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Autore: _Fedra_    12/03/2011    2 recensioni
Qualcosa di strano sta accadendo nella vita di Cate Mantis, da una misteriosa bambina che sembra provenire direttamente da un altro mondo a un'inquietante signora bianca che afferma di conoscere molte cose su di lei. Tutto ciò l'avvicina sempre più al mondo di Narnia, una dimensione parallela nella quale ella virà la più grande avventura della sua vita, insieme a un amico decisamente inaspettato! p.s. questa fanfiction è stata tradotta in inglese sul sito Fanfiction.net con il titolo "The last passsage".
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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 L’alba precedette i nostri passi sull’erba, allungandosi sul campo addormentato accompagnata da una dolce brezza che spirava dai monti. Camminavamo uno a fianco all’altra, senza guardarci. Mi sentivo fortemente a disagio e lo stesso valeva per Edmund. Possibile che stavamo per baciarci? Come avevamo potuto essere così sciocchi, così ingenui? Ci conoscevamo appena, avevamo passato appena un pomeriggio insieme e di colpo, alla prima occasione, eccoci a farci gli occhi da triglia in piena notte come due allocchi! Mi vergognavo, mi vergognavo da matti. Avevo la sgradevole sensazione di avere le orecchie in fiamme. Ma c’era un’altra cosa che in quel momento mi tormentava: quel terribile senso di tristezza e di angoscia che aumentava a ogni passo, accompagnato dalla certezza che ormai Aslan non c’era più.
Trovammo Peter già sveglio, fuori dalla sua tenda, intento a contemplare quello che presto sarebbe diventato il suo regno. La presenza a Narnia l’aveva visibilmente cambiato, come se improvvisamente da ragazzo pieno di vita qual era si fosse trasformato in un uomo adulto e carico di responsabilità. Ci salutò con uno di quei sorrisi che ti mettevano a tuo agio, venendoci incontro a grandi passi.
“Siamo mattinieri, ragazzi?” chiese battendoci una pacca sulla spalla.
“Aslan è morto” disse Edmund in tono grave.
Peter lo fissò come se di colpo il fratello fosse diventato matto. “Ma cosa dici, Ed? Aslan non può morire!” esclamò.
“Noi l’abbiamo sentito. Devi crederci. Ci dispiace moltissimo” intervenni io.
Peter ci lanciò occhiate cariche di panico. “No!” sbottò. “NO! Ragazzi, tutti ieri abbiamo avuto una giornataccia, posso capirlo, ma Aslan non può essere morto, capite? Senza di lui, la guerra non si…ma che diav…!”.
Sussultammo tutti e tre, colti di sorpresa dall’improvvisa folata di vento che ci travolse violentemente, schiaffeggiandoci il viso e arruffandoci i capelli. Un turbinio di petali rosa chiarissimo si levò dinanzi ai nostri occhi sbigottiti, prendendo la forma di una donna bellissima dal volto velato di tristezza. Spaventati, sia Edmund che Peter sguainarono d’istinto le spade, ma la creatura li ammonì con un solo gesto della mano. “Calma, miei principi” disse loro con una bella voce calda, da donna matura e saggia. “Vi porto brutte notizie dalle vostre sorelle. Il grande Aslan è morto questa notte sulla Tavola di Pietra. Il popolo di Narnia attende ora vostri ordini per scendere in battaglia contro la Strega Bianca”.
 
L’intero campo era pervaso da un fermento febbrile. Tutti correvano da una parte all’altra in preda alle più svariate occupazioni, tra armi da affilare e distribuire alle direttive militari. Io ed Edmund attendevamo fuori da quella che un tempo era stata la tenda di Aslan. Il silenzio che era calato fra noi due dalle prime luci dell’alba non dava segno di abbandonarci e la tensione si poteva tagliare con il coltello.
“Hai paura?” domandò improvvisamente il ragazzo.
Io trasalii, colta di sorpresa. “Un po’” risposi. “E tu?”.
Edmund fece una smorfia. “Lascia perdere” borbottò.
Feci per mettergli fraternamente una mano sulla spalla, quando improvvisamente la porta si aprì, rivelando Peter con l’aria più afflitta che gli avessi mai visto in faccia. “E’ vero” disse tristemente. “E’ morto. E, quel che è peggio, non c’è traccia né di Susan né di Lucy”.
“Allora dovrai guidarci tu” intervenne Edmund deciso.
Il fratello scosse il capo, puntellandosi sul tavolo su cui era poggiata la pianta del futuro campo di battaglia.
Il suo scoramento sembrò far infervorare ancora di più il ragazzo. “Peter, c’è un esercito là, pronto a seguirti!”.
“Non credo di essere all’altezza di questo compito” si schermii Peter, la voce carica di amarezza.
“Aslan pensava di sì” proseguì Edmund risoluto. “E anch’io lo penso”.
“Peter,” intervenni io, decisa a farlo ragionare una volta tanto “se siamo arrivati fino a questo punto, ora non ci è concesso fare un passo indietro. E’ il nostro momento. Il momento di Narnia. Forse combattere in questo momento sembrerà un’impresa disperata, è vero, ma almeno avremo qualche speranza in più rispetto all’arrenderci subito. Se Aslan ha deciso di abbandonarci, vuol dire che sapeva quello che stava facendo. Io mi fido di lui. E mi fido anche di te”.
Peter ci guardò intensamente, lo sguardo grave e penetrante di un uomo adulto, poi i suoi occhi caddero sulla pergamena che aveva davanti a sé. “E’ deciso, allora” mormorò. “Si va in battaglia”.
 
La valle si estendeva immensa e verdeggiante fino ai confini delle montagne, propagandosi a perdita d’occhio all’orizzonte. Era una bellissima giornata d’estate, e lo sarebbe stata ancora di più se di lì a poco in quel paesaggio idilliaco non si fosse consumato un massacro. La temperatura saliva di minuto in minuto e io temevo che con il caldo la battaglia sarebbe stata ancora più pesante. Galoppai lungo la linea che mi era stata assegnata, precedendo il drappello di centauri che mi era stato assegnato, posizionandoci in prima fila. Levai lo sguardo in alto, verso le grandi rocce bianche che fungevano da postazione per gli arcieri, cercando con lo sguardo quella figuretta rossa e oro dai grandi occhi neri. Edmund incontrò il mio sguardo e levò il braccio verso il cielo in un cenno di saluto.
“Quando sarà tutto finito, non ci separeremo più” mi aveva promesso poco prima di dividerci. “Te lo prometto”.
“Stai attento” gli avevo detto con la voce che tremava.
“Anche tu”.
E, senza starci a pensare, mi aveva sfiorato la guancia con le labbra. Io gli avevo gettato le braccia al collo, stringendolo a me un’ultima volta. Ti amo, avevo pensato in quel rapidissimo frangente, ma poi avevo alienato violentemente quel sentimento prorompente, concentrandomi sulla battaglia. Ero montata in sella a Philip ed ero partita al galoppo, il cuore in fiamme.
Il suono di un corno mi richiamò alla realtà. All’orizzonte era comparsa una massa nera di corpi mostruosi e armati fino ai denti, capeggiati dal demone, bianco come la neve, in piedi su un cocchio trainato da orsi bianchi, lo sguardo assassino che fiammeggiava al disopra della criniera dorata che portava al collo, la sua criniera. La sola vista mi fece montare in corpo una rabbia incontenibile, talmente forte da scaricarsi simile a una scossa elettrica nel corpo di Philip, facendolo impennare bruscamente con un nitrito che lacerò l’aria ormai torrida. Nel campo calò il silenzio, poi, improvvisamente, un tremendo boato esplose dalle nostre truppe: Peter aveva lanciato l’attacco.
Per primi attaccarono i grifoni. Planavano dall’alto e colpivano i nemici con delle grosse pietre. A un segnale di Edmund, gli arcieri scagliarono i loro dardi, abbattendo le avanguardie nemiche. Il temporaneo vantaggio, però, fu rapidamente cancellato da il segnale di carica di entrambi gli schieramenti. Peter scese giù dal crinale insieme ai suoi, il suo unicorno bianco era un bagliore di luce in mezzo al luccichio sinistro delle armature. Era il segnale.
Sguainai la spada. “PER NARNIA!” gridai a pieni polmoni mentre mi lanciavo alla carica a mia volta, seguita a ruota dai miei centauri.
Ormai eravamo tutti una massa compatta di corpi che avanzavano a tutta velocità sull’erba, un’onda irresistibile che avanzava senza sosta, travolgendo tutto quello che trovava. Vedevo i nemici farsi sempre più vicini. Vedevo le loro zanne, i loro artigli, le loro spade e le loro asce ormai a pochi etri da me.
Tornerò da te, pensai. Poi, lo schianto.
 
Non capivo più nulla. Tutto era un turbinio infernale di lame, zanne e artigli. L’aria era intrisa dell’odore acre del sangue e del sudore e ben presto al mio fianco cominciarono ad ammassarsi i primi cadaveri. Io continuavo a menare fendenti contro gli assalitori, lottando per la vita che minacciava di abbandonarmi da un momento all’altro. In pochi minuti, avvertii in bocca il sapore del mio stesso sangue. Un minotauro mi aveva colpita sulla schiena. Il dolore mi accecò per pochi attimi, ma riuscii a rispondere in tempo, piantandogli la spada fra le corna e fuggendo via. Per un attimo, temetti di perdere i sensi, poi, inebriata dall’urlo selvaggio della vita che mi chiamava a sé, mi raddrizzai sulla sella e ritornai a combattere. Tutto quello era orribile, il peggiore dei miei incubi, l’inferno. Doveva finire, doveva finire. Ci fu un sibilo, poi tutto fu invaso dal fuoco. Qualcuno doveva aver scagliato una freccia incendiaria, isolando le armate nemiche. Un urlo di trionfo si levò dalle nostre truppe. Stavo già per richiamare i miei, quando un orrendo lampo di un azzurro accecante tagliò l’aria, spegnendo le fiamme con un gelido bagliore: Jadis stava avanzando in prima linea, pietrificando chiunque osasse intralciare il suo cammino.
“Ritirata! RITIRATA!” sentii urlare Peter.
Non avevamo altra scelta, erano troppi.
“CON ME!” gridai voltando Philip e galoppando verso le rocce.
La nostra fuga fu coperta da un nugolo di frecce scagliate dai nostri uomini, i quali abbatterono un gran numero di nemici. Noi ci arrampicammo il più veloce possibile sullo sperone roccioso, ma ciò non bastò a fermare i nemici: in pochi secondi, infatti, le truppe infernali erano alle nostre spalle, ormai in evidente vantaggio numerico.
“VIA!” gridai in preda al panico. “SALVATEVI!”.
Philip si inerpicò ancora più in alto, il collo bagnato di sangue e sudore, il fiato mozzo. Sotto di me, si udì uno schianto terribile, accompagnato pochi istanti dopo da un nuovo lampo azzurro. Con gli occhi carichi di orrore, mi costrinsi a guardare giù e per poco non caddi da cavallo: Peter era a terra e il centauro Oreius era stato appena trasformato in statua, proprio mentre stava per vibrare un fendente mortale alla strega, che ora avanzava inesorabilmente verso il ragazzo, completamente inerme.
“Devo fare qualcosa!” esclamai facendo per far voltare Philip, ma il cavallo si impuntò con decisione, rovesciando bruscamente la grossa all’indietro.
“No, Cate!” nitrì deciso. “Hai altri ordini! Pensa ai tuoi uomini!”.
“E tu ascoltai i miei, invece!” sbottai, speronandolo con decisione. “Se Peter muore, sarà stato tutto inutile! Muoviamoci, forza! FORZA!”.
Philip s’impennò risentito, poi corse giù, pronto a dare man forte al maggiore dei Pevensie. Il ragazzo stava affrontando un feroce corpo a corpo con un lupo mannaro e non si era accorto della strega che si stava avvicinando pericolosamente a lui, pronta a colpirlo alle spalle.
“Cate, guarda!” esclamò Philip, indicandomi con un brusco movimento del capo ciò che stava per succedere.
“A noi non la fai, demonio!” gridai io, lanciandomi contro di lei e attaccandola di fianco, finendole addosso.
La strega sussultò, colta di sorpresa, i suoi terribili occhi iniettati di sangue penetrarono i miei, afferrandomi per il bavero a trascinandomi giù dal cavallo. Caddi rovinosamente a terra, finendo supina ai suoi piedi.
“Che sciocca ragazzina” commentò saccente, mentre levava la bacchetta su di me. “Davvero pensavi di battermi con una mossa da quattro soldi? Davvero deludente”.
In tutta risposta, io le sputai sfacciatamente in faccia, cosa che fece aumentare ancora di più la sua furia omicida, facendola sembrare mostruosamente più alta e pallida di quanto già lo fosse.
“Piccola sudicia…” ringhiò, facendo per tramutarmi in un pezzo di pietra, quando tutto diventò azzurro, in un’esplosione fredda e accecante.
Rimasi immobile, gli occhi chiusi, convinta di essere stata pietrificata, ma il cuore che continuava a pulsarmi nelle orecchie mi costrinse a guardare, dal momento che, nonostante l’incantesimo, continuassi a rimanere imperturbabilmente viva. Il moncone della bacchetta cadde a pochi centimetri da me, facendomi schizzare in piedi con un moto di orrore. Un ragazzo esile si era frapposto fra me e la strega, fronteggiandola con coraggio dopo averle distrutto la sua arma peggiore.
“EDMUND!” urlai incredula.
Davvero mi aveva salvata? La gioia nel rivederlo di nuovo accanto a me svanì all’istante, rotta da un sinistro rumore sordo, come quello di un drappo umido che viene lacerato. La strega aveva immerso fino all’elsa la spada nella pancia del ragazzo, facendogliela uscire dalla schiena. Edmund emise un muto sospiro, gli occhi neri che imploravano pietà mentre quel mostro sfilava la spada dal suo corpo come se niente fosse, crollando ai miei piedi come un peso morto.
L’orrore che mi montò dentro si trasformò in un istante in un urlo selvaggio nel vedere lo sguardo perverso della strega che torreggiava su di lui, scagliandomi contro di lei a spada tratta, decisa a farla a pezzi e dilaniarla come lei aveva fatta con lui. Jadis rise e mi respinse con un fendente, colpendomi al fianco. Ruzzolai a terra, la mano premuta spasmodicamente sulla ferita, per fortuna superficiale, cercando di colpirla nuovamente, ma la Strega Bianca mi afferrò peri capelli, sollevandomi ad altezza vertiginosa dal suolo e facendo per passarmi da parte a parte con la spada, quando Peter le piombò addosso con tutte le sue forze, facendole mollare la presa. Caddi a terra come un sacco di patate, con la sgradevole sensazione di avere tutte le ossa rotte.
“VAI DA EDMUND!” mi gridò Peter mentre si difendeva da un affondo della strega.
Io annuii tremando e mi precipitai al suo fianco. Il ragazzo era ancora vivo, ma era pallido come un cencio e aveva il fiato mozzo per il dolore. Non osavo abbassare lo sguardo sull’orrenda ferita che aveva sul ventre.
“Ed” sussurrai, accarezzandogli la fronte.
Il ragazzo levò gli occhi su di me in un sorriso debole. “Cate…”. Le sue dita cercarono la mia mano.
“No! NO!”.
Lacrime bollenti presero a scorrermi sul viso, incapace di trattenere il dolore. Non sapevo cosa fare. Dovevo chiedere aiuto. Ma dove, in una battaglia dove se sei colpito devi morire?  Mi strappai un pezzo di tunica e cercai di tamponare disperatamente la ferita, ma tutto fu inutile. In un attimo, le mie mani furono lorde di sangue. “No!”.
“L’importante, è che alla fine siamo rimasti insieme” disse Edmund con la voce sempre più spenta.
Gli baciai la mano che continuava a tenere la mia. “Non lasciarmi” singhiozzai. “Ti prego. Io ti amo”.
Edmund fece un suono indecifrabile, accennando a un sorriso.
In quell’attimo, un fragore sinistro accompagnato da un urlo lacerante mi fece alzare lo sguardo di scatto. Peter era caduto a erra, una spada conficcata nel braccio, e ora la strega si preparava a finirlo. Stavo per aspettarmi il peggio, quando un poderoso ruggito scosse improvvisamente l’aria, facendo tremare la terra il cielo, scuotendo l’aria intrisa di morte.
“ASLAN!” gridai incredula, una gioia selvaggia che mi accendeva ogni speranza, cancellando ogni traccia di dolore e di rabbia.
E non era solo: dall’alto della roccia su cui era comparso, Susan emerse al suo fianco, l’arco teso verso l’esercito nemico, mentre Lucy sguainava il suo piccolo pugnale. Alle loro spalle, un vero e proprio esercito di ogni sorta di creature fantastiche si riversò nella valle, sgominando le creature della strega, che si dispersero disordinatamente nel capo di battaglia, cercando inutilmente scampo. Aslan ruggì di nuovo e si lanciò contro la Strega Bianca, atterrandola e sbranandola con le sue fauci. In pochi attimi, nella valle ritornò il silenzio.
“E’ finita” tuonò il grande leone, di nuovo sovrano di Narnia.
“Ce l’abbiamo fatta!” sussurrai, stringendo ancora di più la mano di Edmund, quando, di colpo, mi si gelò il sangue nelle vene. Il nano della strega era a meno di un metro da noi, levando l’ascia ridendo con la sua voce stridula. Ci fu un sibilo, poi la creatura cadde a terra, uccisa da una freccia. Un attimo dopo, Susan e Lucy erano al nostro fianco, seguite a ruota da Peter.
“Oh, mio Dio!” esclamò la maggiore, inginocchiandosi accanto al fratello e liberandolo dell’elmo per farlo respirare meglio.
“Mi dispiace” fu tutto quello che riuscii a dire.
Lucy si chinò su di lui e svitò un’ampolla piena di un liquido rosso sangue, riversandolo sulle labbra del ragazzo agonizzante. Edmund chiuse gli occhi, senza emettere più alcun suono, poi li spalancò improvvisamente, rivelando un sorriso sereno. Il sangue non c’era più e il ragazzo era perfettamente guarito!
“EDMUND!” fu il grido di gioia che lanciammo tutti all’unisono, sommergendolo nell’abbraccio più forte che il poveretto si fosse mai trovato a ricevere.
“Quando imparerai a fare quello che ti dico?” chiese Peter ridendo.
“Guardate!” esclamai al culmine della gioia.
Aslan era di fronte a noi, i suoi occhi d’ambra accesi da quello che sembrava un vero e proprio sorriso sornione. Si avvicinò con passi felpati a un fauno pietrificato, soffiandogli dolcemente sul capo. La creatura fu percorsa da un brivido, poi, miracolosamente, tornò alla vita.
“Coraggio,” disse il leone, voltandosi teneramente verso la piccola Lucy “ci sono altri che necessitano delle nostre cure”.
La bambina sorrise raggiante e lo raggiunse, ansiosa di guarire altri soldati con la sua pozione miracolosa. Noi restammo per un attimo a osservarli sparire lungo il pendio, poi Peter e Susan si levarono in piedi a loro volta, facendo per avviarsi anche loro.
“Beh,” commentò Edmund sorridendo “direi che è andata bene”.
Non seppi resistere oltre. “Tu…stupido…matto…mi…hai…fatto…prendere…un colpo!” e, senza starci a pensare oltre, lo baciai.
Edmund sgranò gli occhi per la sorpresa, poi, soffocando una risatina, mi baciò a sua volta, rimanendo lì, abbracciati su quel prato che solo due giorni prima ci aveva visti passeggiare l’uno accanto all’altra. Ci scostammo timidamente, soffocando un certo imbarazzo. Notai con la coda dell’occhio Susan che ci lanciava uno sguardo complice, ma non le diedi peso.
“E’ stato bello” balbettai, rossa come un peperone.
Edmund sorrise. “Mai quanto te, Cate”.
 
Eccomi qua! Piaciuto il capitolo? Devo dire che finora è stato quello che mi ha divertita di più!

Visto che alla fine si baciano? (La_la felicissima, immagino, o almeno ci provo!).

Ah, dimenticavo: SDENG!

Al prossimo (e purtroppo ultimo) capitolo!

Un bacio e grazie per il vostro sostegno!
 
 
           
 
 
 
 

   
 
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