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Autore: My Pride    12/03/2011    3 recensioni
«L’amore a volte è come una partita a scacchi. Se in due può diventare complicata, in tre è anche peggio»
Quel fagiolino era davvero riuscito ad accaparrarsi un appuntamento con Riza Hawkeye... quella Riza Hawkeye?
Il mondo stava per caso andando a rotoli? Era arrivato il giorno del giudizio e nessuno mi aveva detto nulla?
O ero semplicemente finito all’Inferno senza passare dal via, e quello che stavo vivendo era appunto un incubo che avrei rivisto per tutta l’eternità?
[ Roy/Riza/Edward → Accenni Royai, Edoai ed Havocai ]
[ Seconda classificata al contest «Three is megl' che one» indetto da Dark Aeris ]
[ Quinta classificata e vincitrice del Premio Miglior Threesome e Premio Simpatia al contest «Because 3some is better» indetto da Setsuka ]
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Jean Havoc, Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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My Fuckin Valentine_3
ATTO III: CHECKMATE  FEBRUARY 20, 1922 
RE NERO SOTTOSCACCO
 
    Lasciammo passare un bel paio di giorni, durante i quali nessuno di noi tre sembrò rivolgersi la parola.
    Acciaio si comportava come se nulla fosse successo, aspettando probabilmente il momento buono per sbatterci in faccia la sua vittoria, e Havoc continuava invece a sospirare come una ragazzina alla prima cotta dietro alla Hawkeye, che sembrava a sua volta far finta di niente. Io mi rodevo invece il fegato, chiedendomi di continuo cosa fosse accaduto tra quei due non appena avevano lasciato il locale. L’intesa che li legava sembrava essersi fatta più intensa, e la cosa mi mandava letteralmente in bestia.
    Riza che cosa diavolo ci aveva trovato di affascinante, in lui? Era poco più d’un ragazzino che non sapeva quasi farsi la barba da solo, tra un po’. Che fosse stata la sua personalità, per quanto poco ci credessi? O forse il suo viso, divenuto più maturo a causa dell’età? O più semplicemente il suo sguardo? Io stesso ammettevo che aveva dei bellissimi occhi e, se proprio dovevo essere sincero con me stesso, anche un gran bel culo.
    Con quella constatazione frenai di botto i miei pensieri, quasi vergognandomi di averli fatti. Eppure, esattamente poche sere prima, avevo fatto apprezzamenti ben più volgari sul fondoschiena di Acciaio, esprimendo persino la fantasia di volermelo portare a letto.
    Che ci fosse una sorta di bizzarra attrazione fra me e lui non lo negavo, nay. Non lo negavo per niente. Era lo stesso principio della falena attratta dalla fiamma d’una candela, ma era alquanto difficile capire chi dei due fosse cosa. Da qui a parlare d’amore, però, forse ne correva di acqua sotto i ponti. Non sapevo se fossi innamorato di Acciaio, né tanto meno ero certo che lui lo fosse di me. Era più una specie di bisogno fisico, di interesse reciproco, come se l’uno volesse in qualche modo soddisfare il prurito sessuale dell’altro. Però era proprio a questo punto che subentrava Riza. Ero attratto anche da lei, forse persino sin da quando l’avevo conosciuta, e, a quanto sembrava, anche Acciaio non scherzava affatto, per una ragione che supponevo andasse ben oltre a quella semplice sfida. Capire però quali meccanismi muovessero il cervello di quel fagiolino biondo era un vero e proprio mistero.
    Alla fin fine, il perno di tutta quella faccenda era proprio la Hawkeye. Non cedeva nemmeno per un istante alle mie lusinghe, spesso fermandomi ancor prima che potessi anche soltanto pensare di corteggiarla in qualche modo, ma sembrava alquanto accondiscendente quando Acciaio le sorrideva, esattamente come aveva fatto con Havoc. Assurdo. Praticamente assurdo. A volte mi sorgeva persino il dubbio che si fossero messi in combutta contro di me, per quanto la cosa potesse essere piuttosto inverosimile.
    Se ne andarono altri due giorni senza che quella situazione cambiasse di una virgola: Acciaio si presentava a lavoro solo nel pomeriggio, con la scusa di dover passare del tempo con il fratello e la meccanica, e Riza mi rivolgeva la parola solo quelle rare volte che si trattava di lavoro, tornando poi ad occuparsi indaffarata delle sue scartoffie. E fu proprio durante uno di quei momenti che raggiunsi quasi il limite della sopportazione. Persino Havoc, che con un bel po’ di fatica era riuscito a mettersi almeno in parte l’anima in pace, aveva spalancato la bocca nel sentire quelle poche e semplici parole uscire dalla bocca di Acciaio.
    In ufficio ci trovavamo soltanto noi quattro e il povero Fury, essendo ormai quasi ora di tornare a casa, e anche lui era rimasto un tantino sorpreso della sfacciataggine e dell’audacia che aveva dimostrato quel tappo di sughero. Infilandosi il suo giaccone si era avvicinato alla Hawkeye - che stava tra l’altro radunando le ultime cose e apprestandosi a fare lo stesso - e senta tanti giri di parole le aveva tranquillamente chiesto «Stasera le andrebbe di uscire, Tenente?»
    Eravamo tutti raggelati, Riza compresa. Non avevamo fatto altro che osservare Acciaio come se gli fosse d’improvviso spuntata una seconda testa, restando tutti in religioso silenzio finché lui non aveva continuato «Dovrei far compagnia ad Al e Winry, ma non mi va proprio di fare il terzo incomodo», aveva aggiunto. «E averla come accompagnatrice sarebbe un onore».
    Quel piccolo bastardo si era giocato la carta più vecchia del mondo, e tutto sotto i nostri sguardi più che increduli. E la cosa peggiore era stata che, alla fine, dopo un po’ di tentennamenti e scuse varie, Riza aveva ceduto con un piccolo sorriso. Quel fagiolino ci aveva fregato alla grande per la seconda volta. E cosa avevo fatto io, a quel punto? Mi ero semplicemente comportato come se nulla fosse per non dargli soddisfazione, capendo fin troppo bene che l’aveva chiesto per farmi saltare la mosca al naso e infastidirmi. Per quanto la cosa mi snervasse, non avevo voluto far trapelare niente. Dunque perché mi era balenata nella mente l’idea di seguirli? Perché ero un idiota, ecco perché. Un idiota immaturo che non si capacitava ancora per niente dell’ovvietà dei fatti.
    Persino a casa, mentre mi rigiravo nel letto, non facevo altro che pensarci. Fissando un punto indefinito cercavo di prender sonno, essendomi coricato fin troppo presto secondo i miei standard. Ma, per quanto fossi stanco, anche se chiudevo gli occhi non riuscivo ad addormentarmi come si doveva. Mi sistemavo le lenzuola in dosso e sbuffavo, non trovando pace a causa del mio cervello martoriato dai pensieri. E forse era stato proprio per quel motivo che mi ero alzato ed ero uscito, vestendomi con la prima cosa che mi era capitata a tiro. E fra le strade di Central avevo ricominciato a pensare, e tuttora lo stavo facendo. Qual era la vera ragione della mia gelosia? Soltanto l’attrazione che provavo nei confronti di entrambi o c’era dell’altro? Di sicuro mi rifiutavo ancora di credere che fosse amore, specialmente se pensavo ad Acciaio. Allora perché non riuscivo a levarmeli dalla testa?
    Forse fu un caso, forse uno scherzo del destino, ma quando mi ritrovai ad alzare gli occhi dal marciapiede - che tra l’altro non ricordavo nemmeno d’aver cominciato a fissare - dinnanzi a me vidi proprio Acciaio e la Hawkeye. O il fato voleva deridermi, o era stato realmente un caso il nostro passare proprio lì davanti nello stesso istante. Stavano ridendo e chiacchierando amabilmente come mai li avevo visti fare in tutti quegl’anni, ma quando mi notarono si zittirono in un lampo, sebbene non fosse sparita, almeno sul viso di Acciaio, quell’aria divertita che avevano avuto al principio.
    «Buonasera, Colonnello», la prima a salutarmi fu Riza stessa, abbozzando appena un piccolo saluto militare come suo solito. Vederglielo fare con quel vestito addosso, però, era alquanto strano. C’era una gran bella differenza tra la Riza Hawkeye in uniforme e quella in un vestito da sera nero e persino leggermente aderente. Quella giacca elegante che indossava, in fin dei conti, nascondeva davvero ben poco.
    «Sera a lei, Tenente», ricambiai, scoccando un’occhiata al suo accompagnatore. Lo sguardo che mi rivolse a sua volta quasi non mi piacque per niente, nonostante il sorriso. «Acciaio», soggiunsi, vedendolo fare appena un cenno con il capo.
    «Colonnello», fece a sua volta, e forse fu soltanto una mia impressione, ma mi sembrò quasi impettito mentre poggiava una mano su quella della Hawkeye, stabile nell’incavo del suo gomito. Al che Riza arrossì un po’, cosa che ero sicuro non averla mai vista fare, e mi gettò a sua volta una rapida occhiata.
    «Edward mi stava riaccompagnando a casa», continuò lei, forse per dissimulare l’imbarazzo o, molto più probabilmente, nel tentativo di metter fine agli sguardi infuocati che ci stavamo lanciando io e Acciaio.
    Fu solo a quel dire che appuntai nuovamente lo sguardo su di lei, sforzandomi di sorridere disinteressato come mio solito. «Le darei io un passaggio in auto, se solo non fossi venuto fin qui a piedi», ironizzai quasi. «Spero comunque che la serata sia stata piacevole», aggiunsi, fulminando ancora una volta Acciaio con gli occhi.
    «È stata abbastanza divertente, aye», rispose, richiamandomi, ma non poté aggiungere altro, poiché quel fagiolino bisbetico si frappose fra noi.
    «Potrete parlare strada facendo, Colonnello, sempre se vuole seguirci», sembrò sibilare, come se la mia sola presenza lo disturbasse. «
È una serata umida, il Tenente potrebbe prender freddo, con il vestito leggero che si ritrova».
    «In effetti, il clima non è dei migliori», diede manforte lei, strofinandosi la mano libera su un braccio prima di far scivolare via anche l’altra dall’incavo del braccio di Edward. E a quel punto, più veloce di me, Acciaio si tolse il proprio giaccone e glielo sistemò lui stesso sulle spalle, lasciando interdetti sia me che lei.
    Riza, sbattendo un po’ le palpebre, si ritrovò ad alzare una mano per sfiorare il giaccone di Acciaio, voltandosi poi per guardare lui. «Non ce n’era bisogno, Edward, davvero», replicò, forse persino un po’ a disagio, ma quando fece per toglierselo e porgerglielo di nuovo, Acciaio agitò distratto l’auto-mail.
    «Insisto», rispose semplicemente, facendo poi cenno ad entrambi di precederlo. Io quasi non capii il suo modo di fare, ma, dopo avergli scoccato un’altra rapida occhiata, invitai Riza ad afferrarmi un braccio, e probabilmente fu per stanchezza che si mise a braccetto senza dir nulla. Per me, però, quella vicinanza bastava. E avrei anche sorriso, se di tanto in tanto lo sguardo non continuasse a cadermi proprio su Acciaio. Come se si fosse ormai messo da parte, lui ci fissava senza proferir parola, forse pentito di avermi ceduto quel suo piccolo momento di gloria o, molto più probabilmente, geloso di quanto quei suoi occhi dorati stessero vedendo.
    Quella nostra passeggiata fino all’appartamento della Hawkeye se ne andò così, quasi del tutto nella quiete più assoluta. Qualche volta io e Riza intavolavamo un discorso, con la stessa bizzarra semplicità che ci animava da ragazzini, parlando del più e del meno o di come avesse passato la serata, e non erano state rare le volte in cui avevo cercato di cingerle galantemente i fianchi e lei mi respingeva tranquilla. Di tanto in tanto, poi, si avvicinava anche Acciaio, inserendosi nella conversazione con le sue frasi taglienti e scontrose, ma che riuscivano in qualche modo a strappare un piccolo sorriso alla severa e ligia Riza Hawkeye.
    La capacità che quel fagiolino indisponente possedeva, ovvero quella di far crollare, anche solo per un istante, la maschera del rigido Tenente, era disarmante. Anche non volendo, l’ombra del divertimento si dipingeva sul viso di Riza, che stornava poi lo sguardo su di me per tentare di sedare gli animi. Da quanto ricordassi, non l’avevo più vista sorridere in quel modo da quando era poco più di una bambina. Forse avrei dovuto cogliere la palla al balzo quando era stato proprio Grumman a concedermelo [1]. Se l’avessi fatto, molto probabilmente non ci saremmo ritrovati poi in una situazione del genere, a tentare di dividerci Riza come se fosse un trofeo di guerra. Che scopa torta.
    Tra battibecchi vari ed interventi della Hawkeye per tentare di calmarci, esattamente come se si stesse occupando di due mocciosi anziché di due uomini già belli e cresciuti, giungemmo infine dinnanzi al portone del palazzo in cui abitava lei. Ridiede il giaccone ad Acciaio, che finalmente lo accettò senza fare storie, e cercò le chiavi nella tasca della propria giacca, non prima di aver lanciato una rapida occhiata ad entrambi.
    Si diresse poi verso quel fagiolo biondo e, con mio sommo stupore, gli scoccò un piccolo bacio su una guancia. «Grazie della serata, Edward», gli disse, e sembrava davvero sincera. «Mi sono davvero divertita», soggiunse, non prima di avergli sussurrato chissà cosa all’orecchio.
    Al che Acciaio, forse più stupito di me, e forse persino un po’ in imbarazzo dato il rossore che gli colorava le gote, abbozzò un sorriso incerto. «Quando vuole, Tenente», ribatté, e non ebbi il tempo di fulminarlo con lo sguardo che sentii un paio di labbra morbide e calde sfiorare anche una mia guancia.
    «Grazie anche a lei per averci accompagnati, Colonnello», aggiunse, salutandoci entrambi prima di lasciarci lì a boccheggiare e a sbattere le palpebre come due fessi. Acciaio per mancanza di esperienza, forse, io per il comportamento che aveva tenuto la Hawkeye nei nostri confronti.
    Tutto mi sarei aspettato tranne quello, dovevo essere sincero, ma dovevo mettermi in testa la certezza che tutto sarebbe stato poi come prima, conoscendola, e che dunque non dovevo sperare in un miracolo. Se quella sera si era mostrata così disponibile, non voleva di certo dire che lo sarebbe stata anche per le altre.
    Fu proprio a quei pensieri che mi voltai per guardare Acciaio, imbambolato a fissare il portone dove pocanzi era scomparsa Riza. Mi avvicinai a lui e gli cinsi le spalle, costringendolo a dare la schiena all’edificio prima di portarlo lontano da lì. «Facci l’abitudine, Acciaio», cominciai con fare piuttosto ironico, sorridendo persino un po’ amaramente. «Parecchie donne sono proprio così».
    «Ti piantano in asso con un bacetto?» replicò lui con il medesimo tono sarcastico, senza nemmeno opporre troppa resistenza per far sì che lo lasciassi. O era abbattuto davvero, o era un bravissimo attore.
    Non potei però evitarmi di ridacchiare, per quelle sue parole. «Cos’è che speravi?» ribattei. «Che ti baciasse sulla bocca e ti invitasse a salire, fagiolino?»
    La sua replica non tardò ad arrivare, seguita da uno scatto felino con il quale mi allontanò il braccio, e non mancarono neanche epiteti volgari rivolti al mio indirizzo. Quando infine si calmò, incrociò le braccia al petto e incassò la testa nelle spalle. «Per quanto riguarda il bacio, non ci speravo nemmeno io», borbottò poi, come se la cosa lo indisponesse. «Ma, per il resto... ci avevo quasi fatto un pensierino».
    A quel suo dire sollevai un sopracciglio. «Non ti facevo così precoce nel bruciare le tappe, mio carissimo Acciaio».
    «Non mi confonda con lei, Colonnello di merda», sbottò, fulminandomi con lo sguardo prima di tornare a guardare lo stradone. «Al massimo ci saremmo limitati a bere un bicchiere».
    «
È così che si comincia, il più delle volte», ironizzai. «Una donna ti invita a salire a casa sua, ti offre un bicchiere, un sorso tira l’altro e...» feci un gesto eloquente con la mano, e Acciaio, che l’aveva colto con la coda dell’occhio, storse il naso come se ne fosse disgustato. Se da quel che avevo fatto o dall’atto stesso, era difficile da capire.
    Aumentò il passo, quasi volesse allontanarsi da me il più possibile, distendendo entrambe le braccia lungo i fianchi. «Anche se fosse successo qualcosa tra me e il Tenente, che cosa le sarebbe importato?» domandò nervoso, incassando maggiormente la testa nelle spalle. «Può avere tutte le donne che vuole con un semplice schiocco di dita».
    «Non tutte, da quanto hai potuto vedere», ribattei tranquillamente io, aumentando a mia volta il passo per ritrovarmi così al suo fianco, fissandolo dall’alto in basso. «E se permetti, la cosa mi ha alquanto infastidito».
    «Vederla flirtare con altre donne ha sempre infastidito anche me, ma non mi sembra di essermi mai lamentato», si ritrovò ad ironizzare lui, gettandomi appena una rapida occhiata. «Ognuno di noi due è libero di agire come meglio crede e frequentare tutte le persone che vuole, non stiamo mica insieme», soggiunse, riprendendo ad avanzare come se nulla fosse sul marciapiede, andando a sbattere contro un passante senza nemmeno scusarsi o curarsi delle repliche che quest’ultimo gli lanciò contro. A quanto sembrava era davvero nervoso.
    Fui io a scusarmi frettolosamente in sua vece, facendo persino un piccolo cenno con il capo prima di andargli dietro, chinando lo sguardo verso di lui. «Quindi ti comportavi così perché Riza ti piaceva sul serio?» mi ritrovai a domandargli, e fu a quel punto che si fermò di botto, con lo sguardo fisso dinnanzi a sé. Abbassò poi gli occhi per osservarsi le scarpe, borbottando chissà cosa fra sé e sé prima di lanciarmi un’occhiata.
    «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere», rispose seriamente, a labbra ormai sigillate. Non mi avrebbe detto niente, ne ero più che sicuro, ma ero anche certo che, in fin dei conti, qualcosa per la gelida Riza Hawkeye l’aveva provato. Probabilmente era solo attrazione, esattamente come nei miei confronti, e come dargli torto? Riza era una gran bella donna, interessava parecchio anche me. Non ero forse stato io a farle la corte per portarla fuori a cena, il giorno di San Valentino?
    Ciò significava che, se non avesse deciso di piantarci in asso entrambi - almeno per quella sera, continuavo a ripetermi inutilmente nella mia testa -, avrei di sicuro avuto Acciaio come concorrenza. Se ciò fosse accaduto sul serio non avrei temuto l’esito, figurarsi. Ma, conoscendo Riza, ero certo che tra i due lupi avrebbe di sicuro scelto quello che sembrava più inoffensivo, ovvero Acciaio. Chi avrebbe potuto mai sospettare, in effetti, che quel fagiolino quasi asessuato in campo sentimentale potesse anche solo pensare a cose come il sesso?
    Dunque, almeno su quel piano, io sarei partito piuttosto in svantaggio. Bastava anche soltanto mettere in fila le lettere che componevano il mio nome e cognome per lasciar intendere ciò che io avrei potuto fare da solo con una donna. Quel tipo di fama, quando ti precedeva, non era proprio il massimo in momenti come quello.
    Inseguendo quei pensieri, mi ritrovai infine a distogliere lo sguardo da Acciaio e, riprendendo a camminare entrambi come se nessuno dei due avesse proferito parola fino a quel momento, cominciai a far vagare un po’ gli occhi in giro, fissando distratto i dintorni. Non tutti i lampioni erano accesi, ma l’illuminazione presente permetteva di scorgere i negozi chiusi e qualche passante che, avvolto nel proprio giaccone, si affrettava a rientrare a casa. Avremmo dovuto farlo anche noi, probabilmente, se non volevamo buscarci un raffreddore, ma sembrava che né io né Acciaio volessimo farlo. Chi per un motivo, chi per un altro.
    «Sai, da giovane, forse, ero davvero innamorato di Riza», confessai senza un reale motivo di punto in bianco, probabilmente per rompere il silenzio che era calato fra noi e che veniva infranto soltanto da qualche auto di passaggio.
    Sentii lo sguardo di Acciaio su di me e, lanciandogli un’occhiata, vidi la sua espressione più che scettica. «Perché mi dice questo, adesso?» domandò in risposta, e al passaggio di un’altra vettura il suo viso fu illuminato dai fari.
    Mi limitai soltanto a scrollare le spalle con semplicità. «Non c’è un motivo preciso», risposi con un sospiro. «Forse vederti con Riza mi ha semplicemente reso geloso».
    Sollevò un sopracciglio. «Lei, geloso di un ragazzino come me?» ribatté ironico, abbozzando persino un sorrisetto.
    «Già, ero geloso di un moccioso», replicai, sorridendo brevemente a mia volta. «Alquanto stupido, non credi anche tu?»
    «Aye, molto stupido», confermò a sua volta, quasi facendomi il verso. «Specialmente se teniamo conto che il Tenente sapeva della scommessa».
    Stavolta fui io a fermarmi, probabilmente senza nemmeno rendermene conto. Fissai Acciaio con tanto d’occhi, dilatandoli persino un po’ per la sorpresa. «Che cosa stai dicendo?» chiesi incredulo, vedendolo solo stringersi nelle spalle come se nulla fosse.
    «Esattamente quello che ha sentito», confermò nuovamente. «Cosa crede che mi abbia confessato, quando siamo ci siamo ritrovati soli io e lei? Il Tenente lo sapeva da un bel pezzo, eppure ha deciso lo stesso di uscire con me», a quel suo stesso dire abbassò lo sguardo, aggrottando di poco le fini sopracciglia bionde. «
È questo che mi ha fatto pensare che forse un po’ le interessavo, proprio come lei interessava me. Ma a quanto pare mi sbagliavo».
    Non seppi quasi più come replicare, nel sentire quella confessione. Riza aveva chissà come scoperto tutto e, nonostante questo, aveva continuato a sottostare alle regole di quell’assurdo gioco e a plasmare i nostri sentimenti secondo le sue, di regole. In poche parole era stata lei a giocare con l’interesse che le avevamo dimostrato, decidendo anche quando farla finita una volta per tutte. Che donna astuta.
    «Bella, letale ed intelligente», riuscii infine a ribattere, anche se forse con un po’ di difficoltà iniziale. «Proprio il genere di donna che piace anche a me».
    Nel sentirmi, Acciaio mi scoccò un’occhiataccia. «
È alquanto spaventoso sapere che ho i suoi stessi gusti in fatto di donne, Colonnello di merda».
    «Anche in fatto di uomini, se è per questo», ironizzai. «Il tuo interesse nei miei confronti è più che giustificato, data la mia bella presenza. Uscirei con me stesso anch
io».
    «Non si dia tutte quelle arie», sbottò, sebbene gli avessi visto appena l’ombra di un sorriso solcargli le labbra, mentre si allontanava per riprendere a camminare senza meta. «Avrà anche un gran bel culo, ma in quanto al resto c’è parecchio da lavorare. Non mi meraviglio che il Tenente si sia tenuta alla larga da lei finché ha potuto».
    Mi lasciai andare ad uno sbuffo ilare e lo seguii un po’ con lo sguardo, non potendo fare a meno di sorridere nonostante tutto. «Lo considero comunque un complimento», ribattei nell’affiancarmi a lui. «E dato che apprezzo, ti porto al Christmas a bere qualcosa».
    «Non sono in vena di uscite di coppia», sbottò.
    «E chi ha mai detto che lo è?» replicai. «E’ soltanto un’uscita tra due tipi scaricati dalla stessa donna nello stesso istante».
    Mi guardò, forse un po’ scettico, ma alla fine scrollò semplicemente le spalle come se gliene importasse ben poco. «Andata», cedette suo malgrado. «Ma che non diventi un’abitudine».
    Sorrisi. «Viziarti in questo modo non è nelle mie intenzioni, Acciaio, tranquillizzati», lo presi in giro. «Tenterò ancora di far cedere la Hawkeye, piuttosto».
    «Buona fortuna, allora», mi scimmiottò sarcastico. «Non creda però che le lasci campo libero», e ciò detto mi fece cenno di precederlo, diretti entrambi verso il Christmas. Per quella sera ne avevamo avuto abbastanza tutti e due. Quel che ci voleva erano un bel paio di bicchieri di liquore offerti da Madame, nient’altro.
    Tra botta e risposta vari, e discussioni che per noi erano ormai all’ordine del giorno, giungemmo infine all’entrata del locale, dal cui interno già si sentiva un lieve vociferare.
Acciaio alzò lo sguardo e mi fissò, decidendo di aprire la porta e di entrare per primo. Quando mi apprestai a fare lo stesso, sentii subito un paio di voci richiamarmi, e sorrisi non appena capii a chi appartenessero.
    «Signor Roy!» esclamò una delle ragazze del Christmas, Vanessa, saltandomi quasi letteralmente al collo senza curarsi del mio accompagnatore. Però quest’ultimo la fulminò con lo sguardo, non prestando poi più attenzione né a lei né tanto meno a me. Dopo il clamoroso due di picche di Riza un po’ ci rimasi male, dovetti ammetterlo, ma in cosa avevo sperato? In una scenata di gelosia? Che stupido.
    Così mi godetti quel piccolo momento, sorridendo brevemente a Vanessa e, forse, fantasticando che al suo posto ci fosse la Hawkeye. «Sei in forma come al solito, vedo», mi complimentai con lei, sentendola ridacchiare divertita.
    «Merito di tutto il lavoro che c’è qui dentro!» scherzò, facendomi rapidamente un cenno distratto in direzione del bancone. «Stasera io e le ragazze non potremo farle compagnia, purtroppo. Come può vedere c’è un gran bel via vai».
    «Tranquilla», la rassicurai con un altro piccolo sorriso. «Ho con me qualcuno che svolgerà al vostro posto questo compito», soggiunsi ironico, salutandola appena prima di farmi strada da solo e lasciarla infine al proprio lavoro.
    Un vero peccato, mi ritrovai a pensare. In quel momento un po’ di compagnia femminile non avrebbe fatto per niente male, a me e Acciaio. Quando lo raggiunsi, lo trovai intento a rigirarsi un bicchiere stranamente vuoto fra le mani, sotto lo sguardo divertito e un po’ stralunato di mia zia Christina, più comunemente conosciuta come Madame Christmas. Di tanto in tanto, lei soffiava via una nuvola di fumo dalla sigaretta e gli lanciava una nuova occhiata, masticando poi il filtro già sporco di rossetto. Non sapevo perché, ma la scena mi sembrava alquanto ironica.
    Accorgendosi infine della mia presenza, Madame alzò lo sguardo e lo puntò sul mio viso, tamburellando con due dita perfettamente smaltate sul bancone. «Questo ragazzo sostiene di essere in tua compagnia, Roy-boy [2]», cominciò quasi ironicamente, e non potei non lasciarmi sfuggire uno sbuffo ilare per il modo in cui mi aveva chiamato. Lo faceva raramente, e solo quando iniziava a trattarmi come quando ero bambino. «E’ davvero maggiorenne come dice?» soggiunse sarcastica.
    «Le ho già detto tre volte di sì, vecchia, ora posso avere il mio whisky?» borbottò inacidito il diretto interessato, nervoso come ogni qual volta si metteva in dubbio la sua altezza o la sua età, proprio come in quel momento.
    Mi avvicinai a lui e lo colpii appena con uno scappellotto, sedendomi al posto libero senza curarmi della sua sequela di lamentele. «Non bisogna mai essere così sgarbati con le donne, Acciaio, ricordatelo bene», lo presi in giro, alzando subito dopo lo sguardo sul viso di mia zia. «Lo perdoni, Madame», soggiunsi. «E’ un po’ su di giri, garantisco io per lui».
    «Allora posso riempirgli il bicchiere?» scherzò e, dopo aver inalato un po’ di fumo e averci squadrati entrambi attentamente, sbuffò appena prima di darci le spalle. «Quando voi uomini vi comportate così, comunque, c’è sempre lo zampino di una donna», ironizzò ancora, prendendo una bottiglia dallo scaffale dei liquori. Si voltò poi nuovamente, recuperando un altro bicchiere da sotto il bancone per riempirlo di ghiaccio e whisky. Lo fece scivolare verso di me, allungando la bottiglia per riempire anche quello che Acciaio reggeva fra le mani.
    Sorrisi e afferrai il mio drink, senza ancora decidermi a toccarlo. «Chi meglio di voi può capire gli atteggiamenti degli uomini, Madame?» scherzai a mia volta.
    «Con l’educazione che hai ricevuto, tu dovresti essere in grado di capire benissimo quelli delle donne, invece [3]», mi schernì lei, sollevando un sopracciglio con fare scettico. «Non saresti sempre nei guai con Elisabeth, altrimenti», soggiunse sarcastica, enfatizzando il nome in codice di Riza e strappandomi una risata piuttosto divertita. Con lei ero sempre nei guai, mai frase era stata più veritiera.
    Acciaio, che non poteva capire di cosa parlassimo, scoccò ad entrambi un’occhiataccia prima di sbuffare e bere un sorso. «Forse avrei fatto meglio ad andarmene a casa», sbottò.
    «Niente storie, giovanotto», lo redarguì Madame prima che potessi farlo io. «Sei nel mio castello e non voglio musi lunghi, stasera. La gente è qui per divertirsi».
    «E lo faremo, Madame, non si preoccupi», mi affrettai a risponderle, allungando una mano verso Acciaio per tappargli tempestivamente la bocca.
    Lei ci osservò con fare circospetto, soffiando fuori un altro po’ di fumo prima di chinarsi verso di me per sovrastarmi con la sua mole. «Te lo affido, Roy-boy, vedi di tenerlo d’occhio», ammonì anche me, e ciò detto si ritrovò ad allontanarsi per servire altri clienti. Fu solo a quel punto che lasciai Acciaio, dovendo subirmi una sequela di epiteti e lamentele degne di lui.
    «Sta’ buono e non farmi fare brutte figure», rimbeccai quando smise, guadagnandoci un’altra occhiataccia e un sonoro sbuffo.
    «Ci mancherebbe altro, signor Roy», ironizzò, scimmiottando in modo ben poco cordiale la voce di Vanessa, decidendo infine di concentrarsi sul proprio drink. Ed era anche ora che almeno lui, lì dentro, tacesse.
    Restammo dunque in silenzio per parecchio tempo, senza che fra noi si sentisse volare una mosca. L’unico suono che si udiva era quello creato dal chiacchiericcio della clientela presente e delle ragazze che andavano a servire ai tavoli, nient’altro. Di tanto in tanto, Madame veniva a consolarci a modo suo, ovvero riempiendoci i bicchieri non appena li vedeva vuoti, scherzando sul come le nostre espressioni da cani bastonati assomigliassero a quelle del suo defunto fratello, cioè mio padre, prima che si decidesse a fare la proposta alla mamma. Di solito non ne parlava mai, quindi dovevamo avere proprio delle facce da schifo, se lo faceva. Ah, il potere di una donna cosa non era capace di fare!
    «Sai cosa mi piacerebbe sapere, ora come ora?» domandai di punto in bianco parecchie ore dopo, rompendo finalmente la quiete che, fino a quel momento, aveva regnato fra noi. «Cos’erano tutte quelle galanterie improvvise a cui davi sfoggio di continuo», soggiunsi, realmente incuriosito. Da un giorno all’altro, il piccolo Acciaio si era trasformato in un gentlemen, anche se adesso sembrava soltanto quello di sempre.
    Lo vidi sorridere, forse persino un po’ divertito, girandosi poi con il busto verso di me. «Semplici frasi di circostanza», ribatté, per poi alzare il bicchiere che reggeva e indicarmi con esso. «Ho imparato dal migliore», soggiunse ironico.
    Nonostante il suo tono tutt’altro che lusinghiero, sbuffai ilare anch’io. «Non so se considerarlo un complimento o meno, detto da te», rimbeccai. «Però bisogna fartene atto», soggiunsi. «Hai saputo giocarti le tue carte».
    «Mai provare a sfidare l’Alchimista d’Acciaio e aspettarsi che perda, caro il mio Colonnello di merda», ribatté immediatamente, scoccandomi un’altra occhiata prima di voltarsi ancora una volta verso il bancone. «Per quanto la sfida fosse assurda, non mi sarei lasciato battere per nulla al mondo, anche se per me non è stato affatto facile».
    Proprio come avevo immaginato, quella che aveva mostrato a tutti noi era stata soltanto una facciata. E in fin dei conti l’avevo sospettato fin dall’inizio. Conoscendo fin troppo bene quel fagiolino biondo, vedersi un “Acciaio esperto amatore” dinnanzi agli occhi, così, di punto in bianco, era stato non poco traumatizzante.
    Per fortuna, sebbene nessuno ci avesse guadagnato nulla, era tutto finito, anche se dovevo ammettere che vedere il mio interesse ricambiato anche dalla Hawkeye non mi sarebbe per niente dispiaciuto. Peccato che fosse stata proprio lei a decidere, alla fine, e che avesse mollato tutti senza tanti complimenti, facendoci capire che giocare con lei era tutt’altro che semplice. Se volevamo provarci, dovevamo innanzitutto avere una buona strategia, stando comunque attenti ad ogni singola mossa. E lei si era dimostrata ancora una volta il pezzo più forte della scacchiera. La Regina bianca era arrivata a fare scacco matto al Re nero. Ed era snervante quanto ironica, la cosa.
    Alla fine, comunque, eravamo rimasti a bocca asciutta. Purtroppo per noi, quella storia si era risolta come una sottospecie di rapporto a tre che non era andato per niente in porto. Riza, che al principio era stata trattata soltanto come la vincita di una scommessa, ci aveva alla fine giocato un brutto scherzo e aveva tagliato del tutto i ponti, lasciandoci letteralmente a bocca asciutta.
    A quei pensieri, mi ritrovai a passarmi una mano fra i capelli e a scompigliarli, sbuffando persino sonoramente. Io e Acciaio ci lanciammo qualche rapida occhiata, poi, afferrando i bicchieri prima di levarli in alto e bere tutti e due nello stesso momento, tutto d’un fiato, il bruciante contenuto. Al tempo stesso avevamo iniziato a farci un po’ più vicini e iniziato a borbottarci chissà cosa contro, probabilmente con il liquore già pericolosamente in circolo e l’adrenalina che cominciata a scorrere assieme ad esso in tutto il corpo.
    Non avremmo di sicuro combinato nulla con Riza, né per quella sera né per le altre. Forse.
 
 
 
«È stato il più stupido San Valentino che le sarebbe mai potuto venire in mente, Colonnello»
«Och, sta’ zitto e bevi. Stanotte offre la casa»
 
 
 








[1] La spiegazione per questo pensiero è semplice: il nostro Colonnello si riferisce ad una frase pronunciata dal Generale nel capitolo venticinque del volume sei del manga, più precisamente “Quello che io accetterei molto volentieri, invece, sarebbe che tu prendessi in sposa mia nipote”. Sul Character Guide Book viene infatti rivelato che il Generale Grumman è il nonno materno di Riza, anche se quest’ultima sembra non conoscere il grado di parentela che c’è tra loro.

[2] Ho voluto lasciare quest’appellativo perché ormai mi ci sono affezionata.
Tradotto letteralmente sarebbe “Ragazzo Roy” e siccome nella versione giapponese/americana del manga zia Chris lo chiama in quel modo, ho pensato che sarebbe stato meglio non tradurlo affatto, anche perché in italiano non rendeva come si doveva.

[3] Anche la spiegazione di questa frase è semplice: difatti è vagamente presa dal Character Guide Book, dove si accenna che sia stata Chris ad insegnare a Roy ad essere un “gentlemen”, anche se, personalmente, lo tradurrei più come libertino, sebbene le uniche donne che sembrano far compagnia a Roy nel corso del manga sono appunto tutte le ragazze del Christmas.





_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Questa storia ha partecipato al contest indetto da Setsuka, Because 3some is better, e ad esser sincera non saprei nemmeno io come catalogare questa mia stramba storia. Sicuramente non è affatto uno dei miei lavori migliori, forse non ci si avvicina nemmeno, ma sono comunque contenta di essere riuscita a scriverla nonostante il blocco dello scrittore che minacciava di divorarmi ormai da quasi un anno.
Sinceramente non ho nemmeno la benché minima idea di cosa mi passasse per la testa quando ho cominciato la stesura, e ho persino provato a realizzare qualcos’altro perché non mi convinceva per niente.
Al principio volevo che la trama ruotasse in qualche modo solo ed esclusivamente sul giorno di San Valentino [Come appunto preannunciava il titolo in modo persino un po’ sarcastico] e su quella threesome che alla fine non mi sembra nemmeno una threesome, visto che sarebbe dovuta essere incentrata sul rapporto Roy/Ed/Havoc, ma non so perché poi, per un motivo o per un altro, sia sbucata Riza anziché lui. Per farla breve è una creazione contorta e insensata e per me persino fuori tema - dato che non mi ha convinta per niente in questi ultimi mesi, per motivi astrusi che suppongo non capirò mai - di cui spero però si sia colta la sottile ironia di fondo che ho espresso specialmente nel finale, chiudendola con quelle poche frasi abbastanza fraintendibili.
Lasciano difatti intuire qualcosa, ma questo qualcosa può succedere come invece può solo provocare a quei due idioti una colossale sbronza anziché, che so, un ritrovarsi nello stesso letto. La storia difatti non è incentrata su di loro come coppia, quindi non vedevo il motivo di spiegare il resto. Può vagamente sembrare che la coppia prevalente sia Roy/Ed, ne sono consapevole, ma ci tengo a dire che non è affatto così. O almeno io non l’ho vista per niente in quel modo.Fra loro c’è attrazione, questo è certo, ma non quel tipo d’attrazione che ho sempre descritto nella maggior parte delle storie che ho scritto e che alla fin fine spunta sempre fuori anche quando non dovrebbe. Diciamo più che altro che, sebbene ci sia interesse reciproco, sono entrambi legati anche a Riza, chi in un modo chi in un altro.
Qui si seguito, comunque, il giudizio di Setsuka:

  • Correttezza grammatico-morfo-sintattica & punteggiatura: 8
  • Trattamento Threesome: 10
  • Stile: 8.5
  • Originalità: 8.5
  • Caratterizzazione: 10
  • Gradimento personale: 8.5
  • Punteggio totale: 53.5/60
La tua fanfiction mi ha resa nostalgica, sai? E questo perché ho letto una storia in cui i personaggi sono fedeli agli originali dell'Anime che tanto amo; mi mancava l'atmosfera allegra della Brigata Mustang dal quale ufficio si aprono tantissime fanfiction, storie che possono essere drammatiche o comiche, mi mancava quell'atmosfera speciale che il vanesio -ma sempre fantastico- Roy sa dargli, un'atmosfera confortevole che sa un po' di focolare domestico per tutti i personaggi protagonisti della tua storia. L'introspezione di Roy -punto centrale e di collegamento per il Threesome- è piacevolissima, è un narratore eccezionale, con il suo umorismo una noiosa realtà, una storia che può sembrare non particolarmente speciale, diventa magica, soprattutto per come gioca, sia con Riza che con Edward, mettendo contortamente in chiaro che non li ama, che sono speciali, che li trova terribilmente attraenti, ma sono un gioco e... che nessuno dei due, da solo, lo soddisfa, è implicito ma chiaro che sente il bisogno di tutti e tre, punto di vista che sembra essere anche quello di Edward, sembrava che volesse chiedere a Riza di uscire per vendicarsi di Roy invece rimane scottato anche lui dalla bella Tenente che hai saputo valorizzare, rendere un personaggio molto più affascinante della Riza del manga: dimostra che sotto la sua apparenza diligente e noiosa sa sagacemente divertirsi e non essere una donna-oggetto, piuttosto è lei che gioca con gli uomini. Hai saputo rendere il Threesome davvero al meglio non escludendo le folli e incomprensibili dinamiche che lo muovono, in una commedia leggera ma piacevolissima, divertente soprattutto grazie al punto di vista del nostro caro Colonnello, ma non ha brillato questa originalità perché -purtroppo- ci sono parecchi cliché, tante parti -se pur piacevoli- lette e rilette in tante fanfiction, soprattutto nei dialoghi, sei stata quindi brillante nel progettare il plot ma hai oziato nello sviluppo, anche nella forma, conoscendo le tue fanfiction so davvero quanto potenziale hai, potenziale che purtroppo non ho visto espresso qui se non a livello di trama; sei partita con un primo capitolo eccitante, dinamico, esilarante e nei due capitoli successivi i toni si sono spenti, come se avessi lavorato più per inerzia che per vero piacere, persino la parte formale sembra averne risentito, ma non era così significativa per abbassare il punteggio sull'italiano, piuttosto sono stati quegli Aye che sembra aver sostituito totalmente il Sì, non vorrei esser bacchettona, so che sei affezionata alla lingua giapponese ma è del tutto fuori luogo, neanche a dire i personaggi vivano in Giappone; lottiamo tanto per non aver stuprata la lingua italiana e poi usiamo fuori luogo il giapponese?
Tornando al plot, sono felice che la qualità sia risalita verso la fine, quando Roy e Ed rimangono soli e vanno al bar, è stato un finale strano, ma simpatico e che ho avuto modo di apprezzare molto, con l'alcool in un certo senso hanno trovato la lucidità per capire che quel gioco è stato folle e privo di una qualsiasi logica, intellettuale e sentimentale, forse per questo hai messo tra gli avvertimenti nonsense? Comunque toglilo, perché il nonsense è un tipo di fanfiction totalmente diversa, hai colto comunque dubitandone un po' lo spirito del threesome, dicendolo indirettamente anche nella tua storia: un gioco eccitante ma privo di qualsiasi senso che non avrà mai coronazione.

Vincitrice del Premio Bonus Miglior Threesome e del Premio Bonus Simpatia, in quanto hai centrato pienamente il tema in modo originale mostrando la bizzarra e illogica natura di quello che è il Threesome rendendolo davvero divertente.



Spero alla prossima ♥
_My Pride_


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