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Autore: Ulissae    08/03/2011    7 recensioni
Dedicata a Dragana.
[One shot su Aro e il suo incontro con Leonardo da Vinci]
«Voglio commissionarvi un'opera» disse allora, per spezzare la tensione.
Speranzoso che si trattasse di un ritratto Leonardo annuì.
«Il ritratto di una donna»

Fanfiction partecipante all'iniziativa "A year together" indetta dal Collection of Starlight.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Aro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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aajaj Sproloqui: cosa succede quando si scrive una storia su Leonardo da Vinci per un contest?
A) Si inizia a vederlo ovunque/infilarlo ovunque.
B) Si decide di scrivere fanfiction.
Se bazzicate in quello che io chiamo il Circolo di Aro, sicuramente avrete letto la storia di Dragana (Di un sorriso perfetto) e vi sarete resi conto di come abbia unito Aro e Leonardo magnificamente. Bon, sfiga ha voluto che anche io stessi scrivendo una storia su questi due. Così, visto che ormai in testa l'avevo, l'ho buttata giù.
Le note che qui seguono potete leggerle ora o dopo. Anzi, meglio dopo, almeno non vi addormentate.
La storia è ambientata in tre momenti: il primo nel 1476. Leonardo venne accusato di sodomia per aver avuto rapporti con un ragazzo. Fortunatamente tutti i "colpevoli" vennero assolti e io ho pensato che qui ci potesse essere lo zampino di Aro :3 (wiki docet)
Il secondo nel 1500, a Venezia. Qui lui si mise a fare una serie di caricature di persone molto brutte o deformi e io ho dato a ciò la mia interpretazione ;)  (nuovamente wiki docet)
L'ultimo periodo è nel 1508, dopo che Leonardo completò il San Giovanni Battista. (qui potete trovarlo in versione integrale)
Giovanni Battista fu colui che battezzò Gesù Cristo e prima di lui molti altri; era suo cugino e sin da quando si trovava nel grembo di sua madre sentì la presenza di Gesù, sussultando. Adulto si ritirò nel deserto, predicando l'arrivo del Messia.
Caius, che secondo me è PROFONDAMENTE ateo, lo considera un po' un giullare e per questo sfotte Aro.
Well, l'ultima parte è complicata XD Ma nel mio cervello aveva un senso.
Sul Campanile di San Marco
Dragana, te la dedico tutta (:

Leonardo ancora non riusciva a capacitarsi di essere uscito integro da quel tribunale, non si rendeva ancora conto di essere stato assolto da quel processo -purché non fosse stato trovato a commettere lo stesso “delitto”.
Seduto su uno degli scalini davanti a Palazzo Vecchio, contemplava stupito le sue mani. Di sicuro il suo maestro ne sarebbe stato contento, ma lui non riusciva proprio a capire come fosse potuto essere così fortunato.
Non si accorse della figura vestita di un verde brillante che si avvicinò a lui finché il il morbido mantello di velluto non lo sfiorò e solo allora fece caso al sorriso enigmatico del suo proprietario.
«Come mai così crucciato?» gli domandò sogghignando; due piccole e candide zanne si mostrarono e le labbra sottili si incurvarono all'insù.
Leonardo ci mise un po' prima di rispondere e quanto lo fece era profondamente a disagio.
«Curioso, messere, sono curioso, non crucciato» rispose, flebile.
«Fossi in voi ringrazierei Dio: non dovete ancora correre nudo intorno al fuoco» disse ironico Aro, gli occhi accesi e di un vermiglio penetrante.
«Se le mie parole non risulteranno troppo eretiche, vorrei farvi notare che, condanna o non condanna, all'Inferno ci andrò comunque -sempre ammettendo la sua esistenza- e proprio grazie a lui»
Lo fissò intensamente e si paralizzò notando quanto fosse bello e di come i colori della sua persona non fossero sfumati, bensì di tonalità decise e nitide: i capelli neri; il viso bianco; gli occhi rossi e l'abito smeraldo, con tanti fili d'oro ricamati.
«Giusta annotazione, vi perdono la blasfemia» rise, alzandosi. La figura era longilinea e i lunghi capelli scuri lasciati sciolti ne definivano ancora di più l'esilità, unendo le spalle e la testa in una linea ideale.
«Chi siete?»domandò il giovane, alzandosi a sua volta, attratto dal personaggio che gli si era presentato.
«Messer Andrea si arrabbierà se rimarrete ancora un altro po' in giro»
«Chi siete?» ripeté nuovamente, agitato dal vederlo così colto riguardo la sua vita.
«Leonardo, su, vi ho detto di andare».
Il suo sguardo si fece penetrante, e quasi senza rendersene conto Leonardo si ritrovò solo, al centro della piazza.

Passarono gli anni, ma la fissazione per quell'uomo non diminuì; quello strano sorriso sottile e stretto, che lasciava uscire dalla bocca solo due denti appuntiti lo fece impazzire. In ogni dipinto sentiva la sua mano muoversi cercando di riprodurre quel volto angelico e maligno allo stesso tempo e non riuscendosi si sentiva morire.
Abbandonò lavori su lavori, maledicendosi e maledicendo quell'uomo che si era insinuato nella sua mente. Lavorava con lentezza, perché il suo cervello, così pieno e ricco di informazioni, cercava in tutti i modi di rievocare quel pomeriggio a Firenze, dove aveva quasi toccato la perfezione delle espressioni.
Ma niente, nessun quadro riusciva ad avvicinarsi all'originale e dalla bellezza più pura, quindi, iniziò a cercare smaniosamente tutto ciò che fosse orrido e grottesco.
Voleva liberarsi da quell'immagine che lo perseguitava: quel sorriso.
Trasferitosi a Venezia, dopo un lungo vagabondare, si abbandonò alla bruttezza e all'oscenità, cercando ovunque i profili più raccapriccianti, spingendoli fino all'ennesima potenza.

***

Caius non capiva. Obiettivamente quel ragazzino era un genio, ma non capiva perché Aro non si fosse messo davanti a lui per farsi dipingere; lo faceva sempre, perché questa volta no?
Mentre giocavano a carte lo scrutò attentamente e stando attento a non farsi toccare -poiché era un baro di prima categoria e quel trucchetto dello sfioramento gli funzionava sempre- lo iniziò a interrogare.
«Perché hai corrotto la corte e non te lo sei portato qui?»
«Nh... mi diverte interferire in stupide faccende umane e non mi sembrava ancora pronto» disse lentamente Aro, mentre posava sul tavolino un asso di bastoni.
«Non dovremmo interferire nelle faccende...» iniziò arrabbiato Caius, ma Aro alzò lo sguardo e sogghignò.
«Senti chi parla, sbaglio o ogni tanto scendi nelle carceri papali a torturare? Oh, Caius, cosa ti interessa?» sospirò, teatrale.
«Mi incuriosisce il fatto che tu non ti sia fatto dipingere da lui. Insomma, lo fai sempre»
Aro alzò la testa e sorrise, furbescamente. Gli occhi rossi si assottigliarono e la fronte si distese.
«Quello lì mi avrà dipinto già un milione di volte».

Venezia gli era sempre piaciuta: Roma aveva bordelli scadenti, Venezia, invece, con la scusa d'essere una Repubblica autonoma e assai di ampie vedute era riuscita a scampare alla soffocante stretta della moralità.
Si ritrovò a passeggiare tranquillamente per piazza San Marco, osservando il traffico di navi in lontananza. Stava già pensando di comprare qualche regalo per Sulpicia, qualcosa che veniva dall'Oriente più profondo e che solo Venezia poteva donare all'Europa.
Fu sorpreso nel notare la figura china di un artista, alle prese con una pescivendola piuttosto terrificante.
Pescivendola, pescivendolo, più si avvicinava più il dubbio si faceva sentire.
Ma lui lo riconobbe subito. Sogghignò tra sé e disse, calmo: «possibile che con una chiesa bella come questa ancora non abbiate ringraziato Dio?»
La voce prese alla sprovvista Leonardo, che con il carboncino macchiò tutta la caricatura. La donna non si accorse di nulla, troppo intenta a urlare per vendere la sua merce.
L'uomo spalancò gli occhi vedendolo e rimase senza parole nel notare che non una ruga aveva osato solcare il pallido viso del ricco conoscente.
«Ma voi...»
«Salve, Leonardo» lo salutò suadente, mentre lo aiutava ad alzarsi dalla scomoda posizione che aveva assunto per dipingere la donna.
«Voi...»
«Sì, sono l'apparizione sul monde Sinai... avete fame? Io sto morendo... e su, venite, è quasi buio, altrimenti questa villana non starebbe a urlare così tanto per vendere due pesci marci».
Trascinato dalla mano delicata, ma decisa di Aro Leonardo si trovò a camminare per i piccoli e stretti vicoli della Serenissima, completamente occupato a osservare il suo compagno di passeggio.
Entrarono in un'osteria e tanto era preso dal suo viso e dai suoi gesti che neanche notò che fu l'unico a mangiare.
«Come... come mai siete qui?» domandò, deglutendo una sorsata di vino rosso speziato.
«Un viaggio di piacere, ci sono ottime botteghe qui, volevo comprare dei dipinti» rispose calmo, quasi annoiato. «E voi?»
«Nel mio vagabondare sono capitato qui... ma non ho avuto molti clienti» sospirò tristemente.
«Capisco» fece attento Aro, giocherellando con un chicco d'uva turgido e violaceo.
«Mi avete ossessionato» disse d'un tratto Leonardo, fissandolo intensamente. Il volto rubicondo fremeva e le mani rimanevano posate sul tavolaccio sporco, come impegnate a trattenersi dal toccarlo.
Aro voltò lo sguardo, intento a osservare una prostituta che intratteneva un cliente, gli occhi si erano fatti scuri per la fame. Sorrise sardonicamente e mormorò: «Non ne dubitavo. Volete fare una passeggiata?» chiese gentilmente, alzandosi e lasciando alcune monete d'argento accanto al piatto vuoto.
Leonardo lo seguì, attratto da lui e incapace di resistere al fascino che esercitava.
Camminarono in silenzio; nell'animo dell'artista si annidava il desiderio di porgergli una richiesta, ma temeva che l'incrinare anche solo un attimo di quella notte avrebbe sancito la totale rottura di quell'equilibrio instabile, che Aro sembrava aver creato.
«Dove stiamo andando?» glielo chiese per spezzare il silenzio che sembrava averli inghiottiti.
«Vorrei farvi vedere Dio, cedo che ne abbiate bisogno» sorrise pacato l'altro.
Camminava rapido, sicuro, totalmente a suo agio nell'oscurità, non curandosi dei canali e della possibilità di caderci dentro.
«Io non ho bisogno di Dio» rispose brusco.
«Tutti ne abbiamo bisogno» rise suadente l'altro, ritornando in silenzio.
Arrivarono in poco tempo nuovamente nella piazza di San Marco.
«Avete un chiodo fisso, allora» sospirò l'artista.
«Fuggite la bellezza da troppi anni, vorrei farvela ritrovare» agilmente superò la meravigliosa facciata della basilica, ampia e piena, dirigendosi verso il campanile.
Leonardo era arrossito e sorpreso lo seguì lungo tutta la scalinata. I passi e l'andatura di Aro sembravano non soffrire la fatica, rimanendo calmo e sciolti.
Si fermarono una volta arrivati, il giovane con il fiato corto. Erano immersi nella quiete e solo il rumore dei loro passi rimbombava nel corpo delle campante.
«Ora, guardate il mare» sussurrò dolcemente il vampiro, sedendosi su una piccola sediolina. Leonardo si affacciò titubante e rimase senza parole: la scintillante luna si specchiava nella baia, dove le navi dormienti aspettavano il giorno, riposandosi.
Aro si era alzato, mettendosi accanto a lui e mormorò: «Lo state vedendo?»
«Voi cosa vedete?» chiese rapidamente Leonardo.
L'altro rimase sorpreso, spalancò gli occhi e sorrise, sospirando. «Vedo la storia, il mondo, la natura... e  l'uomo»
«Voi lo vedete?» sussurrò l'artista.
Ci fu silenzio, poi una risposta malinconica: «no».
Senza dire nulla rimasero a rimirare il paesaggio, immergendosi entrambi nei loro pensieri. Alla fine fu Leonardo a spezzare il tacito riflettere.
«Vorrei dipingervi» mormorò in un soffio.
Aro si voltò, sospirando.
«Non vi sembra di averlo fatto fin troppo in questi anni?» sorrise, calmo.
Il giovane ebbe un fremito poi ripeté: «ho tracciato le linee di tutta la natura, ma... ma le vostre non ci sono riuscito» fece una pausa e riprese «Per favore, donatemi il vostro sorriso».
Il vampiro trasse un profondo respiro e l'aria che lasciò andare era fredda e quando colpì il viso accaldato di Leonardo lo fece raggelare.
«Avete dipinto la natura, appunto. Non avete alcun motivo di dipingere anche me».
Cosa gli stava prendendo? Perché diamine non accettava quella proposta? Era forse impazzito. Quel ragazzo era un genio, un suo dipinto l'avrebbe consacrato nei secoli avvenire.
Ma lo inquietava, quel suo intelletto lo inquietava.
«Voglio commissionarvi un'opera» disse allora, per spezzare la tensione.
Speranzoso che si trattasse di un ritratto Leonardo annuì.
«Il ritratto di una donna»
Deluso il giovane pittore emise un sospiro, poi sorrise sforzandosi: «Dove posso trovarla? Insomma... dove devo recarmi? Chi è? Vostra moglie?»
«Avete della carta e del carboncino?» chiese spiccio Aro.
Stranito Leonardo annuì e tolse l'occorrente dalle tasche, mostrandoglielo.
«Bene, allora state a sentire questa storia» con un saltello agile si sedette sul bordo del campanile, lasciando ciondolare le magre e toniche gambe, fasciata con la calzamaglia chiara.
Iniziò a raccontare a quel mortale ciò che mai aveva narrato a nessuno e le mani veloci di questo iniziarono a tracciare i contorni di una figura. Ma non si trattava di una descrizione fisica, non era la fisionomia riportatagli quella che lui disegnava, ma azioni, parole, gesti, che andavano a plasmare la dolcezza di quel viso tondo e gentile.
«Vi prego di mettervi uno sfondo colorato. Molto colore, ve ne prego. Tanto colore» le parole erano tristi ma decise.
Leonardo annuì, continuando ad ascoltare quella storia senza fiatare, completamente assorto nelle parole melodiose di Aro.
Quando questi tacque aspettò molto prima di parlare, sicuro che stesse piangendo. Ma il suo volto era asciutto e solo leggermente corrugato. Non si era reso conto di quanto fosse giovane.
«Come la devo chiamare?» mormorò imbarazzato.
«Didyme».
***

Ritornato da Venezia Aro sembrò completamente a suo agio, a Volterra nessuno notò nulla e così fu per molti anni.
Fu un caso quello che portò Leonardo a scoprire dove si trovassero e, con l'aiuto di varie conoscenze, riuscì finalmente a ritrovarlo. Salendo su una pesante carrozza contadina arrivò fino a Volterra e lì, con un quadro sotto braccio, avvolto in una tela candida si avviò verso il Palazzo dei Priori.
Superò la chiesa dedicata al santo protettore e, dopo numerose diatribe burocratiche, tutte fatte in ambienti poco illuminati e tremendamente profumanti riuscì a trovarlo.
Aro stava seduto su una poltrona, immerso in una lettura.
«Messere» lo chiamò sottovoce Leonardo, ritrovandosi sorpreso del fatto che questi l'udì subito.
Il vampiro alzò la testa velocemente e vedendolo sorrise, anche se sorpreso.
«Leonardo! Co... cosa ci fate qua?»
«Non pensavo fosse così difficile entrare in una casa»
«Eppure siete entrato» rise affabile, alzandosi e stringendogli la mano.
«Volevo... volevo portarvi questo quadro» mormorò in difficoltà, iniziando a togliere il telo che l'avvolgeva.
Aro si paralizzò, temendo per un attimo che si trattasse di quel dipinto. Il tocco di pochi istanti prima gli aveva fornito solo una confusa visione del mondo, sorprendendolo nel notare quanto fossero ingarbugliati i suoi pensieri.
Ma quando vide uno sfondo nero e un dito puntato verso l'alto sembrò tranquillizzarsi.
«Ci sono riuscito, credo...» sorrise timidamente Leonardo, voltandolo e mostrandogli un San Giovanni che lo fissava con aria furba.
Aro rimase senza parole, guardò velocemente l'artista e con un gesto rapidissimo, quasi infantile, prese tra le mani il ritratto.
Era il suo sorriso, quello lì, proprio il suo, tinto di ironia e sarcasmo, con un pizzico di superbia.
Leonardo gli sorrise, vedendolo così stupefatto e mormora.
«Mi fa piacere avervi stupito... non mi sembrate un tipo che si emoziona per poco» commentò, mentre giocava con le sue mani sempre sporche.
Aro non parlò, si chiuse in un silenzio contemplatore che suggerì a Leonardo l'idea di uscire e andarsene.
Solo la sera Caius lo ritrovò, ancora intento a fissare il dipinto.
«San Giovanni Battista...» sogghignò, mentre posava una mano sul sedile della poltrona.
«Giusto un ciarlatano come lui potevi essere»
«San Giovanni Battista aveva visto tutto... sapeva tutto»
«E se ne andava in giro per il deserto a mangiarsi insetti e miele selvatico, su, non esiste soggetto migliore per te che un battezzatore» Caius tossicchiò, ridendo di nuovo «un pazzo».
Ma Aro non lo stava a sentire, troppo affascinato dalla genialità di quella mente di come la mano di un essere tanto misero come quello umano fosse riuscita a riprodurre ciò che andava oltre la natura.




Angolo autrice:
non ho molto da dire se non che la parte del campanile a me ha commosso un po' scriverla :')
La fanfiction partecipa all'iniziativa 2010: a year together indetta dal Fanfiction contest usando il prompt 242. Il campanile di San Marco.

Ho deciso di farmi un account facebook per chiunque mi volesse aggiungere e fare una chiacchierata Ulissae EFPaggiungetemi (:
Se avete un livejournal, questo è il mio: [info]ulissae
Idem per anobii (ha trovato il giochino, la bimba): Ulissae anobii
 

Se invece volete farmi una qualsivoglia domanda, ecco il mio formspring: Ulissae
 

   
 
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