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Autore: Jales    12/03/2011    6 recensioni
La spada le ferì lievemente la gola ed un rivolo di sangue le colò giù sulla pelle.
- Giuralo allora, sul tuo sangue e in nome dell'angelo. -
Clary non aveva vie d'uscita: era stata sciocca a dire quelle parole senza pensare. Ma d'altronde, se voleva vivere, non poteva far altrimenti.
- Lo giuro. -
- Giuri di perseguire la mia causa fino alla morte, senza indugio alcuno? -
- Lo giuro. -
Un attimo di pausa, poi le parole che l'avrebbero legata a quel giuramento in modo strettamente vincolante.
- In nome dell'Angelo? -
Clary respirò profondamente, prima di rispondere.
- In nome dell'Angelo. -
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Valentine Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Shadowhunters - The city of the broken mirror
Capitolo 3 - La terra al di là dello specchio
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Delle ali.
Bianche, grandi, talmente belle da sembrare irreali.
Clary allungò il braccio tentando di sfiorare quelle piume dall'aspetto morbidissimo, sul volto dipinta un'espressione di meravigliata contemplazione.
L'angelo sollevò le palpebre sulle orbite vuote, spalancò la bocca in un grido muto.
Clary arretrò, atterrita.
Sta arrivando, Clarissa Fray.
Inciampò, cadendo all'indietro e atterrando sul duro cemento di schiena.
Cercalo dove lo hai lasciato, seguilo.
Il volto dell'angelo era ancora bello, osservò Clary mentre lo scrutava chinarsi su di lei, era ancora terribilmente affascinante nonostante fosse devastato.
Confido in te.
La figura dell'angelo si frantumò in milioni di schegge e, come quella terribile notte, un mare di frammenti di vetro si abbatté su Clary.

Si svegliò ansimando pesantemente, la testa che le doleva.
Non avvertiva nessun rumore nella casa. Nemmeno un fruscio.
Clary si alzò con un movimento meccanico, barcollando insicura per poi aggrapparsi al bordo del letto per non cadere.
Allungò il braccio avanti a sé, poi azzardò un passo malfermo, incerto.
Ora c'era qualcosa che doveva fare.
Avvertì il legno sotto i polpastrelli, quello dell'armadio che più volte aveva sentito Jace aprire.
Le ante cigolarono lievemente quando scivolarono sui cardini, ma a Clary sembrò un lamento: lo stesso lamento che la bocca muta dell'angelo aveva urlato.
Deglutì, titubante.
Dopotutto era solo un sogno, forse frutto delle sue fantasie di poter essere ancora utile, di poter fare ancora qualcosa che potesse aiutare Jace e gli altri contro Valentine.
In quelle due settimane aveva spesso creduto di poter sconfiggere Valentine, di poterlo fare al fianco di Alec e Isabelle, di Luke -di Jace.
Ma il silenzio della casa testimoniava che era rimasta indietro, troppo indietro. Li vedeva lontani, irraggiungibili, nei suoi sogni.
Erano in missione senza di lei, non era nemmeno la prima volta.
Fece una smorfia, Clary, stringendo fra le dita le ante dell'armadio fino a farsi male alle dita.
Fantasia o no, avrebbe seguito l'angelo.
A ogni costo.

Aveva impiegato poco a trovare la divisa da Cacciatrice.
Isabelle aveva detto che Jace l'aveva messa nell'armadio -Clary aveva saputo solo da poco che volevano dargliene una. Ormai era una Shadowhunter, aveva asserito Isabelle, quindi doveva essere una Nephilim come loro.
Ma questo prima che lei perdesse la vista.
La verità era che Jace l'aveva messa nell'armadio perché pensava che, ormai, non le sarebbe più servita. Forse fu questo a fargliela cercare e a convincerla ad indossarla.
Lei non era morta, poteva ancora combattere -e l'avrebbe fatto. Anche da sola, se necessario.
Perché il desiderio di riabbracciare sua madre, di saperla libera e senza la minaccia di Valentine era ancora vivo in lei. Come quello di sapere che suo padre non avrebbe più interferito con la sua vita, con quella di Jace e Jocelyn e Luke, che finalmente avrebbe avuto una vera famiglia e avrebbe potuto vivere serena. I desideri di una ragazza che ancora credeva fermamente che fosse possibile essere in pace con gli altri e con sé stessi.
Ed era con questi pensieri che aveva avvertito il tessuto elastico scivolarle sulla pelle, l'aveva sentito adattarsi a lei perfettamente.
Poteva quasi vederlo, il nero del tessuto, lucido e scuro, sentiva lo stilo di sua madre premerle sulla pelle attraverso il tessuto.
Sorrise.
Ora non rimaneva che prendere le armi.

Aprì la porta lentamente, la concentrazione massima per cogliere qualsiasi rumore di passi.
Un miagolio improvviso la fece sobbalzare.
- Church - Sussurrò, sollevata che fosse solo il gatto e non qualcun altro.
Un altro miagolio, più insistente, un poco più fioco di prima; - Dove vai, Church? -
Il gatto soffiò, irritato, per poi miagolare ancora più forte: sembrava impaziente.
Clary appoggiò la mano sulla parete, dirigendosi lentamente verso dove aveva sentito provenire il miagolio. Church miagolava, continuando ad allontanarsi: non correva, anzi sembrava quasi che volesse farsi seguire.
Clary respirò a fondo per calmarsi.
- All'armeria, Church. Dovrò pur difendermi -
Un verso irritato le fece capire che il gatto sapeva già dove doveva condurla: Clary avrebbe scommesso che sul muso di Church era stampata un'espressione di rimprovero e di vaga impazienza.
Sorrise di nuovo, continuando a seguire l'animale.

Arrivare a destinazione non era stato poi così difficile, ma quello era solo l'inizio.
Cosa doveva fare, starsene con le mani in mano mentre Valentine tornava? No, non avrebbe permesso che suo padre distruggesse ancora il suo mondo...
Era estremamente egoistico quello che stava facendo, Clary ne era consapevole. Come lo era di essere cambiata, di non essere più la stessa: neanche mentendo avrebbe potuto affermare di essere rimasta ancora la Clary Fray che aveva lottato al fianco di Simon, Luke e Jace contro Valentine. Il suo mondo era cambiato, si era oscurato dopo il sigillo di Valentine, e ciò l'aveva distrutta lentamente, giorno dopo giorno.
In fondo lo sapeva, ma lo negava con tutta sé stessa. Voleva ancora credere di essere la Clary Fray di prima.
Perché quello che faceva più male era aprire gli occhi la mattina e non vedere nulla, poter solo sognare i volti di coloro che aveva amato... I ricordi sbiadiscono, con il tempo, diventano lontani e irraggiungibili, e nonostante lei vi si fosse aggrappata con tutte le sue forze le erano scivolati via dalle dita. Lei si era ritrovata ad amare qualcuno di cui non ricordava il volto.
Jace...
O forse il suo era un bisogno di sentirsi ancora forte a farle fare quella pazzia, quella speranza di potersi riscoprire ancora Cacciatrice: di sentire di nuovo quell'effimera sicurezza che aveva provato impugnando lo stilo di Jace e lottando contro Valentine.
Avanzò, facendosi strada con il bastone teso davanti a sé: era stata una buona idea quella di prendere un bastone. Almeno avrebbe potuto muoversi un poco meglio, senza rischiare di inciampare ovunque.
Ricordava bene l'edificio dove Valentine si era rifugiato l'ultima volta, dove lei e Luke erano andati a cercarlo insieme al branco: ricordava il prato pieno di querce e la elaborata struttura in stile neogotico chiaramente, nitide immagini nella sua mente.
Sospirò pesantemente: la ricerca sarebbe stata lunga.
Sapeva dov'era la stanza che cercava, il problema era arrivarci.

Stava camminando da quelle che le sembravano ore: le dita scorrevano su muri che le sembravano tutti uguali e lei si sentiva come in un labirinto dal quale non c'era uscita.
Dopo una rampa di scale, all'improvviso, qualcosa cambiò.
Non appena posò il piede nella stanza, udì uno scricchiolio sinistro: tenendosi al bastone fece scorrere la mano sul freddo pavimento, percependo qualcosa di tagliente.
Lo tastò, riconoscendone la consistenza, e lo afferrò: un pezzo del portale.
Era arrivata.
Mise in tasca il frammento di specchio appoggiandosi di nuovo al muro e avanzando lentamente fino a che le sue dita non incontrarono qualcosa di duro e freddo, di metallo.
Strinse le labbra, Clary, perché ormai era a un passo dalla sua meta.
Estrasse lo stilo di sua madre, rigirandoselo per un attimo fra le dita e perdendosi in ricordi della madre, per poi appoggiarlo sul metallo.
Apri.
Le linee apparvero davanti a lei, lo stilo che disegnava linee che sembrava già sapere.
Una piccola runa dal grande potere.
Apri.
La scheggia di specchio nella sua tasca vibrava, mentre un rumore simile a quello che il portale aveva fatto rompendosi si diffondeva nell'aria.
Clary prese il frammento dalla tasca, ma non appena lo ebbe tra le mani questo le venne strappato via da una forza invisibile.
Sorrise.
L'improvviso silenzio le fece capire che finalmente il Portale era di nuovo intatto: si fece scivolare lo stilo in tasca, la mano tremante, e poi si mise davanti al grande specchio dalla cornice dorata.
Allungò una mano, deglutendo nervosamente, poi fece un passo avanti verso l'ignoto.
No, non verso l'ignoto.
Verso Idris, verso Valentine.
Fece per voltarsi, Clary, ma si trattenne.
Sarebbe tornata da Jace: non era un addio, solo un arrivederci.
Un battito di ciglia e il Portale la portò via da New York.

La terra sotto di lei era dura, l'erba umida.
C'era odore di pioggia nell'aria, ma il calore del sole che le bruciava sulla pelle le suggeriva che il temporale era passato.
Un lieve vento faceva frusciare le foglie degli alberi e portava odore di caprifogli, le api ronzavano poco lontano.
Era tutto come l'ultima volta che l'aveva visto, dietro Valentine.
- Clarissa -
Clary strinse le labbra, di nuovo: anche la sua voce non era affatto cambiata.
- Valentine... -
  
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