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Autore: skeight    14/01/2006    1 recensioni
Una nuova fan-fiction, un prequel sulla vita di Onigumo, il ladro che ha dato vita a Naraku. Commentate numerosi!
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naraku, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo due anni al servizio di Jigoku ero soddisfatto di me stesso: non solo vivevo bene e mangiavo a crepapelle, ma avevo anche messo da parte una bella somma

Dopo due anni al servizio di Jigoku ero soddisfatto di me stesso: non solo vivevo bene e mangiavo a crepapelle, ma avevo anche messo da parte una bella somma. Rispetto agli altri della banda, io facevo molti furti individuali, in cui spesso coinvolgevo anche Onigumo, quindi la mia ricchezza privata era considerevole, anche se di molto inferiore a quella di Jigoku. Fu proprio questo particolare a far nascere la mia ostilità nei suoi confronti: come vi ho già detto, Jigoku pretendeva una grossa parte del bottino dei colpi privati, cosa che gli altri accettavano senza particolare dispiacere, ma io, che in questo campo ero il più attivo, ero sempre più insofferente. Anche perché senza quella tangente da pagare le mie ricchezze sarebbero state più che doppie. Provai più volte a convincere Jigoku a diminuire le sue pretese, ma era irremovibile: non voleva diminuire il suo potere di capo, soprattutto a favore di uno dei suoi uomini più giovani. Io, d’altra parte, iniziavo a sentirmi sfruttato. Un tempo ero stato grato al mio signore per avermi tolto dal vagabondaggio, ma ormai le cose erano cambiate e la gratitudine esaurita.

Iniziai a pensare a qualche metodo per estorcere a Jigoku una grossa somma. Era possibile, ma da solo non ci sarei riuscito, quindi confidai i miei progetti ad Onigumo. Naturalmente lui rifiutò, non voleva tradire Jigoku, e poi un colpo simile lo avrebbe costretto ad abbandonare la banda, che offriva tanta sicurezza, per tornare all’instabilità. E poi lui continuava ad ammirare il capo. Ma qualche settimana dopo un avvenimento fece mutare la sua disposizione verso Jigoku.

Onigumo stava perlustrando un bosco insieme a un altro della banda, quando vennero attaccati da un orso gigantesco (scoprimmo che il suo sangue era in parte demoniaco), che uccise il suo compagno. Onigumo, terrorizzato, fuggì e tornò da noi, e pallido come un morto ci raccontò tutto. Jigoku, per nulla impressionato, chiamò cinque uomini e andò a cercare quell’orso. Dopo una lotta di qualche ora riuscirono ad ucciderlo. Quella sera festeggiammo l’impresa, come al solito in una casa di piacere, ma Onigumo non prese parte alle gozzoviglie. Da quel giorno iniziò a guardare storto Jigoku.

 

Il mio malcontento intanto continuva a crescere, con l’unica differenza che ora, quando andavo a sfogarmi con Onigumo, lui si univa alle mie critiche, anche se per motivi diversi.

“Quel maledetto Jigoku è un succhiasangue” dicevo io.

Ed è anche arrogante” diceva Onigumo.

“Per chi mi ha preso? Per un moccioso a cui si può far tutto?” mi chiedevo io.

“Ma chi si crede di essere?” si domandava Onigumo.

“Basterebbe che diminuisse le sue pretese. Ma no, è troppo vorace” rincaravo io.

E vuole mostrare di essere il migliore, il più coraggioso di tutti” continuava Onigumo.

Alla fine mettemmo a punto un piano. Una sera avremmo rapito Jigoku, e minacciandolo di morte lo avremmo costretto a darci una parte cospicua di tutte le ricchezze che aveva accumulato. Poi saremmo fuggiti, ricchi e indipendenti.

In realtà le intenzioni di Onigumo non erano proprio queste, ma lo avrei scoperto solo più tardi.

 

 

   
 
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