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Autore: herms    12/03/2011    3 recensioni
Uno spaccato della vita di Andromeda Black, con le sue riflessioni e una panoramica sul suo rapporto con la sua famiglia, a partire da sua figlia ancora bambina.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Nimphadora Tonks, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa storia ha partecipato al contest Olimpo, indetto da Vogue91 e si è classificata settima con un punteggio di 67 su 70.


Allora eccomi qui con un'altra storia. E' uno spaccato della vita di Andromeda Black, e racconta le sue riflessioni in un pomeriggio d'estate.

Ci si a fine capitolo,

Herms :)



MY LITTLE BUTTERFLY.


- Ninfadora, fermati! - gridò una giovane donna dai lunghi capelli castani, correndo a perdifiato lungo il vialetto del suo giardino, e inseguendo una piccola peste dai brillanti capelli blu.

Era estate, e la bambina aveva deciso che inseguire le farfalle per il cortile era un gioco molto più divertente rispetto al suonare il pianoforte con sua mamma.

Mentre circondava una farfalla con le mani, i suoi capelli si accesero di un arancione intenso, e entusiasta corse incontro ad Andromeda che stava ancora cercando di raggiungerla, inciampando ripetutamente nella lunga gonna azzurra.

- Mamma, mamma! - esclamò la bambina quando la raggiunse – Una farfalla! Guarda com'è bella! - aprendo un poco le mani per mostrarle la sua conquista.

Andromeda, col fiato corto per la corsa che aveva fatto dopo essersi accorta che la bambina non era più accanto a lei, per quanto volesse rimproverarla, non riuscì a impedire che un dolce sorriso le illuminasse il viso.

Si piegò sulle gambe, così da arrivare all'altezza dei suoi occhi.

- E' bellissima – le disse – ma non credi che se fosse libera lo sarebbe ancora di più? - chiese, ripensando a come una frase molto simile a quella le fosse stata detta tempo prima da quello che poi era diventato suo marito.

La bambina ci pensò su qualche attimo, e poi sospirando triste, aprì del tutto le mani, lasciando volar via la farfalla. Quella girò per un po' attorno alle due, si posò per un attimo tra i capelli della bambina, e poi scomparve dietro un cespuglio, mentre Dora la salutava con la manina. Dandole un bacio in fronte, Andromeda la riportò verso casa.

La bambina corse sul prato saltellando allegra tra un cespuglio e l'altro, alla ricerca di un nuovo compagno di giochi. Ogni volta che le pareva di vedere qualcosa di interessante, il suo viso si illuminava, e i capelli cambiavano colore.

Ad Andromeda veniva da sorridere guardandola. Ancora le sembrava impossibile che quel piccolo miracolo un po' imbranato fosse suo, ma soprattutto che provenisse dalla famiglia Black.

- Certo che a volte la natura è generosa nei suoi insensati esperimenti sul genere umano – bisbigliò volgendo gli occhi al cielo e scrutando le nuvole che lo attraversavano.

Com'era possibile che una famiglia, una discendenza come quella, avesse generato delle persone belle come Sirius, il suo cugino preferito, e la sua piccola? E allo stesso tempo qualcuno come sua sorella Bellatrix? O meglio, ciò che restava di sua sorella, che la pazzia non aveva ancora distrutto completamente. Sua sorella... era stata di così cattivo esempio per Narcissa che l'aveva rovinata. Narcissa... lei non era sempre stata così simile a Bellatrix. Quando erano piccole, Cissa, era la più buona di tutte loro. Certo, faceva tutto ciò che le veniva detto dai loro genitori – cosa che Andromeda aveva sempre rifiutato – ma mostrava un animo eccezionalmente gentile, che le si rifletteva negli occhi, come in Dora.

Tutto però aveva cominciato a precipitare quando lei era dovuta andare a scuola, e Narcissa era rimasta a casa da sola con i loro genitori. Quando era tornata, ogni cosa era cambiata: l'aveva trovate distante, lontana, e la luce nei suoi occhi era sempre più cupa. E qualche anno dopo si era innamorata di quel Lucius Malfoy – che Andromeda aveva odiato da subito – e sembrava aver completamente soppresso la sua coscienza, relegandola in un angolo del suo animo.

Ma Andromeda era profondamente convinta che sua sorella un giorno, avrebbe fatto una scelta che l'avrebbe reindirizzata verso la giusta strada, e che qualcosa in lei si sarebbe risvegliato. Probabilmente non sarebbe più stata veramente quella di un tempo, ma nemmeno la brutta copia di Bellatrix.

Una lacrima scese lungo la sua guancia.

Le mancava sua sorella, cavolo se le mancava.

- Mamma? - chiese una vocina debole, riportandola alla realtà – perchè sei triste? -

- Non è niente piccola, è solo tanto che non vedo una persona. - le spiegò scompigliandole i capelli, e facendola sedere accanto a lei sul prato.

- Perchè? -

- Non... crediamo più nelle stesse cose – disse Andromeda sorridendo triste. - Adesso basta però. Andiamo dentro, è quasi ora di pranzo -

La bambina saltò in piedi e corse dentro casa, chiamando a gran voce il suo gatto, che dormiva tranquillamente sul divano.

Andromeda si fermò a raccogliere i giochi che erano rimasti sparsi per il cortile, dopo il passaggio di quel tornado di sua figlia.

Al cancello vide una sagoma che faceva un cenno di saluto con la mano. Assottigliò lo sguardo cercando di veder meglio, e quando riconobbe chi era, fece segno di entrare, un po' stupita da quella visita.

- Ciao Andromeda -

- Ciao Sir – lo salutò lei abbracciando il suo cugino preferito – come mai qua? Non eri da James? -

- Sì, però lui è andato a trovare la Evans facendo finta di capitare lì per caso, e non avevo voglia di essere schiantato con lui – scherzò il ragazzo.

- Sir, cosa è successo davvero? - domandò Andromeda seria.

- Ieri ho visto Regulus. - ammise il ragazzo – e non avevo voglia di parlarne con James, lui mi proporrebbe di schiantarlo, ma ho bisogno di tempo per questo – sdrammatizzò il bruno.

- Vieni dentro che mi racconti tutto. Dora è già di là. -

- D'accordo. E grazie cugina – sorrise triste.

Ad Andromeda salì una rabbia indescrivibile ascoltando il racconto di Sirius quel pomeriggio. Il suo odio verso quelle mentalità chiuse, ma soprattutto verso Voldemort crebbe a dismisura. Quell'uomo – se così poteva essere definito un tale pazzo – stava rovinando le vite di tutti. Stava separando amici, famiglie, perchè così sarebbe stato tutto più facile per lui.

È meno complicato liberarsi di qualcuno quando è solo, perchè non ha più nessuno a cui appoggiarsi. Questo era il suo gioco e solo in pochi l'avevano capito.

Dovevano restare uniti, insieme potevano resistere.




Fine :)

Devo dire che non ho lavorato molto su questa storia prima della consegna al contest, ma sono abbastanza soddisfatta. Avevo proprio bisogno di cambiare soggetto di scrittura, anche per crescere come autrice.

E questo è tutto, direi.

A presto,

Herms <3

   
 
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