L’occasione propizia si presentò
due settimane dopo la stesura del piano: ci fermammo in uno dei villaggi che
taglieggiavamo, e Jigoku decise di passare lì la notte. Il capovillaggio fece
preparare un banchetto per noi, ma, è questo fu un colpo di fortuna, Jigoku non
vi partecipò perché aveva adocchiato una bella ragazza e aveva deciso di
dedicarvisi tutta la notte.
Io è Onigumo eravamo all’erta.
Verso la fine della cena due ragazze portarono una grande anfora piena di saké,
ed io con la scusa di aiutarle versai di nascosto un sonnifero nella bevanda.
Funzionò alla perfezione: i nostri compagni brindarono sino a tardi, ma la luna
era ancora alta nel cielo quando le voci iniziarono a smorzarsi. Poco dopo, con
grande stupore di tutti gli uomini del villaggio, la banda di Jigoku russava
fragorosamente. Solo noi due eravamo in sensi.
“Questi non li sveglieranno
neanche le esplosioni” dissi io soddisfatto.
“E allora andiamo a prelevare
quel bastardo” disse truce Onigumo.
Trovammo Jigoku in una stanza
della casa più ricca, dormiva abbracciato alla sua amante. In pochi attimi gli
fummo addosso e lo legammo, e mentre Onigumo stringeva i nodi io cacciavo via
la ragazza, intimandole di non dire a nessuno quello che stava accadendo.
“Cosa fate, canaglie? Uomini, a
me!” gridò Jigoku, sebbene ancora intontito dal sonno.
“Calmati, capo” dissi io “gli
altri sono tutti addormentati, e non ti sentiranno”
“Hai paura, adesso, eh?” ringhiò
Onigumo.
“Umitsu e Onigumo, vero?” disse
Jigoku sentendo le nostre voci “Avrei dovuto immaginarlo. Vi ho presi quando
rubavate ai morti, vi lascio che tradite i vostri giuramenti. Le carogne non
cambiano mai” e sorrise sprezzante. A vedere quel sorriso Onigumo strinse i
pugni.
“Non farci le prediche, capo”
dissi “Te la sei cercata: ti sei voluto prendere la più gran parte dei miei
furti? Ora sono venuto a riscuotere”
“Eh già… ragazzo, ora che muoio
dovrai essere il mio successore, hai la stoffa”
“Tranquillo che non siamo qui per
ucciderti. O meglio, dipende da te: dacci i soldi, e noi ti lasciamo vivo e
vegeto”
“Hai imparato in fretta, Umitsu…
non sono stupido: so quanto vale una vita, in particolare la mia. Le mie
ricchezze sono sparse in giro, e una parte è proprio in questo villaggio:
vicino al pozzo c’è una capanna, là tengo molte stoffe e oggetti d’oro. Li
volete? Sono vostri. Non sono stupido”
Onigumo corse al pozzo a
controllare. Quando tornò, fece cenno di sì col capo:
“Ha detto il vero. Là dentro c’è
oro da camparci per anni. Ed è anche facile da trasportare”
Sembrava fatta, ma non ero
convinto: la reazione di Jigoku mi aveva lasciato perplesso. Presi da parte
Onigumo e gli esposi i miei dubbi.
“Ti aspettavi che cedesse così
facilmente?”
“A dire il vero, no. Non sembra
nemmeno impaurito”
“Non abbiamo considerato una
cosa. Jigoku è un uomo d’onore, certo non perdonerà mai questo affronto,
perderebbe tutta la sua autorità. Anche se fuggiamo, da domani ci darà la
caccia per tutto il paese. E come possiamo nasconderci con l’oro addosso?”
“Vuoi dire che ha cercato di
intrappolarci?”
“Temo di sì. È più furbo di noi”
“Maledetto bastardo! Me ce ne
siamo resi conto in tempo”
“Sai cosa vuol dire, vero,
Onigumo?”
“Sì. Bisogna ucciderlo”
“Infatti”
“Me ne occupo io”
“Tu?” chiesi stupito “lo
ucciderai tu?”
“Dipende da lui” disse Onigumo;
e, afferrato un coltello, si mosse verso Jigoku.