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Autore: GurenSuzuki    06/03/2011    6 recensioni
Fanfic a 4 mani. GurenSuzuki&Tora.
“Il mio nome è Kyo. La vostra insegnante di matematica, la Signora Fuwa, ha avuto un incidente domestico e attualmente è ricoverata in ospedale con un braccio rotto e l’anca lussata. Ne avrà per qualche mese, ma a parte questo sta bene. Fino ad allora la sostituirò io. Per andare d’accordo con me ci sono solo tre regole da rispettare: Prestatemi attenzione quando spiego; Impegnatevi; e soprattutto, in tutto ciò che fate dalla mattina quando aprite gli occhi fino alla sera quando li chiudete, pensate sempre e solo con la vostra testa.”
Un insegnante fuori dalle righe, acuto e tenebroso e uno studente dalla mente brillante e ribelle. I loro mondi collideranno e, inevitabilmente, l'impatto li unirà.
KyoRuki.
Genere: Commedia, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Ruki
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 4

Mi rigiro rapidamente davanti allo specchio per l’ennesima volta, mi chiedo cosa si consumerà per primo: se lo specchio o la mia pazienza soprattutto visto che ho cambiato idea su cosa indossare per ben tre volte per poi ricadere sul solito stile casual di sempre.
Trovo alquanto ridicola, molto ridicola a dire il vero, questa mia preoccupazione per l’abbigliamento, soprattutto in questo frangente, eppure mentirei a me stesso se non ammettessi di aver atteso questo sabato quasi con ansia.
E la cosa mi secca.
Mi secca terribilmente, al punto quasi da farmi rimpiangere di aver accettato anche se, dopo averci rimuginato sopra per giorni, non saprei dire da chi precisamente è partito l’invito.
Sono un uomo fatto e finito, di certo non un liceale che conta i giorni che lo separano dal grande appuntamento della sua vita.
Figuriamoci.
Con uno sbuffo mi avvicino ulteriormente allo specchio e con un movimento rapido insinuo le dita tra i capelli tinti di fresco. La solita tonalità bionda.
Sposto il ciuffo sul lato e guardo l’orologio al polso.
La vista dell’orario mi strappa uno sbuffo seccato.
“Bah!”
 Ho giusto mezz’ora di tempo ancora e non ho certo intenzione di far la parte della donnicciola vanitosa che arriva in ritardo perché ha passato tutto il tempo a sbattere le ciglia al suo riflesso allo specchio.
Inoltre, tanto per mettere in chiaro le cose nel mio cervello, è solo una cena che ha come scopo un’unica cosa: il dibattito. Lo scambio di opinioni.
Anche se più cerco di imprimere nella mia testa questo concetto, più ho l’impressione che dall’affinità intellettuale siamo invece finiti a fare il gioco del gatto e del topo.
Non posso fare a meno di stirare le labbra in un sorriso che, guardando la mia immagine riflessa, sembra più una smorfia.
Mi dispiace disilluderti, Ruki, ma il gioco sono io a condurlo.
Non ho mai permesso a nessuno di prendere il controllo, né di influenzarmi e non comincerò certo adesso facendomi prendere dall’agitazione per decidere cosa indossare.
Per questo do seccamente le spalle alla superficie riflettente ed afferro le chiavi dell’auto dal mobile accanto prima di uscire, spegnere la luce, e chiudere la porta a chiave.

Sono davanti allo specchio, che fisso con aria corrucciata una bomboletta di lacca spray. Okay, forse non ho l'espressione più intelligente del mondo, ma è dall'esatto momento in cui mi sono alzato da quella merda di cattedra che rimugino su ogni più insignificante dettaglio. Sto impazzendo, va bene comportarsi un po' istericamente -sono pur sempre un gay di diciotto anni, per la miseria!- ma diventare una donna incinta all'ottavo mese mi pare prematuro. Sono arrivato dal domandarmi se stavo meglio con i pantaloni nero nero o poco nero al chiedermi se spararmi i capelli o meno.
Uno sbuffo seccato mi satura le guance, prima che mi osservi ancora una volta allo specchio, posando la lacca sul riapiano, deciso a lasciare i miei capelli in piena libertà. Bha, qualsiasi maglia, giacca o pantalone che metto mi parrà sempre inadatto, quindi forse è meglio andarci e tanti saluti. Anche perché se non mi muovo rischio di arrivare in ritardo, e già il divario d'età è considerevole, almeno non comportiamoci in tutto e per tutto come un immaturo dodicenne!
Afferro il cappotto e le chiavi deciso ad uscire, ma un attimo prima che la lama seghettata possa combaciare con la serratura ci ripenso, e mi volto verso la superficie riflettende accanto alla porta.
Kyo è il genere d'uomo che non chiede il nome prima di scopare, non pensa a nulla mentre lo fa e probabilmente non ricorda assolutamente niente poche ore più tardi, perché è soltanto un numero insignificante che sale. Di gente insignificante.
Ma avrò comunque ciò che voglio, anche se conosce il mio nome, anche se non potrà dimenticarsi di me per almeno un anno scolastico e soprattutto... anche se non riuscirà a scordarsi di aver fottuto un suo studente tanto facilmente.
Arricciando dispettosamente un angolo della bocca, esco e chiudo la porta, infilando il cappotto.

…centocinquantasei…centocinquantasette…centocinquantotto…direi che può bastare.
Contare i miei passi camminando avanti e indietro davanti alla mia auto sta diventando alquanto noioso.
Centocinquantotto passi che corrispondono, vediamo un po’… a più o meno dodici minuti di ritardo di quel pestifero essere.
I casi sono due, o è semplicemente in ritardo oppure mi ha dato buca. Ed io che mi preoccupavo di non essere puntuale.
Sorrido non so se con più sarcasmo, ironia o fastidio mentre mi siedo sul cofano della mia stessa auto.
Fastidio…
Si, sono infastidito dall’idea che possa avermi dato buca, non ho nessun problema ad ammetterlo.
Ci tenevo particolarmente a questo scambio intellettuale.


Puttanate, Kyo, lo sai benissimo.
Assorto infilo le mani nella tasca dei jeans azzurri estraendo il pacchetto di sigarette e l’accendino.
Non è da me girare attorno a qualcosa e nemmeno negarla.
Soprattutto a me stesso.
Nel momento in cui mi ha fatto quell’invito conoscere il suo pensiero non era più l’unica cosa che mi interessava.
Ha incominciato ad attrarmi.
Tenendo lo sguardo sui pesanti anfibi neri che indosso apro il piccolo contenitore di cartone e con una pressione decisa del pollice faccio uscire
un cilindretto di nicotina su cui chiudo prontamente le labbra.
Questa roba è veleno.
Ma è veleno che aiuta a pensare e che manda via lo stress.
Do fuoco ad un’estremità del mio palliativo cancerogeno e aspiro una prima intensa boccata spegnendo poi  l’accendino che torno a riporre in tasca
con il pacchetto di sigarette.
Ho bisogno di riflettere.
Pft… riflettere…
In questo caso è una finta riflessione, posso giocare a carte scoperte.
Non è il primo ragazzo di diciotto anni che mi attrae fisicamente sicuramente non sarà l’ultimo.
E il fatto che sia un mio allievo non rappresenta un problema.
Non per me almeno.
La parola favoritismo non esiste nel mio vocabolario.
Ma il clichè del professore che scopa il suo studente in cambio di voti alti è così caro alla mentalità comune che qualora dovessero scoprire un eventuale rapporto di natura più…intima, per così dire, non esiterebbero a puntarci il dito contro.
Ridicoli, patetici, figli della media borghesia…
Mi disgustate.
Vi disprezzo.
Disprezzo voi, le vostre idee e il vostro mondo.
Disprezzo il vostro finto perbenismo, disprezzo il modo in cui squadrate tutto e tutti dall’alto in basso, disprezzo il vostro piccolo, squallido, mondo artificiale.
Aspiro un’altra boccata di fumo, con stizza, rilasciandola in un unico colpo.
Ed immerso nelle mie riflessioni non mi accorgo di nulla finquando il cilindretto di nicotina non mi viene sfilato di bocca.

Con uno scatto felino gli sfilo dalle dita callose la sigaretta e me la porto alle labbra, palesando la mia attenzione con un "Lo sai che fumare fa male?" per poi appoggiarmi il filtro tra le labbra e inspirare profondamente. Lui si volta, sorridendo sensualmente dischiude la bocca "Molto generoso da parte tua offrirti di prendere il cancro al mio posto."
A tale affermazione segue un inchino scherzoso, con tanto di palmo aperto puntato per aria, prima di rialzarmi "Buonasera!"
"Sei in ritardo."
Lo so porca vacca, e non lo sarei se non mi fossi perso ad osservarlo fare avanti e indietro sul marciapiede, sbuffando ogni qualvolta controllasse l'ora che mano a mano si faceva sempre più tarda.
"Dovevo farmi bello." Mi passo scherzosamente una mano tra i capelli lisci prima di soggiungere "Anche se non ne ho bisogno." con tono di noncuranza.
Lui tende un sorriso di lato, ispira l'ultima boccata della sigaretta, per poi spegnerla sotto il tacco della scarpa "Stavo pensando di farti un complimento, ma visto che te lo sei detto da solo ne farò a meno."
Eh no, così non va.
"E a che complimento pensavi?" Chiedo venando la voce di una punta di malizia.
"Che ti importa saperlo?" Sorride, i muscoli del viso si tendono, la pelle si illumina assieme allo sguardo. Poggia il bacino sul cofano dell'auto, incrociando le braccia al petto, sopra alla stoffa della maglietta che si riempie di pieghe; e con uno sforzo posso immaginarmi i fasci di tendini che si disegnano sull'incarnato ambrato. Riporto la mia attenzione alla realtà giusto in tempo per dire, senza alcuna possibilità di controllo sulle corde vocali "Sono una mezza donna, i complimenti mi interessano sempre." posando le mani sui fianchi.
Esattamente un secondo dopo mi pento di quell'affermazione.
Una mezza donna? Come diavolo mi è venuto in mente di dire una simile stronzata?
"In tal caso" Inizia con un sorriso divertito, che si tinge di libidine istantaneamente "Sei molto bello, Ruki."
Okay, forse quest'uomo non ha ben capito che sta parlando con un diciottenne pronto a saltargli addosso al minimo cenno di apprezzamento. Vuole forse che lo stupri?
Non posso fermare lo sbocciare di due fiori carmini sulle gote, prima di ribattere con un "Grazie, anche tu." fingo una nonchalance che assolutamente non posseggo, probabilmente sembrando anche molto goffo.
"Sei carino quando arrossisci. Quasi non sembri lo sfacciato di sempre." Dicendo ciò si alza dall'auto e si avvicina, con una lentezza esasperante.
Tutto ciò che vorrei dirgli stempera, si stinge e non distinguo più una parola dall'altra quando è abbastanza vicino da poter percepire il suo calore e il suo odore virile.
"Ricordati la mia posizione." Mi rendo conto in ritardo del doppio senso contenuto in quella frase -e per una volta non è voluto.
Lui si impensierisce, assume un'espressione seria mettendosi le mani in tasca. Poi sorride. "Correggimi se sbaglio, ma credo che la tua posizione l'abbia mandata a stendere quando hai scritto quell'apprezzamento sul foglio del tuo compito."
Scuoto le spalle con un sorrisetto. "Quindi ora che posizione avremmo?"
"Tu cosa avevi in mente?" Ribatte provocatorio.
"Te l'ho già detto, non mi piace molto la teoria. E questa è teoria."
"Capisco."
Improvvisamente annulla ogni distanza e mi bacia. Un bacio che si arrotola sulle rispettive lingue in una maglia di gusti, e scende assieme al respiro nello stomaco, strizzandolo: il diviario d'età, il ruolo e lo status che ci dividono... ogni differenza si dissolve mentre la sua lingua schiocca nel mio palato e si accarezza con la gemella. Non è un bacio dolce o lento. Se devo essere sincero, mi ha letteralmente infilato la lingua in gola. Ma nonostante la velocità non è per niente confusionario, sa quello che fa ed è così sfacciatamente sicuro che se non fossi troppo impegnato a non farmi venire un'epistassi, proverei l'irrefrenabile voglia di pigliarlo a ceffoni.
Ma ogni pensiero si sgretola e diviene polvere, mentre mi circonda la vita con le braccia e mi tiene stretto, così caldo e sicuro, mentre le lingue vorticano con velocità, quasi volessimo trapassare i rispettivi palati.
Serro gli occhi e smetto di pensare.


notes. (guren)
Bhe, capitolo che è stato un parto, lo giuro o.o
Tra varie influenze, impegni e quant'altro sayonara. Ne è passato di tempo, come state?
Non ho particolari note da fare, risponderò alle vostre recensioni privatamente appena avrò un pochino di tempo :)

Sì yaoiste.
Arriva la lemon.

guren&Tora
   
 
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