Note
dell’autrice: scusatemi per l’immenso ritardo, ancora una volta. A questo
proposito, volevo dirvi che mi sono messa a tradurre tutta la fiction, un
capitolo dietro l’altro, e, finalmente ho terminato il mio lavoro. Gli
aggiornamenti avverranno quindi ogni settimana. Mi sembrava assurdo continuare
ad aggiornare ogni 5 mesi, non era giusto per voi. Scusatemi ancora.
Vorrei
ringraziare tutte coloro che hanno recensito e che mi hanno mandato dei messaggi
affinché continuassi il mio lavoro. Grazie mille per il sostegno e la
pazienza.
Capitolo
12
Stava
morendo.
Questo
fu il primo pensiero che, con cautela, fuoriuscì dall’abisso del sonno quando la
carezza di un panno fresco ed umido sulla sua guancia lo
svegliò.
Ghish
non ebbe bisogno di rimanere lucido a lungo per vedere le striature delle
lacrime sulle guance di Strawberry, o la gelida disperazione nei suoi occhi
velati. Si accorse velocemente, piuttosto velocemente per uno nel suo stato, che
era peggiorato, la febbre si era alzata, il respiro era diventato più flebile e
la ragazza era spaventata. Terrorizzata. Totalmente, disperatamente,
terrorizzata perché tutto ciò che vedeva era il giovane alieno soffrire e morire
lentamente.
Penso
che… sia la fine, allora…?
Se
doveva morire, si accorse all’improvviso, che solo un’ultima cosa era
importante. Solo una…
Le
ore passarono. Ore spese ad ascoltare l’alieno gridare forte delirando nel
sonno, ore di futili tentativi per tenere sotto controllo la sua temperatura che
continuava a salire imperterrita, ore di continuo, doloroso peggioramento
avevano fiaccato le forze di Strawberry al punto che le ci vollero alcuni
momenti per registrare il lievissimo tocco sulla sua mano sinistra, e pochi
istanti per capire che il tocco proveniva dalle dita tremanti di
Ghish.
Per
poco non ritrasse bruscamente la sua mano, tanta era la sorpresa, ma riuscì a
rimanere ferma mentre l’alieno lentamente, cautamente, muoveva la sua mano su
quella di lei ed arrotolava le sue dita attorno al suo polso. Lo shock non fece
altro che acuirsi quando lui cominciò ad usare le sue ultime forze per tirarsi
su.
Si
stava tirando su, o stava cercando di tirare giù lei?
Entrambe
le cose, a quanto sembrava, ed in quel momento gli occhi di lei scattarono sul
volto di lui.
Quelle
orbite dorate la fissarono di rimando, opachi per la debolezza, eppure ancora
luccicanti per una morente scintilla di speranza mentre le sue labbra screpolate
si separavano e la sua voce, un flebile, raschiante sospiro, ruppe il
silenzio.
“Un…
un altro… Strawberry…” i suoi occhi quasi si serrarono quando prese un respiro
poco profondo. “Ti prego.. solo un altro.. prima…”
Si
interruppe, mentre le sue ultime riserve di energia si dedicavano ad un ultimo
tentativo di tirarsi su, di..
Strawberry
emise un singhiozzo strozzato quando comprese le sue intenzioni, e quel pensiero
la fece quasi accasciare.
Mentre il
suo debole tirare il suo polso continuava, mentre lui ansimava in quell’ ultimo,
disperato sforzo, la sua mente riusciva solo a focalizzarsi su un pensiero
paralizzante.
Sta
soffrendo, morendo a causa mia, e tutto ciò che vuole... tutto quello che riesce
a chiedere prima di….
Si
ritrovò a prendergli dolcemente la mano e a portarla al suo volto, premendola
sulla sua guancia, mentre un sorriso colmo di lacrime prendeva il posto del
rigido shock sulla sua faccia. Prima che lui potesse anche solo parlare, lei
scosse la testa, con gli occhi fissi nei suoi. La scosse ancora e ancora, anche
quando le lacrime le riempirono gli occhi e caddero, non notate dall’alieno
steso nel letto.
“No,
Ghish” mormorò, e la sua voce era bassa, stanca e debole quanto quella di lui,
mentre lei vedeva una pesante delusione oscurare ancor più i suoi occhi. Ma il
suo sorriso rimase, anzi crebbe, mentre le dita di lui le accarezzavano
lievemente la tempia, quasi provando ad attirarla un’ultima volta. Emise un
verso strozzato, a metà tra un singhiozzo ed una risata, mentre lui tentava di
tenere gli occhi aperti e si sforzava di porle una semplice
domanda:
“Perché?”
Lei
ridacchiò allora, producendo un suono impregnato di lacrime. Strawberry
ridacchiò perché la sua richiesta era così ridicola. Era probabilmente la più
assurda che la sua mente avesse mai ricevuto e, nella sua stanchezza, poteva
difficilmente trattenersi dal ridere debolmente mentre le lacrime affondavano
sul copriletto.
La
sua presa sulla mano di lui si rafforzò e lei la premette dolcemente sulla sua
guancia, permettendogli di giocare con i suoi capelli, mentre i suoi occhi si
fissavano in quelli di lui: tutto il calore e la compassione che poteva provare
brillavano attraverso le sue iridi rosa (NdT: lo so che gli occhi di Strawberry
sono marroni, ma la scrittrice ha scritto “pink irises”, quindi che dovevo
fare?) e gradatamente scioglievano tutta la disperazione che
sentiva.
“Ghish.”
Mentre pronunciava il suo nome, poteva sentire le sue unghie lunghe sfiorarle la pelle e la nuova sensazione
portò una nuova ondata di tenerezza al suo sguardo. Mosse la sua propria mano su
quella di lui, premendo il palmo sulla sua guancia mentre un’incredibile
dolcezza prendeva possesso della sua voce.
“Ghish.”
La sua voce portava nuova fiducia nella sua gentilezza, una fiducia che gli rese
più facile respirare, fece cessare un po’ i suoi tremiti, mentre ascoltava
quella voce sussurrante.
“Non
ti bacerò, Ghish.” Le parole lo avrebbero distrutto se il suo tono non fosse
stato così pieno di pura compassione, se i suoi occhi non avessero brillato di
quella tenera emozione nella quale lui aveva sempre sperato, eppure mai sperato.
Quella mano calda a contatto con la sua, e poteva sentire una sacra forza
scorrere da lì, scorrere in lui mentre quegli occhi fissavano i
suoi.
Strawberry
gli accarezzò la tempia con il retro dell’altra mano, muovendola verso la sua
fronte e spostando le ciocche sudate da lì prima che la voce le
ritornasse.
“Perché
tu non morirai.”
Quell’affermazione
era tutto ciò di cui Strawberry aveva bisogno per fuggire dalla sua profonda
disperazione.
Lui
non sarebbe morto. No. Certo che no. Il pensiero era stupido, assurdo, e lei ne
rise silenziosamente, mentre continuava a passare le dita tra i suoi
capelli.
“Tu
non morirai,” sussurrò di nuovo, una conferma, una ardita, fiduciosa
dichiarazione di guerra contro la ferita e la febbre.
Non
lo avrebbe lasciato andare.
Non
così.
Mai..
Non
quando la sua mente stava nuotando… no… annegando nelle nuove possibilità che
comprendevano quella delicata parola che cominciava per
“A”.
Non
l’avrebbe permesso in alcun modo, non adesso, quando aveva finalmente
realizzato, finalmente compreso pienamente tutto.
La
sua fiducia era riposta in lei, e per nessuna diavolo di ragione l’avrebbe
gettata via. Non dopo tutto quello
che lui aveva fatto. Non dopo che lui aveva risvegliato quelle sconcertanti,
terrificanti, astruse, meravigliose domande, quelle curiose possibilità nella
sua psiche, una psiche che era così totalmente concentrata su una sola domanda,
che lo shock di scoprirne due era stato un doloroso schiaffo che l’aveva
risvegliata come niente aveva mai fatto prima di allora.
“Torna
a dormire Ghish,” mormorò e l’alieno ubbidì subito. Lo fece senza replicare,
perché aveva sentito quello stesso slancio di fiduciosa sicurezza che aveva
rianimato la ragazza. Un sorriso stanco gli abbellì le labbra, apparendo quasi
come una smorfia provocatoria, mentre chiudeva gli occhi.
O
forse non…
Strawberry
attese qualche istante prima di stabilire che Ghish sarebbe abbastanza
bene.
Un
minute più tardi, si era alzata dal letto ed aveva il suo cellulare in mano.
Dopo aver lasciato la stanza, si fermò sulla soglia e cominciò a scorrere la sua
rubrica.
Aveva
bisogno di aiuto.
Non
sarebbe morto, non sarebbe mai morto
così, ma aveva bisogno di aiuto.
Chi
chiamare? Si morse il labbro, mentre un’improvvisa serietà prendeva possesso di
lei. Aveva bisogno di qualcuno che sapesse cosa fare: questo era certo. Ryan?
No, non si sarebbe di certo mosso per aiutare un alieno. Mina? Lo stesso. Pam?
Era tutto così errato che quasi le venne da ridere di
nuovo.
Continuò
a scorrere, finché una voce risuonò nella sua mente
stressata.
Sembra
che queste persone abbiano dei sentimenti…
Un
urletto, non una risata, le scappò prima che cominciasse a digitare il numero.
Perché non ci aveva pensato prima?
Ti
prego rispondi…ti prego… sei la sola—
Bingo!
Il cuore di Strawberry sobbalzò quando lei udì la timida voce di
Lory.
“Moshi
moshi?”
Per
un attimo la ragazza si bloccò. Cosa avrebbe detto? Ciao Lory, ho bisogno che tu
mi dia una mano per salvare un alieno che sta morendo in casa mia, potresti
venire entro i prossimi 10 minuti?
In
qualche modo, sentì che non poteva spiegare tutto per telefono. Non poteva
rischiare un rifiuto. Mentre cominciava a sudare freddo, tutto d’un tratto
incredibilmente nervosa, balbettò.
“L-Lory?
Sono… sono Strawberry—“
Lory
non era una che interrompeva, non lo era mai stata.
Eppure
si accorse dell’intensa incertezza nella voce dell’amica e la sua innata
compassione uscì immediatamente fuori.
“Strawberry?
Qualcosa non va?”
Malgrado
la situazione, Strawberry sorrise: Lory era di sicuro la persona giusta da
chiamare.
Sembra
che queste persone abbiano dei sentimenti…
Deglutì,
mentre quell’affermazione le ridava fiducia.
“Lory,
ho bisogno che tu venga a casa mia ok? Per favore?”
Poteva
praticamente vedere la preoccupazione nello sguardo di
Lory.
“Va
tutto bene Strawberry? Devo chia...”
“No!
No, Lory, non chiamare nessuno. Vieni qui e basta! Vieni qui
e....”
Strawberry
fu totalmente sorpresa nel ritrovarsi a pensare chiaramente. C’è niente di
cui ho bisogno..? La sua mente
stilò immediatamente una lista: medicine… no, coperte… ne aveva un sacco…
cibo… ecco, non ne avrebbe fatto a meno. In effetti, il pensiero di lasciare
Ghish da solo per andare a cercare qualcosa da mangiare le faceva venire la
nausea, quindi fece rapidamente la sua richiesta.
“Potresti
portare un po’ di zuppa? O
qualcos’altro che sia.. ehm…” Come darle questa indicazione senza rivelare nulla
e dare inizio ad una conversazione con cui non sarebbe riuscita a fare i conti
in quel momento? Deglutì nervosamente, ma non riuscì a parlare prima che lo
facesse Lory.
“Sei
malata Strawberry? E’..”
“No…
no, ma… ti prego, vieni qui e basta. Vieni e porta… solo…” si odiava per stare
balbettando, ma tutto ciò su cui si poteva focalizzare era la palese possibilità
che Lory potesse rifiutare, che lei avrebbe potuto negare a Ghish l’aiuto di cui
tanto disperatamente necessitava.
E
se Lory avesse rifiutato, a chi avrebbe potuto rivolgersi?
“Solo…
ti prego, Lory? Ti spiegherò… quando…” si interruppe mordendosi il labbro
con abbastanza violenza da arrivare a sentire il suo sangue, mentre attendeva in
silenzio, con il cuore che batteva così forte che temeva che avrebbe soffocato
la voce dell’altra ragazza.
Per
qualche secondo, pensò che fosse finita. Per alcuni momenti in cui il suo cuore
smise di battere, non udì nulla, e stava già mentalmente anticipando il segnale
di comunicazione terminata. Poi:
“Va
bene. Sarò lì in mezz’ora.” Lory si fermò come se volesse aggiungere qualcosa,
ma prima che Strawberry potesse pregarla di sbrigarsi, la connessione si
concluse.
Mezz’ora
prima che ciò che Strawberry sperava si sarebbe rivelato un aiuto, arrivasse.
Mezz’ora… cosa poteva fare in mezz’ora?
Dovrei
svegliare Ghish. Si dovrà alzare comunque… potrei anche dirgli che sta arrivando
Lory.
Sì,
era certamente meglio avvertirlo. La possibilità di fargli prendere un
colpo… lei rabbrividì.
Improvvisamente il pensiero di spaventarlo di più la fece stare fisicamente
male: era già abbastanza grave.
Doveva
aver pensato, doveva essere stato certo, che sarebbe
morto.
Il
pensiero di spaventarlo ancora di più era.... semplicemente
sbagliato.
Con
tale assodata risoluzione, Strawberry ritornò nella sua stanza e di fianco al
letto, pronta a scuotere l’alieno per svegliarlo, nonostante il senso di colpa
che la avvolgeva, dal momento che lui era riuscito a cadere in un sonno
tranquillo pochi minuti prima. Aveva così disperatamente bisogno di quel riposo,
ed era evidentemente esausto dopo essersi rigirato per così tanto tempo, nella
sofferenza del delirio provocato dalla febbre.
Immaginatevi
la sua sorpresa quando vide i suoi occhi Dorati, lucidi per la febbre e semi
chiusi, ma testardamente fissi su di lei, seguendola non appena fece il suo
ingresso nella stanza.
Esclamando
un sorpreso “Ghish?”, la ragazza si accovacciò accanto al letto. L’alieno era
riuscito a girarsi su un fianco e, facendo questo, lei era in grado di guardarlo
dritto negli occhi, più o meno, e, istantaneamente, comprese l’importanza di
mantenere quel contatto mentre parlava.
“Perché
non dormi?”
Lui
si prese qualche secondo per rispondere, e Strawberry colse quel momento di
silenzio per avvicinarsi lentamente ed accarezzargli la guancia, giocherellando
un po’ con uno dei suoi codini,
sforzandosi di infondergli un po’ della sua forza. Lo aveva calmato prima, e
l’effetto fu più o meno lo stesso di nuovo. Sembrò rilassarsi, il dolore sordo
nei suoi occhi diminuì un po’ e lui fu in grado di trovare il respiro per
rispondere.
“Non
ci riesco,” mugugnò semplicemente prima di tossicchiare. Strawberry lasciò i
suoi capelli e si spostò sulla sua fronte, un’espressione accigliata si posò sui
suoi tratti quando sentì il tremendo calore emanate dalla pelle dell’alieno.
Prese il termometro dal suo comodino e lo fece scivolare nella sua bocca: lui lo
posizionò ubbidientemente sotto la lingua.
Strawbeery
si alzò e poi si sedette sul letto accanto a colui che era sotto la sua tutela,
riportando la mano tra le ciocche di capelli legati e facendo passare le dita
tra di esse con gentilezza, in attesa del bip del termometro. Non ci volle
molto.
Quarantadue…
o mio Dio…
Leggere
quelle cifre l’avrebbe fatta boccheggiare, avrebbe dovuto farla boccheggiare, ma
lei non voleva spaventarlo. Non dopo la loro conversazione di appena poco tempo
fa, una conversazione che le aveva mostrato quanto lui era terrorizzato.
Semplicemente non poteva.
Così
fissò il vuoto finché non sentì Ghish muoversi sotto le sue dita e la sua
attenzione tornò di colpo a lui. Lui la stava guardando con ovvia ansia negli
occhi: anche se malato, era ancora in grado di comprendere la preoccupazione sul
suo volto.
Lei
sentì l’improvviso, urgente bisogno di rinforzare ciò che gli aveva detto
prima.
“Starai
bene Ghish.” La sua mano si posò sulla guancia dell’alieno, e le sue dita si
mossero lentamente contro la sua tempia.
“Ho
chiamato un’amica. Verrà presto e ci darà una mano.” A queste parole accostò un
piccolo sorriso.
“Un’amica?
Una delle…?” lui si fermò, cominciando a tossire e la ragazza attese finché
questa non terminò, poi annuì.
“Sì,
ma è carina. Ci aiuterà.”
Almeno,
spero che potrà farlo…
Calò
il silenzio per un attimo, poi:
“Strawberry?”
“Mmm?”
“Grazie.”
La
ragazza dovette davvero controllarsi in quel momento. Davvero, davvero
dovette prendere alcuni respiri
profondi per respingere la minaccia delle lacrime.
Così,
si congelò, la sua mano si era fatta improvvisamente tesa sulla sua guancia,
mentre lei cercava di mantenere la calma. Era difficile, così incredibilmente
difficile, vederlo tremare sotto le lenzuola, debole, accaldato e spaventato,
sapendo che tutto era accaduto per causa sua, e poi udire quelle parole uscire dalla sua bocca. Grazie?
“Avresti
potuto abbandonarmi,” gracchiò lui, mentre i suoi occhi si sforzavano di
incontrare quelli di lei.
Strawberry
deglutì, la mano ritornò al suo movimento calmante sulla pelle
dell’alieno.
E’
colpa mia… Ghish è colpa mia se ora stai giacendo qui... come
puoi...?
Dovette respingere a forza le emozioni,
mordendosi disperatamente il labbro mentre tentava di reprimere lo scoppio che
stava minacciando di rompere l’idillio.
Ironicamente,
la malattia dell’alieno la salvò, strappandogli un altro accesso di tosse e
dandole una piuttosto-necessaria ragione per seppellire le sue emozioni in quel
momento. La ragazza si avvicinò al comodino, afferrando un bicchiere ed una
bottiglia d’acqua che aveva preso un po’ di tempo prima. Aspettando che potesse
respirare liberamente di nuovo, versò un po’ d’acqua, gli chiese di sedersi, e
lo supportò mentre beveva.
“Stenditi,”
gli ordinò quando lui ebbe finito, e fu parecchio sorpresa quando lui scosse la
testa debolmente.
“Fa
più male respirare quando mi stendo,” riuscì a sussurrare tra lievi ansiti.
Strawberry gli rispose con un ansioso cenno della testa: non le piaceva che
dovesse supportarsi.
Quell’onda
di tenerezza, che stava rapidamente diventando una compagna familiare, ebbe
ancora una volta la meglio su di lei, e si ritrovò a permettere a Ghish di
appoggiarsi a lei, con la testa appoggiata sulla sua spalla, mentre lei si
sedeva contro la testata del letto. Alcuni istanti trascorsi confermarono che
quella posizione sembrava essere la migliore per lui, e Strawberry realizzò che
sarebbero rimasti così finché non sarebbe dovuta scendere ad accogliere Lory ed
a spiegarle la situazione. Quello di
certo non era un pensiero piacevole: non importava quanto Lory fosse buona, la
mew gatto non si sarebbe potuta aspettare altro che shock ed incredulità da lei.
E quella non era nemmeno la parte peggiore.
Strawberry
era molto più preoccupata, infinitamente di più, dalla prospettiva di lasciare
Ghish da solo.
Il
pensiero di lasciarlo lì nella stanza, con il suo debole respiro che grattava il
soffocante silenzio le portò nuove lacrime e nausea.
Quasi
come se avesse sentito il suo disagio, Ghish strofinò la testa contro la sua
spalla, un silenzioso sospiro gli sfuggì prima che
mormorasse:
“Hai
un buon profumo.”
Questo
le avrebbe potuto causare molto più di un po’ di rossore se Strawberry non ne
avesse passate tante in quegli ultimo due giorni, ma le sue guance divennero
comunque un po’ più rosee. Inoltre quel commento le fece sorgere sul volto un
sorriso gentile, quasi timido, mentre lei lasciava che la sua guancia si posasse
sulla testa dell’alieno, trovando un piacevole godimento nella permanente
morbidezza dei suoi capelli. Prima che potesse rispondere, la voce di lui si
fece di nuovo sentire.
“Ti
amo.”
Il
modo in cui le sbatté le palpebre, mentre un totale sgomento prendeva possesso
della sua faccia, fu in effetti alquanto comico. La frenesia dei pensieri che
seguì, comunque, portò con sé tutta la serietà del paio di giorni
precedenti.
E’...
è f- febbricitante. Non sa cosa sta dicendo. E’ solo… solo…
Ti
ama, insisteva una calma vocina sotto la sua stessa ansia. Ti ha amata a lungo…
questa è una sorpresa?
No,
no, no, lui non...
Ah,
ma lui sì. Sì, sì, e tu lo sai. Lo sai, quindi
piantala di mentire. E piantala di mentire riguardo a…
Zitta!
Non ora… devo stare calma ora!
Mentre
dentro di lei avveniva questo tumulto mentale, all’esterno riuscì a mantenere un
aspetto calmo. L’unico segnale che dette fu avvolgere con cautela un braccio
intorno all’oggetto delle sue cure e dargli una leggera e tenera
stretta.
Questi
pensieri… le facevano venire il mal di stomaco. Facevano male. Facevano così
male…
…era
questo il dolore che sentiva lui?
Desiderò
poter scuotere la testa per rimuovere quel pensiero: mantenere la tranquillità
stava diventando troppo difficile.
Invece,
spostò la sua attenzione su Ghish che, si accorse, si era quasi addormentato su
di lei. Di nuovo, una pugnalata di senso di colpa per il fatto di doverlo
disturbare: sembrava che finalmente avesse trovato una posizione confortevole,
ma non avrebbe potuto rimanerci dato che Lory doveva arrivare entro pochi
minuti.
“Ghish,”
lo scosse dolcemente, “Lory sarà presto qui. Non ti addormentare
ora.”
“Dolcezza…
deciditi,” le rispose assonnato, e Strawberry si morse il
labbro.
Non
le piaceva il modo in cui passava da uno stato d’animo all’altro, da un modo di
parlare all’altro.
La
febbre stava facendo presa sulla sua mente.
Doveva
esserci un modo per aiutarlo.
Per
il momento poté solo dargli un dolce sorriso ed un leggero “Scusami” nel
tentativo di divertirlo e di tenerlo sveglio.
Un
altro accesso di tosse la aiutò in quell’ultimo intento, anche se fece soltanto
sussultare Strawberry per l’ovvio dolore che ciò aveva causato all’alieno. Ora
desiderava che Lory si sbrigasse: il sonno sembrava essere il suo unico sollievo
da quella tosse infernale.
Il
suo desiderio fu esaudito.
Le
orecchie di Strawberry si rizzarono al suono del
campanello.
“Questa
è...”
“La
tua amica,” terminò Ghish, e Strawberry si sentì divisa tra il sollievo per il
fatto che lui stava parlando e la
totale disperazione per il suono distaccato della sua
voce.
“Sì.
Devo…” si interruppe, intensamente a conoscenza di quanto non volesse lasciarlo.
Era un sentimento che la sua mente combattuta avrebbe sfruttato quando avrebbe
dovuto discutere con sé stessa più tardi. In quel momento la faceva solo stare
malissimo.
Ghish,
in ogni caso, obbedientemente, si appoggiò alla testiera, osservandola con un
piccolo sorriso sulle sue labbra leggermente screpolate.
Lei
si accorse tutto d’un tratto che lui era terribilmente pallido e ciò la
spaventò. Realizzò quanto la terrorizzava quando l’alieno incontrò i suoi
occhi.
“Non
morirò, gattina.”
La
ragazza non era in grado di dire se quella fosse una domanda o un’affermazione,
ma sapeva che doveva ripetere quella frase. E lo fece con un dolce, tenero
sorriso.
“Non
morirai.”
Con ciò,
gli toccò la mano ancora una volta prima di andare di sotto ad accogliere
Lory.
FINE DEL
CAPITOLO
Allora,
vi è piaciuto? E’ valsa la pena? D’ora in avanti i capitolo saranno molto
lunghi, quindi preparatevi.
Alla
settimana prossima e grazie ancora a tutte
Bebbe5