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Autore: Stupid Lamb    01/03/2011    26 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grazie immensamente per i commenti all’ultimo capitolo

Grazie immensamente per i commenti all’ultimo capitolo.

Sono davvero contenta che questa storia vi stia piacendo così tanto.

Grazie anche da parte di Bilbo, che mi ha telefonata e mi ha detto che, se potesse, offrirebbe una ciambellina fritta ad ognuno di voi.

 

Buona lettura.

---

 

Capitolo 13

 

Il giorno dopo l’incontro con Simona e la cena con Davide, Camila ha accettato ufficialmente la proposta di lavoro.

Ha telefonato alla madre di Davide e con lei si è accordata per incontrare il commercialista. L’appuntamento con il dottor Manzoni si è tenuto due giorni dopo.

Camila non possiede un diploma specifico che la qualifichi come professionista nell’assistenza domestica. A dirla tutta, Camila non possiede alcun tipo di diploma. Ammetterlo in presenza di Simona e di Giancarlo l’ha fatta sentire in imbarazzo per un attimo, ma poi si è velocemente ripresa. Ha imparato, nel corso degli anni, a fare bene il suo lavoro, e per lei è questo ciò che conta. Ne va orgogliosa, anche se non possiede un titolo di studi che certifichi le sue conoscenze.

L’assenza di un diploma ha tuttavia pregiudicato l’aspetto economico del contratto. E’ per questo motivo che Camila non ha detto addio a tutti i suoi vecchi clienti. Nei giorni successivi ha concordato con Simona gli orari di lavoro, in modo tale da avere la possibilità di recarsi anche a casa di altre famiglie per guadagnare di più.

Camila è riuscita (e ancora non le sembra vero) a conservare tutti i clienti che si trovano nella parte settentrionale della città, quella più vicina all’abitazione di Davide. In questo modo non deve viaggiare per lunghi periodi in metropolitana o sugli autobus, e può gestire il lavoro in maniera ottimale.

Simona è stata molto accomodante. La donna non vede l’ora di avere Camila in casa, e non ha sollevato problemi quando lei le ha chiesto di poter continuare a lavorare nelle case altrui.

Unendo al salario da colf i compensi orari percepiti dai clienti benestanti di Roma Nord, Camila riesce a guadagnare mille e duecento euro al mese. La metà va via per pagare l’affitto della stanza nell’appartamento che divide con Alessia e Ida, le bollette della luce e del gas, e per l’abbonamento ai mezzi pubblici. Dei seicento euro rimanenti, Camila conserva per sé (per la spesa, per la ricarica del telefonino e per gli imprevisti) duecentocinquanta euro. I trecentocinquanta euro rimanenti finiscono su un libretto postale che Camila ha aperto poco dopo essere arrivata a Roma.

Il saldo del libretto è pari a 9.650 euro. Quei soldi rappresentano il suo biglietto per una nuova vita. Rappresentano, e non solo metaforicamente, la strada verso il Brasile.

L’ultima tappa della fuga da Umberto.

 

***

 

Il lavoro a casa dei Falco inizia il lunedì successivo al loro primo incontro.

Camila prende la metropolitana alle otto meno un quarto invece che alle sette, riuscendo a dormire di più. Quando arriva davanti al portone del palazzo, alle nove in punto, si sente agitata come se si trattasse del suo primo giorno di lavoro in assoluto.

Ad attenderla in casa, con sua enorme sorpresa, ci sono soltanto Simona e Bilbo.

Giancarlo è uscito presto: nel corso della giornata andrà e tornerà da Perugia per seguire una consegna importante. Priscilla è in ospedale e Davide in biblioteca a studiare.

“Voleva rimanere qui,” dice Simona quando sistema il giaccone di Camila sulla panca nel corridoio. “Ma ho pensato che per questo primo giorno non abbiamo bisogno di troppa gente fra i piedi. Inoltre, quando è a casa non studia mai come si deve, per cui l’ho costretto ad andare in biblioteca nonostante non volesse,” dice ridendo.

Camila sorride ed annuisce.

Peccato, mi avrebbe fatto piacere rivederlo. O forse no, forse è meglio che oggi mi dedichi solo ed esclusivamente al lavoro. La sua presenza sarebbe stata una distrazione troppo forte.

Camila non ha più visto Davide dalla sera al McDonald’s. Neanche al suo appartamento, in compagnia di Alessia.

Probabilmente è stato occupato con lo studio e con gli esami.

“Da dove comincio?” chiede Camila, guardandosi attorno. E’ ciò che ha sempre chiesto agli altri clienti, per ricevere ordini circa le camere da pulire o il bucato da stirare.

“Che ne dici se andiamo in cucina a fare il caffè?” domanda Simona. “Non dobbiamo andare di fretta.”

“Ok,” risponde l’altra. “Va bene.”

Camila la segue lungo il corridoio che porta alla cucina, passando accanto al cesto in cui Bilbo è impegnato a mordere un pupazzo di gomma. Il cagnolino non ha abbaiato quando è entrata in casa, ma si è limitato a scodinzolare. Proprio come fa con gli altri membri della famiglia.

Una volta in cucina, Simona chiede a Camila di accomodarsi. Quest’ultima, però, si sente quasi in colpa mentre osserva la signora preparare il caffè.

Dovrei essere io a farlo. E’ il mio lavoro. E’ lei quella che dovrebbe rimanere seduta.

“Allora,” dice la padrona di casa mentre carica la caffettiera con moka scura e profumata, “conosci qualche buona ricetta da fare a pranzo? Saremo in due, io e te, però chi ha detto che non dobbiamo trattarci bene, giusto? Dopo aver preso il caffè andremo a fare la spesa, quindi se hai voglia di qualcosa di sfizioso, prendi quel quaderno sulla mensola e segna pure gli ingredienti.

“Beh, io… io… io ho portato il pranzo da casa,” dice Camila, osservando la sua borsa, ferma sulla panca nel corridoio.

Simona la guarda con stupore. “Ma non devi restare fino alle tre, Camila?”

“Sì, sì, certo. Rimarrò fino alle tre, però…”

“E allora qual è il problema? Mangerai qui, non c’è bisogno che porti il pranzo,” esclama Simona, avvitando la caffettiera. La sistema sul fornello medio e va a sedersi all’altro capo del tavolo. “Oggi saremo sole,” riprende, “e in genere sarà così, visto che Giancarlo è sempre in giro e i ragazzi pranzano con gli amici, all’università o in ospedale. Però a volte Davide resta a casa, e Priscilla torna prima del previsto. In quei casi cosa vorresti fare, mangiare in un angolo per conto tuo? Niente più pranzo da casa, Camila. Va bene?”

“Va bene,” risponde arrossendo.

“Se hai voglia di preparare il tuo piatto preferito puoi farlo qui e farlo assaggiare anche a noi. Non c’è bisogno che ti porti da mangiare. Chiaro?”

Le sorride, le labbra sottili e belle proprio come quelle di suo figlio.

 

***

 

Camila sbaglia quando pensa che Davide sia stato occupato con i libri e con gli esami.

Il ragazzo è stato occupato, in effetti, ma con altre questioni. Una sola, a dire il vero. Una sola questione.

Alessia. Come evitare di vederla, come allontanarla, come liberarsi di lei.

La sera in cui ha accompagnato Camila a casa sono cambiate molte cose. Durante il viaggio di ritorno con Bilbo addormentato al solito posto, Davide ha pensato e ripensato ai momento trascorsi con la ragazza di Carovigno.

Ha deciso di cogliere il lato positivo di quel “L’ho lasciato in Basilicata”. Ha deciso di farsi avanti.

Quando è tornato a casa e ha scoperto che sua madre gli aveva conservato una fetta di torta alla frutta, ha quasi toccato il cielo con un dito. Morso dopo morso, assaporando la dolcezza della crema e il perfetto matrimonio fra frutta e pasta frolla, Davide si è convinto ancora di più di quanto desideri che Camila faccia parte in un modo diverso della sua vita. Non come una conoscente, né tantomeno come una donna delle pulizie.

Davide vuole che Camila sia la sua ragazza. E’ pronto a convincerla, è pronto a parlarle e riparlarle più volte. Egli sa che può nascere qualcosa di speciale fra di loro. Sa che non sono semplici amici.

Vuole crederci, perché vuole Camila per sé.

E’ per questo motivo che il giorno dopo non è andato in biblioteca e ha spento il telefono. Avrebbe dovuto incontrarsi con Alessia, ma l’ha evitata. Quel giorno, e il giorno successivo, quando è andato a studiare a casa di Alfredo, il suo migliore amico. Quando lei ha provato a chiamarlo, quando non è stato più possibile tenere il telefono spento, Davide ha finto di stare poco bene. Alessia lo ha chiamato ‘tesoro’, gli ha detto di rimettersi in fretta perché ‘mi manchi tanto’.

Davide ha riagganciato in fretta, quasi come se l’apparecchio potesse scoppiargli fra le dita.

Nel corso della settimana ha seguito Camila da lontano, facendosi bastare le conversazioni fra sua madre, Priscilla e Giancarlo in merito alla sua assunzione.

 

Ad un certo punto, venerdì sera, il patrigno ha fatto una domanda particolare mentre erano a tavola, mentre stavano cenando.

“Simona, sono contento che tu abbia finalmente un nuovo aiuto in casa. Ora, non per fare l’avvocato del diavolo o il guastafeste, ma a voi questa Camila non sembra un po’ strana? L’altro giorno, da Manzoni, non ha fatto che guardare a terra per tutto il tempo. Sembrava terrorizzata. Siamo certi di poterci fidare al 100%?”

La domanda di Giancarlo, un gran lavoratore che tiene molto al benessere di sua moglie e a quello della sua famiglia, non nascondeva nessun intento denigratore nei confronti di Camila. La sua era semplice curiosità.

Davide, però, non ha reagito bene. “Camila non è strana,” ha detto, facendo cadere la forchetta sul piatto e prendendo la parola prima di sua madre. “E’ timida; è una persona timida. Ed è molto affidabile. Non è che sei stato tu a metterla in imbarazzo?”

“Chi, io? Ma se a stento l’ho salutata,” ha ribattuto Giancarlo, guardando sua moglie con meraviglia.

“Ecco, forse avresti dovuto parlarle per cinque minuti. Ti saresti accorto che non è né strana né pazza.

“Ma non ho detto che è pazza, Davide. Ho solo-”

“Sì, sì. Certo.” Davide ha scostato la sedia facendo rumore e se n’è andato, mentre gli altri gli chiedevano di rimanere e chiarire la questione.

Il conflitto emotivo con Giancarlo è sempre lì, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni.

L’uomo non intendeva offendere Camila né insinuare che ci sia qualcosa di strano in lei. Davide, però, non è riuscito e non riesce a tollerare che si parli male di Camila.

Non l’ha tollerato quando Ida e Alessia l’hanno fatto, e non l’ha tollerato quando è stato Giancarlo a parlare di lei in un certo modo.

E’ protettivo nei confronti di Camila. L’ha protetta diciassette anni fa, quando non ha rivelato a nessuno la sua presenza nelle docce del campetto, e intende proteggerla anche ora. Anche nel futuro.

 

Quando ha avuto la conferma dell’assunzione, Davide ha gioito immensamente, ma senza darlo a vedere. Domenica mattina si è svegliato presto e ha pulito la sua camera da cima a fondo, usando anche l’aspirapolvere. Priscilla gli ha fatto notare che il giorno dopo ci sarebbe stato qualcuno ad occuparsi di quelle faccende, ma non è servito a molto: Davide ha continuato a pulire. Ha perfino cambiato le lenzuola sporche.

Ma nel momento in cui Simona l’ha obbligato ad uscire di casa, per lasciare a lei e a Camila lo spazio ed il tempo di organizzare il lavoro della seconda, Davide ci è rimasto male. Pensava di accoglierla nella sua casa, di darle il benvenuto. Voleva mostrarle l’assenza di polvere sulla sua libreria.

Voleva passare un po’ di tempo con lei.

Non importa, pensa. Riuscirò a vederla prima delle tre. Tornerò a casa per pranzo, anche se a mamma ho detto il contrario.

E’ in biblioteca, a studiare. E’ in un’area diversa dal solito, e spera che Alessia non sia nei paraggi.

Legge e rilegge la stessa pagina più volte, trascrive gli appunti sul quaderno e controlla l’esecuzione del progetto tramite il portatile, ma la sua mente è lontana, molto lontana dall’università.

Chissà cosa stanno facendo, adesso, mia madre e Camila. Andranno d’accordo? La mamma non ha fatto che parlare della torta di frutta, in questi giorni, e di quanto Camila è stata gentile nel rimanere, quella sera. Andranno d’accordo, poco ma sicuro.

Spero che Giancarlo non le dia problemi. Potrei tirargli un pugno, se la deridesse di nuovo.

 

***

 

Camila e Simona sono al supermercato di un grande centro commerciale che si trova a poche centinaia di metri dall’abitazione dei Falco. Il carrello, guidato da Camila, è colmo di cose all’apparenza molto buone, cose che – una volta a casa – andranno a riempire la dispensa e il frigorifero.

Camila continua a sentirsi come se stesse in vacanza, invece che a lavoro. Il fatto che Simona la tratti come un’amica di famiglia invece che come una dipendente le piace, è vero, ma allo stesso tempo la mette in imbarazzo.

Camila è abituata a pulire, lavare, stirare. A volte ha fatto la spesa per alcune signore, ma è stata sempre attiva, non si è mai limitata a spingere il carrello e a leggere la lista.

Con Simona, invece, le cose sono molto diverse.

“Camila, ho segnato le barrette per Davide?” chiede la donna ad un certo punto. “Se non sono sulla lista dovrai ricordarmi di prenderle quando arriviamo alla cassa,” continua, appoggiando due pacchi di pasta nel carrello. “Mio figlio ha 24 anni, e impazzisce per quei dolcetti come quando ne aveva dieci.”

Lo so, vorrebbe dire Camila. Anch’io impazzisco per le stesse barrette, e di anni ne ho 31. E’ stato proprio Davide a farmele conoscere. A Carovigno.

“Eccole,” dice Simona quando raggiungono la corsia della cioccolata, situata proprio di fronte alle casse. Prende quattro confezioni e le appoggia nel carrello. “Dovrebbero bastargli… spero.”

“Anche a me piacciono molto,” dice Camila, rompendo il silenzio.

Simona scoppia a ridere. “Non dirlo a Priscilla, ma anch’io ne vado matta.” Afferra altre due confezioni velocemente. “Colpa della menopausa. Non dovrei mangiare tanta cioccolata, ma a questi dolcetti non so dire no.

Camila le sorride. Nonostante l’imbarazzo legato al lavoro, è a suo agio con la madre di Davide. Con lei non si sente una semplice colf.

 

***

 

La mattinata di Davide procede bene. Nessuna visita e nessuna telefonata di Alessia, nessun problema con il progetto che sta preparando. A mezzogiorno decide di tornare a casa. Sa che Camila lavorerà fino alle tre, e vuole arrivare in tempo per pranzare con lei (e con sua madre).

Ma quando lascia l’edificio della biblioteca si accorge che ad attenderlo sulla sella del suo scooter c’è un’amara sorpresa: Alessia.

Prima o poi sarebbe dovuto accadere, suppongo.

Le sorride da lontano, camminando nella sua direzione, ma la ragazza resta impassibile.

Magnifico. Ce l’ha con me.

Passo dopo passo, Davide cerca di pensare a cosa le dirà, a come giustificherà il fatto che non l’ha cercata per un’intera settimana e a come spiegherà che non vuole più uscire con lei.

“Ciao,” dice, quando raggiunge il motorino.

“Ciao,” risponde lei, fredda. Si alza in piedi. “Come stai? Passato il mal di pancia?”

“Sì,” dice lui, ricordandosi della frottola raccontata al telefono. “Tu, invece? Come stai? Che hai fatto in questi giorni?”

“Ho aspettato che ti facessi sentire,” sbotta lei. “Perché non mi hai chiamata?”

Perché ho provato a fare il vigliacco, e per un po’ ci sono riuscito.

“Sono stato impegnato,” mente. “Questo esame è incasinato, e non ho avuto altro per la testa.”

“Ora che hai da fare?” incalza lei. “Vuoi venire a pranzo con me?”

“No, non posso. Devo tornare a casa.”

Non riesce neanche a guardarla negli occhi.

“Vabbè,” dice lei, stringendo i libri al petto. “Ho capito.” Sospira. “Pensavo fossi diverso,” gli dice. “Pensavo di interessarti davvero, ma sbagliavo. Avresti potuto dirmelo, però. Avresti potuto avere le palle per chiamarmi e dirmelo in faccia, che non vuoi più vedermi. Senza inventarti il mal di pancia o i problemi legati all’esame. Ida ti ha visto in giro due volte, la scorsa settimana. E stamattina sei venuto a studiare qui,” continua. “Avresti potuto chiamarmi, chiedermi di raggiungerti. Oppure semplicemente mandarmi a fanculo al telefono, invece di trattarmi come un soprammobile.

Davide sa di meritare le parole di Alessia. Sa che per la ragazza la loro breve relazione non è stata un passatempo, come invece è stato per lui. Sa di aver sbagliato. Non è la prima volta che si comporta in modo simile, fra l’altro.

Proprio per questo vuole provare a rimediare. Vuole provare a spiegarle perché si è allontanato in una maniera così vigliacca.

“Posso dire una cosa?” chiede, guardandola negli occhi.

Alessia annuisce.

“Il motivo per cui non ti ho cercata è che… è che non posso… non posso stare con te e pensare ad un’altra persona. Non potrei farlo, non potrei farti questo.

Alessia allarga gli occhi. “Quindi c’è un’altra!” esclama. Scuote il capo e ride amaramente, lasciando andare le braccia lungo i fianchi. “Avrei dovuto immaginarlo,” mormora.

“Il punto è che non sono il tipo di ragazzo che-

“Oh, ti prego! Che vuoi dirmi, eh? Che non sei il tipo di ragazzo che un giorno va a letto con una e il giorno dopo con un’altra?! Risparmia il fiato, Davide. E’ quello che hai fatto con me.”

Vorrebbe dirle che non è così. Vorrebbe spiegarle meglio, ma per farlo dovrebbe arrivare a parlarle di Camila. Sarebbe completamente inutile, visto il rapporto che c’è fra le due e visto che è improbabile che Alessia voglia conoscere i dettagli della vicenda.

Davide vorrebbe riparare al suo sbaglio, ma non può. Per certi errori non esiste rimedio.

Alessia gli volta le spalle e va via. Compiuti quattro o cinque passi, si volta e gli punta contro i libri ancora stretti in una mano. “Mi fai pena,” gli dice. “Mi fai tanta pena.”

---

 

Ancora una volta mi sono trovata di fronte ad un capitolo lungo e ho pensato di dividerlo a metà.

Il prossimo sarà IMPERDIBILE. Se non mi credete, controllate la piccola anticipazione che posterò fra poco sul mio blog ;)

Grazie fin da ora, anche da parte di Bilbo XD

 

   
 
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