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Autore: _ladybolton    28/02/2011    5 recensioni
Lei che mi aveva aiutato a continuare a combattere.
Ma combattere per cosa?
Per una nazione? Per una religione? O semplicemente per la gloria?
''Ti amo, Eloïse'' mi asciugai una lacrima con la manica sudicia e strinsi i denti ''ti amo perché tu incarnavi tutto ciò che stavo cercando. Eri il vento della libertà, un sorriso innocente, una sprizzata di gioia. Ed ora non ci sei più''.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ss

Eloïse

 

 

 

Quando si ama, la natura non è più un mistero.

 

(A De la Tour Chembley)

 

 

Un corvo era appallottolato sopra la lapide.
I grandi occhi color ocra scrutavano il paesaggio con attenzione, spostandosi da destra a sinistra come se fossero agitati da qualcosa o come se si aspettassero qualche movimento fuori dall'ordinario.
Camminai lentamente verso il punto esatto in cui si trovava, facendo attenzione a non fare troppo rumore. Avevo sempre paura di spaventarlo, nonostante fossero passati mesi.
Non staccando gli occhi dai suoi mi chinai lentamente sulla lapide, posando un mazzo di girasoli accanto ad essa. Nell'alzarmi lentamente con il busto sorrisi, avvicinando la mano tremante verso il suo piccolo corpo. Nel toccargli le penne lo vidi indietreggiare con le zampe lunghe e guardarmi più all'erta di prima.
«Ehi, sono io» sussurrai, sfiorando con l'indice l'ala destra, come se si trattasse di una mano.
Quel pensiero mi provocò una stretta al ventre ma cercai di non pensarci e mi sedetti vicino a lui, con la schiena che poggiava sulla roccia della lapide. Dopo qualche secondo il corvo venne a posarsi sulla mia spalla, come faceva sempre, ed iniziò a picchiettare lentamente sulla mia spalla.
Risi quando con il becco sfiorò il collo e lo scansai di poco «lo sai che soffro il solletico!» guardai i suoi grandi occhi che sembravano quasi sorridermi.
''Stupido Jude, i corvi non ridono'' mi maledissi all'istante ed alzai gli occhi al cielo, per evitare nuovamente il contatto con i suoi.
I fiocchi di neve cadevano con lentezza, posandosi a terra per poi sciogliersi quasi nello stesso istante in cui sfioravano il terreno. Pian piano che il tempo avanzava si fecero più numerosi ma non sentii freddo. Per me, irlandese di nascita, le nevicate di Cherbourg erano frizzanti cadute di batuffoli di neve. Ero abituato a ben altro. Il freddo a Dublino era micidiale, in particolare se non si avevano le condizioni necessarie per affrontarlo. Mio fratello da piccolo aveva perso due orecchie, mio padre era morto proprio a casa di una delle tante nevicate e c'era mancato poco che anche io non morissi.
''Forse sarebbe stato meglio morire all'età di cinque anni'' lasciai che la neve mi sfiorasse il viso ''ora sarei lì con lei, in cielo...se davvero esiste un cielo''.
Ero arrivato anche a dubitare della mia religione, tutto per colpa di quelle stesse persone che avevo supportato per anni. Avevo tradito persino la mia nazione per seguire le imprese di Carlo Magno e la sua religione, avevo tradito la mia famiglia, i miei amici, la mia stessa vita. Ero diventato un altro per quel Dio benevolo che si trovava là in cielo e per quel re che si era presentato come un eroe paragonabile a Cesare dell'antica Roma.
Ma quello stesso Dio e quel Re mi avevano privato della cosa più importante.
Lei: Eloïse.
Ricordavo ancora il suo sorriso candido, la sua carnagione pallida e quei grandi occhi neri che parevano pozzi nella quale sprofondare.
Io ci ero sprofondato, in pieno.
Lei, con un solo sguardo, mi aveva conquistato, trascinandomi nella via della perdizione. Ero rimasto in Francia solo per lei, avevo continuato a combattere per rimanerle accanto nonostante il breve ripensamento che avevo avuto per ritornare in patria. Ma lei, con quella sua voce cristallina e quel suo tocco delicato, mi aveva fatto desistere. Quel giorno avevo pianto, le avevo parlato dei capelli ricci di mia madre, della voce profonda del mio vecchio insegnante d'armi e le avevo riportato una descrizione dettagliata del mio piccolo villaggio, affermando che mi mancava più di ogni altra cosa. Ma era stata una bugia e lei lo aveva capito. Si era avvicinata a me, con le guance arrossate che la facevano sembrare ancora più bella, e mi aveva domandato «ti manca più di un bacio di una donna?»
Le avevo risposto che non poteva mancarmi nessun bacio, perché il suo ancora non lo avevo ancora ricevuto.
Avevamo fatto l'amore quella notte, in quella squallida capanna tra mille altri soldati. Lei, una semplice contadina di campagna, ed io, un soldato irlandese che non aveva niente a che fare con quella guerra.
Dopo quella notte ce ne erano state altre ma sempre più disperate. Una volta che i soldati feriti si sarebbero ripresi avremmo dovuto abbandonare il villaggio ed io, forse, non l'avrei più rivista. Eppure il destino aveva preferito che non si presentasse quell'occasione e la fece morire prima.
Fu un soldato ad ucciderla.
Un uomo dei nostri, un cristiano, un fratello.
In uno scatto d'ira perché lei si era rifiutata di concedersi a lui ed io, con quello stesso scatto di rabbia, gli avevo aperto la gola in due. Vederla a terra, gocciolante sangue, con quelle labbra carnose e rosse ancora aperte per lo stupore, mi aveva fatto dimenticare perché mi trovassi lì, per cosa e chi stessi combattendo.
Mi ero dimenticato di me stesso, di tutti quei valori che avevo difeso anche a costo di abbandonare la mia casa. Avevo perso lei, il valore più grande. Lei che mi aveva aiutato a continuare a combattere.
Ma combattere per cosa?
Per una nazione? Per una religione? O semplicemente per la gloria?
''Ti amo, Eloïse'' mi asciugai una lacrima con la manica sudicia e strinsi i denti ''ti amo perché tu incarnavi tutto ciò che stavo cercando. Eri il vento della libertà, un sorriso innocente, una sprizzata di gioia. Ed ora non ci sei più''.
Avevo portato il suo corpo nella foresta dove ci eravamo incontrati per la prima volta. Io ero ferito insieme ad altri soldati e lei era venuta a soccorrerci in compagnia di altri abitanti del villaggio che erano stati attirati dalle urla. Ci avevano soccorso e ospitato per più di un mese, prima di riacquistare le forze per unirci agli altri franchi nella battaglia contro i sassoni.
Sul suo corpo freddo si erano posati batuffoli di neve che l'avevano ricoperta quasi del tutto. Io ero rimasto lì, con ancora il sangue del mio compagno sulle dita. L'avevo sfiorata con quel sangue, l'avevo baciata stringendole con forza la mano nella speranza che quel calore la facesse tornare in vita.
Poi un corvo si era posato sul suo viso ma con delicatezza. L'avevo riconosciuto a causa di un piccolo taglio all'altezza dell'occhio. Era stata lei a presentarmelo, con quel suo sguardo eccitato. Mi aveva detto che era il suo migliore amico, da quando era piccola, e si chiamava Willy. Avevo riso vedendola accarezzare quell'animale e le avevo chiesto come avesse fatto ad addomesticarlo ma lei mi aveva guardato male, stringendo le labbra in un modo che avevo imparato ad amare.
«Io non ho addomesticato nessuno, Jude!» aveva esclamato, lasciando che il corvo si posasse sulla sua spalla e mi osservasse con quello sguardo freddo «la mia famiglia ha un rapporto speciale con i corvi. Ma tu cosa ne puoi capire? Sei al servizio di un Dio che neanche si manifesta a te. Come fai a credere in qualcosa di così distante dalla tua realtà?» il corvo sembrava quasi aver sentito quelle parole e era volato via dalla sua spalla, prendendo a volarmi attorno «invece impara a guardare la natura. Lì si trova la verità, sta dentro di noi» nel dire quelle parole si era sfiorata il petto, con gli occhi lucidi.
Non le avevo creduto quel giorno, non le avevo creduto neanche il giorno seguente e, quando era morta, mi ero chiesto come avesse fatto la natura che lei tanto decantava a privare il mondo di una tale creatura.
Però il giorno dopo avevo trovato quel corvo ad aspettarmi con i suoi grandi occhi gialli, il piccolo taglio all'altezza di quello destro e un aria curiosa. Lo avevo scansato via con rabbia, non volendo averci niente a che fare.
Mi ricordava Eloïse e le sue pazze idee.
Mi ricordava la sofferenza e la voglia di morire.
Eppure quel corvo non aveva capito il mio rifiuto e aveva continuato a seguirmi per giorni interi. Mi aveva perseguitato persino in battaglia, al gelo nelle caverne, fuori dalle osterie. Vedendo che però il mio rifiuto nei suoi confronti non accennava ad andarsene, una sera se ne era andato, offeso. Non lo avevo più rivisto fino al giorno in cui ero andato a far visita alla tomba di Eloïse. Lo avevo trovato appallottolato sopra di essa e mi aveva fissato a lungo, all'erta. Quella prima volta avevo fatto finta di niente ma, per tutte le successive, mi era risultato difficile non notare la sua presenza.
Eppure ci misi fin troppo a capire cosa stava a significare.
Lentamente mi voltai verso di lui, ritornando con la mente al presente. Mi stava fissando, come faceva da più di due anni, con uno sguardo profondo e intelligente.
«Ti amo Eloïse» sorrisi e scansai di poco il capo, in modo da permettergli di riposarsi sulla mia spalla.
Lei lo fece e rimanemmo così tutta la notte.

 

 

Questa One Shot è stata scritta per un contest nella quale dovevo utilizzare delle immagini date. Avrò cambiato idea un miliardo di volte ma alla fine l'effetto non mi dispiace, anche se non ha molto senso ò.ò Certamente non ha nessuna pretesa. Ho preferito fare qualcosa di leggero, l'ho sentita in questo modo ^^

Per ultima cosa volevo dire che non ho scusanti per l'aggiornamento della mia storia "Vai...e non voltarti indietro". Non avendo scusanti non so neanche cosa dire, può darsi che tra qualche settimana riuscirò ad aggiornarla, sicuramente prima di un mese XD (ok, speriamo...)

Un bacio a chiunque leggerà e commenterà <3

   
 
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