Siamo a tre, con la lista
delle cose da fare di Cina. L’ho finito dopo aver saputo del terremoto
che stamattina ha colpito il Giappone – nel testo dice “quel
pomeriggio” a causa del fuso orario, in Giappone ora sono le sette di
sera se non sbaglio. Il nome di Hong Kong Li Xiao Chun, come dicono alcune
fonti di Hetalia, potrebbe essere uno dei suoi
potenziali nomi. Spero vi piaccia, buona lettura.
Lista
delle cose da fare della settimana di Cina:
- Far
visita a Giappone.
- Far
visita a Taiwan.
- Far visita
a Corea.
- Far
visita a Hong Kong e riportargli il kimono.
-
Comprare nuovi nastri ed elastici per i capelli.
- Dar da
mangiare ai panda.
- Lavare
il pandapeluche, A MANO e con acqua tiepida.
- Ritrovare il pandapeluche che Taiwan ha infilato da qualche parte.
-
Ritrovare il costume da panda che Italia aveva chiesto per carnevale.
- Se
Italia rovina il costume, vendicarsi.
-
Evitare Russia come se fosse la morte.
- Se la
nota precedente non è abbastanza chiara, la riscrivo: Evitare Russia
come se fosse la morte!
-
Trovare un po’ di tempo libero per fare Tai Chi.
- Comprare
il pigiama di Hello Kitty
che avevo visto ieri in quel negozio.
-
Convincere America che il mio cognome, Wang, non
è una parola onomatopeica per descrivere il rumore del gong.
- Cacciare
Inghilterra che verrà a trovarmi con un pretesto per fregarmi un
po’ di oppio.
-
Incollare il baffo che si è staccato dal peluche ti
Hello Kitty.
- Prima lavare Hello Kitty, perché è diventata grigio scuro.
- Farsi
rispiegare da Giappone in che cosa consiste il Copyright.
-
Lottare anche questa settimana per la salvaguardia
delle foreste di bambù.
-
Portare un sacchetto di riso a Francia che da giorni lo chiede con insistenza.
-
Lasciare il sacchetto e scappare prima che Francia cominci a molestarmi.
-
Accontentare Giappone e fare un giro assieme a lui per Tokyo.
- Fare
visita al RPAMO (Rifugio per Panda Abbandonati, Malati o Orfani) e ricordarsi
di portare cibo e latte per i piccoli panda.
-
Riuscire a far sorridere Hong Kong.
-
Portare Taiwan sullo Chang
Jiang e Corea sullo Huang He.
-
Oscurare siti internet.
- Fare
presenza alla festa delle lanterne e
non andarsene prima di aver visto la
danza del leone.
-
Mandare aiuti e cibo a Giappone, che questo pomeriggio ha subito un altro
fortissimo terremoto.
Dopo aver scritto
l’ultima nota, Cina rilesse gli appunti, le sopracciglia increspate per
la preoccupazione. Quel pomeriggio, un violento movimento sismico – oltre
gli otto gradi della scala Richter - aveva colpito il fratello minore,
provocando per fortuna soltanto una ventina di morti al posto di alcune
centinaia di migliaia, dato che
“Quanti
morti?” chiese una voce dietro di lui. Cina sobbalzò, credendo
fino ad un attimo prima di essere solo e si
voltò. Era Hong Kong. Vestiva un kimono blu,
dato che quello rosso l’aveva lasciato al fratello maggiore. Il modo
secco in cui gli venne posta la domanda turbò Yao, che preferiva sempre non parlare molto delle disgrazie
che colpivano Giappone con gli altri fratelli, forse temendo di agitarli o
preoccuparli, forse perché li considerava ancora piccoli e impressionabili.
Hong Kong però, era cresciuto, era diventato maturo e, con gran sconvolgimento di Cina, sapeva sempre tutto quello che
capitava agli altri fratelli. Anche se i particolari li chiedeva
a lui.
“Quanti morti ci
sono stati?” ripeté il più piccolo, vedendo che Yao esitava e contemporaneamente avvicinandosi al fratello
per aiutarlo a mettere le medicine nello scatolone.
“Venti circa…
credo…” mormorò Yao ancora confuso
“Tu, piuttosto, come hai fatto a saperlo?” nella sua voce
c’era una lieve nota di rimprovero, ma l’altro sostenne lo sguardo
che
“Li…” lo
riprese Cina.
“Non sono più
un bambino.” ribattè piano
l’altro, come se avesse paura di mancargli di rispetto. Yao notò che non aveva ancora sorriso da quando
l’aveva visto. La serietà del piccolo Stato era ancora più
marcata di quella di Giappone, che qualche volta, nonostante tutto, sorrideva.
“Posso aiutarti?” chiese
“Posso venire con
te?”
“No, Li.”
“Perché?”
“C’è stato un terremoto, non una festa.”
“Lo so. Ma io voglio aiutare.”
“Non lo metto in
dubbio, ma non hai mai visto gli effetti di un terremoto.”
“Non sono più
un bambino.” mormorò di nuovo Hong Kong,
mortificato del fatto che Yao lo trattasse come tale.
“Non penso che tu lo
sia.” rispose secco il maggiore “Ma non sei abituato a
vedere… le cose che ho visto io e che continuo a
vedere ogni giorno.”
“Non serve che tu mi
protegga, so badare a me stesso.”
“Perché
continui a discutere?” chiese irritato Yao, punto sul vivo “Ti ho detto che non ti
porterò con me, fine della storia.”
L’altro rimase in
silenzio e non ribatté. Finirono di riempire il secondo scatolone,
quindi Cina li prese entrambi, mostrando più forza di quanta non
sembrasse averne. Un po’ raddolcito dallo sguardo basso
di Hong Kong, gli si avvicinò e depositò un bacio sulla fronte
bianca del fratello, dicendo “Vai da Taiwan, ora, fammi questo favore.
Io torno presto, porterò notizie di Giappone. Vai da lei e non stare in
pensiero. A dopo, fratellino.”