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Autore: Emy_n_Joz    08/03/2011    3 recensioni
Assassini. Templari. Sappiamo già cosa fecero in passato. Ma cosa direste se ci aiutassero a reinterpretare uno dei più grandi eventi della storia?
Francia, 1789. L’inverno è particolarmente rigido, soprattutto per chi adesso non ha più una casa. Il popolo ha fame; la carestia e il gelo hanno divorato ogni cosa. Le tasse non fanno che aumentare di giorno in giorno, rendendo la situazione insostenibile. E strani individui, coperti da un mantello bianco e con il viso nascosto da un cappuccio, si muovono per i vicoli, come ombre, tra questa desolazione. Al contrario, alla corte del re, il fasto e l’opulenza dominano con una totale indifferenza su tutto quello che succede al di fuori delle mura di Versailles, sugli intrighi, sulle feste e su nobili abbigliati riccamente, e sfoggianti anelli dorati, intarsiati di pietre preziose con la forma di una strana croce scarlatta. Dalla cima della Tour du Temple di Parigi, un mantello bianco è sospinto dal vento a tempo con la bandiera strappata recante il fleur de lis dei Borboni. Sotto il cappuccio, le labbra piene e rosse accennano un sorriso. Un attimo e, con un sussulto dell’aria e il grido stridente di un falco o di un’aquila, la figura è sparita, lasciando soltanto come segno del suo passaggio lo sbattere fremente e spaventato delle ali di alcuni colombi.
E ciò che verrà dopo sarà l’inferno, o la sua fine.
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Assassin's Creed: Revolution'
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Francia, 1787

Settembre

Il Templare Fabien sfregò il fiammifero sul muro e accese il piccolo involto di carta e tabacco di provenienza spagnola, e chiamato “spagnoletta” o “sigaretta”.

Alle sue spalle, un nuovo gemito lo distolse dal primo tiro. Si voltò con aria insofferente verso il mucchio di stracci sanguinolento raggomitolato a terra. Dietro una gran quantità di lividi e escoriazioni, s’intravedeva un volto storto dalla sofferenza.

Non doveva essere molto vecchio. Poteva avere al massimo venticinque, trent’anni. I capelli scuri gli cadevano in ciocche sporche e spettinate sul viso tumefatto.

Fabien fece un cenno, e per un attimo i due energumeni con i guanti di ferro smisero di picchiarlo.

“Ne abbiamo ancora per molto?” chiese, espirando un anello di fumo.

Il giovane rimase a gemere a terra, con le mani strette attorno al busto. Doveva avere almeno tre costole rotte, e le rimanenti erano sicuramente incrinate.

Fabien continuò a guardarlo impassibile, e si riportò il lungo filtro alle labbra. “Non abbiamo tutta la notte, Mathias. E non ci piace dover ripetere le domande una seconda volta. Tanto meno una terza. O una quarta…”

Mosse un passo verso di lui, e gli poggiò un pesante stivale sul fianco. Il ragazzo trasalì, e si morse le labbra gonfie per non urlare.

“Lo sai cosa succederà, vero, Mathias? Se tu adesso non parli, noi ti uccideremo, e lasceremo il tuo cadavere a marcire in questo vicolo. Poi prenderemo uno dei tuoi amichetti ladri, e riserveremo a lui lo stesso trattamento. E se neanche lui sarà così furbo da parlare, ne prenderemo un altro, e così via. Perciò, mio caro Mathias, che ne dici di risparmiarci un po’ di fatica?”

Il ladro tacque. Così, senza scomporsi, Fabien affondò lo stivale nel bacino del malcapitato, che scricchiolò in maniera sinistra. Stavolta, il ragazzo urlò.

Fabien si chinò, fino a trovarsi col viso all’altezza del suo. Poi gli soffiò il fumo in faccia, e ripeté:

“Allora?”

Mathias alzò due occhi disperati in quelli del Templare. E Fabien seppe che aveva vinto.

 

Nei giorni che seguirono Arnielle si sentì molto più stanca del solito a fine giornata. Aveva notato che gli allenamenti con Risha erano diventati più difficili e spossanti da quando lui si era assentato per qualche giorno per recarsi chissà dove a svolgere il suo lavoro da Assassino: pretendeva sempre di più, voleva che ripetesse il solito esercizio più volte finché non lo avesse eseguito quasi alla perfezione, e se ci riusciva le chiedeva di provarlo per un altro po’ affinché le entrasse in testa la tecnica.

Lei si impegnava, come aveva fatto fin dall’inizio, e ci metteva sempre più passione e volontà: le piacevano gli addestramenti con Risha, lo guardava con ammirazione quando effettuava le mosse che poi lei avrebbe dovuto eseguire; adorava i suoi movimenti fluidi e carichi di energia, e ogni volta si diceva che era veramente molto bravo, e che un giorno avrebbe voluto diventare come lui. E per farlo doveva metterci anima e corpo, anche per quanto riguardava le storie che il Maestro ogni tanto le raccontava su Templari e Assassini.

Le ripeteva continuamente che per diventare un ottimo Assassino, non bisognava soltanto essere agili, ben addestrati, intrepidi ad avventurarsi per le altezze più elevate e saper combattere, ma era anche necessario andare a consultare la storia e rielaborarne gli episodi per migliorare sé stessi, e ovviamente, seguire il Credo.

Sapeva perfettamente che la fatica, col tempo, le avrebbe dato dei risultati e delle soddisfazioni enormi.

Un giorno, però, mentre Arnielle si allenava a lanciare i coltelli a un bersaglio in movimento –rappresentato da uno dei ladri di Jacques con uno scudo in mano- Risha la fermò.

“Basta così per oggi.” disse.

Come al solito, il suo viso era pallido e teso, e nella sua voce c’era una nota di malcelato nervosismo.

Arnielle si fermò, un po’ ansante, e rinfoderò l’ultimo coltello. Il ladro, dall’altra parte dell’aia, fece un sospiro di sollievo.

La ragazza, che lo sentì, scoppiò a ridere. “Tranquillo, Vincent!” gli disse, mentre lui posava a terra il pesante bersaglio di legno “Ti ripagherò, un giorno.”

Il ladro le sorrise, forse troppo stanco per fare una vera risata.

Nel frattempo, Risha le si era avvicinato. Lui non rideva.

“Non ci sarò, domani.” le disse, e le scompigliò i lunghi capelli neri.

Arnielle fece una smorfia, e si ritrasse. “Perché no?” gli chiese imbronciata, aspettandosi la solita giustificazione.

“Ho da fare con i Templari.” rispose lui, azzeccandola in pieno.

La ragazza sbuffò. “Morissero tutti quanti.”

“E’ quello che ci auguriamo in molti, ma purtroppo, non muoiono da soli.” replicò Risha, abbozzando un sorriso.

“Ma mancherai solo domani, vero? O starai via di più?” lo incalzò Arnielle.

“Starò via due giorni, come sempre.” rispose l’Assassino, senza ombra d’emozione.

La ragazza abbassò lo sguardo, triste e frustrata. Il Maestro dovette capirlo, perché aggiunse:
”Domani potrai allenarti con gli uomini di Jacques.” disse, mezzo rivolto a Vincent “Non ci dovrebbero essere problemi, no?”

Vincent scosse la testa. “Niente in programma per domani. Calma piatta.”

“Bene.” fece Risha “Vi ho appena vivacizzato la giornata. Arnielle…” continuò poi, rivolgendosi alla ragazza che continuava a tenergli il broncio “E’ ora che tu faccia un allenamento attivo, che rispecchi un po’ di più la realtà. Perciò, domani andrai in città, e la Gilda ti aiuterà nel tuo addestramento.”

Arnielle sgranò gli occhi. “Che cosa?! Non dovrò mica ammazzare qualche innocente, vero? Sarebbe contro…”

L’espressione di Risha la ammutolì. “Che problemi hai con il Credo, Arnielle? E’ ovvio che non dovrai uccidere nessuno. Come al solito i tuoi bersagli saranno i ladri. Il difficile sta nel non farsi vedere dalle guardie, e nell’improvvisare.”

Subito, Arnielle venne invasa dall’emozione, ma anche da una certa inquietudine. “Ma davvero vuoi che faccia tutto questo? Mi ritieni già all’altezza?”

Per la prima volta da molto tempo, Risha le regalò un sorriso sincero. “Stai diventando una brava Assassina, Arnielle. Hai imparato ad essere umile.”

La ragazza arrossì, contenta del complimento. Vincent intanto si rigirava i pollici, sentendosi un po’ il terzo incomodo.

Risha lo guardò. “Vincent… Puoi andare ad avvertire Jacques, se ti va.”

Il ladro alzò gli occhi. “Subito, Risha!” esclamò, prima di correre via agilmente tra gli alberi della foresta.

A quel punto, il Maestro tornò a guardare Arnielle. “Se non ti credessi all’altezza non ti metterei mai in un pericolo così grande. Adesso vai… Ti aspetta una dura giornata, domani.”

Arnielle, a quel punto, non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso. “A presto, Maestro.” lo salutò, voltandogli a malincuore le spalle per prendere la strada verso casa.

“A presto!” le urlò dietro Risha, con un timbro strano.

La ragazza si voltò con aria interrogativa ma, come al solito, Risha non c’era già più.

 

Fréjus, Francia, 1787

Il giorno dopo

Risha era appostato nella solita ombra sulla balconata. Sotto di lui, la sala era già piena, e la riunione sarebbe iniziata a breve.

“Ordine.”

La voce del Gonfaloniere fece piombare la stanza nel silenzio.

“Oggi, come sapete bene, la riunione sarà breve. Discuteremo soltanto degli argomenti più incalzanti e attuali, poiché a causa degli ultimi avvenimenti abbiamo ragione di credere che tra le nostre fila ci sia un infiltrato. Tratteremo di tutto il resto nella nuova sede, che vi è stata comunicata tramite lettera.”

Cazzo. pensò Risha.

Negli ultimi tempi non si era limitato ad aggiornarsi sulle indagini riguardo ad Arnielle. Venendo a conoscenza dei piani dei Templari era riuscito a sventarne molti che sarebbero stati pericolosi, se portati a termine.

Era ovvio che a lungo andare si sarebbero insospettiti. Ma non pensava sarebbe successo così presto.

“Ci limiteremo a discutere dei progressi nella ricerca dell’allieva del Discendente. Blaise, Fabien? Mettetemi al corrente delle novità.”

Risha tirò un sospiro di sollievo. Gli era andata bene.

I due uomini si fecero avanti. Poi, uno di loro parlò:

“Siamo giunti a una conclusione, Gonfaloniere.” disse quello che, a giudicare dalla voce, era Blaise “Abbiamo scoperto di chi si tratta. E dove vive.”

Risha trattenne il respiro, mentre il suo cuore accelerava il battito.

Non è possibile…

“Si chiama Arnielle Laroche, figlia di Marie Laroche, una prostituta. Abita nella campagna di Falaise,* sul mare della Provence, in una baracca circondata da dei campi in abbandono. Ha due sorelle e tre fratelli, e nessun padre. La puttana si è data da fare.” commentò con disprezzo e lascivia il Templare.

Risha strinse i pugni, trattenendosi dal buttarsi giù dal balcone e fare qualche pazzia.

Nella stanza scese il silenzio. Sembrava che nessuno di loro fosse sorpreso da quella rivelazione.

“Perfetto.” affermò il Gonfaloniere “Non abbiamo più ragione di attendere, allora. Radunerò i miei uomini, e li spedirò a chiudere questa faccenda il più presto possibile. Tempo una settimana e ci saremo liberati di questo impiccio.” disse, e per un attimo, Risha avrebbe giurato che avesse sollevato il capo verso di lui.

Ma doveva essere stato frutto della sua immaginazione, perché quando riuscì di nuovo a reprimere la rabbia, il Gonfaloniere si era alzato in piedi, e così tutti gli altri astanti.

Allargò le braccia, e recitò, con voce perentoria: “Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam.”  

Tutti gli altri Templari ripeterono la formula, e poi il Gonfaloniere fece ricadere le braccia lungo i fianchi. “Che il Padre della Comprensione vi guidi. E ora andate in pace. Tutti quanti voi.”

Risha non carpì il lieve tono di minaccia nella sua voce, perché era già troppo lontano, correndo a più non posso verso l’uscita.

 

Falaise, Francia, 1787

Lavorare con Jacques e gli altri ladri non era poi così male. Arnielle li trovava tutti davvero molto simpatici, e sapevano sempre metterla a suo agio.

Le ore in cui avevano lavorato insieme le erano servite anche per socializzare con loro, e scoprire qualcosa di più sulla Gilda di ladri di Falaise. 

Durante le pause le avevano detto che i componenti della Gilda erano quasi tutti abbastanza giovani, anche se, ovviamente, all’interno di essa si trovavano anche coloro che avendo ormai oltrepassato la cinquantina e non potendo più muoversi come facevano un tempo, si occupavano direttamente dell’organizzazione del colpo. C’erano poi anche quelli che avevano il compito di controllare il bottino del giorno.

Quando Arnielle era piccola, si era avvicinata molto a quel mondo perché le circostanze l’avevano costretta a rubare, ma non aveva mai sentito parlare della Gilda di Falaise.

Ricordava perfettamente che uno dei più grandi desideri che teneva segreti da bambina era quello di entrare a far parte di una qualche compagnia di ladri, perché anche se inizialmente non le era piaciuto rubare, alla fine per lei era diventato divertente farsi seguire dalle guardie che ogni volta imprecavano ad alta voce visto che riusciva sempre a passarla liscia. Un gioco.

Ma non aveva mai immaginato che, in fondo, anche quell’attività richiedesse un’organizzazione precisa.

Durante gli allenamenti aveva potuto constatare che i ladri erano molto agili e veloci, anche se, ovviamente, non al livello di Risha.

Comunque, nel caso lei facesse qualcosa di sbagliato durante l’allenamento, ognuno di loro era sempre pronto a farglielo notare: certo, erano ladri, ma la loro attività richiedeva alcune delle caratteristiche che servono anche ad un Assassino, come ad esempio l’agilità e, in ogni caso, rappresentavano un ottimo alleato per l’Ordine.

Soprattutto adesso che Risha non c’era e lei si sentiva molto insicura, aveva bisogno di persone a quel modo.

Quella mattina presto Arnielle aveva iniziato a svolgere il suo allenamento in città, come Risha aveva deciso che facesse.

Sulle prime si sentì preoccupata e poco determinata, anche se in teoria non avrebbe dovuto esserlo: infatti aveva già provato a sperimentare le sue abilità in città, ma di notte, quando era più probabile che nessuno la vedesse e lei era sicura di non correre alcun rischio, anche se forse Risha non la pensava a quel modo.

Di giorno però non era la stessa cosa: doveva stare attenta a non farsi vedere dai passanti che si trovavano di sotto, lungo le strade, soprattutto dalle guardie; doveva prestare attenzione a come effettuava i vari salti e a calcolare a modo la distanza che si frapponeva tra lei e il palazzo che doveva raggiungere.

Ma poi si era abituata a quel nuovo modo di allenarsi, e col tempo tutto si era rivelato essere più semplice.

Quel pomeriggio Arnielle si trovava per strada, in mezzo alla gente. Già che c’era avrebbe anche potuto mettere a frutto le sue abilità da borseggiatrice, ma aveva già avuto modo di farlo per anni. L’obiettivo di quel giorno era infatti quello di arrampicarsi il più in alto possibile, eseguire diversi salti, magari quelli più difficili che richiedevano un po’ più di concentrazione, e colpire col pugnale da lontano un bersaglio in movimento sui tetti, rappresentato dal solito Vincent con lo scudo in mano.

Ad Arnielle, alle sei di sera, non rimaneva altro che provare la sua resistenza nell’arrampicata, quindi arrivò in un vicolo quasi deserto e con cautela, facendo meno rumore possibile per non farsi sentire, e soprattutto vedere, iniziò a scalare uno dei palazzi più alti di quella zona. Sapeva che in cima, sul tetto, ci sarebbero stati gli amichetti di Jacques ad aspettarla.

Corse sul muro per un tratto brevissimo, giusto quel che bastava per raggiungere con le proprie mani il telaio di una finestra e afferrarlo con sicurezza. Poi rapidamente, dato che stava per passare qualcuno, fece forza con le gambe e saltò più in alto, per poi aggrapparsi alla parte inferiore di un balcone semi nascosto dall’ombra.

Arnielle rimase appesa al punto più basso del balcone, tirando su anche le gambe e tenendole a contatto con il terrazzo stesso, come se fosse stata distesa a pancia in giù su un letto, solo che era ribaltata. Stava per cedere, ma doveva resistere: il passante aveva quasi attraversato quel tratto del vicolo.

Quando fu certa che della persona là sotto non c’era più neanche l’ombra, buttò giù le gambe e continuò la sua scalata.

In pochi minuti raggiunse la cima del palazzo, dove trovò Crépin e Eric, appunto.

Appena la videro spuntare, le mostrarono sorrisi carichi di felicità. “Brava Arnielle, migliori ogni minuto che passa!” disse Crépin.

“Grazie.” fece la ragazza, ricambiando il sorriso, ma un po’ affaticata. “Adesso però mi serve la massima concentrazione. Voglio verificare se sono in grado di mettere in atto quello che ho imparato in questi mesi in un altro modo.”

I due ladri si guardarono con espressione interrogativa. “Ma l’hai già fatto. Oggi hai avuto la possibilità di allenarti in città invece che nella solita arena della cascina. Questa non è una novità per te?”

Arnielle sorrise. “Sì che lo è… Ma io intendevo qualcosa di più pericoloso.”

Crépin e Eric si allarmarono.

“Che vuoi dire precisamente?” chiese Eric.

“Bhè… Come dire, finora ho messo a frutto le mie capacità tranquillamente, e ho eseguito gli esercizi senza un limite di tempo… Ma cosa succederebbe se, invece, qualcuno mi seguisse a più non posso, magari anche fino ai tetti? E non mi riferisco a voi.” fece lei.

Crépin era decisamente spaventato. “Mon Dieu, Arnielle! Sei per caso impazzita?” esclamò, portandosi le mani ai lati della testa, disperato.

Nemmeno Eric era tranquillo. “Forse l’abbiamo fatta lavorare troppo…” disse con una strana espressione all’altro ladro  “Mi sa che non le fa bene allenarsi per così tante ore.”

Arnielle rise di gusto. “State tranquilli. Vi prometto che me la caverò, e in ogni caso, se mi dovesse succedere qualcosa, la responsabilità sarà solo mia. Ci penserò io a parlare con Risha.”

“Sai, Arnielle, se ti dovesse succedere qualcosa, dubito che poi potrai parlare con qualcuno.”

“Ho detto che potrà succedermi qualcosa, non che non riuscirò a tirarmene fuori.” replicò la ragazza con un gran sorriso.

Entrambi i ladri aprirono la bocca per ribattere, ma lei era già filata via.

In realtà non era andata molto lontano: si trovava sul tetto della casa accanto, ma evidentemente Crépin e Eric avevano già perso le sue tracce. Arnielle li vide mettersi a sedere vicini, con le gambe che penzolavano oltre il tetto.

La ragazza si tirò su il cappuccio e si voltò. Scese su un tetto un po’ più basso per poi fermarsi. Dalla cima di quel palazzo era possibile vedere con chiarezza tutto ciò che succedeva nella piazza e nelle stradine di sotto.

Voleva verificare se era in grado di controllare la sua elevata capacità di percezione. Ci aveva lavorato molto con Risha: le aveva assicurato che le avrebbe insegnato ad utilizzare l’Occhio dell’Aquila, e aveva mantenuto la promessa.

Ogni giorno, prima dell’allenamento, il Maestro la lasciava in silenzio per quasi un’ora, e in quell’arco di tempo Arnielle doveva concentrarsi e ampliare le sue percezioni, ma soprattutto, doveva imparare a controllarle.

Inizialmente l’esercizio si era rivelato più difficile del previsto, ma poi, col tempo, era riuscita ad eseguirlo senza problemi.

Ma lei voleva vedere il frutto di tutte le sue fatiche, al di fuori del solito ambiente.

Perciò, si affacciò un po’ oltre il bordo del tetto. C’era troppa gente là sotto: non avrebbe saputo distinguere le guardie dai ladruncoli che si aggiravano tra le bancarelle del mercatino, oppure i venditori dalle persone che erano semplicemente sedute su una panchina appena fuori casa.

Prese un bel respiro, e chiuse gli occhi: rimase così per qualche secondo, concentrandosi su tutto quello che accadeva intorno a lei, poi li riaprì.

Adesso riusciva a vedere tutto senza difficoltà: mise subito a fuoco un gruppo di sei guardie vicino alla fontana in mezzo alla piazza, e più in là, ne vide altre due, intente a seguire qualcuno.  Un po’ più avanti, riconobbe Fabrice, uno degli amichetti di Crépin e Eric, che correva a perdifiato tra la folla, gettando a terra degli innocenti passanti per farsi strada.

Ad Arnielle venne in mente un’idea: scese dal tetto e si diresse verso il gruppo di guardie vicino alla fontana. Proprio in quel momento, passarono di corsa Fabrice, che ebbe anche il tempo di rivolgerle un rapido saluto con la mano, e i suoi inseguitori, che fecero allarmare le guardie che interessavano ad Arnielle.

Perfetto, pensò lei, e si avvicinò a una donna girata proprio verso di loro. Quando le fu praticamente accanto, la urtò notevolmente e le rubò il sacchetto di monete che teneva stupidamente in mano.

“Ehi tu! Ferma dove sei!” urlò una guardia, mentre la donna strillava a squarciagola facendo spaventare tutta la piazza.

Arnielle lanciò ai sei uomini un’occhiata carica di sfida, prima di iniziare a scappare velocemente.

Sentì uno di loro urlare dietro di lei: “Diamine! Ma questa è la giornata degli sporchi ladruncoli di Falaise?!”.

Per un istante le sembrò di essere tornata bambina.

Spinse con forza un povero uomo capitato davanti a lei per caso, poi svoltò in una stradina sulla sinistra e prese ad arrampicarsi su per il palazzo come fosse una scimmia.

Quando le guardie arrivarono nel vicolo, lei era già a metà della sua scalata. Sentì diverse imprecazioni e sbuffi di fatica. Evidentemente alcuni dei soldati avevano deciso di seguirla anche su per il muro.

Mh! Guardie… Che stupide!

La ragazza intanto era già arrivata in cima, e continuò la sua corsa. Individuò il tetto dell’edificio sul quale aveva lasciato due preoccupati Crépin e Eric, e si diresse verso quella direzione. Le guardie, nel frattempo, erano riuscite a raggiungere i tetti, ma erano affaticate. Nonostante tutto, dovevano aver visto Arnielle in lontananza, perché urlarono: “Laggiù!”

La ragazza saltò sul palazzo dove si trovavano i suoi due amici ladri, accennando un lamento perché si era fatta un po’ male alla caviglia. Ma riprese a correre: gli uomini l’avevano quasi raggiunta.

Crépin e Eric sobbalzarono notevolmente quando sentirono l’ondata d’aria che Arnielle aveva lasciato dietro di sé, e si sentirono ancora peggio quando videro le guardie farsi sempre più vicine.

“Oh! Mon Dieu!” fecero all’unisono.

Senza pensarci due volte, si alzarono immediatamente, sempre più spaventati, e andarono dietro ad Arnielle.

La ragazza si voltò un attimo verso i suoi amici, e fece loro cenno di muoversi: aveva trovato un nascondiglio valido. Quasi si buttò giù dal tetto, afferrando quello più basso di fronte a lei e lasciandosi cadere con cautela su un terrazzo abbastanza grande e nascondersi dietro al bucato steso con cura.

Crépin e Eric la imitarono, e tutti e tre ebbero modo di osservare le guardie più in alto che cercavano disperatamente di capire che fine avessero fatto, tutti quanti, ma inutilmente.

Quando si furono allontanate, Arnielle venne fuori e tornò sul tetto, e così fecero anche i ladri.

Poi si girò a guardare le loro facce, e scoppiò a ridere. “Non posso credere che vi siate spaventati così tanto!” li canzonò.

Crépin era chiaramente offeso. “Sei una scapestrata, Arnielle! Potevi almeno avvertirci che avevi intenzione di trascinare le guardie fino a dove eravamo noi!”

Lei rise di gusto ancora una volta. “Dove sarebbe stato il divertimento, sennò?”

Eric la guardò malissimo. “Non farlo mai più.”

Lei si limitò ad alzare gli occhi al cielo. “Siete vecchi dentro.”

Diede loro le spalle e decise di trovare un punto adatto per scendere giù, fino alla strada, senza sforzare troppo la caviglia che le doleva ancora un po’.

I due ladri la salutarono e la lasciarono sola.

Si affacciò oltre il tetto, e guardò di sotto, in cerca di qualcosa di utile, ma all’improvviso si sentì una mano sulla spalla, e una forza che la tirava indietro. Era una sensazione già provata.

Per poco non le prese un infarto. Si girò di scatto e puntò il pugnale che portava sempre con sé al collo di qualcuno.

Ma lo ritrasse subito quando si rese conto che quel qualcuno era Risha.

“Scusa se ti ho spaventata, Arnielle.” le disse.

“Risha!” esclamò lei, felice di rivederlo “E’ andato tutto bene?”

“Non c’è tempo per parlare, adesso.”

Sembrava piuttosto agitato, e sul volto aveva una strana espressione.

Lei sentì una certa inquietudine. “Qualcosa non va?” chiese.

“Arnielle, ascoltami bene. Devi fare tutto quello che ti dirò di fare. Intesi?” si limitò a risponderle. Era serissimo.

Arnielle annuì, nonostante iniziasse a sentirsi davvero molto preoccupata.

“Và dalla tua famiglia, e portala qui in città. Devi arrivare fino alla piazza principale; lì ci sarà Jacques ad aspettarvi. Una volta che lo avrete raggiunto, vi porterà al sicuro alla Gilda dei ladri. Ci vedremo lì.” continuò lui.

“Ci porterà al sicuro? Risha, che significa? Cosa diavolo sta succedendo?” la ragazza stava diventando agitata quasi più di lui.

“Ti ho già detto che non c’è tempo di spiegarti. Tu fallo e basta! Subito!” le ordinò lui, e vedendo che Arnielle indugiava a partire, aggiunse “CORRI!”

A quel punto lei non poté più disobbedire, e si calò giù dal tetto.

 

Risha si affrettava verso la Gilda. Il suo cuore batteva a una velocità innaturale, e non solo per la corsa. Aveva un orribile presentimento, e non vedeva l’ora di riabbracciare Arnielle.

Per il momento non poteva fare altro che aspettarla.

Quando si erano salutati era corso alle varie colombaie della città per interrompere le comunicazioni. Aveva liberato i piccioni e aveva distrutto le gabbie, sperando che per il momento bastasse a guadagnare un po’ di tempo.

Non si era fermato nemmeno un attimo da quando era uscito dalla cattedrale di Fréjus. Era tornato a Falaise due ore prima, in pochissimo tempo, spronando il cavallo fino allo stremo, e appena arrivato era corso alla Gilda, per avvertire Jacques e chiedergli di mandare qualcuno dei suoi di guardia sulla strada verso la casa di Arnielle. Purtroppo, tutti quelli liberi erano ad allenarsi con la ragazza, e gli altri erano fuori città a prepararsi ad assaltare una carrozza. Jacques gli aveva promesso che, appena qualcuno fosse tornato, l’avrebbe mandato subito in aiuto di Arnielle.

E, dopo averla avvertita e aver finito quell’ultimo lavoro, Risha stava tornando alla Gilda per aspettare l’arrivo della ragazza.

Non gli piaceva affatto l’idea di aspettare. Ma non aveva scelta.

Entrò dalla porta, forse per la prima volta nella sua vita. Era sfinito, le gambe gli dolevano terribilmente, ma quasi non lo sentiva. Tutto ciò che provava era ansia, e paura.

Appena fu all’interno, Jacques gli corse incontro, con un aspetto nervoso almeno quanto il suo.

“Mi dispiace, ma i miei uomini non sono ancora tornati. Temo abbiano avuto qualche imprevisto.”

Risha sentì lo stomaco contrarsi. “Non importa. Il Gonfaloniere ha detto che l’avrebbe attaccata tra una settimana, andrà tutto bene.”

Jacques annuì. “Vedrai che…”

In quel momento, la porta sbatté violentemente, e sulla soglia si presentarono due figure. I due uomini impiegarono un po’ di tempo per riconoscerle.

“Capo…” ansimò Fabrice, trascinando nella stanza un corpo completamente abbandonato contro di lui.

Risha e Jacques si affrettarono subito ad andare a dargli una mano a portarlo dentro. Adagiarono il corpo scomposto e sanguinolento su un divano, poi Fabrice continuò:

“L’ho trovato in queste condizioni in un vicolo isolato, non molto lontano da qui…” disse, col respiro ancora affannato “E’ Mathias, capo.”

Sia Jacques che Risha abbassarono lo sguardo su quell’involto di stracci, il cui petto si alzava e abbassava a malapena. Mathias, il giovane ladro della compagnia di Jacques, era totalmente irriconoscibile.

“Ma cosa diavolo gli è successo?” chiese il capo dei ladri, accovacciandosi vicino al divano “Fabrice, va’ a chiamare un medico! Sbrigati!”

Il ladro esitò, guardando terrorizzato il volto pesto dell’amico disteso sui cuscini.

“Muoviti!” lo incalzò Jacques, e solo allora il giovane riuscì a muoversi, e a correre fuori.

Anche Risha si avvicinò al divano. Nel guardare Mathias ridotto in quello stato percepì che qualcosa non stava andando. Che c’era qualcosa di storto.

“Guarda qui…” mormorò Jacques, constatando velocemente le ferite del ragazzo “Vado a prendere dell’acqua…” fece, alzandosi velocemente.

“Aspetta…”

Risha si voltò, e così Jacques. Mathias era riuscito a socchiudere gli occhi, e aveva stretto con forza una mano attorno al braccio del ladro.

Jacques si affrettò a tornargli vicino. “Mathias, sta’ zitto. Ora non è il momento di parlare, devi riposarti.”

“No…” insistette Mathias, con voce flebile “Io devo… dire una cosa… E’ importante…”

A quel punto, Jacques non lo interruppe. Risha mosse un passo verso di lui, sempre più inquieto.

“I Templari… Sono stati loro…” mormorò il ragazzo, senza mollare la presa sul braccio del ladro “Loro… mi hanno preso, e… e fatto delle domande… Volevano sapere… di Arnielle… e della sua famiglia…”

Risha strinse i pugni, mentre il respiro gli si faceva affannoso. Jacques rimase immobile, pietrificato nella posizione in cui era.

“Io ho detto di no, ma… ma loro… faceva male, e io… dicevano che mi avrebbero ucciso…”

Il ragazzo scoppiò a piangere. Il petto gli si alzava in spasmi dolorosi e irregolari. “E io gliel’ho detto. Gli ho detto tutto, Risha, mi dispiace…”

L’Assassino sentì le gambe cedergli. Si mise le mani sul viso e tra i capelli, sotto il cappuccio, voltandosi verso la porta. Ma sentiva che non era finita…

“Mi hanno anche chiesto…” continuò Mathias, i singhiozzi che diventavano sempre più incontrollabili “Come tu facessi a sapere tutte quelle cose su di loro… E io…” esitò, piangendo più forte “Credo che abbiano fatto trapelare una falsa traccia… Così ha detto il Templare, ha detto che… ti avrebbero fatto credere al sicuro… che avevi tutto il tempo, ma in realtà… non è così. Non è così, Risha, loro… loro sono già qui.”

Jacques si voltò verso l’Assassino con gli occhi sbarrati, terrorizzato.

Ma Risha non ricambiò il suo sguardo per più di un millesimo di secondo. Si lanciò verso la porta, dimentico del dolore alle gambe, dimentico della stanchezza, dimentico di ogni cosa. Tranne che di Arnielle.

“Perdonami…” mormorò debolmente Mathias, in preda alle lacrime.

Ma l’Assassino non poté e non volle rendergli conto. Forse neanche lo sentì, ormai troppo lontano sulla strada verso la campagna di Falaise.

 

Arnielle non sapeva con precisione da quanto tempo stesse correndo, e non le interessava saperlo.

L’unica cosa che voleva era arrivare a casa e portare via sua madre e i suoi fratelli, come aveva detto Risha, da quel pericolo che non conosceva.

Era ormai scesa la notte, e il buio era denso e omogeneo. Per questo quando giunse sulla cima di un pendio rimase quasi accecata dalla luce forte e tremolante che vide in lontananza.

Si fermò di colpo, con una fitta al cuore. Poi, pregando che non si trattasse di ciò che pensava, riprese a correre più veloce che poteva.

Ma quando arrivò in vista dei campi in cui era cresciuta e di quella che era stata casa sua, fu come se il cuore e i polmoni le si accartocciassero.

Si fermò di nuovo, la testa che le girava, l’aria che si rifiutava di scenderle oltre la gola. Rimase pietrificata in quel punto, con gli occhi sbarrati sulla scena che non avrebbe mai più dimenticato.

Davanti a lei, casa sua era in fiamme: uomini in armatura entravano e uscivano dalla porta ancora intatta, mentre dalle macerie si levavano alte le urla disperate di alcuni bambini… I suoi fratelli.

Forse fu per pietà che le sue orecchie smisero di funzionare, impendendole di sentire altro. Sentì la testa congelarsi e andare a fuoco nello stesso momento, mentre non udiva altro che un forte ronzio.

Arnielle si sentì le gambe cedere, e cadde in ginocchio, con le mani davanti alla bocca; la scena cominciò ad appannarsi e ondeggiare, e la ragazza capì che gli occhi le si erano riempiti di lacrime.

Vomitò.

Era convinta che sarebbe morta anche lei, sul prato dove aveva giocato tante volte con Thérese, Sebastien, Justin, Margot e il suo piccolo Pepinot… E Marie, che li guardava da chissà dove, con un dolce sorriso sulle labbra…

Arnielle si accasciò al suolo, stringendo terra ed erba tra le dita, mentre i singhiozzi le si infrangevano nel petto, e qualcos’altro le saliva al cuore.

Rabbia.

Voglia di vendetta.

Fu con un ringhio che si staccò da terra, e prese a correre verso la casa in fiamme, senza sentire altro che una tremenda voglia d’uccidere.

Poi si sentì bloccare, e tirare indietro. Delle braccia forti la stringevano, qualcuno l’aveva afferrata per la vita.

Arnielle prese a scalciare, e a cercare con tutte le forze che le erano rimaste di liberarsi.

“NO! NO, LASCIAMI ANDARE!”

Continuò ad avanzare, cercando di contrastare quelle braccia tanto più forti di lei. Chi l’aveva fermata la stringeva a sé, le parlava, ma lei non sentiva niente, soltanto quel ronzio e il battito accelerato del suo cuore.

Lui la strinse più forte, e solo allora Arnielle sentì il profumo di Risha.

“Arnielle, basta, cosa pensi di fare?” le urlò il suo Maestro, mentre lei non smetteva di divincolarsi.

“LASCIAMI! LASCIAMI, VOGLIO UCCIDERLI TUTTI, FINO ALL’ULTIMO!” gridava la ragazza, in mezzo ai singhiozzi.

“No, Arnielle, la vendetta non è il motivo giusto per uccidere!” cercava di spiegarle Risha “Ricorda la storia di Ezio!”

“NON M’IMPORTA!” urlò Arnielle “NON ME NE FREGA NIENTE DI EZIO! SONO TEMPLARI! IO LI AMMAZZO, DOVREI AMMAZZARLI COMUNQUE, NO?! FACCIO LA TUA MALEDETTA GIUSTIZIA!”

Risha stavolta non rispose. Continuò semplicemente a stringerla, mentre la ragazza continuava a divincolarsi, sempre più debolmente, finché non riuscì più a tenersi in piedi, e cadde a terra. Con lei cadde anche Risha, che non la lasciò neppure allora. Arnielle si voltò verso di lui, picchiandolo, ma Risha non la lasciava, non l’avrebbe fatto.

Continuò a tenerla finché lei, esausta, non si abbandonò contro di lui, nascose il viso nell’incavo della sua spalla e scoppiò di nuovo a piangere.

Risha l’abbracciò forte, e lentamente anche lei si lasciò andare tra le sue braccia, e si strinse a lui.

Rimasero lì per quelle che parvero ore, abbracciati e immobili, mentre l’Assassino cercava di impedire ad Arnielle di vedere quello che succedeva alle sue spalle.

Degli spasmi strani gli muovevano il petto.

Soltanto molto tempo dopo, Arnielle avrebbe capito che stava piangendo.

 

Arnielle era immobile, sprofondata in una poltrona alla Gilda, con lo sguardo perso nel vuoto.

Qualcuno aveva provato a prepararle una bevanda calda col miele, ma quella era rimasta intatta sul comodino di fianco a lei.

Non pensava a niente. Avrebbe fatto troppo male.

Aveva finito tutte le sue lacrime. Soltanto dei singhiozzi aridi le scuotevano le spalle.

Teneva i pugni stretti in grembo. Improvvisamente, si accorse del sangue che le scorreva lungo il polso. Fu allora che si rese conto di stringere qualcosa nella mano destra; dischiuse le dita lentamente, e un’ultima lacrima le scivolò fino alle labbra.

Era la punta di freccia a cui era tanto affezionato il piccolo Pepinot. L’aveva persa di nuovo.

E probabilmente aspettava che lei rientrasse a casa per aiutarlo a cercarla.

Doveva averla presa senza accorgersene quando aveva poggiato le mani a terra, nel prato, poche ore prima.

Ma sono ore? Mi sembra una vita.

Risha non c’era. Arnielle ricordava che l’aveva portata, stringendola, fino alla Gilda.

L’aveva fatta sedere su quella poltrona, e le aveva promesso che sarebbe tornato presto.

Fin da quando era entrata in quella stanza, c’era un gran viavai di ladri, ma non osavano avvicinarla, e lei lo apprezzava. Non aveva voglia di parlare con nessuno, voleva soltanto che Risha tornasse.

Jacques entrò nella stanza in quel momento. Arnielle si rese conto che l’aveva guardata in modo strano prima di avvicinarsi a Vincent, e sussurrargli all’orecchio.

Questo fu l’unico motivo per cui la ragazza li guardò di sottecchi, e si mise ad ascoltare.

“Mathias… Come sta?” chiese Vincent.

“Non bene.” rispose Jacques “I Templari l’hanno ridotto veramente male. Gli ci vorrà del tempo, ammesso che si rimetta del tutto.”

“Non oso immaginare in che condizioni sarebbe se avesse indugiato ancora di più a rispondere alle loro domande...” fece l’altro, serio.

Arnielle si alzò di scatto, e i due ladri sollevarono uno sguardo terrorizzato e allarmato su di lei.

“Dov’è quel bastardo?!” urlò la ragazza con voce roca.

Nessuno di loro le rispose, così Arnielle si limitò a lanciarsi fuori dalla stanza, per cercarlo da sola. Impugnava il gioco di suo fratello come un’arma.

“Arnielle! ASPETTA!” gridò Jacques, fiondandosi dietro di lei, ma la ragazza era più veloce.

Improvvisamente due ladri uscirono da una stanza con dei panni bianchi sporchi di sangue, e Arnielle accelerò in quella direzione, certa di averlo trovato.

Ma i due ladri si pararono davanti alla porta, impedendole il passaggio.

“TOGLIETEVI DI MEZZO!” urlò Arnielle, senza accennare a fermarsi.

“Arnielle, calmati! Che senso avrebbe?” le domandò Jacques, che ormai l’aveva raggiunta.

“Quello di dargli ciò che si merita!” rispose la ragazza, ormai pericolosamente vicina alla porta.

I due ladri l’afferrarono per le braccia, ma ci volle anche la forza di Jacques per fermarla del tutto e riportarla nella stanza principale.

“Voglio due di guardia davanti alla stanza di Mathias. Ora!” sentì gridare il capo dei ladri a qualcuno alle sue spalle.

Poi, Arnielle venne fatta risedere sulla poltrona e, mentre continuava a divincolarsi, si vide avvicinare al viso un fazzoletto dall’odore sgradevole e forte.

Voltò la testa, ma riuscirono comunque ad appoggiarle il fazzoletto sul naso e sulle labbra e, dopo pochi secondi, Arnielle non vide più niente.

Quando si svegliò, ad Arnielle girava vorticosamente la testa, e ci mise un po’ di tempo a realizzare dove si trovava e che quello che era successo la notte prima non era soltanto un brutto sogno.

Si portò una mano alle tempie, e le sfuggì un singhiozzo. Quando aprì gli occhi vide Risha seduto sul bordo del suo letto.

“Ciao.” disse il suo Maestro.

“Ciao.” mormorò debolmente lei.

Rimasero a lungo a guardarsi, in silenzio. Per qualche motivo, Arnielle sentiva che Risha era l’unico che la capiva.

“Come ti senti?” chiese l’Assassino dopo un po’.

Lei esitò. “Non mi fa male niente.” rispose alla fine, non trovando nient’altro da dire.

Risha abbozzò un sorriso. “Non devi avere paura di dirmi come stai davvero.”

Negli occhi di Arnielle si accese un riflesso rapace. “Mi sento uno schifo. Tutto ciò che voglio è fargliela pagare, a tutti quanti.”

Risha sospirò. “Avrebbero ucciso anche te, lo sai?”

“Adesso no.” ribatté Arnielle ”Adesso sono io che posso uccidere loro. E niente mi fermerà.” aggiunse, sapendo che lui avrebbe trovato qualcosa per controbattere.

“No, Arnielle.” fece l’Assassino “Non fare questo errore.”

“Non è un errore. E tu dovresti aiutarmi.” replicò la ragazza, alzandosi a sedere sul letto.

Risha scosse la testa. “Non ti aiuterò a procurarti un rimorso che ti trascinerai dietro per tutta la vita.”

Arnielle non ci vide più. “Sono Templari, Risha! Sono Templari e… HANNO UCCISO LA MIA FAMIGLIA!”

Risha trasalì.

“Lo so.” disse piano l’Assassino “Ma ormai niente te la riporterà indietro.”

Questo era proprio ciò che Arnielle non voleva sentire. Scese giù dal letto, e si rinfilò la giacca di foggia maschile appesa alla testata.

“Se non vuoi aiutarmi” iniziò, cercando gli occhi di Risha, quegli occhi che non aveva ancora mai visto, sotto il suo cappuccio “Lo farò da sola.” gli promise.

Afferrò la punta di freccia di Pepinot, rimasta sul letto, e se la ficcò in tasca.

Poi uscì dalla stanza senza degnarlo di uno sguardo.


Scusate... Non abbiamo parole per descrivere questo capitolo, se non scusate. Era necessario.

  
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