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Autore: Lady Gardenia    09/03/2011    3 recensioni
Se qualcuno mi avesse chiesto “perché?” onestamente avrei risposto che proprio non ne avevo idea. Insomma, quello era pur sempre Draco Malfoy "il più grosso egocentrico, vanesio, prepotente, narcisista, viziato individuo che sia mai esistito in tutto il mondo magico e babbano!" A dire il vero la lista avrebbe potuto persino essere più lunga.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Se qualcuno mi avesse chiesto perché…

 

Se qualcuno mi avesse chiesto “perché?” onestamente avrei risposto che proprio non ne avevo idea. Insomma, quello era pur sempre Draco Malfoy«il più grosso egocentrico, vanesio, prepotente, narcisista, viziato individuo che sia mai esistito in tutto il mondo magico e babbano! » A dire il vero la lista avrebbe potuto persino essere più lunga.

«Attento a come parli, Potter! Io non sono affatto “grosso” »

Molto più lunga!

«Come sempre hai colto il punto importante della discussione, Draco», ribattei scocciato.

Si diede quell’aria di supponente importanza che sfoggiava in questo genere di occasioni. Con il tempo avevo imparato che l’atteggiamento da lesa maestà, o meglio leso Malfoy, era il suo modo di reagire alla preoccupazione.

«È chiarissimo, Potter».

Era piuttosto seccante che non avesse mai smesso di chiamarmi per cognome. Ci frequentavamo da un po’ ormai. Da prima della fine della guerra! Eppure ancora era incapricciato di quella stupida ostinazione. Certo, se prima “Potter” era abbinato unicamente a un marcato tono di purissimo disprezzo-alla-Malfoy, adesso aveva guadagnato una vastissima gamma di nuove sfumature. Una più lusinghiera dell’altra! C’era il Potter che sottintendeva un non molto raffinato “levati dalle palle”, il Potter “che accidenti hai addosso, o-mio-dio è davvero un maglione Weasley quello?”, l’immancabile Poooootter che nel dizionario malfoyesco era spesso e volentieri un “fai questo, fai quello, portami questo, portami quello”. A dire il vero c’era anche il Potter un po’ roco dei nostri baci, ma ci stavamo concentrando su come Draco avesse fatto del mio cognome il compendio perfetto di tutte le recriminazioni, fastidi, mancanze, orrori della mia persona.

Un capolavoro di sintesi.

«Certo», arrotai la erre. Il mio sarcasmo tendeva a questo genere di espressività, nulla a che vedere con le raffinate sottigliezze che un’infanzia in compagnia di Narcissa-regina dei ghiacci- Black-orgogliosamente- in- Malfoy era riuscita a trasmettere al tenero pargolo.

Non potevo competere. Il mondo poteva dire quello che voleva, ma io non ci tenevo affatto a lanciarmi in battaglie perse in partenza. Guerra contro Voldemort e relazioni sentimentali incasinate con un serpeverde decisamente troppo innamorato di sé a parte.

Forse.

«Tze», sbuffò stizzito. «E’ perfettamente chiaro. Tu non capisci».

Stava per farlo. Oh sì, il miglior prodotto dell’unione tra La-nobile-e-antichissima-casata-dei-Black e l’altrettanto pretenziosa famiglia Malfoy non era l’incarnato perfettamente vampiresco, l’incredibile spocchia, presunzione e quant’altro, né i tratti fini, né quel colore di capelli che Draco definiva pomposamente IL BIONDO (a cui io mi riferivo comunemente come giallo slavato tendente al bianco), assolutamente no! Era quell’innata, incredibile, indisponente capacità di rigirare ogni cosa in proprio favore.

Draco ne era maestro.

E io di solito finivo per sentirmi un verme.

Non mi deluse.

«Se tu fossi in grado di intendere, Potter», il mio cognome mi sembrò un insulto, «capiresti da solo che non starei mai e poi mai con te se non pensassi che tu, malgrado la tua ottusità e palese ritardo mentale, fossi il meglio che potessi avere! Per cui», continuò tutto d’un fiato mentre il mio groppo alla gola raggiungeva dimensioni e peso di un macigno, «smettila di insultarmi con le tue assurdità! Vuoi andare a trovare donnola e zannuta? Vacci! Non sono geloso, non sarei mai geloso di quelli, non mi sembra che tu abbia scelto loro. Fino a prova contraria ci sono io qui! »

Mi sentivo stupido. D’improvviso aver detto che era ossessivamente geloso e che se non gli piacevano i miei amici poteva trovarsi qualcuno che reputasse alla sua altezza mi sembrò infantile. Che poi tra noi due di norma era Draco l’infantile. Io non facevo i capricci. Io non passavo ore a guardarmi allo specchio. Io non volevo essere venerato. Io non davo di matto se non avevo la mia dose quotidiana di caffè e nicotina. E soprattutto ero in grado di controllarmi e non comprare ogni minima sciocchezza desiderassi. Di solito compravo quelle che Draco desiderava…

Attesi il colpo di grazia.

«Per cui vattene dove accidenti ti pare! » Puntò la bacchetta verso un angolo del salotto. Esplose una bottiglia. «Quello era un Bordeaux del 1964», lo guardò con sincero rammarico, «e lo avremmo bevuto stasera a cena. Ora puoi andare».

Ovviamente ogni mia voglia di metter naso fuori caso aveva subito un drastico calo negli ultimi cinque minuti. Mi accasciai derelitto sul divano. «Mi dispiace…» Ed era vero, sentitamente, totalmente, incondizionatamente vero. Era una delle grandi doti di Draco: farmi sentire terribilmente in colpa. Mi facevo abbastanza schifo.

Ancora una volta se qualcuno mi avesse chiesto perché non avrei saputo cosa rispondere. Forse semplicemente perché avevo litigato con lui, o magari perché avevo torto. O ancor più vero perché era uno di quei casi in cui Draco sottintendeva tutto quel mondo in cui speravo e di cui mi concedeva qualche sporadica dimostrazione. Quel mondo che, a ben vedere, era già lì senza bisogno di “ti amo”, senza che lui pronunciasse mai il mio nome. Solo io mi ostinavo ad essere cieco.

«Lo dici in continuazione».

Guardai il pavimento. Sì, lo dicevo sempre e avevo perso il conto di quante volte avevo desiderato non doverlo più dire. Ma i buoni propositi fallivano sempre con me. Una sola cosa buona ero riuscito a fare nella mia vita ed era stato un omicidio. Qualcuno dovrebbe trovarlo indicativo.

«Lo so», soffiai le parole.

Non avevo bisogno di guardarlo per intuirne la postura. Sicuramente i suoi occhi erano su di me, fissi, ma in qualche strano modo lontani, come a trapassarmi e trattenere qualcosa a cui io non avevo accesso. Non perché me ne tenesse fuori, ma perché io non ero in grado di penetrarvi. La linea delle labbra, ne ero certo, si era fatta più sottile, severa. Era il peso delle parole che volevano uscire. Se qualcuno mi chiedesse perché le frenasse ogni volta, ancora risponderei che non lo so.

Poi avrebbe abbassato le spalle, sempre mentre io mi dedicavo alla scrupolosa analisi di qualunque cosa non fosse il suo sguardo. Non avrei retto di vederlo ferito. Le avrebbe scrollate leggermente in uno sbuffo e con un ghigno. Quel ghigno parlava, diceva “sciocco io ad aspettarmi ancora qualcosa”.

Ma le parole era altre.

«Come ti pare».

Fece per uscire.

«Draco… io…»

Si voltò. «Sì?>> Un monosillabo di composta altezzosità. Un sorriso di pura cortesia che non raggiungeva gli occhi. Il mio nodo alla gola si era trasfigurato in una pesante incudine che mi martellava la testa.

«Mi dispiace davvero! »

Le parole giuste non le ho mai conosciute. Erano quelle che avrebbero espresso perfettamente come mi sentivo, che la sola idea di avergli fatto male mi sembrava il crimine peggiore che potessi commettere, erano tutto il dolore di non essere mai in grado di dimostrare quanto affermavo, la paura di non riuscire a dargli tutto me stesso.

Se avessi conosciuto le parole forse non avrebbe mormorato «Non importa», non mi avrebbe lasciato solo ed infelice in salotto. Magari se avessi conosciuto le parole questa conversazione e molte altre non sarebbero mai esistite. Forse avrei smesso di sentirmi un idiota.

Purtroppo per citare Draco le mie capacità espressive sono quelle di un troglodita. Quindi se qualcuno mi chiede perché, tutto quello che so rispondere è che lui è Lui.

 

 

   
 
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