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Autore: coshicoshi    06/03/2011    6 recensioni
Che ci fa Ninfadora Tonks in una farmacia babbana in un pomeriggio di metà luglio? Si trova lì da sola, perchè se qualcuno sapesse dei suoi sospetti lei si troverebbe in pericolo..
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Era un pomeriggio di fine luglio. Il sole era alto nel cielo, probabilmente, ma non si poteva esserne sicuri. Qualunque cosa ci fosse in cielo era infatti coperta da un fitto strato di nebbia che aleggiava come una spessa cupola al di sopra della città di Londra e questo, unito al freddo innaturale che opprimeva le strade, rendeva molto difficile credere che fosse davvero estate.
L’unica cosa di cui si poteva essere assolutamente certi era l’ora.
Erano le tre e mezza.
Chiunque si fosse trovato in quel momento all’interno di quella comune farmacia all’angolo di Broadwick Street avrebbe potuto confermarlo, solamente guardando l’insolito orologio a cucù appeso al di sopra del bancone.
Un bambino si trovava lì proprio in quel momento e stava osservando quell’orologio apparentemente molto interessato.
Si stava vagamente chiedendo dove la signora al bancone avesse potuto trovare un orologio da cui ogni mezz’ora usciva un piccolo Gatto Silvestro lanciato all’inseguimento di Titti, ma la questione non era così importante.
Al momento aveva problemi molto più urgenti.
“Mammaa!” Chiamò, aggrappandosi alla gonna della donna. “Mamma, andiamoo? Siamo qui da ore..”
“Non dire sciocchezze, Kevin. Non saranno più di dieci minuti che siamo qui.” Rispose quella stancamente.
“Ma sono le tre e mezza! Ci sono i cartoni animati! Mamma, dai, non posso perderli altrimenti non capisco più cosa succede dopo!”
Ma la signora non parve molto impressionata dalle sue argomentazioni.
“Ora basta, Kevin! Devo prenderti lo sciroppo per quel brutto mal di gola. Ora mettiti buono e zitto.”
Kevin sbuffò, ma capì di non avere possibilità di convincerla e si mise a cercare qualcosa di interessante da fare nell’attesa, ma la sua ricerca fu inutile.
Non trovò niente di interessante né tra lo scaffale per i giochi per bambini –erano tutti per lattanti, quelli e lui ormai era grande, insomma.-  né tra i clienti in attesa.
Tutti uguali gli adulti, tutti con quei vestiti scuri e con quell’aria depressa. Avrebbe voluto che ci fosse almeno un altro bambino, o un cane, o un gatto.
Poi all’improvviso la porta si spalancò con un violento tintinnio del campanello ed entrò l’adulto più strano che Kevin avesse mai visto.
Era una donna, talmente giovane da poter essere classificata come ragazza, vestita in una maniera davvero molto bizzarra, anche per gli standard londinesi.
Portava una giacca di pelle nera, vistosamente da uomo, strappata sulla schiena e piena di macchie grigiastre, come se si fosse rotolata in una pozzanghera di fango. Chiusa sul davanti le arrivava fin quasi alle ginocchia, non riuscendo del tutto a nascondere un paio di pantaloni azzurro fosforescente.
Ma non era certo il suo abbigliamento ad aver attirato l’attenzione di Kevin;  la ragazza sfoggiava infatti una chioma ispida di un intenso rosa cicca, proprio come quelle dei cartoni animati che gli piacevano tanto.
Spinto dalla curiosità, si allontanò dalla madre e le si avvicinò per poterla vedere meglio.
Perfino un bambino come lui si accorse che la ragazza era decisamente a disagio: continuava a voltarsi a destra e a sinistra, guardinga e osservava malinconica lo scaffale con i giochi per bambini.
“Non te li consiglio, sai.” Le disse infine Kevin. “Sono per i lattanti, quelli, e sono noiosi.”
Lei si girò verso la fonte della voce e sorrise quando vide Kevin. Ma fu un sorriso tirato. Tutto nel suo viso sembrava esprimere stanchezza.
“Se me lo dici tu allora non li compro.” Gli rispose allegra. “Ho decisamente bisogno di divertirmi.”
Il bambino sorrise a sua volta. Di solito gli adulti lo trattavano con condiscendenza e non ascoltavano quando diceva qualcosa, ma lei sembrava davvero interessata a quello che aveva da dire.
“Beh, allora dovresti comprare le macchinine. Con quelle ti diverti davvero! Puoi far finta di fare le corse pericolosissime e immaginarti che saltano i burroni, come se sapessero volare!”
“Già.. le macchinine..” Sembrò pensare ad alta voce. “Se ti dico un segreto tu non lo dici a nessuno vero?” Continuò  lei in tono cospiratorio.
“Certo! Io sono bravissimo a tenere i segreti!”
“Molto bene, allora.” Gli strizzò l’occhio. “Io conosco uno che una macchina volante ce l’aveva per davvero. Poteva andare più veloce degli aerei e diventava invisibile, così le persone di sotto non la vedevano.”
Kevin spalancò gli occhi, affascinato dal racconto. “WoW! E adesso?” Sussurrò nello stesso tono di lei. “Non ce l’ha più?”
“Purtroppo no. Due miei amici l’hanno presa senza dirglielo e hanno fatto un viaggio così lungo che la benzina è finita e sono andati contro un albero.”
“Che cosa? Ben gli sta, allora!” Esclamò indignato il bambino. Per lui rubare e rompere una macchina così speciale era come commettere un crimine atroce. “Così imparano a romperla!”
“Ma non si è mica rotta! Si è solo un po’ammaccata. Si è ripresa è poi se n’è andata via per conto suo..”
“Ripresa? Come sarebbe ripresa?” La interruppe. “Come ha fatto ad andare via da sola se è una macchina?”
La ragazza lo osservò dall’alto compiaciuta, sorridendo in modo  enigmatico per aumentare la suspence.
“E’ proprio questo il segreto, caro il mio bimbo. Perché quella non era una comune macchina volante-invisibile.. era magica.” L’ultima frase gliela sussurrò all’orecchio, la voce abbassata in un sussurro mistico.
Il bambino la guardò con i grandi occhi seri e spalancati.
“Ma dici sul serio?”
“Ma certo! Ti sembro una che dice le bugie?”
“Ma è fantastico! E’super! E’meraviglioso! E’.. è.. Me la devi far vedere!” Esclamò poi, realizzando di aver terminato le sue espressioni positive.
“Mmm. Chi lo sa. Magari un giorno o l’altro potrei anche..”
S’interruppe all’improvviso.
La ragazza aveva infatti allargato le braccia in un gesto plateale e aveva centrato in pieno lo scaffale dietro di lei, ribaltandolo.
Tutti i clienti della farmacia, commessi compresi si voltarono verso di lei, chi ridacchiando, chi con espressione di compatimento.
“Scusate, scusate. Faccio io..” Mormorò lei, diventando tutta rossa e rialzando lo scaffale.
L’espressione sul suo viso era quasi comica, ma Kevin lanciò improvvisamente un urlo e arretrò di qualche passo.
“Che c’è?” Chiese lei, la voce attutita dalla montagna di confezioni che reggeva tra le braccia.
“I-i tuoi capelli..” Mormorò il bimbo. “Hanno cambiato colore..”
Lei finì in tutta tranquillità di stipare le scatoline negli scaffali –le erano cadute di nuovo dopo che aveva cercato di ficcarle tutte insieme in uno scomparto- prima di rispondergli.
“E così l’hai notato, eh?”
Kevin si guardò intorno e si accorse che in effetti era stato l’unico a notare che il rossore sulle guancie della ragazza si era trasmesso ai capelli. Tutti gli altri adulti avevano spostato la loro attenzione altrove non appena lo scaffale era stato raddrizzato.
“Ma.. ma come hai fatto?” Era scioccato. Non gli era mai capitato di incontrare un essere umano che cambiasse il colore dei propri capelli. A parte nei cartoni, naturalmente, ma quelli non erano veri..
E poi, in un lampo, arrivò l’ispirazione.
“Ma non sarai anche tu come la macchina.. insomma..” Abbassò la voce in un sussurro quasi inudibile. “..magica?”
Lei per tutta risposta s’inginocchiò davanti a lui. Ora il suo viso era al livello esatto del suo. Gli strizzò un occhio.
“Beh.. in realtà sì. Ma anche questo è un segreto.”
 
                                                                                           ***
 
Tonks guardò divertita il bambino correre dalla propria madre.
Forse gli aveva rivelato troppi segreti in una volta, pensò.
“Kevin, ora smettila con queste  stupidaggini!”
“Ma mamma, dico sul serio! La ragazza laggiù è magica, è una strega!”
“Kevin! Non si dicono queste cose! Ora basta, andiamo a casa! Da chi avrà preso questa sua maleducazione..?”
E trascinò il ragazzino corrucciato fuori dalla fila, sbattendo con foga la porta a vetri nell’ingresso.
Tonks rispose malinconica al saluto del piccolo, che era corso indietro per darle un ultimo sguardo.
Era stato un ottimo diversivo parlare con lui, le ricordava molto sé stessa da piccola, con quell’aria irriverente e la lingua lunga.
E ora che non  aveva più nessuna distrazione riavvertì la famigliare stretta alla gola dello stomaco.
Si chiese vagamente se si trattasse di nervosismo o solo del solito senso di nausea che la perseguitava in quei giorni e sospirò guardandosi intorno.
Si sentiva a disagio. Anche senza contare la figuraccia di poco prima, non aveva dimestichezza con queste situazioni da babbani: quel negozio, così diverso dalla farmacia di Diagon Alley,tutte  quelle medicine sconosciute e quelle luci eclettiche che incombevano su di lei, la soffocavano.
Sbuffò, rivoltò un’irritante scatoletta con su stampato un cuore e riprese a elencarsi nella mente tutte le ragioni per cui si era inoltrata da sola nella Londra babbana, a cercare aiuto in una medicina primitiva di cui non si fidava nemmeno un po’.
Beh, era ovvio.
Non aveva confidato a nessuno della sua gita di quel giorno, nemmeno a Remus.. nessuno doveva sapere.
Se qualcuno l’avesse vista o avesse sospettato.. Non poteva permettersi di far trapelare la notizia o sarebbero stati in pericolo.
Il vecchio davanti nella fila aveva pagato ed era uscito. Toccava a lei.
 
                                                                                           ***
 
Tonks guardò incredula la scatolina bianca appena acquistata.
Lei doveva andare dove? E fare cosa su cosa?
Doveva esserci un errore, la commessa l’aveva sicuramente presa in giro.
Aveva capito che era inesperta e se n’era approfittata, ecco tutto.
Poi l’aprì, lesse le istruzioni e capì che in effetti quello che doveva fare era proprio quello.
Sospirò e partì alla ricerca di un bar, pensando a che razza di stranezze s’inventavano i babbani pur di sopravvivere senza magia.
 
                                                                                           ***
 
Qualche minuto più tardi Ninfadora Tonks si trovava proprio all’interno del bar prescelto e iniziava a pentirsi della sua scelta.
Ormai da 3 minuti e mezzo continuava a trattenere il fiato per evitare di inalare i dubbi aromi che si sprigionavano dal lavandino su cui era seduta, anche se era piuttosto convinta che la reale fonte di quel profumino fosse un’altra.
Finita la scorta di ossigeno aspirò di nuovo dalla bocca, ma non poté evitare di avvertire un sentore di quell’olezzo schifoso e la nausea tornò ad assalirla.
Ti prego, Merlino, non qui..
Non vedeva davvero l’ora di poter uscire da quel buco orribile, che i gestori spacciavano per bagno. Ne aveva davvero abbastanza di quelle scritte idiote sul muro, dello sciacquone rotto e di quella pozza umidiccia sul pavimento e di certo non avrebbe migliorato la situazione se avesse rigettato.
E poi l’incanto sveglia suonò.
Tonks sobbalzò. Era arrivato il momento della verità, si disse.
All’improvviso non era più così ansiosa di uscire di lì; anzi, sarebbe volentieri rimasta li un altro po’ se questo fosse servito ad attardare quello che doveva fare.
Ora basta, Tonks. Si disse. Quel che è fatto è fatto e ora è giunto il momento di sapere.
E prima che quell’improvviso coraggio l’abbandonasse prese in mano lo stick e guardò nelle finestrelle, come era scritto nelle istruzioni.
Due linee rosse. Positivo.
Lei, Ninfadora Tonks, era incinta.
Come in un sogno uscì dal bagno, ignorando i rimbrotti delle persone che aspettavano il loro turno.
Ignorò anche i fischi e i richiami che le rivolsero gli ubriachi al tavolo, così come la coppietta che aveva travolto all’entrata.
La sua mente non registrava più niente, era vuota, piatta. Tonks stessa non capiva che cosa stesse provando in quel momento, finché non si ritrovò seduta su una panchina e sentì le lacrime bagnarle le guancie.
E si rese conto che erano di gioia.
Che scema che sei. Si disse. Siete sposati, che c’è di così strano o sorprendente?
Ma non era proprio così.
Fin da quando si era resa conto di amare Remus, aveva sempre voluto solo lui, il suo amore, senza pretendere niente in cambio.
L’ultima delle sue pretese era proprio quella di avere un bambino. Che cosa importava a lei, Tonks di avere figli quando poteva stare con l’uomo che amava più di sé stessa? Niente.
Lui era un Lupo Mannaro. Per quanto potesse sembrare un umano normale non lo era. Chi avrebbe mai pensato che lui e lei potessero avere dei bambini insieme? Chi avrebbe mai pensato che un pezzetto di lui avrebbe potuto rimanere dentro di lei e diventare qualcosa di reale, di vivo.. come un bambino?
Perché, come si rese conto all’improvviso Tonks, quello che ora era poco più di un’insieme di cellule non sarebbe diventato un bambino qualunque, ma il loro bambino, un’unione di loro, del loro amore.
Si accarezzò la pancia, immaginandosi di sentirla grossa e gonfia sotto la sua mano.
La sua mente era già corsa avanti, come aveva sempre fatto fin da bambina.
Fin dai primi anni di Hogwarts aveva sempre saputo di voler diventare un Auror, fin dai tempi della Prima Guerra Magica, quando lei aveva poco più di 8 anni, aveva sempre saputo di voler combattere Voldemort, di schierarsi contro i “cattivi”.
E ora.. la sua immaginazione aveva già formato un immagine. Un bambino, stranamente simile a Kevin, con gli occhi chiari del padre e un ghigno malizioso simile al suo, o magari una bambina trasformista come lei, con un carattere allo stesso tempo pacifico e malandrino, proprio come..
Sussultò.
Si era resa conto all’improvviso che gli occhi chiari e il carattere non erano l’unica cosa che la loro prole avrebbe potuto ereditare..
C’era un altro aspetto, qualcosa di più oscuro e pericoloso.
Lupo mannaro.
Queste poche sillabe risuonarono nella mente di Tonks ed ebbero un peso decisamente maggiore di quanto non avessero mai avuto e si chiese quante possibilità reali ci fossero che questo accadesse per davvero.
Poi all’improvviso come era arrivato questo timore sparì.
E sparì non perché Tonks non credesse in quest’eventualità ma perché aveva appena deciso che non le importava.
Come non aveva mai avuto timore della natura di Remus, così sentiva che qualunque cosa sarebbe diventata la sua creatura le avrebbe comunque voluto un bene nell’anima: come poteva essere altrimenti?
Sentiva di amarlo dal primo istante che aveva saputo della sua esistenza.
 
                                                                                          ***
 
Quella notte mentre si accasciava sui cuscini, sfinita e soddisfatta, la sua mente ritornò di nuovo a quel pomeriggio e provò uno strano senso di angoscia.
“Sei preoccupata?” Le mormorò Remus in un orecchio, prima di iniziare a mordicchiarglielo.
Avevano appena finito di fare l’amore nonostante fossero le quattro del mattino: la ragazza si era infatti svegliata nel cuore della notte in seguito a un incubo e aveva cercato subito conforto nell’uomo sdraiato accanto a lei.
Conforto che aveva ottenuto in abbondanza, constatò.
“Sì. Molto.” Gli rispose infine, anche se sapeva che la domanda era riferita a una preoccupazione ben diversa dalla sua.
“Lo capisco. Anch’io.”
Passarono diversi minuti in silenzio, abbracciati l’una all’altra e Tonks sentì finalmente un agognato torpore scendere su di lei.
“Non ti addormentare, ti prego. Voglio trascorrere un altro po’ di tempo con te. Potrebbe essere l’ultima notte che passiamo insieme.”
Aveva parlato con voce dura, ma la ragazza aveva comunque sentito una nota di panico in essa che la fece rizzare a sedere, improvvisamente sveglia.
“Non dirlo! Non devi dirlo mai! Domani non succederà niente, né a me, né a te, né a chiunque altro! Mi hai capito?”
L’indomani ci sarebbe svolta infatti l’operazione “Recuperiamo Potter” e la probabilità di un attacco dei Mangiamorte era schifosamente alta: la tensione era palpabile in tutti i membri dell’Ordine dopo la riunione di poco prima; a parte l’ovvia eccezione di lei, che si era rivelata piuttosto ottimista sulla questione.
La sua ansia era tutta per la nuova scoperta, ma in effetti le possibilità che qualcuno ci rimettesse la pelle c’erano.
Fu questo che la portò a chiedersi se dovesse parlarne con Remus in quel momento, ma escluse l’opzione all’istante: lo conosceva. Iperprotettivo com’era non le avrebbe permesso di partecipare, per non parlare della distrazione che gli avrebbe portato.
In effetti, pensò poco più tardi mentre riaccoglieva Remus dentro di sé, gli avrebbe raccontato tutto a operazione conclusa.
Quella notte era troppo confusa e turbata per avere la forza di far esplodere la bolla di felicità in cui si era rinchiusa con il suo licantropo e lasciò che il piacere cancellasse ogni suo pensiero, perdendosi nei suoi baci e nei suoi mormorii rochi.
Alla fine la stanchezza vinse anche il loro desiderio e scivolarono nel sonno lentamente, ognuno con i pensieri dispersi dietro ai propri fantasmi .
Era convinta di trovarsi nel suo letto e rimase piuttosto sorpresa di ritrovarsi nella sua vecchia stanza, dove dormiva a casa dei suoi genitori.
Non era cambiato nulla, a parte il fatto che il suo vecchio letto era sparito, sostituito da una culla dove un bambino dai capelli azzurri si agitava, piangendo e urlando a pieni polmoni.
La nonna del neonato lo cullava, cercando di calmare i suoi singhiozzi, ma non era lei che il piccolo voleva: voleva i suoi genitori, voleva che lo prendessero in braccio e che gli cantassero la ninna nanna.
Ma Tonks capì improvvisamente con un brivido di terrore che la sua attesa sarebbe stata inutile: mamma e papà non sarebbero mai tornati, lo sapeva d’istinto.
La mattina seguente la ragazza si svegliò all’alba piena di inquietudine, ma non conservò alcun ricordo del sogno. 








Nda : ero indecisa sul rating da mettere, poi ho deciso per giallo perchè non mi sembrava d'aver scritto niente di particolare, anche se ho cercato di essere più dettagliata che potevo essendo questa una tematica che mi sta molto a cuore (ce l'ho a morte con la Rowling per aver fatto passare così poco tempo insieme a Teddy e ai suoi genitori) e penso che sia uno dei momenti più delicati che la Rowling ha descritto (più o meno) nei suoi libri.
.
Essendo anche queste le prime storie che scrivo, accetto qualunque consiglio/suggerimento/critica (se sono troppo pesante nelle descrizioni, personaggi OOC etc) così mi posso migliorare anch'io insomma.
Grazie e fatemi sapere che ne pensate!! ^^



 
   
 
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