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Autore: Franky91    12/03/2011    3 recensioni
Kagome e Inuyasha... incontrarsi ancora oppure separati per sempre?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La lettera

 

Kagome era in lacrime, non riusciva a smettere di pensare che l’unica cosa che avesse lasciato ad Inuyasha fosse una misera lettera. Solo quel piccolo pezzo di se stessa, tutto ciò che aveva potuto lasciargli.

Inuyasha era nella stanza di Kagome e disteso sul letto, si stava lasciando travolgere dal senso di perdita, di solitudine e dall’odore persistente della ragazza che riempiva la stanza.

Anche se il dolore era forte, Inuyasha non riusciva ad esternarlo, se lo teneva dentro e quello che aveva provato fin ora era nulla, rispetto a quel tremendo peso che gli schiacciava il cuore.

“Ma perché, se sapevi che stamattina sarebbe stata l’ultima volta, perché mi hai detto che ci saremmo rivisti?”, il mezzo demone non riusciva a darsi pace. Stringeva forte quella lettera, come se senza di essa non avesse potuto vivere.

Dopo molte esitazioni, finalmente Inuyasha si decise ad aprire la busta. La carta emanava un intenso profumo misto all’odore di lacrime. L’hanyou respirò a fondo quell’odore. Con la vista leggermente annebbiata, cominciò a leggere quelle parole, che adesso erano l’unica cosa che gli sarebbe rimasta di lei.

 

Caro Inuyasha,
mi dispiace di essere stata poco onesta con te, ma avevo bisogno della certezza che saresti tornato qui.
Sapevo di dover partire a mezzogiorno, ma prima non mi creavo molti problemi, poi il pozzo si è riaperto e tu sei ricomparso in carne e ossa nella mia vita.
Separarmi da te è un dolore fisico, è stato difficile evitare di dirti quando sarei realmente partita, è stato molto più doloroso della prima volta che è successa una cosa simile.
È stato difficile rivelarti ciò che provo davvero, sapendo di doverti spezzare il cuore con la mia imminente partenza.
Mi dispiace, ma partire per me è inevitabile, il nonno è stato il primo, anche nelle sue condizioni, a confortarmi per averti perso. Non dormivo, non mangiavo, passavo tutti i pomeriggi appoggiata al pozzo, nella speranza di rivederti, e tutte le notti rimanevo chiusa in camera a piangere, aspettando di vederti comparire davanti a me.
Ma tutte le mie speranze erano inutili.
Inizialmente, quando ti ho visto davvero, ieri sera, credevo che fosse tutto un sogno, talmente erano tante le volte che lo avevo immaginato. In quel preciso istante stavo sognando che la tua mano dolcemente mi accarezzava i capelli, poi quella sensazione si è concretizzata, perché tu eri davvero lì a compiere quel gesto.
Quando ti ho detto di essere l’unica ad aver parlato con il medico, non stavo mentendo. Quando ho trovato, durante le mie ricerche per poter aiutare il nonno, questo dottore romano, ho preso lezioni di italiano, per evitare che mia madre dovesse assumere un traduttore. Il nonno è gravemente malato, e ho paura che possa lasciare me, mia madre e mio fratello da un momento all’altro.
Mentre ti dicevo che sarei dovuta andare via, avevo un enorme peso sul cuore, ma quando quelle parole hanno lasciato le mie labbra, quel peso è aumentato, fino a schiacciarmi totalmente.
Non avrei mai voluto separarmi da te, lasciarti, proprio adesso che avremmo potuto vivere i nostri desideri, ma questo non è un addio.
È complicato finire queste poche righe, mi sento il cuore dilaniato dal dolore che sto infliggendo ad entrambi.
Orami sei uscito da questa stanza, proprio mentre i primi raggi di sole illuminano questo spazio, che senza di te mi sembra vuoto, la mia vita mi sembra inutile, senza di te.
Sei andato via da pochi minuti e già mi manchi da morire, le tue braccia forti che mi stringono, il tuo sguardo dorato che mi tranquillizza e in cui mi perdo ….
Ho paura che il nonno ci lasci e io non possa averti accanto per affrontare tutto questo.
Questi tre anni sono stati lunghissimi, come se non avessi vissuto davvero, come se avessi vissuto in apnea e la tua sola presenza mi potesse dare l’ossigeno di cui avevo bisogno.
Invece ora sono nella stessa condizione in cui mi trovavo prima.
Mi dispiace per tutto quello che ti sto facendo passare, ma non sono riuscita ad evitarlo.
Perdonami, ti prego.
Ti amo. Ti amo con tutta me stessa.
Prometto che mi metterò sempre in contatto con te, non voglio perderti nuovamente.
 
                                                                                                Mi manchi già
                                                                                                      Tua per sempre, Kagome.

 

Inuyasha finì di leggere quella lettera, mentre calde lacrime gli rigavano il volto. Si rannicchiò sul letto di Kagome e lasciò che la tristezza e il dolore gli permettessero di scivolare in un sonno in cui avrebbe potuto raggiungerla, nonostante la notevole distanza che adesso li avrebbe separati per un tempo indefinito.

Kagome aveva passato tutto il resto del viaggio in aereo in lacrime, abbracciata da sua madre che cercava di confortarla.

“Kagome, calmati. Lo rivedrai”, disse la signora Higurashi per cercare di placare il pianto della figlia, ma sembrava che niente riuscisse a fermare i lucciconi che le rigavano le guance.

“Mamma, non so come sono riuscita ad andare avanti senza di lui, lo amo …”, disse la ragazza ricominciando a piangere.

“Tesoro mio, se avessi saputo che lui era tornato, non ti avrei costretta a fare questo viaggio”.

“Mamma, tu non c’entri nulla. Sono stata io a scegliere. Ho deciso io di lasciarlo di nuovo. E rimpiango solo di avergli lasciato quelle poche misere righe, in questo momento le avrà già lette …” rispose la ragazza.

“Ascoltami, torneremo presto”, la signora Higurashi era sicura di quelle parole.

“Lo so, ma …. Ho paura di perderlo nuovamente e stavolta per sempre. E non voglio”, ribadì Kagome.

“Inuyasha che cosa ti ha detto della partenza?”, si informò la madre, riprendendo ad accarezzarle i capelli, per darle un po’ di conforto.

“Lui … lui non ha detto nulla. Era deluso e anche se non mi permetteva di vedere il suo viso sapevo che ci stava male. Mi abbracciava forte …”, raccontò  lei, riprendendo a singhiozzare.

Il viaggio Kagome lo concluse così, scesero dall’aereo e lei aveva gli occhi gonfi e rossi, sembrava che le lacrime si fossero placate, ma era solo una pura illusione.

Inuyasha non riusciva a controllare il dolore che lo stava soffocando, che non gli permetteva di respirare.

Suo fratello Sesshomaru, nell’epoca Sengoku, lo cercava dappertutto, perché aveva un’importante notizia da dargli, ma sembrava che il mezzo demone fosse scomparso. Sesshomaru, non sapendo più dove cercarlo, si diresse al pozzo, conosceva i profondi sentimenti che lo legavano a Kagome, e molto spesso lo vedeva seduto lì a fissare il vuoto per ore, magari sarebbe accaduto anche stavolta.

Giunto al pozzo, il demone percepiva l’odore del fratello, ma di lui non c’era traccia. Il pozzo sembrava deserto, quando percepì un dolore acuto. Quel dolore era fortissimo, e comprese che proveniva dal pozzo, il quale, come se avesse uno spirito, voleva che Sesshomaru raggiungesse il fratello, per infondergli coraggio, conforto per quella solitudine in cui si trovava.

Sesshomaru senza pensarci un momento, si calò nel pozzo; sperava che sarebbe rimasto lì, come accadeva al fratello, invece come se venisse risucchiato, si trovò sì all’interno del pozzo, ma gli odori che lo circondavano erano diversi, percepiva l’odore di Inuyasha, ma anche quello di Kagome.

“Come è possibile, ero convinto che solo quei due potessero attraversare questo pozzo”, sussurrò il demone cane.

Indeciso, alla fine si decise ad uscire dal pozzo e seguendo la scia di suo fratello, lo trovò nella stanza della ragazza, completamente rannicchiato sul letto e distrutto, gli occhi gonfi.

Non lo aveva mai visto così; silenziosamente gli si avvicinò attraversando la stanza e molto delicatamente si sedette sul letto accanto a lui.

Inuyasha avvertì l’odore di Sesshomaru, ma non si mosse dalla sua posizione.

“Inuyasha …”, disse il fratello con il tono meno glaciale del solito.

Lo chiamò ancora ma non ricevette alcuna risposta.

“Inuyasha, che ti prende? Non ti ho mai visto così …. È successo qualcosa a Kagome?”, chiese il demone maggiore.

Il mezzo demone, sentendo il nome di Kagome, cominciò nuovamente a piangere.

‘È partita solo oggi e già mi manca da morire. Come farò a resistere? Vorrei che fosse qui … ’, mentre pensava questo l’hanyou si guardò le braccia, quelle stessa braccia che avevano stretto il corpo di Kagome al suo, adesso erano vuote, abbracciavano solo l’aria.

Distolse lo sguardo dalle sue mani vuote, e posò gli occhi sul fratello.

“Che ci fai qui? Come sei riuscito ad attraversare il pozzo?”, chiese Inuyasha, ancora in preda al dolore lacerante.

“Sinceramente non lo so. So solo che ho seguito la tua scia e entrato nel pozzo mi sono ritrovato qui, e ti ho trovato in questo stato. Che cosa è successo? Perché sei così sconvolto?”, chiese il fratello al mezzo demone.

“Ehm ….  Il passaggio ieri sera ha ripreso a funzionare e quando l’ho vista, abbiamo parlato e poi …. Ma perché è andata via?”, finì sospirando Inuyasha.

Sesshomaru non sapeva come aiutarlo, non era esperto di questo genere di cose, non gli era mai capitata una cosa simile, quindi non sapeva da che parte cominciare.

‘Però, forse una soluzione c’è. Se io ho l’aspetto di mio padre, mio fratello ne ha preso il carattere e la dolcezza, oltre a quella parte di umanità che deriva da Izayoi. Quindi se facessi venire qui mio padre e la madre di Inuyasha, probabilmente saprebbero come aiutarlo ‘, pensò il demone cane, osservando l’espressione del fratello.

“Inuyasha”, disse Sesshomaru solennemente, “forse ho trovato il modo di farti conoscere nostro padre”.

Il mezzo demone, si mise a sedere e stringendo il cuscino di Kagome, come se fosse lei, guardò lo youkai.

“Ma come … Nostro padre non è morto? Io non posso avere la possibilità di fare una cosa simile”, disse Inuyasha in un sussurro.

“Invece si”, lo contraddì Sesshomaru, “C’è una possibilità e io li ho già riportati in vita”, affermò lo youkai.

“Li? Sesshomaru, ma non hai detto solo nostro padre? Allora perché parli al plurale?”, chiese confuso Inuyasha.

“Li, significa nostro padre e tua madre. Non potevo portarne in vita uno senza l’altra, e comunque credo che tu abbia bisogno di entrambi in questo momento. Io non sono in  grado, fratello, di darti una mano ad affrontare questa situazione …”, specificò il demone.

“Sesshomaru, e Rin?”, si informò Inuyasha.

“Rin, cosa? Che c’entra lei in questo discorso? E comunque adesso devo andare, Jaken mi da sempre problemi e devo tenerlo d’occhio, anche se è un fedele servitore”, cercò di essere vago.

“Si, si, certo. Jaken, eh?”, lo canzonò il fratello. Ma subito dopo il suo guardo si intristì.

Inuyasha aveva imparato grazie a Kagome molte delle cose che sapeva, come scrivere e leggere.

La tristezza lo avvolse nuovamente, non aveva più voglia di parlare, voleva essere lasciato solo con la sua solitudine, perciò, senza dire una parola di più, si ridistese sul letto, abbracciando il cuscino e facendosi inebriare dal profumo di Kagome che impregnava le federe.

Sesshomaru comprese che il fratello aveva bisogno di un po’ di solitudine, così tornò nell’epoca Sengoku per riferire al padre che Inuyasha stava male e che aveva bisogno di lui e di sua madre.

Kagome, in Italia, era sempre più depressa, non riusciva più a sorridere e quando suo nonno fu ricoverato in ospedale per tutti quegli esami di routine che il neurochirurgo voleva, non c’era giorno in cui si allontanava da lui. Il nonno di Kagome aveva un tumore molto difficile da curare, per il punto in cui era situato e cercando qualche cura alternativa era giunta lì, al dottore Martini, il quale le aveva assicurato che toglierlo sarebbe stato complicato ma non impossibile, come le avevano detto a Tokyo.

‘Sono sempre giù di morale, ma il nonno mi aiutava un po’, invece adesso sono sola, perché il tumore, si è formato in un punto un po’ strano del cervello, nel lobo frontale, quella parte del cervello che si occupa della memoria, delle emozioni e del comportamento? Il tumore si è totalmente integrato con le cellule cerebrali e ogni tanto il nonno non riconosce nessuno, forse è questo il motivo per cui gli sto sempre accanto. ‘, pensava Kagome, seduta a fianco del letto. ‘Ho paura, vorrei che Inuyasha fosse qui’, e mentre questi pensieri gli affollavano la mente, guardava il nonno dormire e gli stringeva delicatamente la mano.

Velocemente passarono le prime due settimane dalla separazione che aveva devastato i due giovani.

Inuyasha, finalmente, aveva incontrato il padre, Inu no Tashio, un demone alto, fiero, possente, ma anche gentile, comprensivo , che con la sua sola presenza aveva consentito al figlio di trovare un po’ di serenità, nell’immenso dolore che stava provando.

Inuyasha tutte le sere andava nella stanza di Kagome e vi restava finché i primi raggi del sole non illuminavano quello spazio vuoto.

Kagome si occupava del nonno e ogni tanto la madre le si avvicinava e le chiedeva di andare a dormire un po’ e farsi una passeggiata per Roma.

“Kagome, rimango io con il nonno, tu hai bisogno di dormire e poi … siamo in una bellissima città. Fai una passeggiata, forse ti farà bene”, le disse la madre.

Kagome si sentiva stanca, aveva bisogno di un bagno caldo. Salutò il nonno, che riposava sereno sul letto e si diresse all’uscita. I suoi pensieri erano sempre focalizzati su Inuyasha, su cosa stesse facendo ….

Giunta a casa, preparò un bel bagno caldo e asciugandosi bene i capelli scuri e lucenti, avvertì  la sensazione che Inuyasha fosse lì.

‘Non è possibile, si trova ad una distanza immensa. Forse mamma ha ragione, ho bisogno di una passeggiata, poi devo scrivergli.’, pensò la ragazza.

Si vestì e uscita dall’appartamento in affitto, vide Sota, il quale tornava dall’ospedale.

“Ehi, che cosa è successo?”, gli chiese.

“Nulla, il nonno non si ricorda di me. Parla solo delle leggende legate al tempio e ogni tanto nomina Inuyasha”, le rispose il fratello.

“Cosa? Pronuncia il nome di Inuyasha?”, chiese lei sorpresa. “Si, lo fa quando parla della sfera dei quattro spiriti. Sono preoccupato, sorellina. E se non ci fosse cura? La chemioterapia non ha effetto, se gli asportano il tumore …”, la ragazza vide gli occhi del fratello farsi lucidi.

“Sota, vedrai che il nonno si riprenderà. Abbi fiducia”, disse mentre abbracciava il fratello per confortarlo.

“Ascoltami, io sto andando un po’ in giro, vorresti venire con me?”, gli chiese Kagome, mentre ancora lo stringeva a sé.

“Sorellina, non voglio, non me la sento. Vorrei solo poter tornare a quando il nonno stava bene e avevamo ancora il fratellone Inuyasha per casa”, le disse lui.

Kagome a quella affermazione si irrigidì; Sota avvertì il cambiamento.

“Sorellina? Stai bene? Ho detto qualcosa …”, cominciò Sota.

“No, tranquillo. Non è nulla. È solo che anche io vorrei tornare indietro a quel tempo”, lo disse, mentre la sua voce si incrinava sulle ultime parole. ‘Tornare indietro, tornare da Inuyasha.’

“Ok, adesso vado a prendermi un gelato, sicuro che non vuoi venire?”.

“Si, Kagome, vai. Credo che tu abbia bisogno di stare un po’ da sola”, disse, mentre le ultime parole erano intrise di comprensione. Anche a lui mancava Inuyasha, ma Sota non sapeva che lui era tornato davvero, Kagome non aveva avuto il coraggio di dirgli che lo aveva rivisto, non voleva che lui soffrisse ancora e portasse un carico più pesante del fardello che era loro toccato.

Separatasi dal fratello, Kagome cominciò a camminare per Roma, non riusciva a godere a pieno quella città che la stava dividendo in due. Giunta in Piazza di Spagna, si fermò a comprare un gelato, e in quel momento cominciarono i veri problemi.

Un ragazzo, Tommaso Giglio, osservava quella ragazza orientale, non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Quando la vide che si fermava per prendere un gelato, le si avvicinò.

“Salve”, disse con fare seducente.

‘Oh mio …. Io penso all’amore della mia vita e ora arriva questo bell’imbusto.’, pensò la ragazza, prima di rispondere.

“Buon giorno”, calma e cortese.

“Lo sai che sei davvero carina”, le disse Tommaso.

“Grazie”, rispose semplicemente Kagome. “Piacere, io mi chiamo Tommaso”, si presentò lui.

“Piacere mio, Kagome”, disse la ragazza, “Scusa ma devo andare, piacere di averti conosciuto”.

Detto questo si allontanò in direzione dell’ospedale in cui era ricoverato suo nonno.

Tommaso non demordeva e pensava ‘Kagome, bel nome, davvero bel nome. Devo riuscire a conquistare quella ragazza.’, così le andò dietro, notando che entrava in ospedale, la seguì e quando la vide entrare in una stanza, la raggiunse e si fermò sulla soglia di questa.

“Nonno, sono tornata, la mamma dove è andata?”, chiese la ragazza al signore sul letto.

“Kagome, dov’è Inuyasha?”, le pose quello che doveva essere il nonno.

“Nonno, ma che dici. Inuyasha non è qui”, Tommaso avvertì il dolore in quelle parole.

‘Che questo ragazzo fosse il suo fidanzato? E anche se fosse, io non mi arrenderò!’, pensò il ragazzo, rimanendo ad origliare la conversazione.

“Nonno, perché cerchi Inuyasha?”, chiese la ragazza.

“Devo dirgli una cosa importante”. “Nonno, non siamo al tempio, non posso chiamare Inuyasha, beh, per la verità …”, pronunciate questa parole, Tommaso vide Kagome accasciarsi in lacrime e lasciarsi abbracciare dal nonno disteso sul letto, “Vorrei che lui fosse davvero qui; mi sento persa, spaesata, vorrei solo guardare ancora quelle sue iridi dorate, per tranquillizzarmi e non pensare alle cose peggiori che potrebbero succedere”, singhiozzò lei.

‘Allora ci tiene davvero a questo tizio.’, continuando ad origliare.

“Nipotina mia, torna in Giappone”, le disse il nonno, “Qui tuo fratello si sta un po’ ambientando e tu non puoi continuare ad autodistruggerti solo perché vi siete separati nuovamente”, terminò l’anziano signore.

Kagome sollevò la testa per guardarlo meglio “Nonno, ma come fai a sapere che è tornato?”, lo shock le si leggeva sul viso.

“Dimentichi che ho gestito per molto tempo il tempio e mi accorgo quando il pozzo funziona o no”, concluse prima di chiudere gli occhi.

Tommaso non poteva più stare a guardare quella ragazza così carina che soffriva così tanto, quindi preso un foglio dallo zaino, le lasciò un bigliettino accanto alla porta, dicendole che si potevano incontrare nuovamente in quel bar a Piazza di Spagna.

Kagome dopo aver parlato con il nonno, si sentiva a disagio. ‘Si è accorto di tutto, pur stando così male si è preoccupato per me, per il mio cuore ormai a brandelli.’.

Qualcuno interruppe i suoi pensieri bussando alla porta. Un’infermiera entrò e disse.

“Mi scusi, signorina, ma hanno lasciato questo foglio davanti questa stanza e siccome c’è scritto Kagome sopra credo che sia per lei”.

“Grazie”. “Come sta oggi? È cosciente oppure confonde ancora le persone e le date?”, si informò l’infermiera.

“Cosciente, anche fin troppo. Poco fa ha chiuso gli occhi per dormire un po’”.

“D’accordo. Tra un paio d’ore dovrebbe venire il medico per visitarlo”, mi informò lei.

Teneva ancora in mano quel bigliettino, non sapeva chi l’avesse scritto e aveva paura a leggerne le righe. Quanto avrebbe voluto avere Inuyasha al suo fianco.

  
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