
<< Allora, Will, chi ha ucciso la famiglia la famiglia Loach? >>
Mulciber rise, dondolandosi avanti e indietro nella sedia cigolante, e tenendosi la pancia con una mano. 
<< Uh, uh, uh, ah! >> sbatté una mano sul tavolo vecchio << Ah, ah, ah, uh! >> poi tornò improvvisamente serio.
<< Il mio nome non è Will, capo. Nessuno mi ci chiama più da anni: il mio nome è Mulciber. >>
<< Will, Mulciber è il tuo cognome, non il tuo nome. Perché non vuoi che ti chiami Will? >>
<< Perché non si può! Non. Si. Può. >> prese fiato << Si è scordato di dirmi perché non le ho risposto alla sua prima domanda. >>
<< Non mi sono scordato, Will, ci stavo arrivando. >>
<< Non mi chiami Will! >> si alzò di scattò dalla sedia, facendo indietreggiare l'uomo davanti a lui.
Subito le guardie fuori dalla cella reagirono: erano pronti ad entrare e a togliere la barriera magica che mettevano per non far scappare i detenuti più indisciplinati della prigione, ma al segnale di Frank, l'uomo che si occupava del Mangiamorte William Mulciber, ritornarono alle loro posizioni.
<< Siediti Will e calmati, prego. >>
Will obbedì, e si sedette un'altra volta, questa volta tremando leggermente. 
Frank notò come sussurrava tra sé e sé “Non sono stato io a ucciderli”, non fermandosi, continuando a ripeterlo talmente veloce da confondersi. Poi, inaspettatamente smise, e fece cenno a Frank di avvicinarsi a lui. Rise.
Malgrado Frank cercasse di non mostrare paura, era chiaro come l'acqua che se la stava facendo sotto. La grossa vena violacea nel collo pulsava velocemente, la fronte era bagnata di sudore e gli mani – dettaglio che poteva sfuggire a qualcun altro, ma non a Mulciber – erano strette al tavolo, davanti al suo torace, a protezione.
Frank si avvicinò lentamente, studiando ogni movimento del Mangiamorte.
<< Non si preoccupi, capo Frank, non le farò niente. Mi hanno controllato e sono pulito! >> ridacchiò.
<< So che non mi farai niente, Will. >>
<< Eppure il suo corpo sembra pensarla diversamente. Lo dica: ha paura? >>
<< Sì, Will, ho paura. >>
<< La prenda seriamente, non è uno scherzo! Ho visto come si è mosso. Sembra che le abbiano ficcato un bastone nel culo! >>
<< Tieni questi termini per te, Will. >> 
<< Voi e tutti quegli altri cagasotto mi fate tanto ridere. Venite qui, sicuri e spavaldi, per interrogarci mentre in realtà vorreste solo tornare nelle vostre calde e belle case a ingozzarvi come maiali e a sorseggiare vino. Camminate per i corridoio con la testa bassa – e non mi dica che non è vero, l'ho vista l'altro giorno. Mi è passato davanti e ha fatto finta di non vedere il mio saluto; e io che mi ero anche affacciato – e quasi correte per andare via. Avete paura dei Dissennatori? Ma se non possono neanche toccarvi. E poi avete quel vizio di lasciare la bacchetta fuori dalle stanze degli “interrogatori”. >> prese un'altra pausa per ridere ancora << Perché lo fate? Me lo dica. Volete sembrare più forti ai nostri occhi? Davanti a noi che siamo pelle e ossa e che non ci reggiamo in piedi? Oppure lo fate perché avete paura che ricapitino episodi che sono già successi in passato. >> sghignazzò, attendendo una sua risposta.
<< Quali episodi, Will? >>
<< Non faccia finta di non sapere. Lei sa a quali mi riferisco! >> si sistemò i capelli davanti alla fronte << Il famoso episodio di Michael, uno dei primi. Ha preso la bacchetta del “suo Frank” e gliela ficcata dritta dritta nel collo. Si dice ancora che per ripulire tutto il suo sangue non siano bastate tre notti, e che per mandare via le macchie abbiano dovuto pitturare il pavimento. >>
<< Conosco queste storie, sono solo incidenti. >>
<< Oppure quello di John. Morto dopo che il suo collo ha fatto accidentalmente crack! >> rise.
<< Will, finiscila. >>
<<  O la migliore. Max. Sbattuto contro le celle di ferro fino a che della sua testa non sono rimaste solo cervella rosse. Hanno dovuto fermare il carcerato con un Avada Kedavra! >>
<< Will, smettila. >>
<< Ha paura di fare la loro stessa fine, capo Frank? >> e rise ancora.
<< Will, finiscila. >>
<< Uh, uh, uh, uh, ah! >>
<< Dimmi che cosa hai fatto quella sera! >>
<< Inizia a perdere la pazienza, capo Frank? >>
<< Risparmiaci, ti prego! >> disse l'uomo.
<< No, ti prego, W... >> urlò la donna.
<< Imperio! >>
La donna si immobilizzò improvvisamente. Nei suoi occhi, dove prima era passata una strana luce dovuta alla paura del momento, ora c'era solo il vuoto. Era come se il suo corpo fosse morto, come se lei fosse morta.
Ora non aveva più il controllo di se stessa.
Mulciber ghignò nell'ombra, passandosi la lingua tra le labbra carnose e screpolate dal freddo, poi fece un cenno verso la donna.
<< Uccidi tuo marito. >>
<< AH, GLIEL'HO DETTO! E' STATO LUI, NON IO! >>
Quel giorno William Mulciber era più agitato del solito. Era entrato nella piccola stanza guardandosi attorno nervoso e tremante, continuando a girarsi verso il lungo e buio corridoio dalla quale era passato poco prima.
Sembrava che non vedesse l'ora di entrare in quella maledetta stanza, dove Frank, puntuale, lo attendeva.
<< Non ti ho chiesto ancora niente. >>
Notò subito che qualcosa in lui non andava. L'aveva fatto sedere e aveva aspettato che parlasse.
<< Figli di puttana. >>
Sicuramente non si aspettava un'affermazione del genere.
<< Di chi stai parlando, Will. >>
<< Le... le... ho detto di non chiamarmi così. >> Frank annuì, come sempre, e attese che Mulciber continuasse << Siete tutti dei figli di puttana. >>
<< Perché Will siamo dei figli di puttana? >>
Mulciber scattò repentinamente in avanti, spalancando gli occhi con rabbia, e sbattendo la mano sul tavolo polveroso.
<< Non mi prenda per il culo, idiota! Non a me! >> ritirò la mano << Crede che non me ne sia accorto? Crede che io non sappia? >>
<< Sapere cosa, Will? Cosa è successo? >>
Mulciber si guardò intorno, scrutando per l'ennesima volta la stanza bianca e vuota protetta dall'incantesimo, e si alzò. Iniziò a percorrerla in tutta la sua lunghezza, contando i passi che faceva da parete a parete, e scuotendo la testa meccanicamente ogni trenta secondi. Arrivò alla porta, guardandosi nella barriera che faceva da specchio. 
Spostò il suo sguardo su Frank.
<< L'ho visto, era vicino a me. Anche oggi era lì con me. Sorridente e felice. >> si girò verso l'uomo << Perché lui può uscire e io no? Lui, il vero colpevole, è libero, senza catene, fuori di qui che cammina di fianco a voi, mentre io sono rinchiuso al suo posto. PERCHÉ FRANK, PERCHÉ? >> si avvicinò fino ad arrivare a un palmo da lui.
<< PERCHÉ AVETE RINCHIUSO ME? IO SONO INNOCENTE! >>
<< Will, ma di chi stai parlando? Nessuno qui è... libero. Nessuno cammina con nessuno. >>
<< IO L'HO VISTO, NON FACCIA FINTA DI NIENTE, FRANK! >>
<< Chi hai visto? Chi? >>
<< Lui. LUI! >>
<< Chi è lui? >>
<< Quello che adesso ci sta guardando fuori dalla porta. >>
La donna, secondo le informazioni raccolte da Mulciber, era l'unica strega in famiglia. Il marito era un semplice Babbano, infatti.
Mulciber la vide camminare lentamente verso il marito, schiacciato e impaurito contro il muro della stanza; senza espressione, senza tentennamenti.
<< Uh, uh, uh, uh, ah! >> rise, perché era una cosa che gli piaceva fare.
La donna prese un pezzo di vetro da terra, un vetro proveniente da una finestra rotta che dava sul tetro cortile, e lo puntò contro l'uomo.
<< Ti... prego, ti prego... Diana... >> piagnucolò l'uomo << Ragiona, rifletti... non farlo... >> lanciò un grido << Tu mi ami! >>
Diana si voltò verso Mulciber, che annuì. 
L'uomo non riusciva a capacitarsi della situazione, e mentre si distraeva guardando gli occhi scuri di Mulciber, non vide sua moglie arrivargli con un salto alla gola e tagliargli da parte a parte il collo; infilzando il pezzo di vetro sempre più dentro e sempre con più forza, con il sangue che correva copioso lungo il suo petto e che macchiava i suoi vestiti e le mani di Diana.
Fece in tempo solo a esalare l'ultimo, angoscioso, pesante, respiro.
Sgranò le pupille e cadde disteso per terra, con gli occhi rivolti al soffitto.
La donna si alzò da terra e si guardò le mani insanguinate, confusa e disorientata, non capendo cos'era quel liquido scuro. 
Mulciber andò alla finestra, tentando di guardare attraverso i vetri sporchi e rovinati per far sembrare la scena allestita vera, soffermandosi sui particolari della campagna davanti a sé.
Tutto era fermo e immobile, come se niente fosse accaduto.
Si girò e ritrovò la donna nel punto in cui l'aveva lasciata: a fissarsi le mani. Stava per avvicinarsi a lei, quando a d'un tratto qualcosa lo distrasse.
Un pianto di bambino interruppe il silenzio della stanza.
Spostò il triciclo davanti a sé e si diresse verso la piccola culla che non aveva notato, poiché nascosta nell'ombra.
Un bambino si dimenava e piangeva disperato, rosso in viso.
Rise e rise ancora Mulciber, perché aveva trovato il modo per far fuori tutta la famiglia.
Chiamò la donna.
<< BASTARDO, ENTRA! ENTRA SE HAI IL CORAGGIO! ENTRA! >> 
Mulciber iniziò a urlare e a battere furiosamente sulla barriera della stanza, come se cercasse di romperla, scatenando la reazione immediata di Frank.
<< Will, WILL! Quelle sono solo guardie, fuori non c'è nessuno! Will, fermati! >>
Frank corse fuori dalla stanza e prese la sua bacchetta, rientrò e la puntò contro l'uomo.
<< Immobilus! >>
Mulciber si ritrovò improvvisamente fermo, incapace di compiere movimenti. Frank fece un cenno alle guardie, per calmarle, e portò l'uomo fino alla sua sedia, facendolo sedere.
Passarono diversi minuti prima che Frank sciogliesse l'incantesimo. Minuti in cui Frank continuava persistentemente a guardare fuori dalla finestra, cercando di vedere l'uomo di Mulciber. Minuti in cui il respiro del Mangiamorte risuonava nella stanza come un grido.
<< Ora io ti libererò Will, ma tu mi devi promettere di non fare come prima. Va bene? >> guardò un'ultima volta fuori << Finitem Incantatem! >> 
Passò dell'altro tempo prima che uno dei due parlasse, ognuno perso nelle proprie riflessioni, poi il Mangiamorte spezzò il silenzio.
<< Lasciatemi andare, non sono stato io! >>
<< Will, abbiamo le prove. Non ti conviene ammettere il tuo omicidio e basta? Ti potrebbero togliere qualche anno. >>
<< Lei non ha visto l'uomo fuori dalla barriera? >>
<< No, nessuno l'ha visto. >>
<< Lei non mi vuole credere, nessuno mi vuole credere. Voi volete solo sbarazzarvi di me. >>
<< Descrivimi l'uomo che hai visto allora, Will. >>
Mulciber si alzò ancora, arrivando di nuovo alla barriera. 
<< Era proprio qui. >> disse indicando un punto nello specchio << E anche questa volta sorrideva, anzi rideva. Se la stava spassando alla grande, era divertito. >> prese fiato << Indossava una tunica nera lunga fino ai piedi, con... tutta nera. Aveva tutto nero. Gli occhi e i capelli, quest'ultimi erano spettinati e lunghi fino alle spalle. Ed era orribile: aveva una cicatrice che gli tagliava tutta la guancia destra, che partiva dalla fronte e che arrivava alla bocca. >> Mulciber si girò << Io l'ho visto, mi creda. E rideva. >>
<< Non dovresti prenderti gioco di me, lo sai vero? >>
<< Capo Frank, io non mi sto prendendo gioco di lei. LUI ERA LI', DIAMINE! >>
<< NON E' POSSIBILE, WILLIAM! >>
<< SO QUELLO CHE HO VISTO! >>
Frank si alzò, facendo cadere la sedia per terra e arrivando fino alla metà della stanza. 
<< Non può essere vero. L'uomo che hai appena descritto sei tu, William Mulciber. >>
Il pianto del bambino si era interrotto dopo che Diana l'aveva lanciato fuori dalla finestra.
Alla fine era rimasto più un urlo, che un pianto. Come se anche il bambino avesse intuito la sua fine.
Ora erano solo lui e la donna, ferma davanti alla finestra, ignara di aver ucciso la sua creatura.
Rimaneva solo lei da far fuori, e Mulciber sapeva anche come fare.
Le si avvicinò e, una volta davanti a lei, le accarezzò il viso.
<< Sei bella come una volta, Diana. Sei sempre stata bella. >> con un dito le sfiorò le labbra rosee e sottili, poi se lo passò sulla cicatrice che aveva in viso << Ma mi hai distrutto, hai distrutto la nostra famiglia per un Babbano... e non potrò mai perdonarti. Ora... uh, uh, uh, ah... sai cos'ho provato io, no? Non avresti dovuto lasciarmi. >> 
Mulciber strinse improvvisamente la stretta sul suo viso, ma poi lasciò andare la donna di colpo.
Il lavoro era fatto, era ora di andare.
Lasciò Diana lì, in mezzo alla stanza, a guardarsi le mani sporche di sangue, da sola.
Uscì dalla casa e arrivò fino al cancelletto dell'abitazione e si voltò.
Diana era affacciata alla finestra e lo guardava, sempre con quello sguardo vuoto e spento.
<< Finitem Incantatem. >> 
E mentre Mulciber si smaterializzava da quel luogo, un urlo disperato risuonò nella casa e nella campagna, e tutt'attorno sembrò che l'odore del sangue si fosse fatto più forte.
Quella notte erano morte quattro persone. 
Mulciber era tra loro.
L'uomo scivolò a terra, sbattendo la testa contro la barriera.
<< Lei... lei mente! MENTE! STIA ZITTO! >> Mulciber iniziò a piangere << Capo Frank, perché mi fa questo? Perché mi mente? PERCHÉ? >>
<< William io non ti sto mentendo. >>
<< Sì, invece. SI'! >> sbatté violentemente la testa contro il muro << Non sono io! Non sono io! Non sono io! NON SONO IO! NON SONO STATO IO! >>
<< William, hai ucciso tu la tua ex moglie. Hai ucciso tu suo marito e suo figlio. Tu li hai fatti fuori. >>
<< No... no... no, NO! >> scosse la testa << Non voglio più starla a sentire! Basta! Si fermi! NO! >>
Frank scosse la testa.
<<  Mi spiace, William, ma devi accertarlo. Domani verrai processato e subirai la giusta pena. >> fece cenno alle guardie fuori di entrare << Ora segui le guardie, Will, ti porteranno nella tua cella. Il mio lavoro qui è finito. Addio. >>
<< NO, LA SCONGIURO! MI DEVE CREDERE! LA STANNO INGANNANDO! QUESTO E' UN INGANNO! MI AIUTI, MI AIUTI CAPO FRANK! >>
Frank uscì velocemente dalla stanza, camminando dritto senza voltarsi, per poi scomparire nel buio.
<< NO, NO... CAPO FRANK, NO! >>
William Mulciber si ritrovò nella sua cella, al freddo e al buio. L'unica cosa in cui sperava ancora quella sera era di non essere visitato da Dissennatori.
Si distese nella brandina che era ancora agitato e sconvolto, continuando a ripetersi: “ Non sono io. Non sono stato io”
Chiuse gli occhi e il solito agghiacciante grido di morte l'accolse, salutandolo.
<< Ancora non l'hai capito? Il grido di morte è il senso di colpa. >> 
Una voce, una singola voce, riscosse Mulciber dal suo stato di trance. Si tirò su dalla brandina e guardò l'uomo davanti a sé.
<< Non... non può essere. Non tu. Come hai fatto a entrare? >>
L'uomo ghignò.
<< Perché non ridi più, William? Una volta lo facevi sempre! >>
<< Come hai fatto a entrare? >>
<< Io sono sempre stato qui. Sono sempre stato con te, ma non te ne sei mai accorto. >>
<< Tu non... esisti. Tu non sei vero. Vattene! >>
<< Non mi vedi? Io e te siamo uguali! >>
<< VATTENE! >>
L'uomo rise.
<< Mi chiamo William Mulciber. Tu come ti chiami? >>
<< GUARDIE! Vattene! VATTENE! >>
L'uomo lo fermò con una mano, costringendolo a guardarlo negli occhi.
<< Entrambi sappiamo ciò che vuoi, nessuno ti conosce meglio di me. Io sono te. >>
<< Non... no... >>
<< Guarda. >> l'uomo indicò un piccolo pezzo di vetro per terra << Ricordi qualcosa? Questo sarà il nostro piccolo segreto. >>
Mulciber improvvisamente capì, e si buttò sul pezzo di vetro con foga, stringendolo con entrambe le mani.
<< Grazie. >>
<< La morte è soltanto la via per un'altra vita, William. >>
William Mulciber rise, come aveva sempre fatto, e si portò il pezzo di vetro alla gola.
<< La morte mi ricongiungerà a lei. >>
Poco dopo, il corpo di Mulciber fu ritrovato in una pozza di sangue rosso.
Sul volto ancora l'ombra dell'ultimo riso.
Fine

L'ultimo segreto


<< E' stato lui a ucciderlo, non io. >>

Era come se nell'aria ci fosse un continuo e persistente grido. Sottile, metallico, strozzato; un grido di morte.

All'inizio nessuno lo udiva, era quasi impossibile sentirlo tra le altre urla dei prigionieri, ma poi, durante la notte, durante le ore più buie, qualcosa iniziava a vibrare nell'aria.

Prima piano, poi sempre più forte. Fino a quando non ti perforava le orecchie, non ti arrivava al cervello e ti attaccava come un virus.

Da lì in poi iniziavi a urlare anche tu. Urlavi per tanti motivi, ma il principale era sempre quello. Soffocare quel dannato grido di morte.

Impossibile. Eri distratto dagli altri, così ti ritrovavi a piangere e contorcerti nel pavimento come un verme. Poi i Dissennatori arrivavano, e tu, terrorizzato e immobile negli angoli più bui della cella, ti lasciavi prendere.

Per tutti era così, quei pochi che non erano impazziti non lo davano a vedere. Anche loro erano impazziti. 

E questa era una verità assoluta, ogni prigioniero condivideva qualcosa con gli altri.

Il segreto aleggiava sopra tutti e nessuno ne voleva parlare.

<< E' stato lui a ucciderlo, non io, lo giuro! >>


La casa era stata messa a soqquadro per non dare nell'occhio.

Le finestre erano rotte e opache, rovinate dal tempo, le porte erano scardinate e l'erbaccia spuntava dal terreno con violenza, quasi come se quel tappeto verde fosse fatto di aghi pungenti. L'edera aveva avvolto la casa in un morbido abbraccio mortale.

Da dentro non proveniva alcuna luce, nessun rumore, nessun fiato.

La casa sembrava realmente disabitata.

Mulciber attraversò velocemente il piccolo giardino, fino ad arrivare al porticato cigolante e polveroso. Lì le assi di legno erano state brutalmente tolte dal terreno e buttate via, rivelando così altra erbaccia gialla.

L'uomo impugnò la bacchetta e sussurrò alla porta un incantesimo, ed essa si aprì all'istante, rivelando l'interno della casa.

Mulciber venne travolto dall'oscurità dell'abitazione, e quasi si sentì frastornato. Ogni angolo della casa era ricoperto da strati di ragnatele bianche, sottili e brillanti alla luce della bacchetta. Un nero marcio grattava sulla vernice color panna dei muri - la muffa aveva attaccato ogni singola parete -  e un odore stagnante di qualcosa che era andato a male respirava nella casa. I pipistrelli, neri come la notte, lo guardavano da dietro le loro ali, scrutandolo da capo a piedi.

Eppure il mago continuava a sorridere e a camminare imperterrito verso il piano superiore, salendo velocemente le scale e sbirciando in ogni singola stanza, fino a ritrovarsi davanti all'ultima, che presentava una porta bianca immacolata.

Il suo ghigno sembrò illuminare l'oscurità.

Rinnovò la presa sulla bacchetta e avanzò fino alla fine del corridoio, trattenendosi dal ridere sguaiatamente.

Questa caccia all'uomo era fin troppo divertente, ma per i suoi gusti era durata anche troppo, ed era ora di chiuderla.

Con un potente calcio buttò giù la porta, che cadde a terra con un tonfo e che sollevò una gran quantità di polvere dal pavimento, e avvertì un gridolino provenire da un angolo della stanza.

Si voltò velocemente, puntando i suoi occhi scuri verso la voce.

Scoppiò in una grossa risata che rimbombò nelle pareti, nelle stanze, nella casa come un boato.

Tana.


Mulciber deglutì faticosamente e si sedette.

La sedia cigolò pericolosamente sotto il suo peso, ma non crollò.

La scarsa luce che c'era nella stanza, però, bruciava gli occhi dell'uomo, ormai abituato al più totale buio delle celle.

Era la quarta volta che tornava lì in quella settimana. Ed era la quarta volta che lo stesso grassoccio uomo, con calma, si sedeva di fronte a lui, sistemandosi gli occhiali e schiarendosi la voce prima di parlare.

Sapeva cosa gli avrebbero chiesto, ma rimase zitto. Si sarebbe divertito a risentire di nuovo quella frase che ormai gli ponevano ogni volta.

Dai forza, muoviti palla di lardo!

L'uomo alzò finalmente gli occhi su di lui, scrutandolo minuziosamente.

Tre... “ si trattenne dal ridere “due... uno...

<< Allora, Will, chi ha ucciso la famiglia la famiglia Loach? >>

Mulciber rise, dondolandosi avanti e indietro nella sedia cigolante, e tenendosi la pancia con una mano. 

<< Uh, uh, uh, ah! >> sbatté una mano sul tavolo vecchio << Ah, ah, ah, uh! >> poi tornò improvvisamente serio.

<< Il mio nome non è Will, capo. Nessuno mi ci chiama più da anni: il mio nome è Mulciber. >>

<< Will, Mulciber è il tuo cognome, non il tuo nome. Perché non vuoi che ti chiami Will? >>

<< Perché non si può! Non. Si. Può. >> prese fiato << Si è scordato di dirmi perché non le ho risposto alla sua prima domanda. >>

<< Non mi sono scordato, Will, ci stavo arrivando. >>

<< Non mi chiami Will! >> si alzò di scattò dalla sedia, facendo indietreggiare l'uomo davanti a lui.

Subito le guardie fuori dalla cella reagirono: erano pronti ad entrare e a togliere la barriera magica che mettevano per non far scappare i detenuti più indisciplinati della prigione, ma al segnale di Frank, l'uomo che si occupava del Mangiamorte William Mulciber, ritornarono alle loro posizioni.

<< Siediti Will e calmati, prego. >>

Will obbedì, e si sedette un'altra volta, questa volta tremando leggermente. 

Frank notò come sussurrava tra sé e sé “Non sono stato io a ucciderli”, non fermandosi, continuando a ripeterlo talmente veloce da confondersi. Poi, inaspettatamente smise, e fece cenno a Frank di avvicinarsi a lui. Rise.

Malgrado Frank cercasse di non mostrare paura, era chiaro come l'acqua che se la stava facendo sotto. La grossa vena violacea nel collo pulsava velocemente, la fronte era bagnata di sudore e gli mani – dettaglio che poteva sfuggire a qualcun altro, ma non a Mulciber – erano strette al tavolo, davanti al suo torace, a protezione.

Frank si avvicinò lentamente, studiando ogni movimento del Mangiamorte.

<< Non si preoccupi, capo Frank, non le farò niente. Mi hanno controllato e sono pulito! >> ridacchiò.

<< So che non mi farai niente, Will. >>

<< Eppure il suo corpo sembra pensarla diversamente. Lo dica: ha paura? >>

<< Sì, Will, ho paura. >>

<< La prenda seriamente, non è uno scherzo! Ho visto come si è mosso. Sembra che le abbiano ficcato un bastone nel culo! >>

<< Tieni questi termini per te, Will. >> 

<< Voi e tutti quegli altri cagasotto mi fate tanto ridere. Venite qui, sicuri e spavaldi, per interrogarci mentre in realtà vorreste solo tornare nelle vostre calde e belle case a ingozzarvi come maiali e a sorseggiare vino. Camminate per i corridoio con la testa bassa – e non mi dica che non è vero, l'ho vista l'altro giorno. Mi è passato davanti e ha fatto finta di non vedere il mio saluto; e io che mi ero anche affacciato – e quasi correte per andare via. Avete paura dei Dissennatori? Ma se non possono neanche toccarvi. E poi avete quel vizio di lasciare la bacchetta fuori dalle stanze degli “interrogatori”. >> prese un'altra pausa per ridere ancora << Perché lo fate? Me lo dica. Volete sembrare più forti ai nostri occhi? Davanti a noi che siamo pelle e ossa e che non ci reggiamo in piedi? Oppure lo fate perché avete paura che ricapitino episodi che sono già successi in passato. >> sghignazzò, attendendo una sua risposta.

<< Quali episodi, Will? >>

<< Non faccia finta di non sapere. Lei sa a quali mi riferisco! >> si sistemò i capelli davanti alla fronte << Il famoso episodio di Michael, uno dei primi. Ha preso la bacchetta del “suo Frank” e gliela ficcata dritta dritta nel collo. Si dice ancora che per ripulire tutto il suo sangue non siano bastate tre notti, e che per mandare via le macchie abbiano dovuto pitturare il pavimento. >>

<< Conosco queste storie, sono solo incidenti. >>

<< Oppure quello di John. Morto dopo che il suo collo ha fatto accidentalmente crack! >> rise.

<< Will, finiscila. >>

<<  O la migliore. Max. Sbattuto contro le celle di ferro fino a che della sua testa non sono rimaste solo cervella rosse. Hanno dovuto fermare il carcerato con un Avada Kedavra! >>

<< Will, smettila. >>

<< Ha paura di fare la loro stessa fine, capo Frank? >> e rise ancora.

<< Will, finiscila. >>

<< Uh, uh, uh, uh, ah! >>

<< Dimmi che cosa hai fatto quella sera! >>

<< Inizia a perdere la pazienza, capo Frank? >>


<< Risparmiaci, ti prego! >> disse l'uomo.

<< No, ti prego, W... >> urlò la donna.

<< Imperio! >>

La donna si immobilizzò improvvisamente. Nei suoi occhi, dove prima era passata una strana luce dovuta alla paura del momento, ora c'era solo il vuoto. Era come se il suo corpo fosse morto, come se lei fosse morta.

Ora non aveva più il controllo di se stessa.

Mulciber ghignò nell'ombra, passandosi la lingua tra le labbra carnose e screpolate dal freddo, poi fece un cenno verso la donna.

<< Uccidi tuo marito. >>


<< AH, GLIELO DETTO! E' STATO LUI, NON IO! >>

Quel giorno William Mulciber era più agitato del solito. Era entrato nella piccola stanza guardandosi attorno nervoso e tremante, continuando a girarsi verso il lungo e buio corridoio dalla quale era passato poco prima.

Sembrava che non vedesse l'ora di entrare in quella maledetta stanza, dove Frank, puntuale, lo attendeva.

<< Non ti ho chiesto ancora niente. >>

Notò subito che qualcosa in lui non andava. L'aveva fatto sedere e aveva aspettato che parlasse.

<< Figli di puttana. >>

Sicuramente non si aspettava un'affermazione del genere.

<< Di chi stai parlando, Will. >>

<< Le... le... ho detto di non chiamarmi così. >> Frank annuì, come sempre, e attese che Mulciber continuasse << Siete tutti dei figli di puttana. >>

<< Perché Will siamo dei figli di puttana? >>

Mulciber scattò repentinamente in avanti, spalancando gli occhi con rabbia, e sbattendo la mano sul tavolo polveroso.

<< Non mi prenda per il culo, idiota! Non a me! >> ritirò la mano << Crede che non me ne sia accorto? Crede che io non sappia? >>

<< Sapere cosa, Will? Cosa è successo? >>

Mulciber si guardò intorno, scrutando per l'ennesima volta la stanza bianca e vuota protetta dall'incantesimo, e si alzò. Iniziò a percorrerla in tutta la sua lunghezza, contando i passi che faceva da parete a parete, e scuotendo la testa meccanicamente ogni trenta secondi. Arrivò alla porta, guardandosi nella barriera che faceva da specchio. 

Spostò il suo sguardo su Frank.

<< L'ho visto, era vicino a me. Anche oggi era lì con me. Sorridente e felice. >> si girò verso l'uomo << Perché lui può uscire e io no? Lui, il vero colpevole, è libero, senza catene, fuori di qui che cammina di fianco a voi, mentre io sono rinchiuso al suo posto. PERCHÉ FRANK, PERCHÉ? >> si avvicinò fino ad arrivare a un palmo da lui.

<< PERCHÉ AVETE RINCHIUSO ME? IO SONO INNOCENTE! >>

<< Will, ma di chi stai parlando? Nessuno qui è... libero. Nessuno cammina con nessuno. >>

<< IO L'HO VISTO, NON FACCIA FINTA DI NIENTE, FRANK! >>

<< Chi hai visto? Chi? >>

<< Lui. LUI! >>

<< Chi è lui? >>

<< Quello che adesso ci sta guardando fuori dalla porta. >>


La donna, secondo le informazioni raccolte da Mulciber, era l'unica strega in famiglia. Il marito era un semplice Babbano, infatti.

Mulciber la vide camminare lentamente verso il marito, schiacciato e impaurito contro il muro della stanza; senza espressione, senza tentennamenti.

<< Uh, uh, uh, uh, ah! >> rise, perché era una cosa che gli piaceva fare.

La donna prese un pezzo di vetro da terra, un vetro proveniente da una finestra rotta che dava sul tetro cortile, e lo puntò contro l'uomo.

<< Ti... prego, ti prego... Diana... >> piagnucolò l'uomo << Ragiona, rifletti... non farlo... >> lanciò un grido << Tu mi ami! >>

Diana si voltò verso Mulciber, che annuì. 

L'uomo non riusciva a capacitarsi della situazione, e mentre si distraeva guardando gli occhi scuri di Mulciber, non vide sua moglie arrivargli con un salto alla gola e tagliargli da parte a parte il collo; infilzando il pezzo di vetro sempre più dentro e sempre con più forza, con il sangue che correva copioso lungo il suo petto e che macchiava i suoi vestiti e le mani di Diana.

Fece in tempo solo a esalare l'ultimo, angoscioso, pesante, respiro.

Sgranò le pupille e cadde disteso per terra, con gli occhi rivolti al soffitto.

La donna si alzò da terra e si guardò le mani insanguinate, confusa e disorientata, non capendo cos'era quel liquido scuro. 

Mulciber andò alla finestra, tentando di guardare attraverso i vetri sporchi e rovinati per far sembrare la scena allestita vera, soffermandosi sui particolari della campagna davanti a sé.

Tutto era fermo e immobile, come se niente fosse accaduto.

Si girò e ritrovò la donna nel punto in cui l'aveva lasciata: a fissarsi le mani. Stava per avvicinarsi a lei, quando a d'un tratto qualcosa lo distrasse.

Un pianto di bambino interruppe il silenzio della stanza.

Spostò il triciclo davanti a sé e si diresse verso la piccola culla che non aveva notato, poiché nascosta nell'ombra.

Un bambino si dimenava e piangeva disperato, rosso in viso.

Rise e rise ancora Mulciber, perché aveva trovato il modo per far fuori tutta la famiglia.

Chiamò la donna.


<< BASTARDO, ENTRA! ENTRA SE HAI IL CORAGGIO! ENTRA! >> 

Mulciber iniziò a urlare e a battere furiosamente sulla barriera della stanza, come se cercasse di romperla, scatenando la reazione immediata di Frank.

<< Will, WILL! Quelle sono solo guardie, fuori non c'è nessuno! Will, fermati! >>

Frank corse fuori dalla stanza e prese la sua bacchetta, rientrò e la puntò contro l'uomo.

<< Immobilus! >>

Mulciber si ritrovò improvvisamente fermo, incapace di compiere movimenti. Frank fece un cenno alle guardie, per calmarle, e portò l'uomo fino alla sua sedia, facendolo sedere.

Passarono diversi minuti prima che Frank sciogliesse l'incantesimo. Minuti in cui Frank continuava persistentemente a guardare fuori dalla finestra, cercando di vedere l'uomo di Mulciber. Minuti in cui il respiro del Mangiamorte risuonava nella stanza come un grido.

<< Ora io ti libererò Will, ma tu mi devi promettere di non fare come prima. Va bene? >> guardò un'ultima volta fuori << Finitem Incantatem! >> 

Passò dell'altro tempo prima che uno dei due parlasse, ognuno perso nelle proprie riflessioni, poi il Mangiamorte spezzò il silenzio.

<< Lasciatemi andare, non sono stato io! >>

<< Will, abbiamo le prove. Non ti conviene ammettere il tuo omicidio e basta? Ti potrebbero togliere qualche anno. >>

<< Lei non ha visto l'uomo fuori dalla barriera? >>

<< No, nessuno l'ha visto. >>

<< Lei non mi vuole credere, nessuno mi vuole credere. Voi volete solo sbarazzarvi di me. >>

<< Descrivimi l'uomo che hai visto allora, Will. >>

Mulciber si alzò ancora, arrivando di nuovo alla barriera. 

<< Era proprio qui. >> disse indicando un punto nello specchio << E anche questa volta sorrideva, anzi rideva. Se la stava spassando alla grande, era divertito. >> prese fiato << Indossava una tunica nera lunga fino ai piedi, con... tutta nera. Aveva tutto nero. Gli occhi e i capelli, quest'ultimi erano spettinati e lunghi fino alle spalle. Ed era orribile: aveva una cicatrice che gli tagliava tutta la guancia destra, che partiva dalla fronte e che arrivava alla bocca. >> Mulciber si girò << Io l'ho visto, mi creda. E rideva. >>

<< Non dovresti prenderti gioco di me, lo sai vero? >>

<< Capo Frank, io non mi sto prendendo gioco di lei. LUI ERA LI', DIAMINE! >>

<< NON E' POSSIBILE, WILLIAM! >>

<< SO QUELLO CHE HO VISTO! >>

Frank si alzò, facendo cadere la sedia per terra e arrivando fino alla metà della stanza. 

<< Non può essere vero. L'uomo che hai appena descritto sei tu, William Mulciber. >>


Il pianto del bambino si era interrotto dopo che Diana l'aveva lanciato fuori dalla finestra.

Alla fine era rimasto più un urlo, che un pianto. Come se anche il bambino avesse intuito la sua fine.

Ora erano solo lui e la donna, ferma davanti alla finestra, ignara di aver ucciso la sua creatura.

Rimaneva solo lei da far fuori, e Mulciber sapeva anche come fare.

Le si avvicinò e, una volta davanti a lei, le accarezzò il viso.

<< Sei bella come una volta, Diana. Sei sempre stata bella. >> con un dito le sfiorò le labbra rosee e sottili, poi se lo passò sulla cicatrice che aveva in viso << Ma mi hai distrutto, hai distrutto la nostra famiglia per un Babbano... e non potrò mai perdonarti. Ora... uh, uh, uh, ah... sai cos'ho provato io, no? Non avresti dovuto lasciarmi. >> 

Mulciber strinse improvvisamente la stretta sul suo viso, ma poi lasciò andare la donna di colpo.

Il lavoro era fatto, era ora di andare.

Lasciò Diana lì, in mezzo alla stanza, a guardarsi le mani sporche di sangue, da sola.

Uscì dalla casa e arrivò fino al cancelletto dell'abitazione e si voltò.

Diana era affacciata alla finestra e lo guardava, sempre con quello sguardo vuoto e spento.

<< Finitem Incantatem. >> 

E mentre Mulciber si smaterializzava da quel luogo, un urlo disperato risuonò nella casa e nella campagna, e tutt'attorno sembrò che l'odore del sangue si fosse fatto più forte.

Quella notte erano morte quattro persone. 

Mulciber era tra loro.


L'uomo scivolò a terra, sbattendo la testa contro la barriera.

<< Lei... lei mente! MENTE! STIA ZITTO! >> Mulciber iniziò a piangere << Capo Frank, perché mi fa questo? Perché mi mente? PERCHÉ? >>

<< William io non ti sto mentendo. >>

<< Sì, invece. SI'! >> sbatté violentemente la testa contro il muro << Non sono io! Non sono io! Non sono io! NON SONO IO! NON SONO STATO IO! >>

<< William, hai ucciso tu la tua ex moglie. Hai ucciso tu suo marito e suo figlio. Tu li hai fatti fuori. >>

<< No... no... no, NO! >> scosse la testa << Non voglio più starla a sentire! Basta! Si fermi! NO! >>

Frank scosse la testa.

<<  Mi spiace, William, ma devi accertarlo. Domani verrai processato e subirai la giusta pena. >> fece cenno alle guardie fuori di entrare << Ora segui le guardie, Will, ti porteranno nella tua cella. Il mio lavoro qui è finito. Addio. >>

<< NO, LA SCONGIURO! MI DEVE CREDERE! LA STANNO INGANNANDO! QUESTO E' UN INGANNO! MI AIUTI, MI AIUTI CAPO FRANK! >>

Frank uscì velocemente dalla stanza, camminando dritto senza voltarsi, per poi scomparire nel buio.

<< NO, NO... CAPO FRANK, NO! >>


William Mulciber si ritrovò nella sua cella, al freddo e al buio. L'unica cosa in cui sperava ancora quella sera era di non essere visitato da Dissennatori.

Si distese nella brandina che era ancora agitato e sconvolto, continuando a ripetersi: “Non sono io. Non sono stato io

Chiuse gli occhi e il solito agghiacciante grido di morte l'accolse, salutandolo.

<< Ancora non l'hai capito? Il grido di morte è il senso di colpa. >> 

Una voce, una singola voce, riscosse Mulciber dal suo stato di trance. Si tirò su dalla brandina e guardò l'uomo davanti a sé.

<< Non... non può essere. Non tu. Come hai fatto a entrare? >>

L'uomo ghignò.

<< Perché non ridi più, William? Una volta lo facevi sempre! >>

<< Come hai fatto a entrare? >>

<< Io sono sempre stato qui. Sono sempre stato con te, ma non te ne sei mai accorto. >>

<< Tu non... esisti. Tu non sei vero. Vattene! >>

<< Non mi vedi? Io e te siamo uguali! >>

<< VATTENE! >>

L'uomo rise.

<< Mi chiamo William Mulciber. Tu come ti chiami? >>

<< GUARDIE! Vattene! VATTENE! >>

L'uomo lo fermò con una mano, costringendolo a guardarlo negli occhi.

<< Entrambi sappiamo ciò che vuoi, nessuno ti conosce meglio di me. Io sono te. >>

<< Non... no... >>

<< Guarda. >> l'uomo indicò un piccolo pezzo di vetro per terra << Ricordi qualcosa? Questo sarà il nostro piccolo segreto. >>

Mulciber improvvisamente capì, e si buttò sul pezzo di vetro con foga, stringendolo con entrambe le mani.

<< Grazie. >>

<< La morte è soltanto la via per un'altra vita, William. >>

William Mulciber rise, come aveva sempre fatto, e si portò il pezzo di vetro alla gola.

<< La morte mi ricongiungerà a lei. >>


Poco dopo, il corpo di Mulciber fu ritrovato in una pozza di sangue rosso.

Sul volto ancora l'ombra dell'ultimo riso.


Fine


N/A

Ho scritto questa storia per l'Horror Halloween Fest", indetto da AliH e PurpleMarry sul forum di Efp, dove si è classificata quinta. Ho scelto questo personaggio, Mulciber, perchè non si sapeva molto di lui e volevo mettermi un po' alla prova. Di lui, su Wikipedia, viene detto questo "Non si sa il nome di questo Mangiamorte. Mulciber venne arrestato dopo la caduta dell'Oscuro Signore. La sua principale abilità era quella di saper utilizzare molto bene la maledizione Senza Perdono denominata Maledizione Imperius. Ai tempi della scuola era un grande amico di Severus Piton, cosa di cui Lily Evans accuserà lo stesso Piton. Si può dedurè che la vittima degli scherzi di Mulciber ed Avery era Mary (Amica di Lily)."

Da lì ho preso spunto per utilizzare l'Imperio. Inoltre, il titolo è collegato al fatto che Mulciber tiene molti segreti dentro sé: la pazzia, la relazione con Diana, la sua paura e per ultimo la sua urgenza di voler falla finita, consumato dai sensi di colpa per aver ucciso la sua amata. ( Che sì, si suicida, ma è per quello che ha fatto Mulciber )

Ringrazio le giudiciH per il giudizio e a chi leggerà/comm... bla, bla, bla. Lo sapete.

A presto, W.

 


   
 
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