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Autore: samskeyti    06/03/2011    6 recensioni
Raccolta di episodi estratti da un passato troppo bello per essere dimenticato. "Take us back again."
Contiene:
Would you be my Valentine?; And you've killed my fear; Button of Love; Where I end and you begin and more...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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WHERE I END AND YOU BEGIN
 


NDA: Il titolo è una canzone dei Radiohead. E questo dice tutto quello che c'è da dire. Augurandomi di piacervi sempre, B.

.





(1993.)
Tic, tac, tic, tac, tic...

-Basta, questa perversione deve aver fine.
Tic, tac, tic, tac, tic...
-Chi sei, per fare questo a me?
Tic, tac, tic, tac, tic...
-Non esisti. Io sono perfetto, infinito e senza limiti; non c'è altro all'infuori di me. E proprio perché io non finisco, tu non inizi, né inizierai mai.

 

Dominic si svegliò di soprassalto. Aveva il fiatone, la fronte sudata, il cuore a mille. Si guardò attorno impaurito, cercando nel buio una luce.
Quando trovò la cordicella dell'abat-jour, la tirò con tutto se stesso. Finalmente s'aprì un varco nell'oscurità. E lui tornò a respirare in modo regolare. Guardò l'ora. Le rumorose lancette segnavano solo cinque e mezzo, perciò mancava ancora un po' alla sveglia ufficiale. Si ricompose fra le coperte, tentando di smettere di tremare come un bimbo in fasce. Non era da lui, assolutamente.

Tic, tac, tic, tac, lo scorrere del tempo gli metteva ansia e l'ansia gli impediva di acquietarsi. Soffocò la sveglia con un cuscino, sperando di soffocare anche il suo fastidioso ticchettio. Inspirò ed espirò, inspirò ed espirò. Si trattava solo di un incubo, in fondo, no?
-Un altro incubo, sottolineo: un altro. Per precisione il terzo, da quando ti ho incontrato.

Scacciò dalla mente il suo pensiero e, fissando la bianca luce emanata dalla lampadina a basso consumo, aspettò che il sonno tornasse. Non ne poteva più di avercelo nella testa, in un modo o nell'altro; eppure, più lo allontanava, più lui si rimetteva sulle sue tracce, entrandogli nella mente e non abbandonandola più. La conclusione poteva essere solo una.
-Ti odio.

 

Erano ormai le sette, quando l’odore di brioche carezzò il suo olfatto. Bill, suo padre, prima di portare fuori il cane, era solito a preparagliene un paio, col fornetto. Queste croccanti e profumatissime pagnottelle ricolme di marmellata ai lamponi emanavano una fortissima fragranza che arrivava fino alla sua stanza e, passando sotto la porta ancora chiusa, si arrampicava sul suo letto fino ad inondargli le narici. Il ragazzo, già sveglio, se ne beava, immaginandosi il gusto sulla lingua; poi però gli precipitava addosso dal nulla la consapevolezza che era definitivamente ora di alzarsi, e questo toglieva gran parte del piacere.

I piedi, fuori dal letto, s'irrigidirono al contatto col freddo pavimento. Saltellò fino al bagno e, arrivatoci, si chiuse la porta alle spalle. Trovò l'acqua calda che già scrosciava nel box doccia fumante e i vestiti stirati pronti per essere indossati riposti sopra il calorifero. L'ordine nel quale ciò che lo circondava regnava era rassicurante, calmante come una camomilla dopo un brutto sogno. Il massimo per riprendersi dopo una notte di incubi, insomma.

Si svestì e, agilmente, scomparve nella nuvola di vapore dentro la doccia, già pregustando il profumo del doccia-schiuma con cui presto avrebbe fatto risplendere la sua pelle. Adorava la combinazione fragole-cioccolato di sua sorella; non glielo diceva, ma piano piano gliela consumava, usando la scusa che il suo era finito o che la mamma si era scordata di riporglielo nel contenitore dei doccia-schiuma. Lei, dopo qualche protesta, accettava, e lui continuava a spalmarsi addosso quel profumato aroma che più annusava, più amava. Amava letteralmente, proprio come le cose più preziose.

Dieci minuti dopo, candido e lindo, accese il phon e osservò ammirato i suoi biondi capelli prendere consistenza maggiore, arricciandosi in boccoli dorati che non avrebbero potuto incorniciare in modo più glorioso il suo tondo volto roseo, volto dove non c'era millimetro di pelle che non fosse liscia come velluto pregiato. Fece scorrere lo sguardo su e giù per il suo corpo, cercando di coglierne i pregi, che, oggettivamente, spiccavano sui pochi difetti. Gonfiò i pettorali e tirò in dentro la pancia, già di per sé piatta: quale splendore, quella silhouette.

L'adolescenza lo stava trasformando da uno splendido cucciolo ad un magnifico leone adulto; mancava ancora molto allo spuntare della barba o all'indurirsi dei lineamenti, ma le nuove forme, meno femminee e più virili, cominciavano a plasmarlo secondo quello che poi sarebbe stato il suo corpo definitivo, conformandosi al suo ideale di uomo. La sua invincibile bellezza, che sempre era stata e sempre sarebbe stata la sua qualità più difesa, pareva beneficiarne giorno per giorno.

Il verde degli occhi straboccò per la contentezza di constatare ciò, uscendo dai confini definiti dalle folte ciglia chiare che ne segnavano i confini, simili a due sottili linee di matita; non c'era davvero nulla che non andasse nel suo aitante aspetto.
-Altro punto a tuo sfavore.
Raccolse con riluttanza la divisa scolastica dal mobiletto su cui era stata posata, una volta stirata. Quel blu sbiadito lo uniformava alla massa e lui non voleva uniformarsi, lui voleva brillare per la sua evidente e superiore bellezza. Tuttavia, poco poteva farci, quindi infilò come ogni giorno la divisa e, sistemandosi la cravatta nel modo più alla moda possibile, lanciò un sorrisetto malizioso al suo riflesso.
-Che denti, signorino Howard, si disse, ripetendosi mentalmente le esatte parole che gli aveva rivolto l'insegnante di Belle Arti, quella che lui riteneva un vero schianto di donna.


Hai finito di pavoneggiarti?” fu l'urlo di sua sorella fuori dalla porta del bagno, che bussava da più di dieci secondi, nella vana speranza di avere anche lei l'accesso al bagno.

Sì, arrivo, arrivo” rispose lui, aggiustandosi un ciuffo color dell'oro sulla spaziosa, liscia e nivea fronte.

Teoricamente dovrei passarci più tempo io, una ragazza, in bagno, che tu, un ragazzo” continuò ad infierire la fanciulla, scuotendo rassegnata il capo.

Dominic uscì e, passandole affianco, la guardò dall'alto al basso, dicendole:

Che me ne frega della teoria. In teoria le cose sono in un modo, in pratica in un altro. E in pratica io sono un figo, mentre tu una tappetta inespressiva.”

Emma fece finta di non aver sentito niente e passò oltre; lui, fremendo al pensiero delle brioche di Bill, sgattaiolò in cucina.

 

-Pancia piena, capelli pettinati e sguardo fiero: ottimo lavoro, Dom. Adesso vai a quella fermata del pullman, fai una battuta al bullo e guarda da uomo la mora che ti piace tanto. Certo, una sigaretta gioverebbe al tuo ruolo da gran belloccio, ma non puoi ancora, hai solo 15 anni. Intesi?

Camminò verso la fermata, lasciandosi dondolare la cartella su una spalla. Credeva di non avere una pecca, di essere l'emblema del bel liceale maturo, ma se si fosse osservato dall'esterno, avrebbe notato che la sua andatura, cadenzata e graziosa, tradiva una certa inesperienza. Dettaglio trascurabile, visti gli sguardi famelici che ad un paio di ragazze sfuggirono al suo passaggio.

Ciao Jack” disse, in direzione del cosiddetto bullo della scuola, un ragazzo ripetente dall'aria arrogante e aggressiva.

Ciao Dominic. Come butta?” gli rispose Jack, che lo teneva in considerazione unicamente per la sua fama da stendi-femmine, nonostante lo ritenesse un bel bambino e basta.

Butta. E chi c'ha voglia di andare a scuola!”

Jack sputò per terra, frugando nelle tasche alla ricerca di una sigaretta.

Non dire scemenze. Tu a scuola vai benissimo, stronzetto.”
Dom, non potendo obiettare, annuì e incassò il colpo. Forse, poteva ritenersi un complimento quello stronzetto, detto con tanta rabbia, o forse, invidia. Gongolandosi della sua lampante bravura scolastica, si chiuse in un silenzio di riflessione.
-Oggi non c'è la moretta. Peccato! pensò, leggermente dispiaciuto. Oh, se ne sarebbe fatto una ragione. D'altro canto, a lui, in verità, nessuna di quelle spasimanti lo attraeva in modo particolare. Erano tutte più o meno carine, più o meno uguali l'una all'altra. Sorrise a due ragazze e salì sull'autobus.
-Però, mica male quella di destra.

Sedutosi in un posto centrale, appoggiò la cartella per terra, fra le gambe, e lanciò lo sguardo oltre i finestrini. Lasciò che le mani giocherellassero con il biglietto timbrato e intanto ripassò mentalmente la lezione del giorno; banalissime nozioni di storia antica, per l'appunto. Se lo avesse interrogato, avrebbe preso l'ennesima A. Era quasi noioso, andar bene a scuola, tutto sommato.

Un quarto d'ora dopo, il tempo della sua spavalderia era finito. Sì, perché aveva tentato di nasconderselo per tutto il percorso, ma...
-Si sta avvicinando, commentò fra sé e sé, guardando con aria terrorizzata l'avvicinarsi di una fermata che conosceva molto bene. Quella fermata era la fermata. E da lì, esattamente da lì, saliva quel...-Odiosetto.

Pur non conoscendone neanche il nome, fin dal primo giorno in cui lo aveva visto e con lui aveva compiuto il pezzo di strada che li separava dalla scuola superiore, aveva avuto una stranissima sensazione, un non so ché di sconosciuto, un rimescolamento del sangue nelle vene, un gelido brivido bloccato tra il collo e la schiena. Non sapeva veramente niente di lui e, cercando a caso informazioni qui e là, non aveva cavato un ragno dal buco: quel ragazzo sembrava vederlo solo lui.
E la cosa, soprattutto dopo quei cinque o sei giorni da cui lo vedeva e da cui era di fatto ricominciata la scuola, cominciava a mettergli l'angoscia. La stessa angoscia che gli causava gli incubi, per precisare.
Il punto è che era diverso, incredibilmente diverso dagli altri. Tanto per cominciare non indossava la divisa, ma sempre vestiti neri; poi era solo, ma così solo da sembrare caduto da un altro pianeta. Quel ragazzo era alienato, e Dominic ogni volta che lo vedeva si sentiva le farfalle nello stomaco. Proprio come una donnicciola.
-Che cazzo.

Quella mattina, quando il pullman accostò per farlo salire, il biondo si conficcò le unghie nei palmi dall'agitazione. Ci sarebbe stato? O si era dissolto nel nulla da cui proveniva? Aspetta, ma se fosse stata solo la sua immaginazione?

Buongiorno” sussurrò il ragazzo in nero, salutando l'autista.

Buongiorno a te” gli rispose l'uomo, facendo attenzione che timbrasse il suo biglietto.

Il ragazzo in nero timbrò e poi, muovendosi goffo e storto come un fantasma zoppo, cercò un posto a sedere. Era sottile in modo inverosimile; scompariva agli occhi della gente.
-Ti prego non venire qui, ti prego non farlo, ti prego dimmi che adesso non-

Posso?” domandò una voce, lontana, bellissima ma lontana, a Dominic.

Il bel ragazzo faticò a far mente locale, a razionalizzare che, la persona che gli stava chiedendo il permesso di prender posto affianco a lui, non era lo sgorbio in nero, ma una tenera ragazzina più piccola di qualche anno.

C-certo” le rispose, guardandola accomodarsi lentamente, da principessina.

Istintivamente, però, cercò subito con gli occhi il piccoletto di nero vestito; non avercelo di fianco era un sollievo, una grazia del cielo, ma poteva ancora essere nei dintorni, ancora esser pericoloso. Si sporse in avanti, controllò ai lati, -Dove diavolo sarai... e, quando lo scorse, rimase pietrificato.
Il ragazzo-alieno era di fronte a lui, in piedi a neanche un metro di distanza. Si reggeva al palo di sicurezza e fissava il vuoto, con occhi spenti, stanchi stare aperti.
Dominic sbiancò. Non lo aveva mai osservato così da vicino e la prima emozione che provò, guardandolo in modo maniacale, fu la più inaspettata. Perché lo trovò...superbo. Semplicemente la persona più bella che avesse mai incontrato, anche più bella, anzi, molto più bella del suo riflesso allo specchio. Prima lo vedeva. Ora lo guardava.

Occhi zaffiro.
-Trasparenti come i cristalli, limpidi come i laghi di montagna...
Bocca bordeaux.
-Rossa come il vino, vermiglia come le rose...
Capelli neri.
-Ebano come la legna, lucidi come le penne dei corvi...
Ed era di un'indicibile nobiltà, era una statua di marmo scolpita dallo scultore col gusto più fine del mondo. Unico modello, il top della serie: l'insuperabile.

Ogni altra cosa attorno sbiadì e Dominic, a cui la testa girava vorticosamente, desiderò smaterializzarsi.
Non avrebbe mai sostenuto lo sguardo di quella creatura, perché, aliena o umana che fosse, lui se n'era infatuato perso. E, anche se si sentiva talmente confuso da non capire niente, mentre il cuore impazziva nel petto, credette di essere finito, un ragazzo finito. Volle scendere immediatamente da quell'autobus, togliersi dalla vista quel bellissimo dio o diavolo; perdeva addirittura la sensibilità, la percezione del tempo, la facoltà d'intendere.

 

Sss-cusami” biascicò alla ragazza, scansandola per scendere dal sedile.
Nella fretta la urtò, facendola alterare molto, nonostante le scuse. Incapace di reggersi sulle gambe, tentò di barcollare verso la porta, ma, ancor prima di muovere un passo, gli cadde la cartella dalle mani. Si spiattellò per terra, aprendosi e spargendo sul pavimento libri, penne e...

Un plettro” disse Matthew, raccogliendolo dal mucchio di oggetti che Dominic agguantava come un ladro e conficcava alla rinfusa nello zainetto.

Eh?” urlò il biondo, rivolgendogli uno sguardo sgomentato.

La gente attorno fissò gli occhi su quella scena che, oggettivamente, non aveva nulla di strano, benché a Dom pareva di essere solo in un vortice con quella figura nera che si stagliava davanti a lui, altissima, infinita verso il cielo.

Un plettro” ripeté il ragazzo solo, abbassandosi per ridarlo al proprietario.
La collisione degli occhi fu inevitabile.

Ah” mugugnò Dom, afferrandolo per la punta e gettandolo a caso nella borsa.

Suoni la chitarra? Io vorrei che qualcuno mi insegnasse come fare.”

Dominic annaspò, rovistando in ogni angolo del cervello pur di trovare una scusa credibile.

N-no, io...” balbettò, odiando quel coso che adesso pretendeva di sapere anche se suonasse.

Me lo insegneresti?” domandò Matt con voce spinta da una grande emozione. Avrebbe tanto desiderato un sì, un sì sincero, era disposto a pagare. Senza sapere perché, quel ragazzo biondo gli ispirava tanta simpatia.

Okay, ciao” tagliò corto Dom, il quale, vedendo che il pullman si era fermato per un'altra fermata, decise di scendere, di fuggire via, il più lontano possibile da quel ragazzo a cui non avrebbe mai e poi mai insegnato niente. Anzi, pensava già a usare un mezzo alternativo per andare a scuola, in modo da non vederlo più in tutta la vita.


Appena le porte si schiusero, si proiettò fuori, accolto da una ventata che gli mise sotto sopra i capelli. Da lì alla scuola mancavano solo 100m, avrebbe potuto benissimo percorrerli a piedi ed arrivare per tempo, ma non voleva affatto andare a scuola, non in quel pietoso stato. Al solo pensiero di “bigiare”, però, si sentì talmente un criminale che dovette nuovamente cambiare idea.

Chiuse gli occhi e respirò nel modo più profondo che riuscì; sentiva il cuore come un martello sulle tempie, nei polsi, dentro la cassa toracica.
-Non è successo niente, non è succ-

Ehi, ma come fai a darmi lezione di chitarra, se non sai neanche il mio nome?”

Dominic credette di udire le voci. Lo sperò, più che altro, lo sperò disperatamente perché quel suono era inconfondibilmente vicino e vero. Ma se così fosse stato, allora...lo aveva seguito!
Aveva paura ad aprire gli occhi, a rivedere il suo viso, però non poteva permettersi una figuraccia del genere, non con lui.

Dominic, e tu?” chiese di getto, spalancando gli occhi e porgendo la mano all'altro ragazzo, nello stesso nanosecondo.

Matthew” rispose il moro, senza accettare la stretta di mano.

Dom rimase col braccio a mezz'aria per quasi un minuto, un quasi minuto durante il quale si fissarono dritti negli occhi come due animali che cercano di identificarsi come amici o come nemici.
-Nessuno ti ha insegnato le buone maniere.

D'accordo, Matthew, ma io voglio andare a scuola, perciò se non ti dispiac-”

Dammi il tuo numero di casa, così ti lascio andare.”

Matt ridacchiò fra sé e sé; avere la conferma che le proprie supposizioni su una persona sono esatte è sempre una soddisfazione. Quel biondino era proprio il classico bravo ragazzo, il bello, diligente ed incorreggibile bravo ragazzo: la preda migliore da corrompere e l'esatto contrario di quello che era lui, solitario genietto ribelle.

Tu non vieni a scuola?”

No, oggi no, Dominic.”

Il biondo alzò le rade sopracciglia, stupito da tanta sconosciuta negligenza.
Prendo un foglio.”


Si chinò, appoggiò a terra lo zaino e da questo prelevò un foglio a righe bianco. Estrasse da un astuccio giallo una penna nera e scrisse, appoggiandosi al ginocchio, una serie di numeri vicini. Dopo aver rimesso ogni cosa a suo posto, si alzò e porse timidamente il foglio a Matthew.
-Che bella calligrafia, notò quest'ultimo, analizzando i numeri con interesse matematico, strano, tutti numeri primi.

Lo vuoi o no?” lo incitò Dom, mentre lui continuava a speculare sulla natura di quei numeri.

Matt levò gli occhi dal foglio. Come due azzurre farfalle si posarono su quelli di Dom e lì rimasero, sospese nel verde. Sembravano in pace, al sicuro. Le guance del biondo s'imporporarono lentamente.

Grazie” bisbigliò, allungando il braccio per accettare il pezzo di carta.

Quando lo toccò, le punte delle sue lunghe dita da pianista sfiorarono quelle di Dom, sotto il sottile velo di carta, là dove non si vedevano.


Capirono contemporaneamente di essere giunti ad un confine. Il confine dove finiva Dominic e cominciava Matthew, il confine dove cominciava Dominic e finiva Matthew.

Ci sentiamo” concluse Dom, infilandosi la cartella su una spalla.
L'attimo dopo correva già verso la scuola e le emozioni che provava si condensarono sul suo volto in un solo, raggiante sorriso.

Matt buttò il foglio nel primo cestino che trovò. Intuendo che Dom sarebbe stato niente meno che una delle persone più importanti della sua vita, così, a pelle, aveva già imparato a memoria quel numero. Non sorrise, non sapeva farlo e non c'era da sorridere.Canticchiando a bassa voce, si lasciò guidare dai piedi, incamminandosi verso non-so- dove. Guardò le nuvole. Finalmente, si sentiva leggero.

  
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