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Autore: cruelfeline    13/03/2011    10 recensioni
Dopo la battaglia con il Chimero dei sogni, Strawberry non riesce a smettere di pensare a Ghish, nonostante il suo amore per Mark. Cosa succederà, quando Ghish, ferito, si rivolge a lei per farsi curare, mettendo alla prova i veri sentimenti della ragazza? TRADOTTA DA BEBBE5
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: scusatemi per l’immenso ritardo, ancora una volta. A questo proposito, volevo dirvi che mi sono messa a tradurre tutta la fiction, un capitolo dietro l’altro, e, finalmente ho terminato il mio lavoro. Gli aggiornamenti avverranno quindi ogni settimana. Mi sembrava assurdo continuare ad aggiornare ogni 5 mesi, non era giusto per voi. Scusatemi ancora.

Vorrei ringraziare tutte coloro che hanno recensito e che mi hanno mandato dei messaggi affinché continuassi il mio lavoro. Grazie mille per il sostegno e la pazienza.

 

Capitolo 12

Stava morendo.

Questo fu il primo pensiero che, con cautela, fuoriuscì dall’abisso del sonno quando la carezza di un panno fresco ed umido sulla sua guancia lo svegliò.

Ghish non ebbe bisogno di rimanere lucido a lungo per vedere le striature delle lacrime sulle guance di Strawberry, o la gelida disperazione nei suoi occhi velati. Si accorse velocemente, piuttosto velocemente per uno nel suo stato, che era peggiorato, la febbre si era alzata, il respiro era diventato più flebile e la ragazza era spaventata. Terrorizzata. Totalmente, disperatamente, terrorizzata perché tutto ciò che vedeva era il giovane alieno soffrire e morire lentamente.

Penso che… sia la fine, allora…?

Se doveva morire, si accorse all’improvviso, che solo un’ultima cosa era importante. Solo una…

Le ore passarono. Ore spese ad ascoltare l’alieno gridare forte delirando nel sonno, ore di futili tentativi per tenere sotto controllo la sua temperatura che continuava a salire imperterrita, ore di continuo, doloroso peggioramento avevano fiaccato le forze di Strawberry al punto che le ci vollero alcuni momenti per registrare il lievissimo tocco sulla sua mano sinistra, e pochi istanti per capire che il tocco proveniva dalle dita tremanti di Ghish.

Per poco non ritrasse bruscamente la sua mano, tanta era la sorpresa, ma riuscì a rimanere ferma mentre l’alieno lentamente, cautamente, muoveva la sua mano su quella di lei ed arrotolava le sue dita attorno al suo polso. Lo shock non fece altro che acuirsi quando lui cominciò ad usare le sue ultime forze per tirarsi su.

Si stava tirando su, o stava cercando di tirare giù lei?

Entrambe le cose, a quanto sembrava, ed in quel momento gli occhi di lei scattarono sul volto di lui.

Quelle orbite dorate la fissarono di rimando, opachi per la debolezza, eppure ancora luccicanti per una morente scintilla di speranza mentre le sue labbra screpolate si separavano e la sua voce, un flebile, raschiante sospiro, ruppe il silenzio.

“Un… un altro… Strawberry…” i suoi occhi quasi si serrarono quando prese un respiro poco profondo. “Ti prego.. solo un altro.. prima…”

Si interruppe, mentre le sue ultime riserve di energia si dedicavano ad un ultimo tentativo di tirarsi su, di..

Strawberry emise un singhiozzo strozzato quando comprese le sue intenzioni, e quel pensiero la fece quasi accasciare.

Mentre il suo debole tirare il suo polso continuava, mentre lui ansimava in quell’ ultimo, disperato sforzo, la sua mente riusciva solo a focalizzarsi su un pensiero paralizzante.

Sta soffrendo, morendo a causa mia, e tutto ciò che vuole... tutto quello che riesce a chiedere prima di….

Si ritrovò a prendergli dolcemente la mano e a portarla al suo volto, premendola sulla sua guancia, mentre un sorriso colmo di lacrime prendeva il posto del rigido shock sulla sua faccia. Prima che lui potesse anche solo parlare, lei scosse la testa, con gli occhi fissi nei suoi. La scosse ancora e ancora, anche quando le lacrime le riempirono gli occhi e caddero, non notate dall’alieno steso nel letto.

“No, Ghish” mormorò, e la sua voce era bassa, stanca e debole quanto quella di lui, mentre lei vedeva una pesante delusione oscurare ancor più i suoi occhi. Ma il suo sorriso rimase, anzi crebbe, mentre le dita di lui le accarezzavano lievemente la tempia, quasi provando ad attirarla un’ultima volta. Emise un verso strozzato, a metà tra un singhiozzo ed una risata, mentre lui tentava di tenere gli occhi aperti e si sforzava di porle una semplice domanda:

“Perché?”

Lei ridacchiò allora, producendo un suono impregnato di lacrime. Strawberry ridacchiò perché la sua richiesta era così ridicola. Era probabilmente la più assurda che la sua mente avesse mai ricevuto e, nella sua stanchezza, poteva difficilmente trattenersi dal ridere debolmente mentre le lacrime affondavano sul copriletto.

La sua presa sulla mano di lui si rafforzò e lei la premette dolcemente sulla sua guancia, permettendogli di giocare con i suoi capelli, mentre i suoi occhi si fissavano in quelli di lui: tutto il calore e la compassione che poteva provare brillavano attraverso le sue iridi rosa (NdT: lo so che gli occhi di Strawberry sono marroni, ma la scrittrice ha scritto “pink irises”, quindi che dovevo fare?) e gradatamente scioglievano tutta la disperazione che sentiva.

“Ghish.” Mentre pronunciava il suo nome, poteva sentire le sue unghie lunghe  sfiorarle la pelle e la nuova sensazione portò una nuova ondata di tenerezza al suo sguardo. Mosse la sua propria mano su quella di lui, premendo il palmo sulla sua guancia mentre un’incredibile dolcezza prendeva possesso della sua voce.

“Ghish.” La sua voce portava nuova fiducia nella sua gentilezza, una fiducia che gli rese più facile respirare, fece cessare un po’ i suoi tremiti, mentre ascoltava quella voce sussurrante.

“Non ti bacerò, Ghish.” Le parole lo avrebbero distrutto se il suo tono non fosse stato così pieno di pura compassione, se i suoi occhi non avessero brillato di quella tenera emozione nella quale lui aveva sempre sperato, eppure mai sperato. Quella mano calda a contatto con la sua, e poteva sentire una sacra forza scorrere da lì, scorrere in lui mentre quegli occhi fissavano i suoi.

Strawberry gli accarezzò la tempia con il retro dell’altra mano, muovendola verso la sua fronte e spostando le ciocche sudate da lì prima che la voce le ritornasse.

“Perché tu non morirai.”

Quell’affermazione era tutto ciò di cui Strawberry aveva bisogno per fuggire dalla sua profonda disperazione.

Lui non sarebbe morto. No. Certo che no. Il pensiero era stupido, assurdo, e lei ne rise silenziosamente, mentre continuava a passare le dita tra i suoi capelli.

“Tu non morirai,” sussurrò di nuovo, una conferma, una ardita, fiduciosa dichiarazione di guerra contro la ferita e la febbre.

Non lo avrebbe lasciato andare.

Non così.

Mai..

Non quando la sua mente stava nuotando… no… annegando nelle nuove possibilità che comprendevano quella delicata parola che cominciava per “A”.

Non l’avrebbe permesso in alcun modo, non adesso, quando aveva finalmente realizzato, finalmente compreso pienamente tutto.

La sua fiducia era riposta in lei, e per nessuna diavolo di ragione l’avrebbe gettata via.  Non dopo tutto quello che lui aveva fatto. Non dopo che lui aveva risvegliato quelle sconcertanti, terrificanti, astruse, meravigliose domande, quelle curiose possibilità nella sua psiche, una psiche che era così totalmente concentrata su una sola domanda, che lo shock di scoprirne due era stato un doloroso schiaffo che l’aveva risvegliata come niente aveva mai fatto prima di allora.

“Torna a dormire Ghish,” mormorò e l’alieno ubbidì subito. Lo fece senza replicare, perché aveva sentito quello stesso slancio di fiduciosa sicurezza che aveva rianimato la ragazza. Un sorriso stanco gli abbellì le labbra, apparendo quasi come una smorfia provocatoria, mentre chiudeva gli occhi.

O forse non

Strawberry attese qualche istante prima di stabilire che Ghish sarebbe abbastanza bene.

Un minute più tardi, si era alzata dal letto ed aveva il suo cellulare in mano. Dopo aver lasciato la stanza, si fermò sulla soglia e cominciò a scorrere la sua rubrica.

Aveva bisogno di aiuto.

Non sarebbe morto, non sarebbe mai morto così, ma aveva bisogno di aiuto.

Chi chiamare? Si morse il labbro, mentre un’improvvisa serietà prendeva possesso di lei. Aveva bisogno di qualcuno che sapesse cosa fare: questo era certo. Ryan? No, non si sarebbe di certo mosso per aiutare un alieno. Mina? Lo stesso. Pam? Era tutto così errato che quasi le venne da ridere di nuovo.

Continuò a scorrere, finché una voce risuonò nella sua mente stressata.

Sembra che queste persone abbiano dei sentimenti…

Un urletto, non una risata, le scappò prima che cominciasse a digitare il numero. Perché non ci aveva pensato prima?

Ti prego rispondi…ti prego… sei la sola—

Bingo! Il cuore di Strawberry sobbalzò quando lei udì la timida voce di Lory.

“Moshi moshi?”

Per un attimo la ragazza si bloccò. Cosa avrebbe detto? Ciao Lory, ho bisogno che tu mi dia una mano per salvare un alieno che sta morendo in casa mia, potresti venire entro i prossimi 10 minuti?

In qualche modo, sentì che non poteva spiegare tutto per telefono. Non poteva rischiare un rifiuto. Mentre cominciava a sudare freddo, tutto d’un tratto incredibilmente nervosa, balbettò.

“L-Lory? Sono… sono Strawberry—“

Lory non era una che interrompeva, non lo era mai stata.

Eppure si accorse dell’intensa incertezza nella voce dell’amica e la sua innata compassione uscì immediatamente fuori.

“Strawberry? Qualcosa non va?”

Malgrado la situazione, Strawberry sorrise: Lory era di sicuro la persona giusta da chiamare.

Sembra che queste persone abbiano dei sentimenti…

Deglutì, mentre quell’affermazione le ridava fiducia.

“Lory, ho bisogno che tu venga a casa mia ok? Per favore?”

Poteva praticamente vedere la preoccupazione nello sguardo di Lory.

“Va tutto bene Strawberry? Devo chia...”

“No! No, Lory, non chiamare nessuno. Vieni qui e basta! Vieni qui e....”

Strawberry fu totalmente sorpresa nel ritrovarsi a pensare chiaramente. C’è niente di cui ho bisogno..? La sua mente stilò immediatamente una lista: medicine… no, coperte… ne aveva un sacco… cibo… ecco, non ne avrebbe fatto a meno. In effetti, il pensiero di lasciare Ghish da solo per andare a cercare qualcosa da mangiare le faceva venire la nausea, quindi fece rapidamente la sua richiesta.

“Potresti portare un po’  di zuppa? O qualcos’altro che sia.. ehm…” Come darle questa indicazione senza rivelare nulla e dare inizio ad una conversazione con cui non sarebbe riuscita a fare i conti in quel momento? Deglutì nervosamente, ma non riuscì a parlare prima che lo facesse Lory.

“Sei malata Strawberry? E’..”

“No… no, ma… ti prego, vieni qui e basta. Vieni e porta… solo…” si odiava per stare balbettando, ma tutto ciò su cui si poteva focalizzare era la palese possibilità che Lory potesse rifiutare, che lei avrebbe potuto negare a Ghish l’aiuto di cui tanto disperatamente necessitava.

E se Lory avesse rifiutato, a chi avrebbe potuto rivolgersi?

“Solo… ti prego, Lory? Ti spiegherò… quando…” si interruppe mordendosi il labbro con abbastanza violenza da arrivare a sentire il suo sangue, mentre attendeva in silenzio, con il cuore che batteva così forte che temeva che avrebbe soffocato la voce dell’altra ragazza.

Per qualche secondo, pensò che fosse finita. Per alcuni momenti in cui il suo cuore smise di battere, non udì nulla, e stava già mentalmente anticipando il segnale di comunicazione terminata. Poi:

“Va bene. Sarò lì in mezz’ora.” Lory si fermò come se volesse aggiungere qualcosa, ma prima che Strawberry potesse pregarla di sbrigarsi, la connessione si concluse.

Mezz’ora prima che ciò che Strawberry sperava si sarebbe rivelato un aiuto, arrivasse. Mezz’ora… cosa poteva fare in mezz’ora?

Dovrei svegliare Ghish. Si dovrà alzare comunque… potrei anche dirgli che sta arrivando Lory.

Sì, era certamente meglio avvertirlo. La possibilità di fargli prendere un colpo…  lei rabbrividì. Improvvisamente il pensiero di spaventarlo di più la fece stare fisicamente male: era già abbastanza grave.

Doveva aver pensato, doveva essere stato certo, che sarebbe morto.

Il pensiero di spaventarlo ancora di più era.... semplicemente sbagliato.

Con tale assodata risoluzione, Strawberry ritornò nella sua stanza e di fianco al letto, pronta a scuotere l’alieno per svegliarlo, nonostante il senso di colpa che la avvolgeva, dal momento che lui era riuscito a cadere in un sonno tranquillo pochi minuti prima. Aveva così disperatamente bisogno di quel riposo, ed era evidentemente esausto dopo essersi rigirato per così tanto tempo, nella sofferenza del delirio provocato dalla febbre.

Immaginatevi la sua sorpresa quando vide i suoi occhi Dorati, lucidi per la febbre e semi chiusi, ma testardamente fissi su di lei, seguendola non appena fece il suo ingresso nella stanza.

Esclamando un sorpreso “Ghish?”, la ragazza si accovacciò accanto al letto. L’alieno era riuscito a girarsi su un fianco e, facendo questo, lei era in grado di guardarlo dritto negli occhi, più o meno, e, istantaneamente, comprese l’importanza di mantenere quel contatto mentre parlava.

“Perché non dormi?”

Lui si prese qualche secondo per rispondere, e Strawberry colse quel momento di silenzio per avvicinarsi lentamente ed accarezzargli la guancia, giocherellando un po’  con uno dei suoi codini, sforzandosi di infondergli un po’ della sua forza. Lo aveva calmato prima, e l’effetto fu più o meno lo stesso di nuovo. Sembrò rilassarsi, il dolore sordo nei suoi occhi diminuì un po’ e lui fu in grado di trovare il respiro per rispondere.

“Non ci riesco,” mugugnò semplicemente prima di tossicchiare. Strawberry lasciò i suoi capelli e si spostò sulla sua fronte, un’espressione accigliata si posò sui suoi tratti quando sentì il tremendo calore emanate dalla pelle dell’alieno. Prese il termometro dal suo comodino e lo fece scivolare nella sua bocca: lui lo posizionò ubbidientemente sotto la lingua.

Strawbeery si alzò e poi si sedette sul letto accanto a colui che era sotto la sua tutela, riportando la mano tra le ciocche di capelli legati e facendo passare le dita tra di esse con gentilezza, in attesa del bip del termometro. Non ci volle molto.

Quarantadue… o mio Dio…

Leggere quelle cifre l’avrebbe fatta boccheggiare, avrebbe dovuto farla boccheggiare, ma lei non voleva spaventarlo. Non dopo la loro conversazione di appena poco tempo fa, una conversazione che le aveva mostrato quanto lui era terrorizzato. Semplicemente non poteva.

Così fissò il vuoto finché non sentì Ghish muoversi sotto le sue dita e la sua attenzione tornò di colpo a lui. Lui la stava guardando con ovvia ansia negli occhi: anche se malato, era ancora in grado di comprendere la preoccupazione sul suo volto.

Lei sentì l’improvviso, urgente bisogno di rinforzare ciò che gli aveva detto prima.

“Starai bene Ghish.” La sua mano si posò sulla guancia dell’alieno, e le sue dita si mossero lentamente contro la sua tempia.

“Ho chiamato un’amica. Verrà presto e ci darà una mano.” A queste parole accostò un piccolo sorriso.

“Un’amica? Una delle…?” lui si fermò, cominciando a tossire e la ragazza attese finché questa non terminò, poi annuì.

“Sì, ma è carina. Ci aiuterà.”

Almeno, spero che potrà farlo…

Calò il silenzio per un attimo, poi:

“Strawberry?”

“Mmm?”

“Grazie.”

La ragazza dovette davvero controllarsi in quel momento. Davvero, davvero  dovette prendere alcuni respiri profondi per respingere la minaccia delle lacrime.

Così, si congelò, la sua mano si era fatta improvvisamente tesa sulla sua guancia, mentre lei cercava di mantenere la calma. Era difficile, così incredibilmente difficile, vederlo tremare sotto le lenzuola, debole, accaldato e spaventato, sapendo che tutto era accaduto per causa sua, e poi udire quelle parole  uscire dalla sua bocca. Grazie?

“Avresti potuto abbandonarmi,” gracchiò lui, mentre i suoi occhi si sforzavano di incontrare quelli di lei.

Strawberry deglutì, la mano ritornò al suo movimento calmante sulla pelle dell’alieno.

E’ colpa mia… Ghish è colpa mia se ora stai giacendo qui... come puoi...?

Dovette  respingere a forza le emozioni, mordendosi disperatamente il labbro mentre tentava di reprimere lo scoppio che stava minacciando di rompere l’idillio.

Ironicamente, la malattia dell’alieno la salvò, strappandogli un altro accesso di tosse e dandole una piuttosto-necessaria ragione per seppellire le sue emozioni in quel momento. La ragazza si avvicinò al comodino, afferrando un bicchiere ed una bottiglia d’acqua che aveva preso un po’ di tempo prima. Aspettando che potesse respirare liberamente di nuovo, versò un po’ d’acqua, gli chiese di sedersi, e lo supportò mentre beveva.

“Stenditi,” gli ordinò quando lui ebbe finito, e fu parecchio sorpresa quando lui scosse la testa debolmente.

“Fa più male respirare quando mi stendo,” riuscì a sussurrare tra lievi ansiti. Strawberry gli rispose con un ansioso cenno della testa: non le piaceva che dovesse supportarsi.

Quell’onda di tenerezza, che stava rapidamente diventando una compagna familiare, ebbe ancora una volta la meglio su di lei, e si ritrovò a permettere a Ghish di appoggiarsi a lei, con la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre lei si sedeva contro la testata del letto. Alcuni istanti trascorsi confermarono che quella posizione sembrava essere la migliore per lui, e Strawberry realizzò che sarebbero rimasti così finché non sarebbe dovuta scendere ad accogliere Lory ed a spiegarle la situazione. Quello di certo non era un pensiero piacevole: non importava quanto Lory fosse buona, la mew gatto non si sarebbe potuta aspettare altro che shock ed incredulità da lei. E quella non era nemmeno la parte peggiore.

Strawberry era molto più preoccupata, infinitamente di più, dalla prospettiva di lasciare Ghish da solo.

Il pensiero di lasciarlo lì nella stanza, con il suo debole respiro che grattava il soffocante silenzio le portò nuove lacrime e nausea.

Quasi come se avesse sentito il suo disagio, Ghish strofinò la testa contro la sua spalla, un silenzioso sospiro gli sfuggì prima che mormorasse:

“Hai un buon profumo.”

Questo le avrebbe potuto causare molto più di un po’ di rossore se Strawberry non ne avesse passate tante in quegli ultimo due giorni, ma le sue guance divennero comunque un po’ più rosee. Inoltre quel commento le fece sorgere sul volto un sorriso gentile, quasi timido, mentre lei lasciava che la sua guancia si posasse sulla testa dell’alieno, trovando un piacevole godimento nella permanente morbidezza dei suoi capelli. Prima che potesse rispondere, la voce di lui si fece di nuovo sentire.

“Ti amo.”

Il modo in cui le sbatté le palpebre, mentre un totale sgomento prendeva possesso della sua faccia, fu in effetti alquanto comico. La frenesia dei pensieri che seguì, comunque, portò con sé tutta la serietà del paio di giorni precedenti.

E’... è f- febbricitante. Non sa cosa sta dicendo. E’ solo… solo…

Ti ama, insisteva una calma vocina sotto la sua stessa ansia. Ti ha amata a lungo… questa è una sorpresa?

No, no, no, lui non...

Ah, ma lui sì. Sì, sì, e tu lo sai. Lo sai,        quindi piantala di mentire. E piantala di mentire riguardo a…

Zitta! Non ora… devo stare calma ora!

Mentre dentro di lei avveniva questo tumulto mentale, all’esterno riuscì a mantenere un aspetto calmo. L’unico segnale che dette fu avvolgere con cautela un braccio intorno all’oggetto delle sue cure e dargli una leggera e tenera stretta.

Questi pensieri… le facevano venire il mal di stomaco. Facevano male. Facevano così male…

…era questo il dolore che sentiva lui?

Desiderò poter scuotere la testa per rimuovere quel pensiero: mantenere la tranquillità stava diventando troppo difficile.

Invece, spostò la sua attenzione su Ghish che, si accorse, si era quasi addormentato su di lei. Di nuovo, una pugnalata di senso di colpa per il fatto di doverlo disturbare: sembrava che finalmente avesse trovato una posizione confortevole, ma non avrebbe potuto rimanerci dato che Lory doveva arrivare entro pochi minuti.

“Ghish,” lo scosse dolcemente, “Lory sarà presto qui. Non ti addormentare ora.”

“Dolcezza… deciditi,” le rispose assonnato, e Strawberry si morse il labbro.

Non le piaceva il modo in cui passava da uno stato d’animo all’altro, da un modo di parlare all’altro.

La febbre stava facendo presa sulla sua mente.

Doveva esserci un modo per aiutarlo.

Per il momento poté solo dargli un dolce sorriso ed un leggero “Scusami” nel tentativo di divertirlo e di tenerlo sveglio.

Un altro accesso di tosse la aiutò in quell’ultimo intento, anche se fece soltanto sussultare Strawberry per l’ovvio dolore che ciò aveva causato all’alieno. Ora desiderava che Lory si sbrigasse: il sonno sembrava essere il suo unico sollievo da quella tosse infernale.

Il suo desiderio fu esaudito.

Le orecchie di Strawberry si rizzarono al suono del campanello.

“Questa è...”

“La tua amica,” terminò Ghish, e Strawberry si sentì divisa tra il sollievo per il fatto che lui stava parlando e la totale disperazione per il suono distaccato della sua voce.

“Sì. Devo…” si interruppe, intensamente a conoscenza di quanto non volesse lasciarlo. Era un sentimento che la sua mente combattuta avrebbe sfruttato quando avrebbe dovuto discutere con sé stessa più tardi. In quel momento la faceva solo stare malissimo.

Ghish, in ogni caso, obbedientemente, si appoggiò alla testiera, osservandola con un piccolo sorriso sulle sue labbra leggermente screpolate.

Lei si accorse tutto d’un tratto che lui era terribilmente pallido e ciò la spaventò. Realizzò quanto la terrorizzava quando l’alieno incontrò i suoi occhi.

“Non morirò, gattina.”

La ragazza non era in grado di dire se quella fosse una domanda o un’affermazione, ma sapeva che doveva ripetere quella frase. E lo fece con un dolce, tenero sorriso.

“Non morirai.”

Con ciò, gli toccò la mano ancora una volta prima di andare di sotto ad accogliere Lory.

FINE DEL CAPITOLO

Allora, vi è piaciuto? E’ valsa la pena? D’ora in avanti i capitolo saranno molto lunghi, quindi preparatevi.

Alla settimana prossima e grazie ancora a tutte

Bebbe5

 

 

  
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