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Autore: Sumiya Sakamoto    11/03/2011    5 recensioni
Era l’agenda di Russia. Stava toccando l’agenda di Ivan. La stava leggendo! Il cervello cominciò a mandare segnali di allarme, ma i muscoli non si degnavano di ubbidire e gli occhi non riuscivano a staccarsi da quella scrittura pulita ma infantile. Così, aveva cominciato a leggere la lista di cose da fare di Ivan di quella settimana.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Siamo a tre, con la lista delle cose da fare di Cina. L’ho finito dopo aver saputo del terremoto che stamattina ha colpito il Giappone – nel testo dice “quel pomeriggio” a causa del fuso orario, in Giappone ora sono le sette di sera se non sbaglio. Il nome di Hong Kong Li Xiao Chun, come dicono alcune fonti di Hetalia, potrebbe essere uno dei suoi potenziali nomi. Spero vi piaccia, buona lettura.

 

 

 

 

 

Lista delle cose da fare della settimana di Cina:

- Far visita a Giappone.

- Far visita a Taiwan.

- Far visita a Corea.

- Far visita a Hong Kong e riportargli il kimono.

- Comprare nuovi nastri ed elastici per i capelli.

- Dar da mangiare ai panda.

- Lavare il pandapeluche, A MANO e con acqua tiepida.

-  Ritrovare il pandapeluche che Taiwan ha infilato da qualche parte.

- Ritrovare il costume da panda che Italia aveva chiesto per carnevale.

- Se Italia rovina il costume, vendicarsi.

- Evitare Russia come se fosse la morte.

- Se la nota precedente non è abbastanza chiara, la riscrivo: Evitare Russia come se fosse la morte!

- Trovare un po’ di tempo libero per fare Tai Chi.

- Comprare il pigiama di Hello Kitty che avevo visto ieri in quel negozio.

- Convincere America che il mio cognome, Wang, non è una parola onomatopeica per descrivere il rumore del gong.

- Cacciare Inghilterra che verrà a trovarmi con un pretesto per fregarmi un po’ di oppio.

- Incollare il baffo che si è staccato dal peluche ti Hello Kitty.

- Prima lavare Hello Kitty, perché è diventata grigio scuro.

- Farsi rispiegare da Giappone in che cosa consiste il Copyright.

- Lottare anche questa settimana per la salvaguardia delle foreste di bambù.

- Portare un sacchetto di riso a Francia che da giorni lo chiede con insistenza.

- Lasciare il sacchetto e scappare prima che Francia cominci a molestarmi.

- Accontentare Giappone e fare un giro assieme a lui per Tokyo.

- Fare visita al RPAMO (Rifugio per Panda Abbandonati, Malati o Orfani) e ricordarsi di portare cibo e latte per i piccoli panda.

- Riuscire a far sorridere Hong Kong.

- Portare Taiwan sullo Chang Jiang e Corea sullo Huang He.

- Oscurare siti internet.

- Fare presenza alla festa delle lanterne e non andarsene prima di aver visto la danza del leone.

- Mandare aiuti e cibo a Giappone, che questo pomeriggio ha subito un altro fortissimo terremoto.

 

Dopo aver scritto l’ultima nota, Cina rilesse gli appunti, le sopracciglia increspate per la preoccupazione. Quel pomeriggio, un violento movimento sismico – oltre gli otto gradi della scala Richter - aveva colpito il fratello minore, provocando per fortuna soltanto una ventina di morti al posto di alcune centinaia di migliaia, dato che la Nazione era avvezza e preparata ai movimenti tellurici, ma causando gravi danni ugualmente. Decise che avrebbe innanzitutto seguito l’ultima annotazione prima delle altre e sarebbe andato a trovare Giappone. Si diresse quindi verso la sua dispensa, cominciò a porre in uno scatolone qualsiasi cosa ci fosse di commestibile e una volta chiuso il contenitore se ne procurò un altro, dirigendosi verso il bagno, per porci bende, garze, disinfettanti e medicine.

“Quanti morti?” chiese una voce dietro di lui. Cina sobbalzò, credendo fino ad un attimo prima di essere solo e si voltò. Era Hong Kong. Vestiva un kimono blu, dato che quello rosso l’aveva lasciato al fratello maggiore. Il modo secco in cui gli venne posta la domanda turbò Yao, che preferiva sempre non parlare molto delle disgrazie che colpivano Giappone con gli altri fratelli, forse temendo di agitarli o preoccuparli, forse perché li considerava ancora piccoli e impressionabili. Hong Kong però, era cresciuto, era diventato maturo e, con gran sconvolgimento di Cina, sapeva sempre tutto quello che capitava agli altri fratelli. Anche se i particolari li chiedeva a lui.

“Quanti morti ci sono stati?” ripeté il più piccolo, vedendo che Yao esitava e contemporaneamente avvicinandosi al fratello per aiutarlo a mettere le medicine nello scatolone.

“Venti circa… credo…” mormorò Yao ancora confuso “Tu, piuttosto, come hai fatto a saperlo?” nella sua voce c’era una lieve nota di rimprovero, ma l’altro sostenne lo sguardo che la Cina gli piantò in faccia. “Lo so e basta.” rispose semplicemente, senza sfacciataggine.

“Li…” lo riprese Cina.

“Non sono più un bambino.” ribattè piano l’altro, come se avesse paura di mancargli di rispetto. Yao notò che non aveva ancora sorriso da quando l’aveva visto. La serietà del piccolo Stato era ancora più marcata di quella di Giappone, che qualche volta, nonostante tutto, sorrideva. “Posso aiutarti?” chiese la Nazione minore, con un rotolo di bende in una mano e un contenitore di pastiglie nell’altra. Cina lo osservò per qualche secondo, poi sorrise e annuì, facendogli una carezza sul volto, che apparentemente non provocò alcuna reazione nell’altro. Yao era convinto che la causa di questa specie di chiusura da parte del fratello fosse stato Inghilterra, quando, secoli prima, gliel’aveva portato via e da cui dopo infinite pene e sofferenze era riuscito a riaverlo, poco prima degli anni duemila. Si rimise al lavoro, raccogliendo quante più medicine possibili.

“Posso venire con te?”

“No, Li.”

“Perché?”

“C’è stato un terremoto, non una festa.”

“Lo so. Ma io voglio aiutare.”

“Non lo metto in dubbio, ma non hai mai visto gli effetti di un terremoto.”

“Non sono più un bambino.” mormorò di nuovo Hong Kong, mortificato del fatto che Yao lo trattasse come tale.

“Non penso che tu lo sia.” rispose secco il maggiore “Ma non sei abituato a vedere… le cose che ho visto io e che continuo a vedere ogni giorno.”

“Non serve che tu mi protegga, so badare a me stesso.”

“Perché continui a discutere?” chiese irritato Yao, punto sul vivo “Ti ho detto che non ti porterò con me, fine della storia.”

L’altro rimase in silenzio e non ribatté. Finirono di riempire il secondo scatolone, quindi Cina li prese entrambi, mostrando più forza di quanta non sembrasse averne. Un po’ raddolcito dallo sguardo basso di Hong Kong, gli si avvicinò e depositò un bacio sulla fronte bianca del fratello, dicendo “Vai da Taiwan, ora, fammi questo favore. Io torno presto, porterò notizie di Giappone. Vai da lei e non stare in pensiero. A dopo, fratellino.”

  
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