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Autore: miss yu    09/03/2011    2 recensioni
In una città come tante altre... In una casa qualunque...
Dentro una giovane coppia e un gruppo di ragazzi: Jamie che ha perso le parole in un incidente, Alison che ha costruito un' altra se stessa per sopravvivere, Kyle che vive la sua omosessualità tra sfrontatezza e sensi di colpa, Mira che usa il sesso per sentirsi importante, Connor anoressico e autolesionista, Yuki che tenta di volare con ali tatuate.
Tutti alla ricerca di un significato diverso da dare alla propria vita: vite vuote o troppo piene, spezzate e da ricucire, intollerabili o solo confuse, vite da sprecare, da buttare o da spremere fino all'osso, vite rabbiose o solo spaventate...
Quasi impossibile trovarci un senso e a volte troppo faticoso; più facile lasciarsi vivere o meglio sopravvivere, ognuno come riesce, ognuno come può, vittime soprattutto di se stessi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7: Cera una volta la paura…



C’era una volta la paura che arrivò senza preavviso e prese possesso delle piccole vite, diede loro uno scossone così forte che tutto andò in frantumi, bello o brutto che fosse …



Kyle sta guardando nell’armadio intento a decidere cosa indossare quando un rumore lieve lo fa voltare, Jamie seduto sul letto di Yuki lo sta fissando con il suo solito sorriso indecifrabile sulle labbra.
Non si è neppure accorto di quando è entrato, a volte pensa che Jamie non sia reale ma un fantasma che si muove fluttuando.
“Non mi sembra di averti dato il permesso di entrare”
Jamie coglie nella voce di Kyle un senso di frustrazione, di disagio e di scontento, ma anche qualcosa di più profondo ed oscuro che però gli sfugge.
“Vuoi uscire! Yuki se n’è andato e io non ho tempo da perdere con te”
Kyle non lo sa perché è così stronzo con Jamie, non riesce a capirlo perché di solito lui non è così con chi non gli dà fastidio.
Già, forse il problema è proprio questo: Jamie gli dà fastidio!
Non sa come spiegarselo ma quando il ragazzino lo osserva lui si sente spogliato e nudo.
Non che la cosa gli crei imbarazzo, ma il problema vero è che Jamie non lo spoglia dei suoi abiti ma della sua corazza, lo fa sentire in qualche modo ancora vulnerabile, attaccabile, lo fa sentire sporco.
Jamie ha uno sguardo limpido e sorride sempre, dà l’impressione di non essere fatto di carne, così puro e distante, perso in un mondo di spiriti e forse è proprio per questo che Kyle si sente male e in collera, perché lui che cede sempre al richiamo della carne e che non riesce a stare lontano da un maschio arrapante che gli promette delizie, nel confronto si sente una dannata puttana.
Quando guarda negli occhi di Jamie si vede come veramente è, come lo hanno visto i suoi genitori e la sua comunità: un peccatore che si dibatte nel fango senza riuscire a sollevarsi.
Ha ragione Mira è inutile cercare di essere qualcosa di diverso da quello che si è dentro, nel profondo.
Di colpo prende la prima maglia che gli capita e se la infila, si sistema i capelli con le mani ed esce di corsa.
E’ arrivato al magazzino dove sa che i ragazzi si trovano per le prove, non sa di preciso se continuano a incontrarsi anche dopo che Yuki se n’è andato, ma un suono duro gli dice che sono ancora lì.
Rimane seminascosto dietro all’angolo attento a sorvegliare l’uscita, non passa molto che escono, Dean è come un faro che spande luce intorno a sé.
Li segue rimanendo ad una distanza di sicurezza, finchè li osserva salutarsi ed andare ognuno per la propria strada.
E’ a quel punto che allunga il passo e lo raggiunge.
Dean si volta e lo scruta con sorpresa.
“Ehi come mai da queste parti?”
“Ho bisogno di parlarti”
“Di Yuki? Si sa qualcosa, avete sue notizie?”
“No, Matt e Hillary sono molto preoccupati, hanno denunciato la scomparsa alla polizia ma non si sa ancora niente, è sempre il solito idiota, che gli costa fare una telefonata per dire che almeno sta bene”
“Già, è colpa di quella pazza, Nina, gli ha riempito la testa di scemenze”
“E’ colpa di Yuki che non aspettava altro che una da cui farsi riempire la testa, comunque non sono qui per lui, ho bisogno di parlarti d’altro”
“Ohh, dimmi pure”
“Immagino avrai sentito le chiacchere a scuola su di me, i tuoi amici me le hanno sbattute in faccia in anteprima”
“Non sono miei amici, ci troviamo ad allenarci e basta, comunque mi hanno raccontato, sono degli stronzi non è il caso di dargli troppa importanza”
“Facile dirlo, però non era piacevole prima pensa adesso, comunque non mi va di fare la vittima, io volevo solo chiederti cosa pensi di me”
Dean lo fissa un po’ turbato.
“Senti Kyle io non penso proprio niente, mi stai simpatico e questo è tutto, poi il resto sono affari tuoi”
Stanno camminando lungo una strada in periferia, ai lati una fila di case marroni tutte allineate, tutte uguali, divise ad intermittenza da vicoletti che strisciano tra i muri scuri, infestati da erbacce e vecchi oggetti abbandonati.
Kyle prende per mano Dean e si infila con lui in una di queste stradine.
Lo mette con le spalle al muro, gli si avvicina così che i loro corpi si tocchino.
Dean non reagisce, lo guarda solo con aria un po’ spersa.
“Quello che sono potrebbe diventare anche affare tuo Dean, tu mi piaci e questo lo sai, sai anche che sono una puttana, ho imparato un sacco di giochini, ti piaceranno vedrai”
Si accosta ancora di più leccandogli il collo e accarezzandogli i capelli fini e lunghi.
“Non devi fare nulla faccio tutto io”
Intrufola le mani sotto i vestiti di Dean, gli accarezza il torace, poi le dita rapide scendono alla cintura dei pantaloni, glieli calano solo quel tanto che basta.
Le mani gli accarezzano il sesso da sopra gli slip e lo sentono ingrossarsi .
Con perizia Kyle si inginocchia, abbassa l’elastico e accosta la bocca, ma una mano di Dean gli allontana la testa.
“No, adesso basta Kyle”
Kyle alza gli occhi sorpreso.
“Che succede, non ti preoccupare non ci vede nessuno, faccio in fretta, ti piacerà lo sai anche tu, già ti piace”
Ma Dean si sta alzando i pantaloni, si sta gia chiudendo la cintura.
Kyle rimane in ginocchio e sente montare dentro una rabbia che non riesce a contenere, mescolata a dolore e vergogna.
Sempre lo stesso mix di sentimenti, sempre quello che non lo lascia mai, che prova con Jared quando il piacere evapora, con i compagni che lo guardano con un po’ troppa insistenza parlottando tra loro, che ha provato con i suoi genitori, con la sua comunità, con tutto il mondo.
Dean sta respirando rumorosamente, lui sente gli occhi bruciargli, non si alzerà di lì, non lo guarderà ma aspetterà che se ne vada.
“Ehi Kyle alzati avanti”
Due mani lo prendono per le spalle e lui rassegnato segue il movimento che gli imprimono.
“Vieni”
Un braccio di Dean sulle spalle lo accompagna di nuovo sulla strada, un poco più avanti dove c’è la fermata del bus.
“Avanti siediti” e lui ubbidisce.
“Lo sai che non mi piacciono i ragazzi, perché insisti?”
“Io ti piaccio lo so, sei tu che hai paura, se mi avessi lasciato fare ti sarebbe piaciuto”
“Ammettiamo che sia vero e poi?”
“E poi cosa?”
“Che diavolo vuoi dalle persone Kyle? Te lo sei mai chiesto? Forse sarebbe ora che cominciassi a porti il problema”
“Quale problema?”
“Se mi fosse piaciuto cosa sarebbe successo? Probabilmente ti avrei usato per farmi fare qualcuno di quei lavoretti di cui ti vanti tanto tutto qui, ti sarebbe bastato, saresti stato contento?”
“Tu mi piaci”
“L’ho capito ma io non ti posso ricambiare, al massimo potrei usarti come fa quel tuo tipo, Jared, come hai permesso ti usassero prima di venire qui. Che diavolo vuoi fare, rimanere una puttana a vita? Perché se è questo che vuoi allora non c’è problema, però i servizietti non dovresti darli a cani e porci ma farteli pagare profumatamente, ma se è qualcos’altro che ti interessa guarda che facendo così non otterrai niente”
“Io voglio qualcuno con cui stare, un ragazzo, ho bisogno di avere qualcuno che mi voglia bene”
“Già ma quello non posso essere io, non posso darti quello che cerchi e non penso che lo troverai andando in giro a fare pompini contro i muri delle case. Kyle io dietro a tutti questi tuoi atteggiamenti credo si nasconda il fatto che sei tu prima di tutti a non accettarti, ad avere vergogna di quello che sei, ti stai sbattendo via in malo modo perché pensi di non meritare altro”
Kyle si sente avvampare.
“Non lo so, mi sento sempre così sbagliato e sporco, qualunque cosa faccio...”
“Dovresti smetterla di considerarti una puttana e comportarti di conseguenza, dovresti essere te stesso, il fatto che tu sia gay è secondario accidenti, prima di tutto tu sei Kyle e mi dispiace dirtelo ma io il vero Kyle non ho ancora capito chi è, sei sempre lì a fare il frocetto come se fossi costretto a recitare quella parte, penso che tu sia un sacco di altre cose”
“Capisco”
“Il ragazzo giusto lo troverai prima o poi, ma a patto che tu smetta di cercarlo nel modo sbagliato”
Kyle sospira, gli sarebbe piaciuto tanto che il ragazzo giusto fosse Dean, è sicuro che fosse perfetto per lui.
“Possiamo restare amici se ti giuro che non ti farò mai più delle proposte indecenti?”
“Direi che lo siamo già e da amico ti voglio dare un consiglio”
“Dimmi”
“Molla quello stronzo di Jared, non ti merita proprio”
“Se lo mollo resterò solo e io ho paura, ho bisogno di qualcuno”
“Gli amici servono a non restare soli, se questo ti può consolare”



E’ quasi estate, la scuola sta per finire mancano solo pochi giorni.
E’ tardi, Alison e Julian sono rimasti gli ultimi come al solito, quelli incaricati di chiudere le porte dei locali che ospitano l’evento multimediale per il quale hanno lavorato.
Si danno un bacio a stampo veloce e furtivo per salutarsi, ma le loro mani faticano a districarsi dall’intreccio in cui sono annodate.
E’ solo per caso che Alison intravede Chris all’altro lato della strada fermo sul marciapiede, mentre fuma una sigaretta e sembra aspettare qualcuno.
E di colpo tutto torna buio e disperato perché Alison ha paura che lui l’abbia vista mentre rideva, mentre si baciava, mentre stringeva le mani di Julian; non sa perché ha paura, ma ha bisogno di andare da Chris e spiegargli cosa è successo, dirgli per la millesima volta che lei ci sarà sempre per lui.
“Devo andare, lui è là” dice con voce bassa.
E Julian segue il suo sguardo, vede Chris, stringe le labbra, poi le lascia le mani.
“Vai ma poi torna, torna quando vuoi, quando sarai pronta, io ti aspetto, chiamami oppure lo farò io, non ti lascerò scappare troppo lontana, non ti permetterò di perderti, non te lo meriti”
Lei scrolla un po’ le spalle e gli accarezza il braccio.
Raggiunge Chris.
“Che fai qui?”
“Niente”
“Ci hai visto?”
“Tu e Lerman? Sì, siete carini insieme”
“Più di io e te?”
“Sì sicuro, sicurissimo”
“Però io ora sono qui e lui è là”
“Già, perché?”
“Perché ti ho visto”
“Alison io e te non stiamo insieme, almeno non nel modo classico, non devi spiegarmi nulla te l’ho già detto, tu ti meriti qualcosa di meglio di me”
“Non dirlo, non dirlo mai più, so io cosa mi merito, nessuno me lo deve dire” la voce di Alison è salita di tono.
“Ok, non ti incazzare, comunque ci facciamo un giretto?”
Le loro mani si allacciano mentre si allontanano dal centro e si dirigono verso la periferia dove c’è un viadotto sopra cui passa una superstrada e sotto c’è un torrente quasi sempre secco e c’è uno spiazzo pieno d’immondizie e anche d’estate lì è tutto grigio.
A Chris piace quel posto, dice che lo rappresenta.
Si siedono su di un blocco di cemento, fumano una sigaretta, guardano il fumo salire e sparire nell’aria.
Stanno in silenzio uno accanto all’altro e Alison si ripete dentro di sé che è arrivato il momento di dire quelle cose che è necessario dire, anche se non vorrebbe mai farlo.
Si ripete che Julian ha ragione e che un amico non ha solo il dovere di seguire il percorso di chi gli sta accanto, ma anche il diritto di aiutarlo a cambiare direzione.
“Ehi Chris, non ti sembra il caso di rallentare?”
“Cioè?”
“Sei deciso ad andare fino in fondo? Perché tu lo sai vero che se continui così ci arriverai in fondo e anche presto”
“In fondo dove?”
“Non farmelo dire, ti prego”
“Hai paura?”
“Per te sì, ho una fottutissima paura”
“Non devi, so cosa sto facendo”
“Non lo sai invece, devi rallentare o non riuscirai a fermarti”
“Potrei non volerlo, non ci hai pensato”
“Ci penso tutti i giorni e questo è quello che mi fa più paura”
“Tu non c’entri Alison è un mio problema, non puoi farti carico dei mali degli altri, non sei il Messia”
“Io ho te e tu hai me, non ti è sufficiente?”
“Questo è un ricatto morale lo sai?”
“Non me ne frega niente, non hai nessun diritto di continuare a farti del male”
Chris ridacchia.
“No?”
“No, io rimarrei sola e tu non potrai mai più creare le tue opere d’arte e il mondo sarà più povero, non potrà mai consolarsi con la bellezza che sai creare”
“Già, ma sai sono tutti falsi problemi. Tu non resterai sola, sei forte e sei brava, sei tu quella che tra noi creerà un’opera d’arte, i miei sono solo sogni che non ho la forza ne la voglia di provare a realizzare”
“Smettila di dire cazzate, io ho bisogno di te, se tu te ne vai io non disegnerò mai più, perciò vedi che sei obbligato a restare”
“Julian ti obbligherà a riprendere, lui saprà come fare, non hai bisogno di me così come io ormai non ho più bisogno di te”
“Che stai dicendo, noi stiamo insieme fino alla fine, me lo hai promesso”
“Non credere alle mie promesse, non ne ho mai mantenuto una. Rimani qui, non puoi seguirmi per sempre, non dove sto andando perché ci devo andare da solo, senza nessuna mano da stringere”
“Chris brutto stronzo, non mi scaricherai in questo modo, non mi pianterai in asso, non te lo permetterò mai”
“Tu cosa faresti se io morissi?”
Ecco la parola indicibile è stata pronunciata, finalmente è uscita fuori la paura terribile, ciò che Alison ha sempre cercato di negare perché troppo spaventoso.
“Se tu morissi vorrei morire anch’io.”
“Per poter stare con me?”
“Si per questo”
Chris ride e le stropiccia i capelli, le stringe il capo tra le braccia, la bacia sulle labbra, le sue sono fredde, la stringe accanto a se e la sua stretta è dolce e disperata.



La luce entra sfrontata tra le tende mal tirate. Connor apre gli occhi appena, appena, solo un lieve alzare le palpebre quel tanto che basta per capire dove si trova.
Non vede nulla di rilevante, con fatica cerca a tastoni accanto a se ma trova solo lenzuola stropicciate e tiepide.
Ha lo stomaco che gli fa male e questo è strano perché lui lo stomaco ha quasi dimenticato che esista.
Si abbraccia forte, si accoccola in posizione fetale, le ginocchia che quasi gli toccano il mento.
Come è potuto succedere tutto quello che ora lo fa stare così male, che gli da il voltastomaco senza che il cibo c’entri qualcosa?
I momenti dolci con Taylor sono durati esattamente due giorni, giorni in cui lui e l’amico hanno riso e fatto sesso e passeggiato per le vie di Londra e fatto shopping.
In cui lui si è sentito per la prima volta al centro dei pensieri di qualcuno, reale, esistente in tutta la sua imperfezione, in tutto il suo tentativo di divenire perfetto. Con tutto il suo vuoto e con tutto il suo desiderio che qualcuno potesse riempirlo con qualcosa di immateriale ma tangibile.
Oddio, eccolo a rammentare il suo desiderio e il suo sogno innaturale e impossibile: quello che Taylor potesse far accadere il miracolo, quello cioè di farlo sentire finalmente sazio e pieno senza pretendere che ingurgitasse nulla, solo standogli vicino, toccandolo, amandolo.
Con quanta voracità si è avventato su quell’improvvisa possibilità, quanto è stato affamato di amore.
La terza sera Taylor lo ha portato con sé ad una festa in un locale di quella Londra che appare sulle riviste patinate di moda e gossip.
Lì lo ha presentato ad una folla di gente, tutta bella, cool, fashion, trendy, glam e lui si è sentito per un momento fuori luogo, inadeguato ma il tutto è durato solo un attimo perché all’improvviso è avvenuto il miracolo, quello che non sperava più che accadesse, quello di sentirsi a posto, osservato con curiosità morbida e carezzevole e non con scherno o disapprovazione o preoccupazione.
Si è sentito come il brutto anatroccolo quando finalmente non solo è riconosciuto come pari dai cigni, ma lui stesso si riconosce cigno.
Un bellissimo cigno.
E' rimasto stordito da quel fascino ambiguo che aleggiava nel locale, poi ha seguito Taylor a casa di un amico per finire la serata.
E lì qualcosa ha cominciato a scricchiolare, l’impalcatura dorata ha iniziato a denunciare microfratture.
La festa è ben presto degenerata in una babele di volti, mani e corpi mescolati ad alcool, droga e sesso.
A Connor nessuno dei tre ha mai allettato: alcool troppe calorie, droga perdita del controllo, sesso vicinanza estrema ad un corporeo che in qualche modo ha sempre cercato di negare.
Ha perso di vista Tay, lo ha poi ritrovato tra le braccia di una ragazza e più avanti tra quelle di un uomo affascinante.
E poi c’è stata la mano di Linus Voigt che ha afferrato la sua e l’ha condotto su per una scala, dentro ad una stanza.
Lui è solo entrato, ha dato un occhiata in giro, si è liberato istericamente dalla stretta dell’uomo, è corso d’abbasso in cerca di Tay, lo ha trovato occupato in altre faccende ed è uscito fuori di corsa.
E' tornato a casa con un taxi, aspettando fino al mattino che Taylor tornasse.
Lui è rientro a mezzogiorno con l’aria stanca e occhiaie scure e lo ha assalito appena messo piede in casa.
“Linus mi ha raccontato la tua stronzata, che cazzo ti ha preso si può sapere?”
“Voleva che facessimo sesso era chiaro”
“Certo che era chiaro cosa pensavi volesse da te?”
Connor lo ha guardato stupito, come se qualcosa stesse deragliando, una dissonanza profonda della realtà.
“Io non voglio fare sesso con Linus, non mi piace”
“Non ti piace Linus?”
“Non mi piace fare sesso, lo sai che lo faccio con te, solo con te, perché tra noi è diverso e…”
Non lo ha lasciato finire Taylor, ma lo ha preso per le braccia scuotendolo.
“Stai dicendo un mucchio di stronzate Connor, sentimi bene, ho mal di testa e non voglio passare il pomeriggio a spiegarti com’è la vita, la mia vita, la NOSTRA vita”
Poi lo ha lasciato, si è trascinato in cucina, ingoiando una pastiglia con un bicchiere d’acqua.
“Piaci a Linus e parecchio, questo potrebbe aprirti diverse possibilità di lavoro e in ogni caso contatti molto interessanti; lui fortunatamente l’ha presa sul ridere, dice che la tua ritrosia lo eccita, ben per te ma non rimarrà eccitato a vita quindi fattelo piacere, il sesso dico, perché è da lì che passa il lavoro, le amicizie, le frequentazioni, i contatti e in buona sostanza la possibilità di fare questa bella vita che sembra ti piaccia tanto”
“A me non piace, io voglio solo starti vicino”
“Senti Connor adesso dacci un taglio, io ti sto dando l’opportunità di fare ciò che non ti saresti mai sognato di poter fare: essere libero, felice e pieno di soldi, che cazzo vuoi di più”
“Voglio te, voglio che tu mi ami” avrebbe voluto gridargli ma si è accorto di non avere più voce.
“Ora fammi andare a dormire, stasera siamo a cena, tu farai il bravo ragazzo e te ne andrai a casa con Linus e lì cercherai di farlo divertire; io fra tre giorni vado a New York per un servizio e rimarrò fuori una settimana circa, non voglio che tu crei casini quando non ci sono, quindi cerca di seguire quello che ti sto dicendo: accetta gli inviti, fatti vedere, Linus ti ha preso a ben volere, potresti durare anche un mese se ci sai fare, in questo periodo cerca di sfruttare tutte le opportunità che ti si presenteranno, allaccia legami che ti potranno servire, Linus non è geloso, anzi solitamente è molto generoso e per i suoi pupilli si preoccupa di trovare occasioni per restare nel giro”
“Io non voglio stare nel giro Taylor, a me non interessa la moda, fare servizi, sfilate, io sono venuto qui per restare con te e basta”
Taylor sospira.
“Io non posso stare con te, vedi anche tu che razza di lavoro è il mio, sempre fuori, da una parte all’altra del mondo, sfilate, servizi, feste, questo è quello che ho sempre voluto essere e lo sto realizzando, non puoi pensare di restare qui ad aspettarmi, potrebbe essere che io non torni per tanto di quel tempo che moriresti di noia e non posso portarti appresso come un bagaglio speciale, io devo essere libero pensavo che lo avessi capito, pensavo che fosse quello che volevi anche tu, io ti sto dando un’opportunità che non ti capiterà più, se questa vita non è per te penso che tra noi non possa funzionare, quelli come me stanno insieme ai loro simili, è una vita troppo strana per poterla dividere con gente che ha altri obiettivi. Pensaci Connor, altrimenti se veramente non è questo che vuoi dovremo rivedere tutto quanto”
Connor non ci ha pensato, ha deciso di seguire quello che Taylor gli ha consigliato senza discutere, senza neppure ragionarci.
Se questo era il prezzo da pagare per stare con lui, lo avrebbe pagato volentieri senza problema.
Ma tutto è diventato peggio di quanto lui pensasse di sopportare: le mani di Linus si sono confuse con quelli di tanti altri che non vuole neppure ricordare, le foto che gli hanno proposto di fare non sono state solo di moda ma anche di altro genere, sicuramente per un pubblico più segreto e ristretto, raffinato nella sua particolarità.
La cosa peggiore è stato il fatto che lui non abbia accettato di stordirsi con alcool e droga, questo è stata la parte più brutta perché ogni cosa è stata chiara e pulita e lucida nella sua dissolutezza, nella sua perversione, nella sua degradazione, senza neppure la scusa di non capire nulla di quello che stava accadendo, senza neanche la difesa di ricordi annebbiati e confusi.
Si alza e va alla finestra, fa scorrere lo sguardo sulla strada, sulla gente frettolosa e così distante da dargli l’effetto di essere sbarcato su di un pianeta alieno.
Si sente imprigionato in quell’appartamento ampio e caotico, si sente come se fosse dietro ad uno schermo e vedesse la vita passare e non potesse afferrarla.
Taylor non c’è, in realtà è più il tempo che è via che quello che passano insieme.
Si spoglia lentamente e si mette davanti allo specchio, si passa le dita su tutto il corpo, si osserva con attenzione maniacale.
Linus la sera prima gli ha detto che il suo corpo sta perdendo quel fascino un po’ perverso dato dalla magrezza estrema, quell’ambiguità androgina che sembrava affascinarlo.
“Stai diventando troppo magro anche per i nostri standard, ossa troppo sporgenti e dure, pelle grigia e screpolata, labbra secche, zigomi troppo in rilevo, capelli spenti, cerca di non esagerare, magro è bello ma tu sai di malato”
Connor sorride alla sua immagine, va in cucina e sceglie con cura un coltello, quello piccolo ma affilato che non sa neppure a cosa serva.
Si mette seduto di fronte allo specchio e comincia a tagliare la pelle secca e screpolata all’interno delle braccia.
Quando il sangue comincia ad uscire non si alza per tamponarlo ma rimane a guardare quel rosso così vivo e violento che lo copre poco per volta, lentamente.
Sente il calore del liquido contrastare con il freddo che è la sua costante, il contrasto tra il rosso e la sua pelle che diventa sempre più diafana lo incanta.
Si guarda attorno e vede solo buio, vede i muri crollare, la notte invadere tutto quanto, il pavimento sprofondare e davanti ai suoi piedi aprirsi una voragine grande come il mondo.
E’ questa la vita?
E’ così?
Si sente in pace, pronto ad affrontare l’ignoto senza paura, si sente tiepido, si sente tranquillo, non c’è più vuoto, non c’è più bisogno, non c’è più neppure Taylor.
C’è solo lui e davanti c’è se stesso e non serve altro per poter assistere alla fine.



Non sa neppure lei perché ha ceduto alle richieste di Nathan, sa solo che in questo momento vorrebbe trovarsi in qualsiasi altro posto ma non lì nel parco, accanto alla fontana insieme a Nat e a Esther.
Esther è una ragazza alta e con qualche chilo di troppo ma ben distribuiti, ha un aspetto solido e coscienzioso, i capelli biondi che tiene raccolti in una coda e gli occhi chiari, la pelle spruzzata da qualche rara lentiggine.
Ha un giaccone chiuso fino al collo e dei jeans fuori moda, una borsa a tracolla e l’aria un po’ stranita ma soprattutto difesa.
Se ne sta rigida con le mani in tasca e guarda Nat con nello sguardo una sorta di sorpresa e perplessità.
Mira non riesce a capire come abbia potuto farsi coinvolgere fino a questo punto e tutto per un dannato pompino.
Si era illusa che dopo quell’improvvisata a Parker’s House, Nathan si fosse arreso, avesse afferrato il suo errore nel valutare l’accaduto e invece no.
Se in questi giorni ha capito una cosa è sicuramente che Nathan è la persona più caparbia e determinata che abbia mai conosciuto. Non è servito a niente ripetergli che è stato un gioco, un piccolo divertimento e niente di più, lui ha deciso che a quel punto era impossibile continuare a mentire ad Esther, doveva raccontarle quello che era successo e comunicarle che il loro fidanzamento doveva considerarsi rotto.
Mira ha cercato per tutta la settimana di farlo ragionare, ci è andata giù dura dicendogli che lei non aveva la minima intenzione di mettersi con uno come lui, anzi che non aveva intenzione di mettersi proprio con nessuno per lo meno per i prossimi dieci anni, che per lei era stato un passatempo, che era inutile che lui andasse a rompere il rapporto con Esther, che avrebbe fatto bene a starsene zitto e tutto sarebbe continuato come prima.
Nathan era rimasto ferito ma non aveva ceduto: la sua coscienza esigeva di dire la verità ad Esther e di concludere una storia che per lui non aveva più senso, non dopo quello che era successo, non dopo quello che lui provava per Mira.
“Che c’è Nathan?” chiede Esther.
“Ti ho fatto venire qui perché è una cosa che riguarda noi due, non volevo che ci fossero presenti i miei e gli zii”
“E lei cosa c’entra?”
“Lei è Mira e mi ha accompagnato perché è parte in causa del discorso che ti voglio fare”
Esther si rabbuia, Mira sa che ha già capito tutto, si chiede solo che reazione finale potrà avere.
“Io e Mira siamo compagni di classe, lei mi ha aiutato a mettermi in pari con il programma e così ci siamo frequentati parecchio ed è successa una cosa tra di noi…”
”Cosa è successo?”
Mira interviene e ancora una volta non sa perché lo fa, alla fine che gliene importa di questi due pazzoidi? E’ già tanto se ha accettato di buttare via un pomeriggio per accompagnare quell’idiota e fargli da spalla in questa farsa, eppure interviene e cerca in tutti i modi di evitare che il legame tra i due si rompa, non vuole che Nat rovini questo rapporto per una sua cazzata.
“Senti Esther, guarda che Nathan non c’entra niente, è successo un giorno, non so che mi ha preso e l’ho baciato tutto qui, lui non ha nessuna colpa quindi dovresti perdonarlo e tornare a vivere felici e contenti”
“E’ vero Nat, lei ti ha baciato?”
“Beh…sì”
Ecco pensa Mira, tutto è bene quello che finisce bene, lei ha interpretato la parte della puttana che le si addice a pennello, lui quella del bravo ragazzo sedotto suo malgrado, Esther quella della fidanzata offesa che alla fine perdona.
Si sente bene, con un colpo solo ha fatto una buona azione e si è liberata di Nat, però sente anche una sensazione un po’ particolare che aumenta gradualmente come di nostalgia, di delusione, di rimpianto, come se si fosse fatta sfuggire il palloncino appena comprato.
Si riscuote.
“Bene è stato un piacere Esther, ora se volete scusarmi io devo andare”
“No, non ci siamo baciati non è vero”
Esther guarda Nat con aria insospettita e poi lancia uno sguardo freddo a Mira.
“Lei ha detto di sì”
“Noi abbiamo fatto sesso orale” Nat lo dice tutto d’un fiato come se stesse facendo una rincorsa.
Esther diventa rossa e abbassa gli occhi.
“Cosa?”
Mira cerca di salvare il salvabile: “D'accordo è successo proprio quello, ma te lo detto è colpa mia, sai com’è, lui non ha potuto dire di no, non gli ho lasciato il tempo, in quella situazione nessuno è in grado di dire di no capisci, comunque è stata una mia iniziativa, lui non ha fatto proprio nulla”
“Nathan è vero quello che sta dicendo questa ragazza?”
L’ha chiamata ragazza, nota Mira e non puttana, troia o peggio, accidenti che contegno!
“Mira smettila di prenderti la colpa” sbotta Nathan.
“Non mi sto prendendo nessuna colpa, sto dicendo la verità, è stata una mia iniziativa”
“Sì però io avrei potuto rifiutare, si può sempre dire di no, non mi hai obbligato a fare nulla”
“Va bene Esther è successo” continua imperterrita Mira “ma non vuol dire nulla, insomma la tentazione della carne è forte e lo devi perdonare, lui è pentito e io anche, non ci frequenteremo più promesso”
“Esther non ascoltarla, io non sono pentito”
Mira sgrana gli occhi, Esther li abbassa, poi si volta e fa per allontanarsi, cambia idea, ritorna indietro, cerca di dire qualcosa, poi ci rinuncia e scappa via.
Nathan la rincorre, l’afferra per un braccio, Mira osserva i due discutere, le voci sono smorzate, non riesce a capire ciò che si stanno dicendo.
Si sente in imbarazzo, pensa che la sua parte sia conclusa, che forse è opportuno che si incammini verso Parker’s House o forse verso la casa di Amber, anche se entrambe le prospettive le risultano intollerabili.
Ma in realtà non si muove, non riesce a staccare gli occhi dai due che ancora parlano tra loro e gesticolano.
Alla fine Esther se ne va e Nathan ritorna accanto a lei.
“Mi dispiace tanto, spero che un giorno lei possa perdonarmi”
“Sei stato uno stupido, hai rovinato tutto, se lasciavi fare a me ora tutto si sarebbe aggiustato e tu e lei sareste ancora insieme”
“Io non volevo restare con Esther”
“Perché ti ho fatto un pompino? Sei scemo? Va bene l’hai tradita ma in pratica ti ho violentato”
“Non è vero, mi è piaciuto”
“Beh l’avevo capito sai? Comunque questo non vuol dire niente”
“Vuol dire tanto e ho rotto con Esther non per …Insomma per quello ma perché sono innamorato di te e anche se tu non mi ricambi non importa”
Mira lo guarda e si sente inspiegabilmente felice.
“Accompagnami” e gli tende la mano.
Ora tornare a Parker’s House le sembra abbia un altro significato, ora che è Nathan ad accompagnarvela, ora che lui le è accanto, la mano a stringere la sua, il suo odore di buono che la pervade.
Mira lo guarda di sottecchi e ha voglia di abbracciarlo.
Che le sta succedendo? Comincia ad avere paura, comincia a sospettare che la situazione le stia sfuggendo di mano, che forse è arrivato il momento di smettere di scherzare e di dire la verità a Nathan, la verità vera, di chi è lei, di cosa ha fatto, di quali sono sempre state le sue priorità.
Sa che dovrà sostenere lo sguardo disgustato del ragazzo e questo le fa stranamente male, ma il gioco sta diventando troppo pericoloso.
Ha paura e lei non ne ha mai avuta. Ha paura di fare del male a Nathan e ha paura di restarci troppo male nel vederlo allontanarsi per non ritornare mai più.
Non sa di preciso come sia successo, perché è la prima volta che gli capita di tenere veramente a qualcuno, di sorprendersi a pensarsi insieme non necessariamente a letto, ma in momenti assolutamente normali di una giornata qualsiasi.
Perché è successo? Perché proprio con lui?
“Senti Nat che hai intenzione di fare ora?”
“A che proposito?”
“Tra me e te”
“Niente, che cosa dovrei fare? Non ti posso obbligare ad amarmi, d’altra parte non posso neanche smettere di amarti perché non mi ricambi, aspetterò che mi passi ma soprattutto non ti scoccerò più con i miei problemi; ho apprezzato il fatto che tu mi abbia accompagnato e anche che tu abbia cercato di salvare quello che non volevo più salvare, lo hai fatto per me penso e forse anche perché in questo modo, se fossi tornato con Esther, non mi avresti avuto più tra i piedi.”
Mira ridacchia, certo che Nathan la conosce proprio bene, più di quello che lei pensa. “Potremmo restare amici se ti va” gli propone.
“Certo, va bene”
“Sai io non ho mai avuto un amico maschio, come amico ti potrei raccontare di me, della mia vita, di come sono finita a Parker’s House”
“Volentieri”
“Come amico tu non dovresti giudicarmi ma solo stare ad ascoltare e al massimo darmi dei consigli, non è così?”
“Io non ho mai giudicato nessuno”
“Voi dividete i buoni dai cattivi, i peccatori dagli eletti, lo fate, lo avete fatto con Kyle, non lo avete accettato per com’è, lo avete costretto a fare cose peggiori di quello che avrebbe fatto”
“Io credo in alcuni valori però non mi sento un eletto, tutti noi abbiamo i nostri peccati”
“Io ne ho commessi molti secondo il tuo metro, sono una peccatrice secondo i tuoi valori, come puoi amare una peccatrice che non è neppure pentita?”
“Senti io non voglio da te una confessione, non tocca a me conoscere quello che hai fatto per assolverti o condannati, io penso che tu sia una ragazza troppo bella e viziata e che a volte questo ti può fregare, ti può far seguire la strada sbagliata, tutto qui”
“Tutto qui, bella e viziata eh, e pensi di potermi redimere?”
“Penso di poterti amare questo di sicuro, se solo lo vuoi”



E’ passato più di un mese da quando Yuki ha lasciato Tadcaster, precisamente da quella notte in cui è scappato da Nina e lei, dopo aver fatto all’amore, ha raccolto le sue cose in un borsone, si è messa in tasca i contanti che aveva in un cassetto, ha caricato tutto sull’auto e via, sono partiti senza nessuna meta.
Nina ha guidato finché è finita la benzina.
La mattina sbiancava il cielo e Yuki si è sentito così vivo e felice, di nuovo in alto mare, di nuovo ad affrontare rotte inesplorate e tempeste perfette.
Lui e Nina tutti soli, come prima di loro sua madre e suo padre, artisti sulla strada dell’avventura, alla ricerca di qualcuno che possa veramente apprezzare ciò che stanno creando.
Nina ha venduto l’auto ad un rivenditore, poi hanno raggiunto Londra con la certezza che Hillary e Matthew avessero avvertito i servizi sociali e sicuramente le forze dell’ordine.
Nina però si è rivelata piena di risorse, ha amici dappertutto, ha scovato ricoveri di fortuna, sa aggirarsi per la vita con una sicurezza e una spregiudicatezza che per Yuki è estasiante.
Yuki si muove con indolenza sul letto, al suo fianco Nina è una matassa di capelli biondi che l’avvolgono, lui glieli scosta dal viso e rimane a guardarla.
Lei dorme di un sonno pesante, artificiale.
I soldi di Nina sono finiti da un po’, hanno racimolato qualcosa suonando nei corridoi della metropolitana, con l’ansia che qualche poliziotto chiedesse loro i documenti.
Poi Nina se n’è tornata una sera con parecchie sterline e Yuki non ha avuto il coraggio di chiedere da dove arrivassero.
La stanzetta dove stanno è quella di un alberghetto pulcioso ma per Yuki è come essere a casa, respirare odore di chiuso e muffa, di alcool e fumo.
I giorni sono passati veloci e lui non riesce a ricordarsi in che modo hanno trascorso il tempo.
Sa solo che i loro sogni di gloria si sono momentaneamente arenati, che Nina continua a scrivere testi e lui a comporre musica ma senza un fine, una volontà precisa, così come viene, più che altro per riempire le giornate tra una scopata e l’ altra, tra una canna e l’altra .
Ma quello che ha colpito Yuki è stato ciò che è successo la sera prima, quando ha bussato alla porta della loro stanza un amico di Nina, Donald e ha portato con sé dell’eroina che si sono fumata.
Yuki non lo aveva mai fatto prima.
Aveva giurato che non sarebbe mai successo perché da quando è nato ha avuto negli occhi i suoi genitori e ciò che sono diventati a causa della loro dipendenza.
Ma quella sera Nina ha insistito e lui si è lasciato convincere.
Ora si sente stanco ed affamato, si sente solo e si sente tradito.
Guarda Nina, poi Pearl Black che giace da qualche giorno inutilizzata in un angolo della stanza, si alza e si mette di fronte allo specchio dell’armadio.
Si vede non com’è veramente ma come sta diventando.
Vede non se stesso ma suo padre e Nina gli sembra stia assomigliando sempre di più a sua madre.
Si siede per terra accanto allo specchio, prende la chitarra tra le mani e l’accarezza.
Finirà anche lui come i suoi, la sua vita ripeterà la loro? E’ questo il suo destino, il suo karma? Ripetere gli errori, rinnovare le illusioni, buttare via una vita?
Non sa perché questi pensieri gli si stiano formando proprio ora nella testa.
In fondo prima di allora non ha mai pensato alla vita dei suoi come ad un fallimento, ma solo come ad una scelta precisa di libertà e trasgressione.
E’ sempre stato fiero dei suoi genitori!
Ma ora guardandosi allo specchio ricorda cose che non ha mai voluto ricordare.
I suoi pianti e le sue paure di bambino quando era lasciato in camere squallide come quella dove è ora, da solo per tutta la notte.
Il suo accoccolarsi accanto al corpo della madre strafatta in cerca di una protezione che non avrebbe mai ricevuto e quell’andare incessante come spinti da un vento di tramontana freddo e feroce, un peregrinare continuo alla ricerca di un nirvana in cui scomparire.
Ricorda quando divenuto più grande, toccava a lui occuparsi dei suoi, andare a cercare la dose necessaria, inventarsi qualcosa da mangiare con quello che trovava in giro: latte scaduto, dolci, soprattutto dolci sbocconcellati.
Non ha mai voluto pensare a questo, ha sempre preferito sentirsi un privilegiato, uno a cui tutto era permesso: uscire senza avere un orario, sballarsi, fare sesso sul letto accanto a quello dei genitori, una vita che un sacco di suoi coetanei gli avrebbe invidiata.
Però ora che si trova in una stanza miserabile troppo simile a quella dove ha passato sedici anni della sua vita, che vede Nina ancora con i postumi della droga e il suo riflesso che lo guarda dallo specchio con lo sguardo spento, ha paura.
Dove sono finiti i sogni che Nina gli ha trasmesso con tanto entusiasmo quando erano a Tadcaster?
Sono svaniti in capo ad un mese!
E’ così che si diventa dei grandi artisti?
No, lo sa bene, in questo modo sta solo ricalcando un copione già visto e vissuto.
Non incolpa i suoi genitori, non ha rimpianti, non rancori, però sa con certezza che non vuole vivere una vita come la loro, perché è stato così vicino al nulla e alla sconfitta e alla disperazione che è un miracolo che non si sia fatto ghermire.
Non sa perché proprio in quella mattinata di primavera riesca a vedere finalmente il suo passato, il suo presente e il suo ipotetico futuro con una chiarezza che non ha mai posseduto e che gli fa un po’ paura. In quel momento sente che quello che sta vivendo è sbagliato, che vorrebbe poter tornare da Matt e da Hillary e questo lo fa sorridere perché si sente un gran coglione a pensare questo, un rammollito, un borghesuccio, ma non sa cosa farci.
Questa è la verità!
Si trascina fino al suo giaccone e ne estrae il telefono.
Digita un messaggio e lo invia, poi chiude gli occhi.
E’ un fallito, uno stronzo vigliacco, un incapace, uno che non ha le palle di giocarsi la vita sul filo del rasoio, non è degno dei suoi genitori, non diventerà mai una rock star maledetta, non morirà giovane dopo una vita dissoluta buttata al vento, “meglio bruciare in una gran fiammata che spegnersi in un piccolo fuoco” è una frase che non si merita.
Ma in fondo non vuole morire, vuole fare musica e poter vivere la sua adolescenza come tutti, sapere di avere una casa in cui tornare alla sera, qualcuno che ti rompe le palle perché fai tardi, innamorarsi senza dover andare in pezzi, sballarsi senza morire.
E’ troppo quello che chiede, è troppo normale? Non è degno di lui, dei suoi genitori, della sua vita, della sua musica, di Nina?
Si avvicina al letto, scuote la ragazza dolcemente, lei apre i suoi occhi di un blu miracoloso e lui per un momento vorrebbe non aver fatto ciò che ha appena compiuto.
“Ehi amore”
Lei si strofina gli occhi e gli sorride con il trucco un po’ sfatto e i capelli che si appiccicano alle labbra.
“Tutto bene? “ chiede lei, “Ti è piaciuto ieri sera vero?”
“Ho chiamato Matthew, gli ho dato l’indirizzo, gli ho chiesto di venire a prendermi”
Nina ha l’espressione confusa di chi sembra non aver capito.
“Che stai dicendo?”
Yuki abbassa la testa.
“Non stai dicendo sul serio vero?”
Yuki si alza e si avvicina alla finestra.
“Come hai osato fare una cosa del genere, dirmi che mi ami e dopo tradirmi? Perché lo hai fatto? Solo per salvare il tuo fottuto culo? Per chi? Per una band che si sta dibattendo per non cadere nel ridicolo? Per quei due pseudo genitori della tua cazzuta comunità? Preferisci un mondo regolare a quello perfetto che ti avrei donato? Dovresti vergognarti, mi hai ingannata, mi lasci dopo che io ho messo la mia vita nelle tue mani.”
Nina farnetica come al suo solito, Yuki si mangia le unghie dandole le spalle.
“Credevi in me, cosa è successo? Chi ti ha manipolato contro ciò che stavamo facendo? Sei solo un bambino spaventato, non sai che per brillare bisogna bruciare, hai paura di scottarti?”
Yuki cerca di trattenere un singhiozzo, si sente male come quel giorno in cui i servizi sociali lo hanno prelevato dall’alberghetto dove stava con i genitori.
“Come puoi dirmi questo dopo che ti ho raccontato la mia storia, sai che non sono mai stato un bambino e non potrò mai più esserlo, io ti amo ma non posso di nuovo lasciare che la mia vita vada in pezzi per qualcun altro. Sono stanco di questo, sono stufo di essere dannato, di vivere sempre al limite. Mi dispiace se ti ho deluso, le mie ali sono solo inchiostro tatuate sulla mia schiena ma io andrò per la mia strada e le sentirò crescere, raggiungerò il mio sogno ma non nel modo che tu vuoi, non così.”
Si infila il giaccone.
“Io vado, mi dispiace, tutto ha preso una piega diversa, qui non c’è più nessun sogno, se rimango con te crolleranno tutti”
Yuki esce, sulla strada, cammina, apre il telefonino, c’è un messaggio di Matt.
Risponde, ancora qualche ora e arriverà, non sa cosa succederà, se potrà restare ancora a Parker’s House dopo quello che ha fatto, però sente di riuscire a respirare di nuovo.
Da quanto non respirava più?
  
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