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Autore: Hi Fis    03/03/2011    2 recensioni
Questa raccolta è il seguito delle mie due precenti su Mass Effect e riprende le gesta del comandante Shepard e la sua lotta per proteggere la galassia esattamente da dove è stata lasciata in ME 1; aiutata da nuovi alleati e vecchi amici, per combattere avversari tutti nuovi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Ed ecco a voi cari lettori, un nuovo capitolo, dedicato ad uno dei personaggi più caratteristici di ME2: l’Araldo, in tutta la sua arrogante e perfida magnificenza così come lo si incontra la prima volta.
 Mi piace l’Araldo: mi piace soprattutto interromperlo mentre sta parlando, usando un’arma qualsiasi.
Intendiamoci: non è un male, però la Sovereign del primo ME era tutta un'altra storia. L’araldo non può neanche sognare di competere con l’oscuro splendore di Nazara.


Il primo indizio rivelatore della presenza del comandante Shepard e della sua squadra fra i prefabbricati della colonia umana di Horizon, è costituito dal caos e dalla confusione delle esplosioni e delle armi da fuoco: alle ritmiche cadenze dei fucili d’assalto e alla detonazione più gravi e lente degli shotguns, fanno da eco le grida di battaglia dei suoi compagni. Jack, Garrus, e soprattutto, Grunt, non sono in grado di contenere l’eccitazione mentre combattono e l’adrenalina che gli scorre nelle vene trova facile sfogo attraverso la bocca.
Paradossalmente, la più letale del piccolo commando d’assalto è anche la più silenziosa: Hayat Shepard preferisce muoversi sul campo di battaglia in silenzio, mietendo una vittima dopo l’altra con “Sissy”,il suo Eviscerator, piuttosto che rivelare la sua presenza ai Collettori prima di ucciderli. “Mietere” è un termine quanto mai appropriato per descrivere la situazione: riuscite a immaginare il tipo di danno che otto schegge di metallo anticorazza aerodinamicamente sagomate, possono causare quando colpiscono il loro bersaglio alla velocità di 832 m/s? Immaginate ora che Shepard usi munizioni esplosive, sparate ad alzo zero, e avrete un indizio rivelatore sul perché il comandante passi la maggior parte del proprio tempo libero pulendo la sua corazza.
 
Anche i Collettori sono piuttosto silenziosi: nonostante vengano fatti a pezzi, trapassati dai proiettili, lanciati contro le pareti degli edifici della colonia grazie ai poteri biotici, colpiti con granate concussive, o semplicemente spezzati a mani nude, non reagiscono in alcun modo particolare, tranne emettere saltuariamente un grugnito di agonia, che però muore in fretta.
Esattamente come i droni, che cadono uno dopo l’altro. Grunt tuttavia non si lamenta: può anche darsi che i loro avversari traggono forza solo dal numero, ma al giovane Krogan non importa. L’unica cosa che gli interessa è versare quanto più sangue possibile dai loro nemici, e godere appieno della loro caduta.
Questa è l’unica cosa che conta per lui: assecondare la sua natura di guerriero e di Krogan.
Così, quando scorge con i suoi occhi azzurri una coppia di droni al riparo dietro una colonna non distante, il suo sangue comincia a ribollire incontrollabile.
“IO. SONO. KROGAN.” Il suo urlo di battaglia gelerebbe il sangue anche al più incallito dei veterani, perfino se fosse sordo. Jack e Garrus interrompono brevemente il loro tiro al bersaglio mentre la montagna di muscoli al loro fianco comincia a muoversi, inesorabile come la Morte stessa.
Con la possanza di una valanga, Grunt supera la barricata con un balzo, correndo verso i due collettori, gli occhi iniettati di sangue e i denti sguainati, il suo ruggito che supera ogni altro suono sul campo di battaglia.
L’impatto contro la colonna è colossale: la struttura di vetrocemento, usata per le fondamenta dei prefabbricati, viene ridotta in macerie mentre quasi tre quintali di Krogan (senza contare la corazza), la attraversano da parte a parte senza rallentare minimamente, come se non ci fosse nemmeno.
Anche se la sua vista è offuscata dalla polvere e dalla ghiaia, le sue mani trovano senza errore uno dei due Collettori: dita grosse come pistoni si stringono attorno al collo del drone con la stessa forza di una pressa idraulica, mentre un bicipite spesso quanto un copertone da camion solleva il suo avversario da terra, facendolo roteare sopra la testa del Krogan in una circonferenza quasi perfetta.
Il rumore inconfondibile di un osso che si spezza testimonia la frattura della colonna vertebrale del Collettore, prima che Grunt, mimando il possente Thor, cali il cadavere del drone come Mjöllnir sulla testa del suo avversario, sbriciolandoli entrambi.
I due corpi giacciono ai piedi del Krogan, che ansima come un mantice a causa degli ultimi effetti dell’ira sanguinaria, caratteristica Krogan che l’evoluzione ha fissato in tutti loro fin dai tempi della caduta di Tuchanka, ben prima dell’arrivo dei Salarian.
Il giovane Krogan non si è mai sentito così vivo come in quel momento: mentre osserva le sue due ultime vittime crede quasi di riuscire a vedere il vento, se solo i suoi sensi fossero appena un po’ più acuti.
I proiettili nemici che si fanno strada nella sua carne lo distolgono completamente dalla contemplazione: Grunt fa solo in tempo ad alzare lo sguardo per osservare da dove provengano gli spari, prima che il suo comandante stacchi la testa di netto al collettore con un colpo ben piazzato alla base della nuca.
Il cadavere decollato che cade in ginocchio davanti a Shepard ben descrive la loro egemonia in questa battaglia: due umani, un krogan e un turian hanno appena sterminato un gruppo di Collettori cinque volte più numeroso di loro senza nemmeno rimanere feriti,
dato che la carne di Grunt ha già finito di guarire.
 
Il silenzio può essere efficacemente misurato in rapporto al caos che l’ha preceduto: in questo caso, è tale da ferire le orecchie. Grunt sente perfettamente l’erba secca del pianeta che scricchiola sotto i piedi dell’umana, mentre riduce la distanza fra loro.
Shepard si ferma a meno di un metro da lui, espellendo una clip termica esaurita dal fucile e osservando i due collettori uccisi: i suoi occhi viola sono indecifrabili, mentre catturano lo sguardo di Grunt.
I Krogan non hanno bisogno di lodi: le proprie capacità sono riconosciute dai loro simili attraverso le imprese compiute. Il rispetto e la gerarchia sono fissati grazie ai rapporti di forza e alla gloria personale: vuote parole non portano lontano fra i figli di Tuchanka.
Eppure, a Grunt sembra quasi di crescere in altezza quando Shepard gli rivolge questa frase: “Questa è la via dei Krogan, Grunt. Ben fatto.”
 
Dalle nozioni che la vasca madre ha impresso nella sua mente, il giovane figlio di Tuchanka riconosce la frase che i Signori della Guerra del suo popolo rivolgevano solo ai più valorosi subordinati, prima della guerra dei Rachni. Per un essere umano, quelle parole equivarrebbero ad una promozione sul campo.
Ma come può un’umana conoscere gli antichi riti? I suoi occhi azzurri devono essere rivelatori, perché Shepard continua:
“Queste parole mi furono rivolte dal Signore della Guerra Urdnot Wrex, che combatté al mio fianco contro Saren. Ora io le dono a te.”
 
Per quanto la vasca l’avesse istruito, non c’era mai stato alcun alieno a cui fossero state rivolte quelle parole. Tuttavia, Grunt conosce le capacità di Shepard in battaglia: era soprattutto per quelle che aveva deciso di seguirla. E il fatto che un Signore della Guerra del suo popolo avesse preso ordini da lei, spingeva Grunt a gioire di ogni missione in cui Shepard decideva di portarlo con sé, dato che il valore di quelle lezioni era per lui incommensurabile. Non solo per la Guerra, il campo di battaglia era la sua scuola e in esso Grunt imparava dai migliori guerrieri, ma anche per diventare lui stesso un combattente provetto: quel giorno aveva compiuto un passo importante nella sua educazione.
Il Krogan avrebbe assaporato più a lungo il momento, se una voce non avesse interrotto l’incantesimo: “Porca di quella troia sconsolata…”.
 
L’epitaffio di Jack alla situazione le guadagna uno sguardo perplesso da parte di tre paia d’occhi. La biotica tatuata è una recente aggiunta al loro gruppo, e quella è la sua prima missione sul campo: Hayat ha preferito prenderla con sé in squadra, piuttosto che metterla nel team comandato da Miranda. Anche ad un osservatore disattento, è evidente che, se si vuole che Jack segua un ordine, questo deve provenire da qualcuno che non indossi l’uniforme di Cerberus. Da qui la scelta del comandante di tenere tutti gli elementi più instabili in un solo cesto.
Jack gira la testa di lato, rivolgendosi a Garrus che avanza con nonchalance al suo fianco:
“Combattete sempre così voi?”
Prima di rispondere, Garrus espelle a sua volta una clip dal suo fucile d’assalto surriscaldato, che ha la canna rovente e rossa come un carbone acceso.
“Nah…” risponde il Turian con lo stesso tono con cui parlerebbe del tempo:
“… di solito è più divertente.”
Hayat non potrebbe giurarlo, ma le sembra che, sotto tutti i suoi tatuaggi, Jack sia diventata un po’ più pallida.
“Che ti aspettavi da una principiante, Garrus? Deve ancora abituarsi.”
“Come scusa?” lo stupore di Jack si trasforma in rabbia, mentre i suoi poteri biotici l’accendono come una fiamma al metano.
“Garrus?” Hayat la ignora per rivolgersi al Turian.
“Dieci li hai abbattuti tu. Due Jack, quattro Grunt e cinque io.”
“Strano, credevo che Grunt fosse alla pari con te.” Gli risponde lo Spettro con uno sguardo eloquente: Garrus non è l’unico a registrare le performance dei suoi compagni di squadra attraverso il suo visore, e sa benissimo che sta mentendo.
“Forse ho perso il conto quando Grunt ha attraversato la colonna.”
“Eh. Tipico dei Turian codardi, rubare la gloria altrui.” Risponde Grunt con il tono che si usa per riaccendere una vecchia disputa.
“Buoni vuoi due.” Li riprende il comandante con un sorriso, prima di tornare a rivolgersi alla biotica:
“Hai capito adesso perché ti ho dato della principiante, Jack?”
A malincuore, Jack riconosce che ha ragione: per ora è la meno efficace della squadra.
Il motivo principale è la corazza: Jack non è abituata a combattere indossando un’armatura, e per quanto sia una protezione leggera, è sufficiente per intralciare i suoi movimenti e ridurre le sue capacità.
Non ha però intenzione di lasciar passare quell’offesa: tuttavia Jack fa solo in tempo ad aprire la bocca, prima che il Turian si inserisca nella conversazione.
“Comandante, altri ostili in arrivo: almeno dodici.”
“Lo so, Garrus.” Risponde Shepard mentre si dirige al riparo dietro un pozzo di aerazione.
Jack fa in tempo a vedere che cammina senza fretta, quasi fosse ad un dannato pic-nic, prima che il ronzio di gigantesche elitre copra qualsiasi altro suono.
Una quindicina di rinforzi dei Collettori sono appena giunti nel luogo della mattanza: Jack sente i loro ronzii e schiocchi mentre comunicano fra loro in una lingua sconosciuta.
I loro versi le danno il mal di testa e il suo indice trema sul grilletto, ansioso di fare fuoco.
“Al mio segnale, scatenate l’inferno.” È l’ordine sibilato attraverso la radio dal comandante.
Jack conta fino a cinque, prima che arrivi il momento: “ORA!”.
 
E la mattanza riprende.
Tre Collettori vengono falciati nella prima raffica e almeno altri due gravemente feriti, mentre i loro compagni si gettano al riparo, tentando di schivare il fuoco incrociato.
Fatica sprecata, perché le due biotiche del gruppo rendono qualsiasi copertura inefficace:
Jack li snida uno dopo l’altro dai loro nascondigli, rendendo la loro uccisione niente più che un semplice tiro al piattello.
Il comandante invece usa ogni elemento dello scenario, soprattutto macchinari agricoli, come bombe che vengono lanciate dietro le coperture e fatti esplodere, generando  pesanti schegge che feriscono a morte i Collettori.
Sembra che la battaglia sia nuovamente destinata ad essere uno scontro a senso unico: metà del gruppo iniziale di Collettori è già caduto, e l’altra metà presto la seguirà.
All’improvviso, un collettore isolato dal resto del gruppo si solleva da terra: Garrus ricorderà di averlo avuto nel mirino, di aver sparato e di aver visto il suo proiettile venire deviato senza sforzo da un barriera invisibile.
La pelle del drone viene rotta in più punti, mentre spaccature simili ad un intricato tatuaggio si illuminano di una luce dorata, e il suono di un’esplosione biotica annuncia l’arrivo di un nuovo contendente.
La nuova presenza ha l’attenzione di tutto il campo di battaglia: gli stessi droni guardano ora il loro simile, quasi con riverenza. Di certo non passa inosservato: a parte essere luminoso come una lampadina, il collettore sembra bruciare, mentre l’aura d’oro che lo circonda lo avviluppa in una barriera protettiva.
Il nuovo arrivato osserva il campo di battaglia, e il gruppo di Shepard vede distintamente come anche i suoi quattro occhi da insetto rifulgano come carboni della stessa luce oro che lo circonda.
Con una voce stentorea, il collettore annuncia la sua presenza sul campo di battaglia:
“DIRIGERÒ LA COSA PERSONALMENTE.”
Il silenzio non dura un secondo di più: i Collettori riprendono a fare fuoco sulle posizioni della squadra del comandante. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso nel loro modo di combattere: non sono più zombie che sparano senza il minimo senso tattico.
Tutti, perfino Jack, si accorgono come il fuoco si sbarramento gli impedisca di alzare anche solo la testa. Di come la loro mira sia molto più precisa e di come i loro scudi vengano sistematicamente fatti a pezzi.
 
D’improvviso un’esplosione scuote il terreno: sembra che qualcuno non si sia ancora arreso. Garrus decide di rischiare la parte intatta del suo volto per sbirciare oltre la copertura: in mezzo alla prima fila dei collettori giacciono ora i rottami in fiamme di quello che doveva essere un trattore. Al turian sembra di riconoscere perfino la vernice del paraurti, o forse è solo sangue di quelli che ha schiacciato.
“QUESTI ATTACCHI SONO INUTILI. CONCENTRATEVI SU SHEPARD, ASSALTATE LA SUA POSIZIONE!”
La voce del collettore d’oro riesce a farsi sentire perfino al di sopra del caos della battaglia.
Come un esercito di marionette, tutti i Collettori smettono di fare fuoco sulla copertura di Garrus e dei suoi compagni, per prendere di mira quella dietro cui il comandante si è rifugiata. Il vetrocemento non è più resistente ai proiettili di quanto non lo sia ai Krogan, e il riparo del comandante comincia a cedere in pezzi sotto il fuoco nemico.
Hayat non è proprio capace di sottrarsi al combattimento: invece di correre verso la salvezza di un altro riparo, un lampo azzurro da dietro la copertura preannuncia il suo arrivo fra i ranghi avversari. I collettori più vicino a lei cadono subito a pezzi, torsi e teste maciullati dai proiettili e dai poteri biotici.
Garrus non è più solo mentre fa da spettatore: anche Grunt ora la osserva sollevare il cadavere di un nemico e usarlo come scudo mentre il suo fucile continua a vomitare un inferno esplosivo contro i collettori.
Dal centro dello schieramento, di nuovo quella voce arrogante riesce a farsi sentire oltre il caos: “CONSERVATE IL CORPO DI SHEPARD SE POSSIBILE.”
Perché Garrus ha l’impressione di aver sentito quella voce? Perché quel drone dei collettori sembra conoscere personalmente Shepard?
 
La comprensione lo colpisce  con la stessa forza di un esplosione: Saren non era forse nelle stesse condizioni quando lo combatterono nelle sale del consiglio, dopo che si era trasformato nell’Avatar della Sovereign?
La stessa forma mostruosa, la stessa arroganza assoluta nella voce: l’unica differenza è nel colore, questo è oro, mentre Saren brillava rosso attraverso i suoi impianti.
L’ira, un sentimento che l’accompagna da tutta la vita, lo porta in posizione: il suo fucile da cecchino di grosso calibro scivola nelle sue mani come dotato di vita propria, mentre fa fuoco sull’orda dei Collettori. Le sue mani si muovono così rapide da essere sfuocate: i proiettili volano attraverso il campo di battaglia, mentre vicino ai suoi piedi si accumulano una dopo l’altra clip termiche esaurite. Tutti i proiettili trovano un bersaglio, ma al Razziatore, perché Garrus ora ne è certo, quello è un dannatissimo Razziatore, non sembra importare quanti droni cadano morti al suo fianco: “AVANZATE, LASCIATE I MORTI A TERRA.”
Shepard è un lampo azzurro che si muove attraverso il campo di battaglia, attraversando carne e proiettili, rimanendo illesa in quella tempesta.
E quando finalmente si trovano faccia a faccia, il Razziatore e il comandante, pochi sono rimasti in piedi per assistere al loro incontro: il fucile di Shepard scatta verso l’alto, ma una zampa d’oro del drone ne afferra la canna, impedendole di amputargli la testa.
“CONSEGNA LA TUA CARNE!” Ordina il Razziatore.
La risposta del comandante è duplice:
“No.” Afferma, prima che una mano guantata  si frapponga fra loro, liberando una spinta biotica sufficiente a lanciare la figura del collettore lontano dalla sua vista.
L’Avatar del Razziatore attraversa il campo di battaglia, dirigendosi come un missile verso Garrus e compagni, prima che un deciso colpo d’ali e una spinta di poteri biotici non gli facciano riacquistare l’equilibrio in volo.
Il drone d’oro atterra con grazia sul terreno della colonia, osservando il suo bersaglio con i suoi quattro occhi.
“STAI SOLO PROLUNGANO L’INEVITABILE, SHEPARD. PERCHÉ TI OPPONI A NOI?”
Shepard risponde, mentre continua a fare a pezzi gli ultimi collettori rimasti attorno a lei:
“Chi sei?” chiede alla figura in fiamme.
E il razziatore risponde, con la stessa voce dell’inferno:
“NOI SIAMO L’ARALDO DELLA VOSTRA PERFEZIONE.” Annuncia allargando le braccia, prima di aggiungere: “LE FORZE DELL’UNIVERSO SI PIEGANO AL MIO VOLERE: AFFRONTA IL TUO ANNIENTAMENTO.”
La sua aura d’oro brilla ancora più luminosa, mentre nei suoi artigli comincia a concentrarsi un globo oscuro e la sua forma si stacca ancora una volta da terra.
 
Non sta bluffando, pensa Jack. Non conosce ancora quella voce, ma capisce che chiunque sia l’avversario che stanno affrontando, il suo scopo è l’annientamento.
Ma non solo di questa colonia, no: il suo scopo ultimo è l’estinzione di tutte le forme viventi, colpevoli solamente di essere, di esistere, di desiderare sopravvivere nella sua ombra. E mentre il suo terrore si trasforma in forza, il krogan al suo fianco la precede ancora una volta.
Prima che l’Araldo cominci il suo volo di meteora verso il comandante, il giovane Krogan riesce a ghermirlo per una caviglia: il contatto è per lui come afferrare un’anguilla elettrica, ma Grunt è deciso a non mollare la presa, dovessero anche strappargli il braccio.
L’inerzia del corpo dell’Avatar dei Razziatori è però sufficiente a strapparlo da terra, mentre la testa del suo omero esce dalla sua sede nella spalla, lussandogli il braccio in un modo a cui Grunt non era preparato: nonostante il suo essere Krogan, un gemito di dolore sfugge dalla sua bocca. Il suo fucile fa fuoco nello stesso momento, coprendo col suo tuono l’ammissione di debolezza da parte di Grunt: da quella distanza, un colpo di Claymore ucciderebbe anche un Divoratore, eppure le barriere dell’Araldo reggono e nessuno dei pallettoni sparati raggiunge la sua carne.
Tuttavia, tre quintali di Krogan sono troppo pesanti anche per l’Araldo, che gira su se stesso in volo, mentre i suoi occhi brillano di collera: come osa una forma di vita inferiore toccare l’Avatar della loro perfezione? Come osa levare le sue armi su di loro, il pinnacolo dell’evoluzione?
Il calcio sulla faccia di Grunt riduce le sue fattezze ad una maschera di sangue arancione e denti sgranati: il Krogan sviene cadendo a terra, la sua presa svuotata di ogni forza.
Dall’alto, l’Avatar ora libero l’osserva con i suoi quattro occhi, dando momentaneamente le spalle al comandante Shepard, analizzando la forma immobile del Krogan:
“PENOSO. KROGAN: RAZZA CASTRATA, POTENZIALE SPRECATO.”.
L’araldo fa una breve pausa, prima di decretare la sua esecuzione:
“TI MOSTRERÒ COS’È IL VERO POTERE.”
Il suo piede artigliato sale verso il cielo: quel Krogan sarà il primo dei molti che cadranno sotto il loro dominio.
“MUORI!”
E mentre il suo tallone cade come una mazza sulla testa di Grunt, e Garrus pone gli occhi del collettore nel mirino, un lampo azzurro attraversa tutto il campo di battaglia, per giungere in soccorso del suo compagno.
 
L’azione è rapida come il fulmine: il comandante si materializza davanti dell’Avatar del Razziatore, sibilando solo tre parole.
“Resisti a questo.”
Il suo Eviscerator fa fuoco, amputando all’altezza dell’anca la gamba del drone. Allo stesso tempo, un pugno di carne, acciaio e poteri biotici si pianta nella faccia dell’Avatar del Razziatore, spingendolo lontano. Shepard ha percepito la carne del nemico cedere sotto il suo colpo: a quanto pare, Miranda non scherzava quando affermava che avrebbe potuto abbattere un muro a mani nude.
Il collettore, ora zoppo e accecato per due occhi, la fissa attento brillando sinistro: anche senza una gamba e metà dei suoi occhi, non sembra intenzionato a cadere.
“IMPRESSIONANTE, SHEPARD…” c’è genuina ammirazione nella voce del Razziatore: la stessa che un carnefice può provare verso una cavia particolarmente promettente.
“… MA HAI SOLO DANNEGGIATO IL VASCELLO. TU NON PUOI UCCIDERMI. TU NON PUOI SFUGGIRE AL TUO DESTINO.”
E mentre nei suoi artigli torna a concentrarsi il globo oscuro di una singolarità, il Razziatore enuncia per mezzo del suo Avatar il destino di una specie:
“UMANA; ESEMPLARE PROMETTENTE, SE SOGGIOGATE LE SUE COMPONENTI EMOTIVE.”
 
L’eco di uno sparo interrompe la conversazione: Garrus è decisamente stanco di essere ignorato.
 
Il Mantis di Garrus è riuscito a completare ciò che il Claymore di Grunt e l’Eviscerator del Comandante avevano solo  cominciato: ora l’Avatar dei Collettori ha un tunnel che ne attraversa la testa da parte a parte.
Attraverso il foro, il Turian osserva il metallo avviluppato alla carne, mentre il bagliore d’oro ne avvolge ogni circuito e sinapsi.
Ma neppure a quel punto l’Avatar vuole morire:
“TURIAN: INUTILI. SIETE CONSIDERATI… TROPPO PRIMITIVI.” Enuncia l’Araldo guardandolo negli occhi. L’aura d’oro brilla un’ultima volta, quasi singhiozzando, mentre il Razziatore lotta per mantenere il controllo della carne del suo schiavo.
Il comandante Shepard non avrà la soddisfazione di veder cadere per sua mano questo servo, pensa l’Araldo dallo spazio oscuro:
“ABBANDONO IL CONTROLLO DI QUESTA FORMA.”
E solo dopo quelle parole il drone si spegne: il suo cadavere non arriva nemmeno a toccare terra, prima di cominciare a sfaldarsi in una cenere scura e unta che sporca il terreno ai piedi del comandante, testimoniando definitivamente quanto Saren e questo Avatar siano stati manipolati da burattinai simili.
 
“Cosa diavolo ERA?”
Né Garrus, né Shepard si preoccupano di girarsi verso Jack.
“Qualcuno mi vuole spiegare cosa sta succedendo?”
“È come ti avevo detto Jack: di solito le cose sono più divertenti.”
Shepard espelle una clip termica dal suo fucile, rivolgendosi al Turian:
“Garrus, fa rinvenire Grunt. Mi occupo io di questo.”
“Di che cazzo state parlando?”
“ASSUMO IL CONTROLLO DIRETTO.”
“Non è ancora finita Jack.”
Come a sottolineare le parole superflue di Garrus, i Collettori ricominciano nuovamente a fare fuoco sulla loro posizione. Non ne rimangono molti in vita, ma l’Araldo dei Razziatori guida l’assalto, e le sue parole si fanno strada nel cuore dei combattenti.
“Così non vale, però.” Borbotta il Turian mentre trascina Grunt al coperto con un piccolo aiuto dei poteri di Jack.
La donna poi raggiunge il loro comandante, appostandosi spalla contro spalla.
“ORA SOTTOMETTETEVI: NOI SIAMO IL VOSTRO DESTINO GENETICO.”
Attraverso il campo di battaglia vola una sfera di potere biotico, che impatta con precisione contro la copertura dietro la quale Jack e Shepard si sono riparate.
L’urto e sufficiente per scuoterne la struttura, mandando le due donne a terra.
Il comandante ha la peggio: una scheggia di vetrocemento le affetta la guancia, spargendo il suo sangue nell’aria. Quasi percependone l’odore ferroso, la forma del Razziatore commenta trionfante:
“SO CHE FA MALE, SHEPARD. SE DOVRÒ FARTI A PEZZI, LO FARÒ.”
Il comandante non risponde, ma la sua lingua saetta per raccogliere il suo stesso sangue: non è ancora il momento di rispondere al fuoco. Deve aspettare, attendere che siano più vicini.
“Che diavolo vuoi da noi?” Jack urla oltre la copertura. Mai nella sua breve vita ha incontrato un bastardo così pericoloso, così terrorizzante: di solito è lei a provocare quel sentimento nel cuore dei suoi avversari.
L’avanzata sembra interrompersi per un attimo, mentre la voce dell’Avatar risponde da dietro il fumo:
“IL PROGRESSO NON PUÒ ESSERE FERMATO; L’EVOLUZIONE NON PUÒ ESSERE INTERROTTA. I NOSTRI ESPERIMENTI CONTINUERANNO: I VOSTRI MONDI DIVERRANO I NOSTRI LABORATORI.”
Jack reagisce alla paura nel solo modo che conosce: con la violenza. La spinta biotica più potente che un umano abbia mai prodotto attraversa il campo di battaglia, uccidendo all’istante i tre collettori rimasti. Ora è solo l’Avatar a rimanere in piedi, che continua ad avanzare verso di loro ineluttabile, inesorabile e inarrestabile.
“IO SONO ETERNO. VOI SIETE SOLO DEI BATTERI.”
“Io vi fermerò.” Urla a fianco di Jack il comandante.
Grazie alla spinta biotica di Jack, il fumo è stato completamente diradato: l’Avatar è perfettamente visibile mentre avanza verso di loro, come ultimo superstite dei ranghi nemici e decisamente il più pericoloso.
“SPERANZA?” nella voce del Razziatore si sente il disprezzo e la derisione.
“LA SPERANZA È INUTILE. ABBRACCIATE LA PERFEZIONE; ABBRACCIATE L’ASCENSIONE. NOI SIAMO L’ARALDO DEL VOSTRO DESTINO.”
 
Un'altra singolarità oscura colpisce la loro copertura, riducendola a pezzi.
Ma ora il comandante è pronta: di fronte allo sguardo inquisitore dell’Araldo, Shepard stringe in mano il lanciagranate.
Da quella distanza, non c’è nemmeno bisogno di prendere la mira: tre bombe viaggiano pigre verso il loro bersaglio, centrandolo una dopo l’altra e generando un’onda d’urto che percuote come un maglio entrambe le donne.
 
Il dito di Shepard è ancora sul grilletto quando la polvere si dirada, rivelando il torso maciullato dell’Avatar dei Razziatori.
Solo ciò che rimane di una gamba gli permette di mantenersi ancora in piedi: nemmeno le sue braccia sono più attaccate al corpo, dato che l’esplosione le ha polverizzate.
“QUESTO NON CAMBIA NULLA, SHEPARD. CI INCONTREREMO ANCORA.”
Poi, in un ultimo lampo di luce dorata, il cadavere dell’Araldo si riduce in cenere, cancellandone completamente la presenza, a parte per i ricordi che ha lasciato nella mente dei suoi avversari.
Jack avanza cautamente verso il luogo dove fino ad un attimo prima si trovava l’Araldo, smuovendo col piede la cenere rimasta a terra.
“Sono i Razziatori, Jack.”
Shepard risponde finalmente alla domanda che la biotica le aveva posto durante la battaglia: “Ma quello non è il loro vero nome e questo non è il loro vero aspetto: ciò che abbiamo appena ucciso era solo una marionetta. La loro vera natura è quella di gigantesche corazzate da guerra, più grandi e potenti di qualunque nave esista nella Galassia.”
“Perché sono così interessate a te?” chiede Jack dopo aver assorbito quelle informazioni.
“Credo che l’averne ucciso uno mi renda un esemplare interessante per i loro scopi, così come ora vale anche per te.”
 
Il sopracciglio alzato di Jack va perduto al comandante, che si è diretta verso Grunt: il giovane Krogan sta rinvenendo solo in quel momento.



Povero Araldo: per quanto si sforzi non sarà mai all’altezza. Parla troppo per essere un cattivo credibile: il che mi ha dato l’idea che probabilmente non sia un vero avatar dei Razziatori, ma un misto con il generale dei Collettori. E voi che ne pensate?
  
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