Grazie immensamente per i commenti
all’ultimo capitolo.
Sono davvero contenta che questa storia vi stia
piacendo così tanto.
Grazie anche da parte di Bilbo, che mi ha
telefonata e mi ha detto che, se potesse, offrirebbe una ciambellina fritta ad
ognuno di voi.
Buona lettura.
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Capitolo 13
Il giorno dopo
l’incontro con Simona e la cena con Davide, Camila ha accettato ufficialmente la
proposta di lavoro.
Ha telefonato alla
madre di Davide e con lei si è accordata per incontrare il commercialista. L’appuntamento
con il dottor Manzoni si è tenuto due giorni dopo.
Camila non possiede
un diploma specifico che la qualifichi come professionista nell’assistenza
domestica. A dirla tutta, Camila non possiede alcun tipo di diploma. Ammetterlo
in presenza di Simona e di Giancarlo l’ha fatta sentire in imbarazzo per un
attimo, ma poi si è velocemente ripresa. Ha imparato, nel corso degli anni, a
fare bene il suo lavoro, e per lei è questo ciò che conta. Ne va orgogliosa,
anche se non possiede un titolo di studi che certifichi le sue conoscenze.
L’assenza di un
diploma ha tuttavia pregiudicato l’aspetto economico del contratto. E’ per
questo motivo che Camila non ha detto addio a tutti i suoi vecchi clienti. Nei
giorni successivi ha concordato con Simona gli orari di lavoro, in modo tale da
avere la possibilità di recarsi anche a casa di altre famiglie per guadagnare
di più.
Camila è riuscita
(e ancora non le sembra vero) a conservare tutti i clienti che si trovano nella
parte settentrionale della città, quella più vicina all’abitazione di Davide.
In questo modo non deve viaggiare per lunghi periodi in metropolitana o sugli
autobus, e può gestire il lavoro in maniera ottimale.
Simona è stata
molto accomodante. La donna non vede l’ora di avere Camila in casa, e non ha sollevato
problemi quando lei le ha chiesto di poter continuare a lavorare nelle case
altrui.
Unendo al salario
da colf i compensi orari percepiti dai clienti benestanti di Roma Nord, Camila
riesce a guadagnare mille e duecento euro al mese. La metà va via per pagare
l’affitto della stanza nell’appartamento che divide con Alessia e Ida, le
bollette della luce e del gas, e per l’abbonamento ai mezzi pubblici. Dei
seicento euro rimanenti, Camila conserva per sé (per la spesa, per la ricarica
del telefonino e per gli imprevisti) duecentocinquanta euro. I
trecentocinquanta euro rimanenti finiscono su un libretto postale che Camila ha
aperto poco dopo essere arrivata a Roma.
Il saldo del
libretto è pari a 9.650 euro. Quei soldi rappresentano il suo biglietto per una
nuova vita. Rappresentano, e non solo metaforicamente, la strada verso il
Brasile.
L’ultima tappa
della fuga da Umberto.
***
Il lavoro a casa
dei Falco inizia il lunedì successivo al loro primo incontro.
Camila prende la
metropolitana alle otto meno un quarto invece che alle sette, riuscendo a
dormire di più. Quando arriva davanti al portone del palazzo, alle nove in
punto, si sente agitata come se si trattasse del suo primo giorno di lavoro in
assoluto.
Ad attenderla in
casa, con sua enorme sorpresa, ci sono soltanto Simona e Bilbo.
Giancarlo è uscito
presto: nel corso della giornata andrà e tornerà da Perugia per seguire una
consegna importante. Priscilla è in ospedale e Davide in biblioteca a studiare.
“Voleva rimanere
qui,” dice Simona quando sistema il giaccone di Camila
sulla panca nel corridoio. “Ma ho pensato che per questo
primo giorno non abbiamo bisogno di troppa gente fra i piedi. Inoltre,
quando è a casa non studia mai come si deve, per cui l’ho costretto ad andare in
biblioteca nonostante non volesse,” dice ridendo.
Camila sorride ed
annuisce.
Peccato, mi avrebbe fatto piacere rivederlo.
O forse no, forse è meglio che oggi mi dedichi solo ed esclusivamente al
lavoro. La sua presenza sarebbe stata una distrazione troppo forte.
Camila non ha più
visto Davide dalla sera al McDonald’s. Neanche al suo appartamento, in
compagnia di Alessia.
Probabilmente è stato occupato con lo studio
e con gli esami.
“Da dove comincio?”
chiede Camila, guardandosi attorno. E’ ciò che ha sempre chiesto agli altri
clienti, per ricevere ordini circa le camere da pulire o il bucato da stirare.
“Che ne dici se
andiamo in cucina a fare il caffè?” domanda Simona. “Non dobbiamo andare di
fretta.”
“Ok,” risponde l’altra. “Va bene.”
Camila la segue
lungo il corridoio che porta alla cucina, passando accanto al cesto in cui
Bilbo è impegnato a mordere un pupazzo di gomma. Il cagnolino non ha abbaiato
quando è entrata in casa, ma si è limitato a scodinzolare. Proprio come fa con
gli altri membri della famiglia.
Una volta in
cucina, Simona chiede a Camila di accomodarsi. Quest’ultima, però, si sente
quasi in colpa mentre osserva la signora preparare il caffè.
Dovrei essere io a farlo. E’ il mio lavoro.
E’ lei quella che dovrebbe rimanere seduta.
“Allora,” dice la padrona di casa mentre carica la caffettiera con
moka scura e profumata, “conosci qualche buona ricetta da fare a pranzo? Saremo
in due, io e te, però chi ha detto che non dobbiamo trattarci bene, giusto? Dopo
aver preso il caffè andremo a fare la spesa, quindi se hai voglia di qualcosa
di sfizioso, prendi quel quaderno sulla mensola e segna pure gli ingredienti.”
“Beh, io… io… io ho
portato il pranzo da casa,” dice Camila, osservando la
sua borsa, ferma sulla panca nel corridoio.
Simona la guarda
con stupore. “Ma non devi restare fino alle tre, Camila?”
“Sì,
sì, certo. Rimarrò fino alle tre, però…”
“E allora qual è il
problema? Mangerai qui, non c’è bisogno che porti il pranzo,”
esclama Simona, avvitando la caffettiera. La sistema
sul fornello medio e va a sedersi all’altro capo del tavolo. “Oggi saremo sole,” riprende, “e in genere sarà così, visto che Giancarlo è
sempre in giro e i ragazzi pranzano con gli amici, all’università o in
ospedale. Però a volte Davide resta a casa, e Priscilla torna prima del
previsto. In quei casi cosa vorresti fare, mangiare in un angolo per conto tuo?
Niente più pranzo da casa, Camila. Va bene?”
“Va bene,” risponde arrossendo.
“Se hai voglia di
preparare il tuo piatto preferito puoi farlo qui e farlo assaggiare anche a
noi. Non c’è bisogno che ti porti da mangiare. Chiaro?”
Le sorride, le labbra sottili e belle proprio come quelle di
suo figlio.
***
Camila sbaglia
quando pensa che Davide sia stato occupato con i libri e con gli esami.
Il ragazzo è stato
occupato, in effetti, ma con altre questioni. Una sola, a dire il vero. Una
sola questione.
Alessia. Come
evitare di vederla, come allontanarla, come liberarsi di lei.
La sera in cui ha
accompagnato Camila a casa sono cambiate molte cose. Durante il viaggio di
ritorno con Bilbo addormentato al solito posto, Davide ha pensato e ripensato ai momento trascorsi con la ragazza di Carovigno.
Ha deciso di cogliere
il lato positivo di quel “L’ho lasciato in Basilicata”. Ha deciso di farsi
avanti.
Quando è tornato a
casa e ha scoperto che sua madre gli aveva conservato una fetta di torta alla
frutta, ha quasi toccato il cielo con un dito. Morso dopo morso, assaporando la
dolcezza della crema e il perfetto matrimonio fra frutta e pasta frolla, Davide
si è convinto ancora di più di quanto desideri che
Camila faccia parte in un modo diverso della sua vita. Non come una conoscente,
né tantomeno come una donna delle pulizie.
Davide vuole che
Camila sia la sua ragazza. E’ pronto a convincerla, è pronto a parlarle e
riparlarle più volte. Egli sa che può nascere qualcosa di speciale fra di loro. Sa che non sono semplici amici.
Vuole crederci,
perché vuole Camila per sé.
E’ per questo
motivo che il giorno dopo non è andato in biblioteca e ha spento il telefono.
Avrebbe dovuto incontrarsi con Alessia, ma l’ha evitata. Quel giorno, e il
giorno successivo, quando è andato a studiare a casa di Alfredo, il suo
migliore amico. Quando lei ha provato a chiamarlo, quando non è stato più
possibile tenere il telefono spento, Davide ha finto di stare poco bene.
Alessia lo ha chiamato ‘tesoro’, gli ha detto di rimettersi in fretta perché
‘mi manchi tanto’.
Davide ha
riagganciato in fretta, quasi come se l’apparecchio potesse scoppiargli fra le
dita.
Nel corso della
settimana ha seguito Camila da lontano, facendosi bastare le conversazioni fra
sua madre, Priscilla e Giancarlo in merito alla sua assunzione.
Ad un certo punto,
venerdì sera, il patrigno ha fatto una domanda particolare mentre erano a
tavola, mentre stavano cenando.
“Simona, sono
contento che tu abbia finalmente un nuovo aiuto in casa. Ora, non per fare
l’avvocato del diavolo o il guastafeste, ma a voi questa Camila non sembra un
po’ strana? L’altro giorno, da Manzoni, non ha fatto che guardare a terra per
tutto il tempo. Sembrava terrorizzata. Siamo certi di poterci
fidare al 100%?”
La domanda di
Giancarlo, un gran lavoratore che tiene molto al benessere di sua moglie e a quello
della sua famiglia, non nascondeva nessun intento denigratore nei confronti di
Camila. La sua era semplice curiosità.
Davide, però, non
ha reagito bene. “Camila non è strana,” ha detto, facendo
cadere la forchetta sul piatto e prendendo la parola prima di sua madre. “E’
timida; è una persona timida. Ed è molto affidabile. Non è che sei stato tu a metterla in imbarazzo?”
“Chi,
io? Ma se a stento l’ho
salutata,” ha ribattuto Giancarlo, guardando sua
moglie con meraviglia.
“Ecco, forse
avresti dovuto parlarle per cinque minuti. Ti saresti accorto che non è né
strana né pazza.”
“Ma non ho detto
che è pazza, Davide. Ho solo-”
“Sì,
sì. Certo.” Davide ha
scostato la sedia facendo rumore e se n’è andato, mentre gli altri gli
chiedevano di rimanere e chiarire la questione.
Il conflitto emotivo
con Giancarlo è sempre lì, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni.
L’uomo non
intendeva offendere Camila né insinuare che ci sia qualcosa di strano in lei.
Davide, però, non è riuscito e non riesce a tollerare che si parli male di
Camila.
Non l’ha tollerato
quando Ida e Alessia l’hanno fatto, e non l’ha tollerato quando è stato
Giancarlo a parlare di lei in un certo modo.
E’ protettivo nei
confronti di Camila. L’ha protetta diciassette anni fa, quando non ha rivelato
a nessuno la sua presenza nelle docce del campetto, e intende proteggerla anche
ora. Anche nel futuro.
Quando ha avuto la
conferma dell’assunzione, Davide ha gioito immensamente, ma senza darlo a
vedere. Domenica mattina si è svegliato presto e ha pulito la sua camera da
cima a fondo, usando anche l’aspirapolvere. Priscilla gli ha fatto notare che
il giorno dopo ci sarebbe stato qualcuno ad occuparsi di quelle faccende, ma
non è servito a molto: Davide ha continuato a pulire. Ha perfino cambiato le
lenzuola sporche.
Ma nel momento in
cui Simona l’ha obbligato ad uscire di casa, per lasciare a lei e a Camila lo
spazio ed il tempo di organizzare il lavoro della seconda, Davide ci è rimasto
male. Pensava di accoglierla nella sua casa, di darle il benvenuto. Voleva
mostrarle l’assenza di polvere sulla sua libreria.
Voleva passare un
po’ di tempo con lei.
Non importa, pensa. Riuscirò
a vederla prima delle tre. Tornerò a casa per pranzo, anche se a mamma ho detto
il contrario.
E’ in biblioteca, a
studiare. E’ in un’area diversa dal solito, e spera che Alessia non sia nei
paraggi.
Legge e rilegge la
stessa pagina più volte, trascrive gli appunti sul quaderno e controlla
l’esecuzione del progetto tramite il portatile, ma la sua mente è lontana,
molto lontana dall’università.
Chissà cosa stanno facendo, adesso, mia
madre e Camila. Andranno d’accordo? La mamma non ha fatto che parlare della
torta di frutta, in questi giorni, e di quanto Camila è stata gentile nel
rimanere, quella sera. Andranno d’accordo, poco ma sicuro.
Spero che Giancarlo non le dia problemi.
Potrei tirargli un pugno, se la deridesse di nuovo.
***
Camila e Simona
sono al supermercato di un grande centro commerciale che si trova a poche
centinaia di metri dall’abitazione dei Falco. Il carrello, guidato da Camila, è
colmo di cose all’apparenza molto buone, cose che – una volta a casa – andranno
a riempire la dispensa e il frigorifero.
Camila continua a
sentirsi come se stesse in vacanza, invece che a lavoro. Il fatto che Simona la
tratti come un’amica di famiglia invece che come una dipendente le piace, è
vero, ma allo stesso tempo la mette in imbarazzo.
Camila è abituata a
pulire, lavare, stirare. A volte ha fatto la spesa per alcune signore, ma è
stata sempre attiva, non si è mai limitata a spingere il carrello e a leggere
la lista.
Con Simona, invece,
le cose sono molto diverse.
“Camila, ho segnato
le barrette per Davide?” chiede la donna ad un certo punto. “Se non sono sulla
lista dovrai ricordarmi di prenderle quando arriviamo alla cassa,” continua, appoggiando due pacchi di pasta nel carrello.
“Mio figlio ha 24 anni, e impazzisce per quei dolcetti come quando ne aveva
dieci.”
Lo so, vorrebbe dire Camila. Anch’io
impazzisco per le stesse barrette, e di anni ne ho 31. E’ stato proprio Davide
a farmele conoscere. A Carovigno.
“Eccole,” dice Simona quando raggiungono la corsia della cioccolata,
situata proprio di fronte alle casse. Prende quattro confezioni e le appoggia
nel carrello. “Dovrebbero bastargli… spero.”
“Anche a me
piacciono molto,” dice Camila, rompendo il silenzio.
Simona scoppia a
ridere. “Non dirlo a Priscilla, ma anch’io ne vado matta.” Afferra altre due
confezioni velocemente. “Colpa della menopausa. Non
dovrei mangiare tanta cioccolata, ma a questi dolcetti non so dire no.”
Camila le sorride.
Nonostante l’imbarazzo legato al lavoro, è a suo agio con la madre di Davide.
Con lei non si sente una semplice colf.
***
La mattinata di
Davide procede bene. Nessuna visita e nessuna telefonata di Alessia, nessun
problema con il progetto che sta preparando. A mezzogiorno decide di tornare a
casa. Sa che Camila lavorerà fino alle tre, e vuole arrivare in tempo per
pranzare con lei (e con sua madre).
Ma quando lascia
l’edificio della biblioteca si accorge che ad attenderlo sulla sella del suo scooter
c’è un’amara sorpresa: Alessia.
Prima o poi sarebbe dovuto accadere,
suppongo.
Le sorride da
lontano, camminando nella sua direzione, ma la ragazza resta impassibile.
Magnifico. Ce l’ha con me.
Passo dopo passo,
Davide cerca di pensare a cosa le dirà, a come giustificherà il fatto che non
l’ha cercata per un’intera settimana e a come spiegherà che non vuole più
uscire con lei.
“Ciao,” dice, quando raggiunge il motorino.
“Ciao,” risponde lei, fredda. Si alza in piedi. “Come stai? Passato il mal di pancia?”
“Sì,” dice lui, ricordandosi della frottola raccontata al
telefono. “Tu, invece? Come stai? Che hai fatto in questi
giorni?”
“Ho aspettato che
ti facessi sentire,” sbotta lei. “Perché non mi hai
chiamata?”
Perché ho provato a fare il vigliacco, e per
un po’ ci sono riuscito.
“Sono stato
impegnato,” mente. “Questo esame è incasinato, e non
ho avuto altro per la testa.”
“Ora che hai da
fare?” incalza lei. “Vuoi venire a pranzo con me?”
“No,
non posso. Devo tornare
a casa.”
Non riesce neanche
a guardarla negli occhi.
“Vabbè,” dice lei, stringendo i libri al petto. “Ho capito.”
Sospira. “Pensavo fossi diverso,” gli dice. “Pensavo
di interessarti davvero, ma sbagliavo. Avresti potuto dirmelo, però. Avresti
potuto avere le palle per chiamarmi e dirmelo in faccia, che non vuoi più
vedermi. Senza inventarti il mal di pancia o i problemi legati all’esame. Ida
ti ha visto in giro due volte, la scorsa settimana. E stamattina sei venuto a
studiare qui,” continua. “Avresti potuto chiamarmi,
chiedermi di raggiungerti. Oppure semplicemente mandarmi a fanculo al telefono,
invece di trattarmi come un soprammobile.”
Davide sa di
meritare le parole di Alessia. Sa che per la ragazza la loro breve relazione
non è stata un passatempo, come invece è stato per lui. Sa di aver sbagliato. Non
è la prima volta che si comporta in modo simile, fra l’altro.
Proprio per questo
vuole provare a rimediare. Vuole provare a spiegarle perché si è allontanato in
una maniera così vigliacca.
“Posso dire una
cosa?” chiede, guardandola negli occhi.
Alessia annuisce.
“Il motivo per cui
non ti ho cercata è che… è che non posso… non posso stare con te e pensare ad
un’altra persona. Non potrei farlo, non potrei farti questo.”
Alessia allarga gli
occhi. “Quindi c’è un’altra!” esclama. Scuote il capo e ride amaramente,
lasciando andare le braccia lungo i fianchi. “Avrei dovuto immaginarlo,” mormora.
“Il punto è che non
sono il tipo di ragazzo che-”
“Oh, ti prego! Che
vuoi dirmi, eh? Che non sei il tipo di ragazzo che un giorno va a letto con una
e il giorno dopo con un’altra?! Risparmia il fiato,
Davide. E’ quello che hai fatto con me.”
Vorrebbe dirle che
non è così. Vorrebbe spiegarle meglio, ma per farlo dovrebbe arrivare a
parlarle di Camila. Sarebbe completamente inutile, visto il rapporto che c’è
fra le due e visto che è improbabile che Alessia voglia conoscere i dettagli
della vicenda.
Davide vorrebbe
riparare al suo sbaglio, ma non può. Per certi errori non esiste rimedio.
Alessia gli volta
le spalle e va via. Compiuti quattro o cinque passi, si volta e gli punta
contro i libri ancora stretti in una mano. “Mi fai pena,”
gli dice. “Mi fai tanta pena.”
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Ancora una volta mi sono trovata di fronte
ad un capitolo lungo e ho pensato di dividerlo a metà.
Il prossimo sarà IMPERDIBILE. Se non mi
credete, controllate la piccola anticipazione che posterò fra poco sul mio blog ;)
Grazie fin da ora, anche da parte di Bilbo
XD