C’è
silenzio nella via illuminata da qualche lampione malconcio.
L’aria
è afosa. Le magliette aderiscono a corpi nevrotici, distanti.
La
notte, a Londra, sembra non finire mai.
Si
accendono le stelle, si spengono le parole.
A
parlare sono le bottiglie strette tra le mani, l’alcool che
scorre inebriante nelle
vene.
A
parlare, sono quei silenzi carichi di malcelata tensione, quando i
corpi si
avvicinano senza avere il coraggio di sfiorarsi.
Un
marciapiede dimenticato in un angolo grigio di città fa da
contorno alla loro
amicizia. Al loro amore.
-
Avremo un bambino! Avremo un bambino!
James
non smette di urlare, al vento tiepido, ai gatti randagi, la sua
felicità.
James
non smette di bere.
James
non smette di non capire.
E
Sirius lo asseconda; ride con lui, in quella notte troppo strana per
essere
raccontata.
E
pensa che il mondo a volte riserva delle sorprese: James
sarà padre e lui
rimarrà il solito cane solitario.
Rimarrà
con la malinconia tra i denti. Tra le dita, il profumo di qualcuno
lontano,
troppo lontano.
-
Urla con me, Sirius! Urla!
Lo
asseconda, ancora. Grida, in quella strada che profuma di tristezza.
-
Sarai il suo padrino, vero?
Sirius
lo fissa. Annuisce. James sorride, gli salta addosso.
Un
abbraccio che lo frantuma in milioni di pezzi.
E
Sirius lo capisce, mentre James si allontana, gli occhiali storti:
capisce che
di un uomo così, potrebbe anche innamorarsi. O forse, lo ha
già fatto.