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Autore: Efrem93    01/03/2011    0 recensioni
E' il mio primo esperimento di scrittura; è una storia che ho in mente da un po' così ho deciso di pubblicarla mano a mano che la scrivo.
Questa tradizionale storia fantasy parla di un ragazzo che scopre di possedere poteri magici e che, insieme ad altri compagni, dovrà peregrinare per molti luoghi al fine di salvare il mondo...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Un’immensa esplosione, volti che spariscono nella luce e un vortice, un immenso vortice che aspira tutto verso il suo centro dove… dove… c’è qualcosa là al centro ma cosa?? Cosa?? E mentre l’immagine diventa sempre più nitida …
DRIIIIIIIIIIIIIIN!!!!!!!!
Luca si svegliò di soprassalto. Stava sudando; ancora quel maledettissimo sogno, ormai erano mesi che lo faceva e ancora non aveva capito cosa rappresentasse. Improvvisamente si ricordò che doveva andare a scuola, guardò la sveglia e vide che aveva perso inutilmente del tempo a pensare, si alzò e dopo una rapida colazione si preparò e uscì salutando appena la madre che gli ricordava che oggi era il giorno del suo sedicesimo compleanno.
Uscito dal palazzo, si diresse di corsa verso il liceo, che, per fortuna, era situato vicino a casa sua. D’un tratto si sentì osservato, si girò ma non vide nessuno. “Dannata la mia paranoia” e ricominciò di nuovo a correre.
Arrivò giusto poco prima che il professore entrasse in aula, così fece solo in tempo a salutare i suoi due migliori amici Giulia e Marco che gli fecero gli auguri; la classe sentito che era il giorno del suo compleanno iniziò a urlargli gli auguri, tanto che il professore ci mise del tempo, e la rottura del registro di classe, per avere un po’ d’ordine.
La lezione di fisica procedeva lentamente: noiosa come non mai, procurava agli alunni uno stato di apatia che neanche le domande al posto riuscivano a togliere. Luca passò l’intera ora guardando fuori dalla finestra una classe che faceva educazione fisica e salutò con gioia la campanella che avvertiva la fine di quell’orribile lezione. Dopo aver dato degli esercizi per casa, che nessuno aveva sentito o trascritto, il prof uscì dalla classe che si rianimò prontamente o per ripassare la materia successiva o semplicemente per parlare con gli amici. Giulia e Marco si avvicinarono a Luca per porgergli il loro regalo, un bel libro fantasy, uno di quei mattoni che piacevano al ragazzo. Questi li ringraziò e poi insieme a loro iniziò a ripassare per la lezione successiva, latino.
Improvvisamente mentre stava leggendo la costruzione della perifrastica passiva, con la coda dell’occhio vide due figure che guardavano la finestra dove lui era affacciato, ma in un secondo queste sparirono.
Ritornato a casa, la madre gli fece ritrovare una bellissima torta con sopra scritto “Buon Compleanno” in cucina, e alle spalle urlò i suoi auguri  facendo spaventare enormemente il ragazzo, che disse:
- Mamma!, Basta con i tuoi soliti scherzi idioti!-
- E’ stato più forte di me - disse la donna, appena  quarantenne, ridendo e aggiunse:
- Comunque ecco il tuo regalo -.
Luca scartò velocemente il pacchetto, rivelando un ciondolo molto speciale per lui: era molto semplice, poteva essere scambiato per una di quelle collanine che vendono sulle spiagge, uno spago per legarle al collo e una pendente d’argento a forma di goccia; ma era appartenuto a suo padre, suo padre morto misteriosamente quando lui non era ancora nato e di cui rimanevano soltanto poche foto e quel ciondolo, quel ciondolo che ora sua madre gli regalava.
- Grazie Mamma! Ma non ti dispiacerà separarti da questo ricordo?- Disse mentre si gettò alle sue braccia.
- Non ti preoccupare, so che ti è sempre piaciuto ed è per questo che ho deciso di regalartelo. -
- Lo metterò sempre, è una promessa -.
- Ci conto - Disse sua madre sorridendo.
Ancora una volta ebbe la sensazione di essere osservato, così si affacciò alla finestra ma non vide, per l’ennesima volta, nessuno.
- Cosa stai guardando?- Gli chiese la madre.
- Non è niente, solo mi sentivo osservato. Sarà stata la mia immaginazione-.
- Sicuramente; i tuoi professori mi dicono sempre che hai la testa fra le nuvole. Comunque ti ricordo che domani parto per lavoro e che non ritornerò se non il mese prossimo; ce la farai a stare un mese da solo in casa? -
- Sì, si non ti preoccupare; in fondo non è la prima volta -.
- Non so- disse la madre – ho una strana sensazione -.
- Poi dici a me che sono strano e che ho una forte immaginazione- scherzò il ragazzo.
- Hai ragione – disse la madre prima di mettersi a ridere.
 
Passarono una bella serata e quando andò a letto non poté fare a meno di vedersi allo specchio: alto e magro, moro e con gli occhi verdi; sul petto splendeva il ciondolo di suo padre. Nel letto non riuscì subito a prendere sonno, nella mente gli rimanevano le preoccupazioni della madre: improvvisamente non aveva più tanta voglia di scherzarci sopra.
 
Una figura avanzò nel buio.
- Mio Signore, mi ha chiamato? - disse.
- Lo avete trovato? – disse un uomo seduto nell’ombra.
- Si mio Signore, lo abbiamo identificato si chiama Luca Mazzini e abbiamo già inviato le nostre Ombre -.
- Bene. Stai attento: non accetterò fallimenti come l’ultima volta, altrimenti le conseguenze le pagherai tu e sai quali saranno, vero Amrak? –
- Non si preoccupi mio Signore, questa volta non fallirò -.
- Lo spero per te; ora va e riferiscimi quanto succederà -.
L’uomo si allontanò, mentre l’altra figura rimase ferma al suo posto sul suo trono; ne era sicuro nel giro di pochi giorni quel Luca sarebbe morto, e il suo piano avrebbe fatto un passo avanti verso la meta.

“Di nuovo lo stesso sogno: cosa è quel vortice? Cosa sta risucchiando? E cosa c’è al suo centro?” Era ciò che si domandava Luca mentre andava a scuola quel giorno dopo un’altra notte passata con lo stesso sogno degli ultimi mesi. La madre era partita quella mattina presto senza neanche svegliarlo, già ne sentiva la mancanza, soprattutto perché gli sembrava di essere spiato ancora di più rispetto a prima e voleva confidarsi con lei.
 
In classe c’era più rumore del solito: si vociferava, infatti, che un’alunna straniera sarebbe venuta proprio in quella scuola e aveva fatto richiesta di essere messa da loro. Tutto il vociferare cessò quando la professoressa di italiano, la più temibile, entrò in classe; con un sorriso, che molti definirebbero diabolico e sadico, salutò gli alunni.
- Ragazzi sono felice di annunciarvi che avrete una nuova compagna – disse indicando la porta da cui entrò una ragazza minuta di carnagione chiarissima, quasi bianca, e degli strani capelli: neri ma con riflessi blu elettrico, che degradavano alle punte quasi sull’azzurro.
- Lei si chiama Mithra e viene … Da dove hai detto che vieni? – chiese rivolta alla ragazza
- Dalla Norvegia, da un piccolo paese che si chiama Rias – rispose lei con un sorriso abbagliante che fece sospira molti dei ragazzi.
“Già ha quelli che le fanno il filo, speriamo non se la tiri” pensò Luca; la ragazza si girò improvvisamente verso di lui e lo guardò per alcuni istanti stranamente, finché non chiese di potersi sedere proprio vicino a lui, giacché il posto accanto non era occupato. La professoressa acconsentì e, dopo un veloce giro di nomi, iniziò la lezione dicendo di aver corretto i temi e che questi erano andati, secondo il suo parere, bene.
Alla vista del suo voto e di quello dei suoi compagni, Luca si chiese che concezione del bene avesse la professoressa perché la media dei voti era sul cinque  e che pochissimi avevano preso più di sei. Ogni tanto volgeva lo sguardo verso la nuova compagna di banco: non aveva detto una parola, ma, ogni tanto mentre era girato, avvertiva che lo fissava indagatrice.
 
Un altro giorno di scuola passò così, sentendosi gli occhi della nuova addosso; già aveva deciso che ne avrebbe parlato con i suoi amici, che però improvvisamente durante la calca dell’uscita erano scomparsi.
“Che fare? Li aspetto?” mentre pensava ciò la ragazza, Mithra o come si chiamava, si avvicinò a lui.
- Posso accompagnarti a casa?-
- Ehm … Veramente aspettavo due miei amici ma visto che non si vedono, perché no?- Rispose sorpreso il ragazzo.
 
Nel più assoluto silenzio i due si incamminarono. Mai Luca desiderò così fortemente trovarsi un altro posto: la ragazza non parlava e in più quando si girava lo fissava in modo strano, però lo doveva ammettere era bellissima. Alla fine si decise e per attaccare bottone esclamò tutto d’un fiato:
- Perché sei venuta fin qui dalla Norvegia? E perché parli così bene l’italiano?-
- Mia madre è italiana e, dopo la morte di mio padre, ha deciso di ritornare qui visto che niente la tratteneva in Norvegia – disse con sicurezza la ragazza, come se si fosse preparata già questo discorso.
- Hai detto che la città dove sei nata si chiama Rias, non l’ho mai sentita?-
- E’ un piccolo paese, non mi sembra improbabile che non l’abbia sentito- troncò il discorso.
Ricominciarono a camminare in silenzio. Luca era sempre più imbarazzato e, quando vide il suo palazzo, esclamò quasi con sollievo:
- Sono arrivato!-
- Uhm … Bene allora ci vediamo domani- disse Mithra allontanandosi.
 
Girato l’angolo la ragazza parlò con una persona nascosta nel buio
- Lo abbiamo trovato, è lui sono sicura-
- Spero tu non lo sia come l’ultima volta Mithra, ti ricordi il disastro a Vienna? Quella ragazza pensava fossimo rapitori – disse la figura.
- Fidati di me, è lui-.
- Perché questo non fa altro che peggiorare il mio stato d’animo?- disse ironica la figura.
Entrambi quindi sparirono nell’ombra.
 
Luca passò un pomeriggio e una serata molto noiosi: infatti dovette studiare per il compito di inglese del giorno dopo e così non ebbe il tempo di uscire. Dopo aver gustato un bel pezzo di pizza, ordinata una ventina di minuti prima, decise che era tempo di andare a vedere un po’ di televisione.
Il ragazzo non riusciva però a concentrarsi, il suo pensiero ritornava subito a quella ragazza; non sapeva perché ma non riusciva a convincersi della sincerità di quanto gli aveva detto dopo scuola, sembrava tutto programmato per dare esattamente quella risposta. Avendo capito che non si sarebbe concentrato sulla tv, Luca decise di andare a letto, oltretutto il giorno dopo si sarebbe dovuto svegliare presto, sebbene fosse sabato, per non arrivare tardi per il compito che aveva in prima ora.
Steso sul letto però non riusciva a prendere sonno, ancora lo turbava la nuova compagna; passò una buona mezz’ora prima che la stanchezza ebbe il sopravvento sul tormento di Luca.
 
Un piccolo tonfo.
Luca non riusciva a capire cosa lo provocava, era un rumore ritmico come di passi.
Alla fine la curiosità e la preoccupazione prevalsero su di lui, aprì forzatamente gli occhi e accese la lampada che aveva sul comodino. Ciò che vide gli raggelò il sangue.
  
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