Juliet entrò in
casa con passo felpato, pregando in aramaico antico che i genitori non la
braccassero.
Passò per il
soggiorno, sentendo i rumori della madre provenire dalla cucina e voci nella
camera adiacente dove, quasi sicuramente, v'era il padre a vedere una sana
partita di baseball.
Decisa a non farsi vedere,
sapendo di dover informare i genitori, iniziò a salire le scale;
ciò con cui non aveva fatto i conti era l'udito ultra sviluppato della
signora Sunders - Juls, sei tu?-
Juls imprecò a
bassa voce- Sì, mamma-
La madre la raggiunse
piantandole gli occhi addosso - Dove sei stata? Sono le sette passate, sono
stata in pensiero- disse, guardandola e spiaccicandola al muro con la sola
forza dello sguardo penetrante.
In quell'istante, Juls si
sentì come un foglio di carta infisso nel legno, con una puntina
d'acciaio che lo perforava - Ho... ero... in punizione- sputò infine,
con tutta la forza d'animo che raccolse in cuore.
Juliet Sunders non era
intimorita da niente e nessuno, eccetto la madre nei suoi giorni no; e a
giudicare dalla stanchezza che si poteva leggere sul volto della donna, quello
era un giorno no - Tu cosa?!-
Juliet deglutì -
Sono in punizione. Il preside Wilson mi costringe a partecipare al corso di
pittura il giovedì e il lunedì, fino alle sette e...- e qui
tossicchiò- e... altre... varie punizioni-
La madre sgranò gli
occhi - Juliet Sunders, sei in punizione- decretò infine.
- Lo so, mamma, lo so-
annuì lei: non aveva certo bisogno che la madre glielo ricordasse
ulteriormente.
- No, sei in punizione
anche in casa! Da oggi non metterai naso fuori dalla tua camera fino a Natale,
escluso per andare al bagno e a scuola- decise, perentoria.
Juls boccheggiò -
Ma ho diciassette anni, mamma, è finito il tempo delle punizioni-
tentò.
- Non finché resti
sotto il mio tetto, Juliet-
Eccola, la frase magica;
Juliet era dell'idea che tutti i genitori, prima che i figli nascessero,
ricevessero lo stesso manuale "Come diventare genitori"; erano
diciassette anni che cercava di capire chi fosse stato il cornuto che l'aveva
scritto.
La ragazza dette le spalle
alla madre risalendo le scale che l'avrebbero portata in camera sua con passi
pesanti, cercando di fare più rumore possibile.
Doveva scoprire chi era
stato a spifferare tutto al preside. L'avrebbe pagata, oh, se l'avrebbe pagata.
* * *
La ragazza dai capelli
neri, un po' ribelli come sempre, si chiuse la porta alle spalle e corse
giù per il vialetto di casa; quel giorno, come sempre, Baker e Alice
l'aspettavano in macchina, con la musica a tutto volume e l'aria apparentemente
pacifica.
Lei aprì la
portiera, sbucando nell'abitacolo e stravaccandosi nel posto dei passeggeri -
Gente- disse, in segno di saluto.
- Sunders-
Liam le sorrise dal finestrino retrovisore, Alice alzò la mano.
- Oggi mi aspettate?-
piagnucolò la ragazza.
- Dipende. A che ora ti
liberi?- Liam continuava a tenere lo sguardo fisso sulla strada, senza
distogliere l'attenzione dalle due ragazze nell'autovettura.
- Se ce la faccio, entro
le cinque la bidella mi lascia andare-
- Hai scoperto chi
è stato a mettere in giro la voce?- chiese Alice, guardando fuori dal
finestrino, mentre il rombo del motore cessava e Liam usciva dall'auto, appena
parcheggiata.
- No, Turner si ostina a
dire di non saperlo. Non so- sbuffò lei. Era venerdì, era stanca,
ed era incazzata.
Tanto, tanto, ma tanto
incazzata.
Accanto a loro
passò la signora Morgan, in preda a crisi isteriche, che urlava al
telefonino qualcosa sul fatto di aver perso le chiavi di casa. Alice si
voltò a squadrarla - Non c'entri tu, no?-
Juls, per la prima volta
dopo giorni, sorrise soddisfatta, dimenticandosi all'improvviso dell'odio
represso verso Wilson che andava accrescendosi pericolosamente, negli ultimi
tempi - Oh, cosa te lo fa pensare, Alice?-
Erano quelle le
soddisfazioni della vita.
Alice ridacchiò,
lanciando un' ultima occhiata alla donna paffuta, che continuava a gridare al
telefono, frugando con foga nella borsa - Certo che è proprio stupida,
sono due giorni che le ho fatto sparire le chiavi, se n'accorge solo ora? Come
ha fatto ad entrare in casa fino ad oggi?- la guardò ancora Sunders, poi
scrollò le spalle - Andiamo a farci una cultura, Alice- disse,
afferrando l'amica e trascinandola verso l'aula di algebra.
La dolce Alice, dal canto
suo, seguì Juliet, lanciando un sorrisino a Liam, che la salutò
di rimando con un gesto della mano, prima d'avviarsi verso l'aula di Spagnolo.
La giornata passò
lenta e poco costruttiva: alla terza ora la ragazza tenne un test sulla Storia
dell'America, alla quarta Spagnolo e alla quinta si concesse un riposo, non
presentandosi proprio in classe.
Quando, nella pausa
pranzo, Sunders fece il suo ingresso in mensa, adocchiò immediatamente i
suoi due amici seduti in un tavolo poco distante dall'entrata.
Passando tra gli altri
tavoli, il brusio che solitamente accoglieva la sala mensa andò
alzandosi notevolmente, qualcuno prese ad indicarla, altri iniziarono a
confabulare.
Ciò che Juls aveva
sempre detestato erano i pettegolezzi alle sue spalle; si voltò
perciò verso il primo gruppetto di ragazzi che beccò con le mani
nel sacco, tutti presi a parlare di lei, e avanzò velocemente verso il
ragazzo più grosso - Ci sono problemi? No, perché m'è
parso che steste parlando di me- disse, fissandolo e adottando lo stesso metodo
che sua madre usava con lei; il tutto, ovviamente, risultò efficace -
No, no- il ragazzo la guardò sfuggente, scrollò le spalle e fece
per andarsene.
Juls, dal canto suo, non
aveva proprio voglia di accettare un insulso no, no come risposta; lo afferrò, quindi, per il braccio,
trattenendolo.
Non che lei fosse molto
muscolosa, anzi, il tipo, decisamente il doppio di lei, l'avrebbe fatta volare
senza troppe moine; il fatto era che lei sapeva far paura con la sola forza
dello sguardo. Tale madre, tale figlia.
- Senti, te lo ripeto per
l'ultima volta: tu stavi parlando di me,
ora, possibilmente, fammi partecipare alla conversazione. La mamma non t'ha
insegnato che non si parla alle spalle delle ragazzine?- lo squadrò
dall'alto in basso, riducendolo ad una brutta copia del gradasso che era pochi
minuti prima.
Il tipo spostò lo
sguardo sul resto della scuola, che sembrava aver perso la voglia di
chiacchierare, ma aver trovato un grande interesse nei maccheroni nel piatto;
di certo, erano tutti in ascolto.
- Io non so niente.
Niente- disse infine, mentre il suo sguardo indugiava sul tavolo in cui Turner
e i suoi amichetti sedevano.
In quel momento, Alice si
materializzò al fianco dell'amica - Vieni, dobbiamo parlare- disse,
afferrandola per la mano e guidandola fuori dalla mensa.
- Che hanno, oggi? Che è
successo?- chiese la ragazza una volta fuori.
- alla quinta ora si
è diffusa la voce che a parlare sia stata Penny Montgomery. Stanno...
facendo scommesse su quanto male le farai- ridacchiò Alice.
Juls restò in
silenzio.
Penny Montgomery era
immensamente stupida, imbecille e morta.
Penny Montgomery era una
morta che camminava.
Juls si voltò,
tornando in mensa; l'attraversò tutta, finché non si trovò
dinanzi al tavolo di Turner e Penny. Lei era lì, tutta contenta, che
torturava il suo piatto di pasta, già consapevole che non l'avrebbe
mangiato: troppi carboidrati.
- Turner, ti devo parlare-
disse la ragazza, senza degnare di ulteriori sguardi il resto della combriccola
seduta con il ragazzo.
Lui la fissò - Non
ho tempo, Sunders-
- Io dico che invece ce
l'hai-
- Io dico di no-
- Io dico che faresti
meglio a trovarlo- lo gelò lei. Non aveva voglia di stuzzicarsi, voleva
solo vendetta per tutti i finesettimana di reclusione che l'attendevano sino a
Natale.
Turner la guardò,
strafottente, poi s'alzò e si diresse verso l'uscita. Juls lanciò
un'occhiata a Penny - Come ti senti, Montgomery?- le chiese.
- Bene- rispose lei,
spiazzata: non si erano mai rivolte la parola.
- Goditi questo momento,
allora-
* * *
- Che vuoi, Sunders?-
Juliet si passò una
mano tra i capelli, giusto per ragionare un attimo sulla costruzione della
farse che doveva pronunciare. Più cruda era, meglio sarebbe stato.
- Per correttezza, ti
vorrei informare che la tua ragazza è la colpevole della nostra
punizione. Ora, non so se tu, per punirla, le abbia tolto qualche ora di sesso
dal vostro appuntamento quotidiano, e sinceramente le tue iniziative non
catturano la mia attenzione. Vorrei solo ricordarti, giusto perché tu
non vada a sputtanarmi da Wilson, poi, che la mia vendetta è più
che legittima- gli dette le spalle, avviandosi verso i bagni, poi si
voltò, guardando il ragazzo che aveva abbandonato interdetto - E la
vendetta, per la cronaca, arriverà presto- urlò.
Dieci minuti dopo, la ragazza
era decisamente concentrata seduta sul WC del terzo gabinetto, un foglio in
mano e la matita in bocca; sul pezzo di carta, finora, aveva scritto:
Salve
a tutti, il mio nome è Bernard Lewis, nella vita faccio l'insegnante e
sono un alcolizzato.
Per
me oggi è un giorno molto importante; ho ammesso a me stesso di essere
un alcolizzato due anni fa, ma non ho mai fatto davvero molto per aiutarmi.
Ora
sono qui, e son deciso ad uscirne.
Juls rilesse tutto.
Il discorso filava, andava
più che bene.
Il fatto era che il
professor Lewis faceva parte degli alcolisti anonimi, e questo Juls l'aveva
scoperto un giorno in cui aveva origliato, nel cambio d'ora, una sua
conversazione al telefono; lo stesso Lewis era, per la precisione, il suo professore
di storia; e la vecchia e stupida Penny faceva parte della sua classe.
Tutto combaciava, il
destino sembrava deciso ad aiutarla.
Juliet s'alzò,
correndo per il corridoio ed entrando in segreteria; era pressoché
vuota, solo la signorina Allen, decisamente distratta dalle parole crociate,
sembrava popolarla.
Juls s'avvicinò
alla fotocopiatrice, inserì il foglietto e poi, con un sorriso
smagliante, schiacciò il tasto blu.
La vendetta sapeva di
buono.
- Professore- Sunders
entrò nell'aula di storia dieci minuti dopo.
Il professor Lewis
alzò uno sguardo, per osservare una delle sue studentesse più
odiose - Sunders, mi dica- sbuffò, togliendosi gli occhiali dalla punta
del naso e strofinandosi gli occhi.
- C'è un gruppo di
ragazzi, all'entrata, che distribuiscono volantini sui quali c'è scritto
che lei è un alcolizzato- la ragazza fissò l'uomo che divenne nel
giro di pochi secondi paonazzo.
- Co-cosa?-
balbettò.
- Ci sono dei ragazzi che
distribuiscono volanti...-
Il professore
s'alzò, spingendola via dall'uscio della porta e correndo giù per
il corridoio.
Ciò che avrebbe
trovato una volta giunto all'entrata dell'istituto, sarebbe stata l'intera
scuola in subbuglio, volantini da tutte le parti, ma nessuno che li
distribuiva; quello era il bello della folla: tutti colpevoli, tutti innocenti.
Juls non se lo fece
ripetere una volta e si fiondò sui test che il professore aveva fatto
fare ai suoi alunni quel giorno, cercando quello di Penny.
Lo trovò verso gli
ultimi fogli del malloppo, lo sfilò dall'insieme e lo osservò.
Prima domanda:
- Chi ha scoperto
l'America?
Juls cancellò la
risposta che la Montgomery aveva dato, a matita, e la riscrisse, modificandola
appena: Topolino.
Quando è stata
scoperta l'America?
Juls rifece la stessa
operazione: 1997
In che anno è
avvenuta la guerra di secessione ? - mi pare ieri
Che è avvenuto nel
1776?- E' morta
la mia bis-bis nonna.
Alla domanda qual è stato il primo presidente
d'America?, Juls scrisse non ricordo,
sono stupida.
Quindi, dopo aver
modificato tutto il test facendo ben attenzione a non utilizzare la propria
calligrafia, ripose il compito tra i restanti fogli, sistemò le penne
che aveva mosso, lanciò un'ultima occhiata all'aula, quasi avesse paura
che i muri l'avessero vista e infine uscì, appagata e divertita.
* * *
- Juls, ti rendi conto che
potresti essere espulsa?- Liam la guardò, dopo che la ragazza gli aveva
fatto un resoconto dettagliato sulla sua piccola punizione per Penelope.
- Solo se mi scoprono- gli
fece notare lei.
- Ecco, e prega che non lo
facciano-
- Non lo faranno. Penelope
Montgomery è troppo stupida, quel test passerà inosservato-
Liam la guardò
ancora, un po' ammirato, un po' contrariato - Tu sei tutta pazza-
Juls scrollò le
spalle, poco toccata.
Due settimane dopo, il
professor Lewis consegnò i compiti.
- Montgomery, questa volta
ti sei davvero impegnata- disse l'uomo, dando il foglio alla sua allieva, che
osservò orripilata un "Non classificato" scritto a lettere
cubitali con la penna rossa che spiccava nitida sul foglio bianco.
Juls sorrise sotto i
baffi.
Dall'altra parte della
classe, Chase Turner la fissava. Se qualcuno avesse potuto leggergli la mente,
avrebbe constatato che era divertito e combattuto: come poteva appoggiare
Sunders, che molto probabilmente era la causa di un Non classificato appena
rifilato alla sua ragazza?
Penelope era stupida,
certo, ma non tanto da prendere un non classificato.
Era che Sunders, la
vecchia e maligna Sunders, era l'unica che aveva seriamente le sorti di tutti
tra le sue mani.
Eccomi,
gente!
Juls
questa volta l'ha fatta grossa, decisamente.
Ma
la vendetta è la vendetta, e rischiare un po' va più che bene.
scappo,
rispondo appena posso alle recensioni! Grazie alle 4 stupende persone che hanno
recensito e alle 45 persone che hanno inserito la storia tra seguite, preferite
e ricordate.
Grazie,
grazie davvero!
E
grazie a tutti colore che recensiranno questo capitolo; più siete,
gente, più mi rendete felice. Susu, fatemi feliiiiiice :DDD
Okay,
me ne vado .-.
Un
bacio a tutti
~Ellens