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Autore: Sasita    11/03/2011    10 recensioni
Tutto inizia nel miglio. Jane ha ucciso John e non l'ha fatto per legittima difesa. Qual'è la pena per questi omicidi se non la morte? Così inizia una corsa contro tutto, contro tempo e legalità perché Jane e Lisbon possano finalmente vivere la loro vita. Scappando da tutto ciò che è loro noto, si ritrovano a vivere con nomi di altri, e ad amarsi come prima non avevano mai potuto fare. E cosa succederà loro? Riusciranno a scampare i pericoli? E potranno mai tornare a fare quel che amano di più al mondo, nella loro meravigliosa Sacramento? Leggere per sapere! E recensire per piacere! :)
Genere: Commedia, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Long Fic Jisbon'
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SOMEWHERE IN THE SUNSET

 
È quando siamo completamente, perfettamente ed ardentemente felici, in compagnia di coloro che amiamo e di persone simpatiche e divertenti, che la nostra mente si adagia su pensieri tranquilli e ci ritroviamo, d’improvviso, a seguire passivamente quel che ci succede attorno ed a perderci in considerazioni astratte ed astruse sulla nostra vita. Futuro, passato, presente, sogni, desideri, rimorsi, rimpianti, gioie, dolori, sorprese...
Tanti aspetti che viviamo ogni giorno ma di cui non ci rendiamo conto, perché troppo presi dalla superficialità della nostra vita frenetica, continua, quotidiana.
La nostra esistenza è fatta di giorni e di notti, giorni in cui lavoriamo, studiamo, mangiamo, parliamo, incontriamo o conosciamo. Notti in cui dormiamo, per lo più.
Eppure quanto raramente ci rendiamo conto dell’incommensurabile fortuna che un qualche  essere superiore ci ha donato?
Noi viviamo. Passiamo la vita come se fosse solo una lunga giornata,  piena di impegni e tappe. E non arriviamo a rendercene conto finché, appunto, non usciamo da questa pallida e sfocata quotidianità e ci addentriamo in un mondo colorato e nitido, che non ha una parvenza di perfezione né la presunzione di volerla imitare, anzi, sembra quasi scomposta, disordinata, irritante. All’inizio, almeno.
Ma fatti gli occhi per vedere contorni decisi e colori scintillanti ci rendiamo conto di quanto abbiamo perso.
Jane e Lisbon stavano in quel bar rumoroso di chiacchiere, risate, schiocchi di bicchieri e musica Jazz, parlavano tranquillamente con quella giovane donna italiana che avevano appena conosciuto ed erano felici, sembrerà ridondante ripeterlo, ma non si è mai troppo certi che i concetti arrivino alla mente delle persone.
 
Serena era una ragazza prorompente, spigliata, ma a suo modo timida e pudica.
Sul tavolo due tazze di tè al latte e una di caffè nero si alzavano e abbassavano a intermittenza, mentre i possessori parlavano.
Jane aveva preso a fare il suo giochino della figure-chiave-della-mente, ed aveva indovinato quelle che la povera ragazza aveva pensato.
-Come hai fatto?- la chiese, scrutandolo con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato.
-A capire che stavi pensando a un cerchio dentro a un quadrato? Bè, magia.-
Lisbon e la giovane risero.
-E’ arrivato il pro-pro-pronipote di Merlino!- fece Serena, tra le risate.
-Il grande mago!- recitò Teresa con aria solenne, tradita dalle gote rosse e gonfie nel tentativo di trattenere un altro scoppio di risa.
-Axel non rivelerò i tuoi segreti a nessuno!- Serena posò una mano sul cuore e alzò l’altra –Parola di Rogue Girl!- e sorrise di un sorriso poco innocente.
-Rogue Girl?- chiese Jane, curioso
-Ah, no. Sono segreti di donna. Non rivelerò a te quel che contiene il cassetto Rogue Girls. Come non rivelerò a nessuno quel che  tu mi dirai,  perché l’ho chiuso proprio lì dentro.- disse, seria, ma sul viso le passò l’ombra maliziosa di prima.
Jane corrucciò le sopracciglia e si chinò sul tavolo, con le braccia incrociate poggiate sul legno scuro, scrutando Serena con negli occhi, intensamente, come faceva ogni qualvolta desiderasse mettere a nudo l’anima di una persona.
-Un gruppo segreto. In cui condividete tutto. Uhm… Oh o! Proprio tutto tutto, eh?- aggiunse, notando un brillante luccichio negli occhi della ragazza.
-Comunque...- continuò poi, raddrizzandosi e posando la schiena sulla sedia e lo sguardo nel suo tè  -... cerchio dentro a un quadrato. Sei una persona fondamentalmente iperattiva e estroversa, una continua voglia di fare, ergo cerchio. Ma ti trattieni, in parte perché hai ricevuto un educazione, in parte perché non vuoi esporti troppo con le persone che non conosci bene. Quindi cerchi di domarti, ma ogni tanto qualche sporadico richiamo della tua vera te stessa riappare: il luccichio nello sguardo, modi di fare, atteggiamenti. Posso quasi vedere le parole che trattieni con noi, perché il tuo corpo quasi le proietta. E poi, ovviamente con noi, anche se ci conoscessimo benissimo, non ti apriresti come le tue Rogue Girls. In primo luogo perché siamo molto più grandi e poi perché io sono un uomo. Comunque, stavo dicendo, questo sarebbe il fermo quadrato che trattiene il prorompente cerchio.-
Serena sorrise impressionata e divertita, Teresa sbuffò scocciata e Jane... Bè, Jane beveva il suo ottimo tè al latte, nascondendo nella tazza un sorrisino sghembo e altamente compiaciuto.
 
Una donna entrò in quel momento nel pub, con uno svolazzio di capelli e vestiti urlando a pieni polmoni.
-Polpetta?- e mosse la testa in cerca di qualcuno in particolare nel locale.
Con sguardo sorpreso Jane e Lisbon videro Serena sorridere, girarsi verso l’ingresso e sbracciarsi,  gridando sopra la folla rumorosa.
-Ave Sensei!-
Teresa era sempre più scettica, mentre Jane sorrise apertamente, si sporse vicino all’orecchio di Lisbon  e sussurrò: “soprannomi”
Lei annui.
La donna soprannominata Sensei si avvicinò e sorrise ai commensali della sua amica e li salutò, in perfetto inglese.
-Allora... – cominciò Serena, tirando a sedere la sua amica -...Loro sono Axel...- indicò Jane -... E Dakota.- E indicò Lisbon –Lui mi ha fatto cadere per terra per strada e abbiamo fatto amicizia.- disse sorridendo, poi si rivolse a Jane e Lisbon e finì le presentazioni –Ragazzi, Lei è Alice, la mia amica.-
Alice posò le sue cose a terra e si sistemò per bene sulla sedia su cui Serena l’aveva lanciata e ordinò un caffè macchiato, inserendosi amabilmente nel discorso.
-Ah, Ali, cercano un alloggio... avevo pensato che potrebbero venire da noi. L’appartamento non è grande, ma nel salotto c’è il divano letto, e secondo me ci starebbero benissimo. E poi se gli affittiamo la stanza non può che esserci utile. Comunque sia dormiamo insieme lo stesso, quindi non vedo problemi!- disse Serena dopo una miserissima figura di Jane che, questa volta, non aveva indovinato le figure pensate da Alice, giustificandosi dicendo che “non aveva ricevuto le vibrazioni giuste e non era pronto a dare una descrizione della ragazza, per una personalità complessa.” E riaprendo l’ilarità del gruppetto.
-Oh, no. Non vogliamo disturbare, troveremo un Hotel dove stare, non ci sono problemi, davvero!- intervenne Lisbon, dopo aver sentito le parole della ragazza.
-Non disturberete affatto.- Alice annuì e sorrise, guardando prima Jane poi Lisbon –Anzi, sarò ben lieta di affittarvi la stanza. Anche se... bè, non avrete proprio intimità.- disse, con un sorrisino e un’occhiata d’intesa a Serena.
Lisbon arrossì e fece per replicare ma Jane fu più veloce e sorrise alle italiane, beffardo.
-Se davvero non disturberemo, saremo felici di essere ospitati da voi... per quanto riguarda l’intimità... penso che potremo rinunciare agli appagamenti carnali per qualche giorno, anzi magari un po’ di riposo non può che farci piacere. Non è vero Dakota?-
Se desiderava farla arrossire di più c’era riuscito in pieno, Lisbon sembrava un pomodoro maturo pronto ad essere cotto.
Alice sorrise e sporse il braccio coperto di bracciali fini per prendere un tovagliolo sul tavolo.
-42?- Chiese Jane, notando un piccolo tatuaggio nell’interno del polso della trentunenne
-Precisamente, 42. Tatuato... quattro anni fa.- asserì
-E che significherebbe?- Chiese Jane, curioso.
-Indovina.- si intromise Serena, facendo ridestare Teresa dallo stato semi sconvolto in  cui era caduta per quei tranquilli quanto falsi apprezzamenti sulla sua vita sessuale.
-Oh, insomma, ve l’ho detto, sono un mentalista non Houdini, non ho proprio idea di cosa significhi quel 42, anche se posso capire che ci sia sotto un motivo...- sospirò teatralmente Jane, come se fosse stato costretto a rivelare una cosa indecente.
-Ammetti di non riuscire a capirlo?- chiese in un risolino compiaciuto Serena
-Uffa, sì.- Jane era esasperato, ma un sorriso beffardo si dipinse sul suo viso e, piegata la testa di lato, fissò lo sguardo di sbieco sulla ragazza soprannominata Polpetta. –Ma... posso sempre capirlo da te.- disse infine
-E come?- Alice intrecciò le braccia al petto con tono di sfida –Le leggerai la mente?-
-Io ho indovinato le sue figure, ho la chiave d’accesso alla sua mente, posso scoprire tutto da lei.- alzò le spalle con aria di chi la sa lunga –Con te... ci devo lavorare, ripeto, una personalità affasciante.-
-Va bene, allora, proviamo.- affermò Serena –Perché il 42?-
Jane sorrise, tronfio -Dammi il braccio.-
-eh?-
-Il braccio, per favore.- sorrise di nuovo
-Ma...- Serena provò a controbattere, scettica
-Dagli il polso, deve fare uno dei suoi trucchetti... lascialo fare è solo un megalomane.- Teresa, esasperata dall’immaturità del suo compagno, alzò gli occhi al cielo, ma sul volto ancora un sorriso si dipinse, radioso.
Serena tese il braccio a Patrick, che le afferrò il polso e lo tenne stretto tra due dita.
-Giochiamo al dottore?- il tono allusivo di Serena fece sorridere ancora di più Jane e Lisbon rise della sua espressione fintamente concentrata.
Dopo alcuni minuti di estenuante attesa, Jane allargò il sorriso, lasciò il polso di Serena e guardò Alice dritta negli occhi.
-Interessante...- disse –Ben 42 motivi per tatuare il numero 42 sul braccio? È psichedelico, ma davvero molto interessante.- Annuì e si alzò.
Tutti lo guardarono sbalorditi, tranne Teresa che, esasperata, si era alzata di soppiatto per pagare il conto a tutti.
-Ho pagato... non ne avete già abbastanza di lui?- disse, di ritorno dal banco da bar
-Hai pagato?- dissero in coro Alice e Serena
-Non dovevi!- Continuò Serena, mentre contemporaneamente Alice diceva –Perché?-
Jane sghignazzò e si stiracchio come un gatto.
-Dovevo perché abbiamo passato davvero una gran bella mattinata, insieme. È sempre bello conoscere nuove persone.- rispose Teresa, in tono pratico, ma sincero.
-Dovreste ritenervi onorate, non fa amicizia facilmente.- si intromise Patrick, sussurrando alle orecchie delle ragazze e meritandosi un’occhiata(ccia) da Teresa.
-Che si fa ragazzi? Avete già visto la città?- esplose Serena in un sorriso
Teresa sopirò –In realtà no, mi piacerebbe. Ma non voglio disturbare...-
-Quanti problemi che vi fate, voi americani! Sul serio, e pensare che pensavo che fossimo tanto simili noi italiani e voi americani. Invece no...- rise Alice
-Seriamente, noi americani siamo molto loquaci, alla mano, spensierati a volte anche inopportuni. È lei quella che si fa problemi.- si intromise Jane, quasi in tono di scusa
-Benissimo, allora, vediamo la città? Da che partiamo?- chiese Alice
-Dal museo del Jazz?- propose Serena
-Oppure il mercato...-
-Il quartiere Francese?-
-Quello spagnolo?-
-La via dei negozi?-
Ormai le due ragazze parlavano da sole, mentre Lisbon stava a braccia conserte e Jane sorrideva affascinato.
-... mi piacerebbe vedere i mercati, sono sempre così colorati.- si inserì alla fine lui
-Ok, vada per i mercati.- commentò Alice
-Aspetta… magari volete portare a casa le valigie prima.- Serena si girò verso di loro
-Non sarebbe male come idea, in effetti.- Le sorrise la piccola Teresa
-Benissimo, allora. Prima tappa: casa. Dopo andiamo ai mercati.- riepilogò la ragazza del 42
-Fantastico!- gongolò l’uomo, sprizzando felicità da ogni poro
Sfrecciando su un taxi bianco e nero Patrick e Teresa si guardavano intorno, e alla radio passava una canzone dei Lifehouse che sembrava ritmare la corsa della macchina, veloce, lenta, forte. E correva insieme alla loro vita, alla loro giornata, già quasi finita a dirsi del sole ormai inevitabilmente orientato a ovest.
Le due giovani conosciute nel pomeriggio avevano preso la moto di Alice per tornare a casa, ed erano volate via alla velocità della luce su quella ducati nera lucidissima.
-Mi desideri accanto a te anche se sono una persona orribile?-
Il tempo passato nel groviglio dei suoi sentimenti più deplorevoli si stava piano piano allontanando dalla mente di Jane, ma non avrebbe mai lasciato i suoi ricordi, e, nonostante tutto, quella canzone un po’ gli ricordava quei momenti di tristezza, nonostante la speranza di cui trattava.
Il sole batteva sui suoi lineamenti ben  disegnati e il vento dal finestrino gli scompigliava i capelli neri che fino a un giorno prima erano meravigliosamente biondo rame. Un espressione seria gli attraversò il volto felice.
-Smetti di dire idiozie.- lo apostrofò Teresa, con lo sguardo catturato da un boccolo scuro che ricadeva sugli occhi azzurri del suo uomo, ipnotizzata
 
All night staring at the ceiling
counting for minutes I've been feeling this way
So far away and so alone
 
But you know it's alright
I came to my senses
Letting go of my defenses
There's no way I'm giving up this time
Yeah, you know I'm right here
I'm not losing you this time
 
-Vorrei poterti fotografare in questo momento.- disse dopo qualche secondo Patrick, catturando una guancia della brunetta in una sua mano grande e carezzandole lo zigomo con il pollice  –Hai un espressione meravigliosa. Rilassata, felice, sincera, libera... e poi il sole che ti batte di traverso così sul viso ti dà una luce divina. Non c’è dubbio, i tuoi occhi danno il meglio al tramonto... e sono convinto anche all’alba.-
Le sorrise e lasciando cadere la mano tra le piccole dita di Teresa si girò a guardare il sole che si tuffava inesorabile verso l’orizzonte.
-Io avrò paura della notte, anche quando sarai accanto a me.- gli sussurrò lieve Lisbon all’orecchio, vedendolo sciogliersi in un caldo sorriso –Perché non potrò vedere quelle pozze azzurre dove amo perdermi e specchiarmi.-
Patrick, girandosi lento verso di lei, incatenò gli occhi ai suoi e alzò le mani prendendole il viso tra le mani.
Le si avvicinò e, sempre occhi negli occhi, sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra
-Potrai sempre svegliarmi.-
E la baciò. Di un bacio che non significava altro che amore. Non aveva sottointesi ne desideri repressi troppo a lungo. Era un bacio adulto, maturo.
 
And I'm all in, nothing left to hide
I'm falling harder than a landslide
I spend a week away from you last night
And now I'm calling, calling out your name
Even if I lose the game, I'm all in
I'm all in tonight, yeah I'm all in, I'm all in for life
 
There's no taking back what we've got
Too strong, we've had each other's back for too long
There's no breaking up this time
And you know it's okay, I came to my senses
Letting go of my defenses
There's no way I'm giving up this time
 
-Il sole tramonta.- osservò Teresa quando si separarono, senza però staccare gli occhi da quelli azzurri lucidi di Patrick.
-Lo so.-
Lei con la testa sulla sua spalla, e lui appoggiato allo sportello del taxi guardavano fuori le persone passare bagnate dai raggi rossastri del sole al crepuscolo.
-E’ stata una bella giornata, vero?- osservò Teresa, assonnata
-Sì, lo è stata. Siamo stati fortunati a incontrare quelle ragazze, sono a posto.-
-Pensi che possiamo fidarci di loro?-
-Sì, penso di sì.-
Dopo pochi minuti il tassista si fermò davanti a una palazzina blu e, una volta pagato, aiutò i due a scendere i bagagli.
-Ehi! Siamo qui, all’ultimo piano.- li richiamò una voce da una finestra
 
Alice e Serena avevano già aperto e preparato il divano letto per i nuovi coinquilini quando Teresa e Patrick entrarono in casa.
L’appartamento non era né grande né lussuoso, per gli standard americani, era un monolocale con soppalco che dava su un giardinetto pubblico dove dei bambini giocavano ogni giorno, si vedeva il sole tramontare dietro i palazzi ed era ben arredato.
Con mobili nuovi e lucidi, pareti colorate in colori tenui e caldi, la cucina era fornita di ogni lusso possibile e nel salotto si notavano subito il televisore al plasma, l’impianto stereo e un immensa libreria che prendeva tutta la parete intorno alla finestra.
Libri, DVD e CD di musica jazz, blues e rock risaltavano all’occhio in un quasi ordine, e si vedeva da lontano che erano tutti usati quotidianamente. Alle pareti delle cartine geografiche dell’Italia, dell’Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti capeggiavano tra tutto il resto. Poche foto, tutte ritraenti facce sorridenti e persone amichevoli.
-Come fa ad essere tutto così in ordine?- chiese Jane d’un tratto, mentre osservava tutti i vari dettagli cercando, sicuramente, di trarne indizi sul carattere delle coinquiline.
-Il tassista vi ha fregato. Ci vogliono cinque minuti da quel bar a casa, voi ce ne avete messi quaranta. Quindi o avete già fatto il giro turistico oppure avete regalato una cena all’Harry’s Bar al tizio che vi ha portato qui.- rispose Serena, vivace.
Teresa si accigliò, non le era sembrato di averci messo tanto, né di aver pagato chissà quanto il tassista. A Sacramento prendevano molto di più per molta meno strada.
-Di solito non è così in ordine...- Alice e Serena si guardarono e risero, sotto gli occhi perplessi dei loro nuovi amici –Comunque fate come se foste a casa vostra. Là c’è il bagno...- indicò una porta color crema a destra –Qua su c’è camera nostra e la cucina la vedete. Se volete potete usare internet e anche il telefono.- concluse Alice, con aria saputa.
Serena guardò tutti con aria critica. –Quante ore avete viaggiato?-
-Di viaggio sono state sette, ma ci siamo fermati spesso perché non era un treno di linea, quindi… non so, tredici, quattordici ore.- rispose Lisbon e Jane annui, senza staccare gli occhi da una foto che ritraeva due ragazze abbracciate, sullo sfondo di un locale brulicante di persone, che facevano la linguaccia all’obbiettivo con un cuore rosso disegnato sulla guancia di ognuna.
-Dovete essere stanchi morti. Non si dorme molto nei treni.- insistette la giovane
-Già.- concordò Lisbon, trattenendo uno sbadiglio nella mano.
-Quindi propongo di rimandare a domani il giro turistico e di ordinare Thailandese per tutti. Vi piace il Thailandese?-
Jane si voltò dall’esame dell’ennesima foto e sorrise radioso. –Altroché!-
-Dakota?- chiese poi Serena, avvicinatasi già al telefono rosso sul tavolino di ingresso.
-Sì, molto.-
-Benissimo allora, Thailandese.- digitò il numero e prese tra le mani un menù delle dimensioni di un volantino. Dopo pochi secondi di attesa le risposero e lei iniziò a ordinare -Prendo riso alle verdure per tutti, poi pollo al curry… io lo prendo al curry verde, voi?-
-Rosso.- rispose Jane
-Rosso.- rispose contemporaneamente Teresa
-Come te, Polpetta. Vado a fare la doccia, se non sono ancora uscita quando arriva non esitate a chiamarmi.- disse Alice.
-Benissimo, quattro polli al curry, due verdi e due rossi, poi i Wantun e i gamberetti fritti al cocco.- attese ancora pochi istanti e poi riprese –Mezzora? Va bene. Siamo al... ah, già lo sa…  Sì, sì, siamo clienti abituali…- rise a qualcosa detta dal centralinista del ristorante e chiuse la chiamata con un semplice “buona serata”.
-Bene ragazzi, mezzora e arriva la cena, vado a cambiarmi su in camera...-
-Tranquilla.- la interruppe Jane con aria disinvolta, ora intento a studiare i libri nella immensa libreria a muro, ma forse intuì lo sguardo indagatore di Serena, perché si affrettò a completare la frase –Apriamo noi se non sei tornata entro mezzora.- disse.
-Ma è sempre così irritante?- chiese la ragazza a Lisbon
-Purtroppo sì, ma ci si fa l’abitudine.- rispose con un sorriso e le spallucce Teresa
-Santa Dakota, allora, io l’avrei già preso in calci in culo. E poi li preferisco fighi, rigorosi, risparmiatori di sorrisi e possibilmente Orientali che hanno fatto parte della marina!- disse, quasi gridando la seconda frase, facendo sussultare la povera Lisbon.
La porta del bagno si socchiuse e ne sbucò una faccia gocciolante d’acqua tanto da non riuscire ad aprire gli occhi, che però riuscì a fare una linguaccia e rispondere –Sta zitta, Polpetta, orientali saranno fighi, ma vuoi mettere con i fighi ricchi, simpatici un po’ stronzi e possibilmente americani che hanno un castello in Irlanda.-
Jane si intromise –Non so se uno abbia fatto parte della marina o se l’altro abbia un castello proprio in Irlanda… però non è che conoscete Cho e Mashburne?-
Alice riuscì ad aprire un occhio turchese e fissare intensamente Patrick, mentre Serena lo guardò con aria fintamente disinteressata –E... chi sarebbero?- chiese, con disinvoltura
-Un ricco americano e un poliziotto/soldato orientale troppo grandi per voi.- rispose Jane evasivo
Serena accantonò il suo proposito di sembrare indifferente alle parole dell’irritante moretto e lo guardò con tanto d’occhi, mentre Alice usciva e rientrava e usciva dal bagno di nuovo perché si era dimenticata di coprirsi andando incontro alla scenetta.
-Uomini maturi?- dissero insieme
-Più o meno la mia età.- rispose lui, compiaciuto
-Oh, quindi hanno cinque anni mentalmente.- se ne uscì Serena scrutandolo di traverso
-E massimo 35 fisicamente.- la completò Alice, sconsolata.
Jane rise e si aprì in un sorriso a sessantaquattro denti –Ti ringrazio, Alice, ma purtroppo io ho 41 anni compiuti. Walter Mashburne ne ha... quanti Te... soro?-
-43.- rispose lei sovrappensiero
-Bene, 43, e Kimball Cho...-
-Santiddio, lo conosci da un secolo!-
-Non direi proprio un secolo, però...-
-Kim ha 37 anni, e non fare il bambino.-
-I bambini sono divertenti.- disse Jane
-I bambini sono guastafeste insopportabili.- lo contraddisse la Polpetta
-La smetti di dire il contrario di tutto quello che dico?- le sorrise il moro
-No. Ora vado a fantasticare su.- e la giovane si avviò spedita verso le scale di legno chiaro che portavano nella camera delle due ragazze.
-Io torno in doccia.- sospirò Alice
Rimasti relativamente soli Teresa lanciò uno sguardo assassino a Patrick e gli sillabò di starsene zitto sui loro amici, d’ora in poi. Patrick le sorrise e tornò alla sua ispezione della libreria, lasciandole un solo giocoso bacio sullo zigomo.




Dice l'autrice:
Ci ho messo un secolo, lo so bene, e vi chiedo umilmente di perdonarmi...
E temo che per Turning Time dovrete ancora aspettare… però l’ho iniziato il capitolo… Ma non illudetevi. XD
No, ok, passiamo alla storia: Jane e Lisbon hanno fatto amicizia e a quanto pare Jane ha trovato pane per i suoi denti. Alice e Serena, sono solo i primi due personaggi originali (insomma, più o meno originali, visto che esistono davvero… nella realtà! ;D) dei penso 10 che infilerò nella storia. Di base i principali caratteri nuovi ma reali saranno 6: Alice, Serena, Giulia, Greta (cioè me!!), Claudia e Sonia.
Poi ci sono gli amici e altri funzionali al contorno dei sei.
E poi ci saranno tanti personaggi in un certo senso secondari, ma leggendo capirete che non saranno proprio fuori dalla narrazione e riusciranno a mettere in crisi, o avvicinare, i nostri due eroi.
Leggete e recensite, che se no io non scrivo più! xD no,  non è vero, ma voglio come minimo 5 recensioni. Ci siamo capiti?
Uhm, lo spero per voi!
(: Sasy :)
 
P.s. Voglio ringraziare la mia Beta Giulia  -che, no, non è la Giulia dei sei,  ma comparirà nella storia come una delle mie amiche- perché si sorbisce il compito di correggere i miei capitoli quando finisco di scriverli. E questo è il suo capitolo di debutto, perché sono stata una lumaca e non gliene ho mandati prima, quindi, GRAZIE BETA!!!
   
 
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